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Svegliatevi! 1999
g99 22/8 pp. 4-8

La minaccia nucleare non è affatto cessata

“Attualmente la proliferazione di superarmi è il pericolo più grave che incombe sul nostro pianeta”. — WILLIAM E. BURROWS E ROBERT WINDREM, CRITICAL MASS.

ALL’ALBA del 25 gennaio 1995 un segnale minaccioso apparve sugli schermi dei radar per l’allarme precoce in tutta la Russia settentrionale. Da qualche parte al largo della costa norvegese era stato lanciato un razzo! Gli operatori radar allertarono Mosca segnalando il possibile arrivo di un ordigno nucleare. Nel giro di qualche minuto al presidente russo fu consegnata una valigetta contenente la strumentazione elettronica che gli avrebbe permesso di ordinare una spaventosa rappresaglia nucleare. Sembrava imminente lo scoppio di una guerra nucleare ad oltranza.

Meno male che nessuno perse la testa, e si vide che la traiettoria del razzo non rappresentava alcuna minaccia per la Russia. In seguito si venne a sapere che il razzo trasportava strumentazione per ricerche meteorologiche. Comunque sia, un articolo del Washington Post ha fatto questa osservazione: “Potrebbero essere stati tra i momenti più pericolosi dell’era nucleare. Questo ci dà un’idea di come il meccanismo di lancio di testate nucleari basato sullo stato di massima allerta tipico della guerra fredda continua ad esistere, e di come potrebbe portare a un errore catastrofico, anche ora che la rivalità tra le grandi superpotenze è terminata”.

Alto stato di allerta

Per decenni la politica nucleare sia dell’ex Unione Sovietica che degli Stati Uniti si è fondata sul potere deterrente del concetto di “distruzione reciproca assicurata”. Uno dei capisaldi di questa politica era la dottrina strategica del cosiddetto “lancio al primo allarme”. Questa dava a entrambe le parti la macabra certezza che, se avessero attaccato, il nemico avrebbe risposto con una massiccia controffensiva prima ancora che le testate lanciate potessero colpire i loro obiettivi. Un altro caposaldo di questo equilibrio del terrore era la dottrina strategica del cosiddetto “lancio sotto attacco”. Questa si riferiva alla capacità di sferrare una rappresaglia anche dopo essere stati danneggiati dalle testate nemiche.

Nonostante il periodo di disgelo che è seguito alla guerra fredda, lo spettro della distruzione reciproca continua a incombere sull’umanità. È vero che gli arsenali nucleari americani e russi sono stati drasticamente ridotti — secondo alcuni sarebbero stati addirittura dimezzati — ma continuano ad esistere migliaia di testate nucleari. C’è quindi la possibilità di un lancio accidentale o non autorizzato. E visto che entrambe le nazioni continuano a temere la possibilità apparentemente remota di un “primo attacco”, molti missili sono tenuti in un perpetuo, sensibilissimo stato di allerta.

È anche vero che nel 1994 Stati Uniti e Russia si accordarono per smettere di puntarsi reciprocamente addosso i missili strategici. “Questo mutamento, per quanto benvenuto, è scarsamente significativo dal punto di vista militare”, osserva Scientific American. “I comandanti addetti al lancio sono in grado di ricaricare le coordinate di un bersaglio nei computer di guida nel giro di pochi secondi”.a

Nuove armi all’orizzonte?

Non va nemmeno trascurato il fatto che le ricerche per sviluppare armi nucleari continuano. Negli Stati Uniti, ad esempio, ogni anno vengono stanziati per tali armi circa 4 miliardi e mezzo di dollari! Nel 1997 il Toronto Star riferiva: “Paradossalmente, per mantenere la propria macchina bellica nucleare gli USA stanno spendendo più ora che non durante la guerra fredda. E parte di quei soldi è destinata a programmi dubbi che secondo i critici portano in sé i semi di una nuova corsa agli armamenti a livello mondiale”.

Ad esempio, il progetto governativo americano detto Stockpile Stewardship and Management Program (“Programma per l’amministrazione e la gestione delle scorte”), del costo di vari miliardi di dollari, ha suscitato molte controversie. Ufficialmente, il suo scopo è la manutenzione delle armi nucleari esistenti, ma secondo i critici avrebbe anche fini più sinistri. Il Bulletin of the Atomic Scientists ha scritto: “Ci sono progetti di modifiche, cambiamenti, aggiornamenti e sostituzioni; non solo per allungare la vita dell’arsenale nucleare . . . ma anche per ‘migliorarlo’”.

