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  • L’integrità dei primi Cristiani messa alla prova

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  • L’integrità dei primi Cristiani messa alla prova
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1959
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  • Il cristianesimo primitivo e lo Stato
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1996
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1959
w59 15/3 pp. 169-171

L’integrità dei primi Cristiani messa alla prova

GESÙ dichiarò una verità che è stata confermata ogni giorno, quando disse: “Se faceste parte del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo. Ora poiché non fate parte del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questa ragione il mondo vi odia”. (Giov. 15:19) Mentre molti che si professano Cristiani non riconoscono il significato di queste parole, i veri Cristiani fino ai nostri giorni lo riconoscono. (2 Tim. 3:12) Non hanno mai condiviso la filosofia materialista che governa non solo la vita sociale e politica ma anche la vita religiosa del mondo. Invece di riporre la loro fiducia negli uomini, essi aspettano “la città che ha vere fondamenta e il cui edificatore e creatore è Dio”. L’adorazione che rendono a Dio non dipende dal possesso di ausili alla devozione fatti dall’uomo, ma essi ‘adorano il Padre con spirito e verità’. — Ebr. 11:10; Giov. 4:23.

Il Cristianesimo primitivo si diffuse rapidamente e, insieme, sorse la persecuzione, come Gesù aveva predetto. “Vi erano molte ragioni che indussero il popolino ad odiare i Cristiani, che, prima di tutto, erano considerati antipatriottici. Mentre fra i Romani era considerato il massimo onore avere i privilegi della cittadinanza romana, i Cristiani annunciavano di essere cittadini del cielo. Essi rifiutavano cariche pubbliche e il servizio militare”,1 mantenendo la loro integrità quali soldati di Cristo. (2 Tim. 2:3) Inoltre i loro nemici giunsero alla conclusione che avessero in ‘odio il genere umano’ e fossero anarchici perché non partecipavano alle attività politiche e sociali della comunità.2 Essi sapevano che perché la loro adorazione fosse gradita a Dio dovevano “mantenersi senza macchia dal mondo”. — Giac. 1:27.

Dapprima l’opposizione fu istigata dai locali pastori religiosi che temevano di perdere prestigio e guadagno. “I Cristiani erano odiati dagli idolatri, e subirono innumerevoli torti e oltraggi da parte del popolino, anche quando non vi era alcuna persecuzione da parte del governo. . . . Il solo fatto che uno fosse cristiano, per quanto la sua moralità fosse ineccepibile, per quanto la sua vita fosse esemplare, lo esponeva ad ogni concepibile maltrattamento da parte del popolino adoratore di idoli. I magistrati locali, cedendo ai clamori delle turbe, non offrivano alcuna protezione a coloro che erano accusati di essere discepoli di Gesù”.3 E come viene messo in risalto nell’Ecclesiastical History di Mosheim, erano i capi religiosi che fomentavano il fuoco della persecuzione. “Era divenuta una consuetudine perseguitare i Cristiani, ed anche metterli a morte, non appena i sacerdoti pagani, o il popolino istigato dai sacerdoti, ne chiedevano lo sterminio”.4

Non era difficile per i capi aizzare il popolo le cui menti erano sature di superstizione. Il libro Christianity and the Roman Empire riferisce sulle loro credenze: “Se qualcuno trascurava l’adorazione delle divinità locali, e, ancor peggio, se mancava loro di rispetto con gli atti o le parole, il dio si sarebbe adirato, e la sua maledizione avrebbe colpito non solo l’immediato offensore, ma anche quelli che lo tolleravano. Di nuovo ogni membro dello Stato era tenuto a promuovere il proprio benessere con l’osservanza religiosa. Egli non aveva più diritto di astenersi dal compiere i suoi doveri religiosi che di rifiutare di pagare le tasse”.5 Questo era il pensiero dei Romani. Essi superstiziosamente credevano che fosse essenziale costringere al conformismo in materia religiosa o sterminare i trasgressori. “Se l’impero era stato colpito da una recente calamità, da una pestilenza, da una carestia, o da una guerra sfortunata; se il Tevere era, o il Nilo non era, salito oltre gli argini, se vi era stato un terremoto, o se il normale andamento delle stagioni era stato interrotto, i superstiziosi Pagani erano convinti che i delitti e l’empietà dei Cristiani, risparmiati dall’eccessiva clemenza del governo, avevano alla fine provocato la giustizia divina”.6 Perciò il clamore popolare indusse molti magistrati a cedere alla richiesta: “I Cristiani ai leoni!”

LE AUTORITÀ SI UNISCONO ALLA PERSECUZIONE

Quando disse: “Rendete dunque a Cesare le cose di Cesare, ma a Dio le cose di Dio”, Gesù espose chiaramente il principio che avrebbe governato la relazione dei Cristiani con le autorità civili. Essi sono neutrali. Non si sollevano ribellandosi ai governi, anche quando sono perseguitati ingiustamente. Tuttavia danno un contributo attivo al celeste regno di Dio. Pertanto, allorché Gesù spiegò a Pilato: “Il mio regno non fa parte di questo mondo”, Pilato non trovò alcuna colpa in lui. — Matt. 22:21; Giov. 18:36.

