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  • “Imprigionati per la loro fede”

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  • “Imprigionati per la loro fede”
  • Svegliatevi! 2006
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Svegliatevi! 2006
g 4/06 pp. 10-11

“Imprigionati per la loro fede”

DALLA POLONIA

LE PAROLE Arbeit macht frei (Il lavoro rende liberi) si possono ancora vedere sui cancelli di ferro del campo di concentramento di Auschwitz, nella Polonia meridionale, a circa 60 chilometri dal confine con la Repubblica Ceca.a Questo motto tuttavia contrasta con ciò che accadde alla maggioranza di coloro che varcarono quei cancelli tra il 1940 e il 1945. Durante quegli anni ad Auschwitz oltre un milione di persone morirono per mano dei nazisti. C’era però un gruppo i cui appartenenti avrebbero potuto essere liberati in qualsiasi momento.

Quale prezzo avrebbero dovuto pagare per ottenere la libertà? Qualsiasi internato testimone di Geova poteva essere liberato se avesse firmato un documento dichiarando che non sarebbe più stato un Testimone attivo. Cosa decise la maggioranza di loro? Lo storico István Deák dice che i Testimoni “somigliavano ai primi cristiani, che preferivano essere sbranati dai leoni piuttosto che fare una piccola offerta sull’altare in onore dell’imperatore romano”. Certo questa presa di posizione merita di essere ricordata, ed è ciò che si è fatto.

A partire dal 21 settembre 2004, nel salone principale del Museo Statale di Auschwitz-Birkenau, si è tenuta per due mesi una mostra dedicata esclusivamente ai Testimoni. Appropriatamente, la mostra era intitolata “Imprigionati per la loro fede — I testimoni di Geova e il regime nazista”. Consisteva di 27 pannelli dal contenuto storico che illustravano la determinazione con cui i Testimoni mantennero la neutralità cristiana durante l’era nazista.

Molti visitatori furono toccati da una lettera che era stata inviata dalla prigione da Deliana Rademakers, dei Paesi Bassi. Rivolgendosi ai suoi familiari scrisse: “Ho giurato di fare la volontà di Geova. . . . Siate coraggiosi e forti. Geova è con noi”. Nel 1942 Deliana fu deportata ad Auschwitz, dove morì meno di tre settimane dopo.

Ad Auschwitz c’erano in tutto circa 400 Testimoni. All’inaugurazione della mostra erano presenti tre dei sopravvissuti, che narrarono le loro esperienze e risposero alle domande dei giornalisti. Manifestavano la stessa fermezza che aveva permesso loro di sopravvivere alle terribili condizioni del campo.

In un suo libro sui testimoni di Geova ad Auschwitz, Teresa Wontor-Cichy, ricercatrice presso il museo, ha scritto: “L’atteggiamento assunto da questo piccolo gruppo influì in modo positivo sugli altri detenuti, e la loro risoluta resistenza quotidiana rafforzò in altri la convinzione che in qualsiasi circostanza si può rimanere fedeli ai princìpi che si professano”. — Więzieni za wiarę—Świadkowie Jehowy w KL Auschwitz.

La realtà è che prigionia e morte non sono nulla di nuovo per i seguaci di Gesù Cristo, il quale pure fu arrestato e messo a morte per la sua fede. (Luca 22:54; 23:32, 33) Anche Giacomo, apostolo di Gesù, fu giustiziato. L’apostolo Pietro fu messo in prigione e l’apostolo Paolo fu percosso e imprigionato diverse volte. — Atti 12:2, 5; 16:22-25; 2 Corinti 11:23.

Allo stesso modo, durante gli anni ’30 e ’40 i testimoni di Geova in Europa diedero un fulgido esempio di fede in Dio. È lodevole che la loro fede abbia ricevuto un riconoscimento ad Auschwitz.

[Nota in calce]

a Auschwitz consisteva in realtà di tre campi: Auschwitz I (il campo principale), Auschwitz II (Birkenau) e Auschwitz III (Monowitz). La maggioranza delle famigerate camere a gas si trovava a Birkenau.

[Immagine a pagine 10]

Tre sopravvissuti di Auschwitz con il tabellone che reca il titolo della mostra

[Immagini a pagina 11]

Deliana Rademakers e una lettera da lei scritta in prigione

[Fonte]

Foto piccole: Zdjęcie: Archiwum Państwowego Muzeum Auschwitz-Birkenau

[Fonte dell’immagine a pagina 10]

Torretta: Dzięki uprzejmości Państwowego Muzeum Auschwitz-Birkenau

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