Nel 1997 destò grande indignazione la messa a punto di una bomba nucleare detta B-61, in grado di penetrare nel suolo prima di esplodere, e quindi di distruggere postazioni di comando, fabbriche e laboratori sotterranei. I suoi promotori sostengono che si tratti solo della riedizione di una vecchia bomba, ma secondo altri si tratta a tutti gli effetti di una bomba nuova, il che costituirebbe una grave violazione delle promesse fatte dal governo americano di non sviluppare nuove armi nucleari.

Comunque sia, Ted Taylor, fisico nucleare presso l’Università di Princeton, ha osservato: “Personalmente ritengo che lo stesso tipo di ricerche che si sta svolgendo (negli USA) si stia svolgendo anche in Russia, in Francia, in Germania e altrove, e credo che alcuni nostri progetti stiano conducendo il mondo verso una nuova corsa agli armamenti”. I critici sostengono pure che siano gli stessi progettisti di armi a promuovere attivamente la ricerca, lo sviluppo e la progettazione di nuove armi. Orgoglio ferito, perdita di prestigio e difficoltà economiche possono essere motivazioni potenti per indurre questi abili scienziati a far pressione perché la ricerca sugli armamenti riprenda.

Nuove potenze nello scenario nucleare

Ci sono poi i cambiamenti negli schieramenti politici mondiali. Tradizionalmente, le potenze nucleari erano cinque: Cina, Francia, Gran Bretagna, Russia e Stati Uniti. In genere, però, si ritiene che anche altri paesi siano in possesso di armi nucleari. India e Pakistan, ad esempio, di recente hanno effettuato test nucleari che hanno fatto temere che nel Sud-Est asiatico si scateni una massiccia corsa agli armamenti. Tra le altre nazioni sospettate di avere ambizioni nucleari vi sono Algeria, Corea del Nord, Iran e Iraq. Più di 180 paesi hanno firmato il Trattato di non proliferazione nucleare, che entrò in vigore nel 1970. Ma fino ad oggi, varie potenze fortemente sospettate di nascondere ambizioni nucleari non l’hanno firmato.

La rivista Asiaweek riferisce: “Gli esperti in tema di proliferazione nucleare continuano a ritenere che la vera minaccia venga dal crescente numero di paesi i cui leader vorrebbero mettere le mani sul pulsante di lancio di qualche missile con testata nucleare”. Alcuni osservatori ritengono che il Trattato di non proliferazione nucleare non riuscirà a fermare governi determinati a procurarsi la tecnologia e le materie prime necessarie per sviluppare di nascosto armi nucleari, a costo di incorrere in sanzioni. James Clapper, direttore del servizio segreto della Difesa degli Stati Uniti, ha predetto: “Al volgere del secolo potremmo vedere numerosi paesi in grado di abbinare una testata [chimica, biologica o nucleare] a un missile prodotto localmente”.

Non è nemmeno probabile che tutte le nazioni cedano alle pressioni per mettere al bando i test nucleari. Quando nel 1996, con un’azione di lobby, vari paesi furono indotti a firmare il Trattato per il bando totale degli esperimenti nucleari, un editoriale di Asiaweek osservava: “È facile per gli americani o per gli europei predicare che bisogna bandire gli esperimenti nucleari, visto che hanno già fatto detonare abbastanza ordigni nucleari da potersi adagiare sulle informazioni che hanno raccolto”.

Contrabbando di materiale nucleare e terrorismo

Secondo alcuni il pericolo maggiore è che qualche gruppo terroristico possa mettere le mani su un ordigno nucleare e decidere di farlo esplodere — o perlomeno minacciare di farlo — per attirare l’attenzione sui propri obiettivi politici. Si teme anche che un’organizzazione criminale possa usare materiale radioattivo per ricattare governi o grandi società. Sarebbe semplice per un ricattatore dare credibilità alle proprie minacce lasciando un campione di materiale fissile da analizzare. Un articolo pubblicato su Scientific American spiegava: “La minaccia di inquinare aria o acqua o di far esplodere una piccola arma nucleare avrebbe un enorme potere di ricatto”.b Le forze dell’ordine hanno già scoperto tentativi di contrabbandare materiale nucleare. Questo avvalora i timori che gruppi senza scrupoli in effetti stiano cercando di costruire armi nucleari.

È vero che alcuni analisti liquidano il problema del contrabbando nucleare non considerandolo un grosso pericolo. Non solo risulta che la quantità di materiale coinvolta nei traffici è esigua, dicono, ma, con poche eccezioni, tale materiale in genere è ben lungi dal poter essere utilizzato per costruire armi. Scientific American, tuttavia, ricorda ai lettori che “di tutti i mercati illegali è visibile solo la punta dell’iceberg, e non c’è motivo per ritenere che il mercato nero del materiale nucleare rappresenti un’eccezione. . . . Sarebbe folle cullarsi nell’illusione che le autorità stiano bloccando più dell’80 per cento dei trasferimenti illeciti di materiale radioattivo. Per di più, anche se la parte di traffico non scoperta fosse davvero piccola, le sue conseguenze potrebbero essere enormi”.c

