Domande dai lettori
◆ Che cosa si deve fare se un proclamatore rifiuta di smettere d’associarsi con un’altra persona disassociata? Non alludo a un membro della stessa famiglia, che deve abitare nella stessa casa, ma a chi insiste nel mantenere l’associazione con l’espulso, dicendo che forse l’atto di disassociazione sarà stato un errore. — A. P., Cuba.
L’apostolo Paolo dice di “cessar di mischiarvi con chi si chiama fratello ed è fornicatore, o avido, o idolatra, od oltraggiatore, o ubriacone, o ricattatore e di non mangiare neppure con un tal uomo”. (1 Cor. 5:11, NM) Se un proclamatore rifiuta di far questo e si oppone alla proibizione di associarsi col disassociato, questo proclamatore si ribella contro la congregazione di Geova, e “la ribellione è come il peccato della divinazione, e l’ostinatezza è come l’adorazione degli idoli e degli dèi domestici”. Parteggiando col colpevole e staccandosi dalla congregazione in tale questione, il proclamatore provoca una divisione. Paolo dice di “tenere d’occhio quelli che creano divisioni e cause d’inciampo contrario all’insegnamento che voi avete imparato, ed evitateli”. — 1 Sam. 15:23; Rom. 16:17, NM.
Egli dovrebbe essere vigorosamente ammonito, e si dovrebbe fargli comprendere che associandosi col disassociato diventa compagno dell’empietà e che mediante la sua condotta si separa dalla congregazione per schierarsi col colpevole. Se dopo sufficienti avvertimenti il proclamatore persiste nell’associarsi con la persona disassociata invece di sostenere l’organizzazione di Geova, egli pure dovrebbe essere disassociato. Simpatizzando apertamente con la persona disassociata il simpatizzante rende più difficile all’espulso di riconoscere il proprio peccato e impedisce il suo profondo pentimento e la sua finale reintegrazione nella congregazione. La condotta ribelle crea difficoltà ad entrambe le persone implicate.