Sebbene la quantità esatta sia tenuta segreta, si ritiene che per preparare una bomba siano necessari da 3 a 25 chilogrammi di uranio arricchito oppure da 1 a 8 chilogrammi di plutonio di alta qualità. Per la gioia dei contrabbandieri, 7 chili di plutonio occupano più o meno lo stesso spazio di una lattina per bibite. Alcuni pensano che anche con del plutonio non di alta qualità — quello utilizzabile nei reattori, che si può ottenere più facilmente di quello per uso militare — si potrebbe costruire una bomba nucleare rudimentale ma comunque distruttiva. Se, come molti esperti sostengono, le scorte di materiale fissile sono mal protette, rubare tale materiale potrebbe essere più facile di quanto in genere si pensi. Mikhail Kulik, un ufficiale russo, ha fatto questa battuta: “Probabilmente, persino le patate sono sorvegliate meglio dei materiali radioattivi”.d

È chiaro, quindi, che la minaccia nucleare continua a incombere sull’umanità come una spada di Damocle. C’è qualche speranza che un giorno cessi veramente?

[Note in calce]

a Tradotto in Le Scienze, luglio 1998, pp. 34-41.

b Tradotto in Le Scienze, marzo 1996, pp. 34-8.

c Ibid.

d Ibid.

[Testo in evidenza a pagina 8]

“Gli esperti in tema di proliferazione nucleare continuano a ritenere che la vera minaccia venga dal crescente numero di paesi i cui leader vorrebbero mettere le mani sul pulsante di lancio di qualche missile con testata nucleare”. — Asiaweek

[Riquadro/Immagini a pagina 6]

La minaccia delle armi biologiche e chimiche

Nazioni aggressive troppo povere per sviluppare arsenali nucleari possono ricorrere a missili a medio raggio armati con gas velenosi o con armi biologiche. Queste sono state chiamate le bombe atomiche dei poveri. In effetti, molti analisti temono che ordigni del genere possano diventare l’arma preferita dai gruppi terroristici.

Ma le armi biologiche e chimiche possono provocare disastri anche senza un vettore ad alto contenuto tecnologico. Nel novembre 1997 il segretario alla Difesa americano William Cohen disse: “Oggi, con l’alta tecnologia e con un mondo che è diventato più piccolo e dai confini facilmente valicabili, la capacità di scatenare terribili epidemie, morte e distruzione è aumentata moltissimo. Un singolo pazzo o un gruppo di fanatici con una bottiglia di sostanze chimiche, un lotto di batteri patogeni o una rudimentale bomba nucleare può minacciare o uccidere decine di migliaia di persone in un colpo solo”. Timori del genere risultarono fondati quando, nel marzo 1995, i membri di una setta terroristica usarono il sarin, un gas nervino, contro i pendolari nella metropolitana di Tokyo. Morirono 12 persone, e 5.500 furono intossicate.

“Se l’idea di un attacco chimico può terrorizzare, un’arma biologica è il peggiore degli incubi”, osserva il politologo Leonard Cole. “Mentre gli agenti chimici sono inanimati, batteri, virus e altri agenti patogeni possono riprodursi ed essere trasmessi per contagio; se si stabiliscono nell’ambiente possono moltiplicarsi. A differenza di tutte le altre armi, l’effetto delle armi biologiche può diventare sempre più pericoloso a distanza di tempo dal loro impiego”. — Le Scienze, febbraio 1997, pp. 40-5.

Nel tentativo di evitare la proliferazione di armi chimiche e biologiche sono state ratificate la Convenzione sulle armi biologiche del 1972 e la Convenzione sulle armi chimiche del 1993. Secondo l’Economist, però, nonostante tali buone intenzioni “nessun regime di controllo degli armamenti è perfetto. . . . Non si è in grado di rilevare ogni trasgressione”. La stessa fonte osserva: “E, naturalmente, è comunque improbabile che i veri impostori firmino”.

[Immagini]

Le autorità temono che armi chimiche e biologiche possano essere facilmente usate da terroristi

[Cartina a pagina 7]

(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

Nazioni in possesso di armi nucleari

GRAN BRETAGNA

CINA

FRANCIA

RUSSIA

STATI UNITI

Nazioni che hanno effettuato test nucleari

INDIA

ISRAELE

PAKISTAN

Nazioni sospettate di sviluppare armi nucleari

ALGERIA

IRAQ

IRAN

COREA DEL NORD

[Immagine alle pagine 4 e 5]

Un aereo sgancia una bomba nucleare B-61, progettata per distruggere impianti sotterranei

[Fonte]

U.S. Air Force Photo

[Fonte dell’immagine a pagina 4]

U.S. Air Force Photo

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