Nonostante il fatto che i Cristiani osservavano la legge, venne il tempo quando anche l’imperatore si unì agli altri nel maltrattare i Cristiani. Si sparse la voce che Nerone fosse responsabile dell’incendio di Roma. Servendosi diabolicamente dell’antipatia popolare per i Cristiani egli si servì di loro come di capri espiatori per distogliere l’attenzione da se stesso. Vengono citate queste parole di Tacito: “Beffe di vario genere venivano aggiunte per protrarre le loro agonie di morte. Coperti con le pelli di animali selvatici, erano condannati a morire sbranati dai cani, o inchiodati alle croci, o veniva loro appiccato fuoco e venivano arsi dopo il crepuscolo servendo come illuminazione notturna. Nerone offrì il proprio giardino per questo spettacolo, . . . cominciò a sorgere un sentimento di compassione verso di loro, poiché gli uomini si resero conto che venivano immolati non a vantaggio del comune benessere, ma per saziare la crudeltà di un unico uomo”.1

Durante i regni di Vespasiano e di Tito l’opposizione ufficiale si placò, solo per riaccendersi per istigazione di Domiziano verso la fine del primo secolo.7 Si dice che gli giungesse notizia che i Cristiani credevano nel ritorno di Cristo nel potere del Regno. Proprio come Erode alla nascita di Cristo, egli considerò che fosse una minaccia, temendo che qualcuno potesse pretendere di essere l’erede al trono, e quindi condusse un’inchiesta in merito. Benché alcuni fossero martirizzati, non fu emanato alcun editto generale.3, 5

Tuttavia, nel giro di pochi anni la rapida diffusione del Cristianesimo in Asia Minore attirò maggiormente l’attenzione del governo. Plinio il Giovane, proconsole in quella zona, riferì la cosa all’imperatore Traiano. Questo produsse nel 112 d.C. un editto ufficiale sotto forma di una lettera di Traiano, che diceva a proposito dei Cristiani: “Non devono essere ricercati. Se, in effetti, sono accusati e ritenuti colpevoli, devono essere puniti, con questa eccezione, tuttavia, che quando l’incriminato nega egli stesso di essere cristiano, e dà evidenza di non esserlo, invocando i nostri dèi, sia . . . perdonato per il suo pentimento. Non si devono accogliere denunce anonime per iniziare qualsiasi processo”.7

I giudici spesso offrivano la libertà ai prigionieri all’apparentemente semplice condizione che “gettassero alcuni grani d’incenso sull’altare”. I Cristiani, seguendo l’esempio di Cristo, che non avrebbe reso un atto di adorazione al Diavolo per un beneficio personale, mantennero fermamente la loro integrità. Quando questo tentativo della corte non era efficace, veniva usata la corruzione, e quindi la vittima era sottoposta alla tortura in cui “ogni sorta di atrocità era impiegata per piegare tale inflessibile e, come sembrava ai Pagani, criminale ostinazione”.6 Benché questa procedura ufficiale continuasse ad essere in vigore per molti anni, non si deve pensare che tutti i casi fossero ora considerati dalle corti e che ciò fosse veramente un freno per i sacerdoti che volevano opprimere i Cristiani. Al contrario, nei giochi pubblici essi avevano ancora successo nell’eccitare le folle a chiedere la morte dei Cristiani. Inoltre, “era in potere dei presidenti di perseguitare i Cristiani come volessero con la garanzia dell’impunità”.4

I fedeli Cristiani mantennero fermamente la loro integrità, rimanendo neutrali riguardo agli affari del mondo, ubbidendo a tutte le leggi giuste, ma riservando la loro adorazione esclusivamente a Geova Dio. Roma spinse la questione agli estremi esigendo che lo stato fosse posto al disopra di Dio. “I Cristiani erano considerati rei di sacrilegio e alto tradimento, di sacrilegio perché rifiutavano di adorare gli dèi dello stato, di alto tradimento perché rifiutavano di adorare il nume dell’Imperatore che impersona la maestà dello stato, con le abituali offerte di vino e di incenso”.5 Ma i Cristiani, avendo piena fiducia in Geova Dio che detiene il potere della vita, affermarono recisamente: “Dobbiamo ubbidire a Dio come governatore piuttosto che agli uomini”. (Atti 5:29) Poiché non fanno parte del mondo, i veri Cristiani sono odiati dal mondo. Ma poiché mantengono l’integrità verso il Vivente Dio, egli mostrerà il suo amore per loro assicurando loro eternità di vita per servirlo.

RIFERIMENTI

1 The Great Events by Famous Historians, Vol. III, F. P. G. Guizot, pagina 246; F. W. Farrar, pagina 142.

2 On the Road to Civilization, A World History, 1937, Heckel e Sigman, pagine 237, 238.

3 The History of Christianity, di J. S. C. Abbott, pagine 238, 239, 255, 256.

4 Institutes of Ecclesiastical History, di Mosheim, Dodicesima Edizione, pagine 55-57.

5 Christianity and the Roman Empire, di W. E. Addis, pagine 54, 55, 59, 69.

6 History of Christianity, di Edward Gibbon, pagine 233-235.

1 The Great Events by Famous Historians, Vol. III, F. P. G. Guizot, pagina 246; F. W. Farrar, pagina 142.

7 Library of Biblical and Theological Literature, History of the Christian Church, di G. Crooks e J. Hurst, pagine 165-168.

3 The History of Christianity, di J. S. C. Abbott, pagine 238, 239, 255, 256.

5 Christianity and the Roman Empire, di W. E. Addis, pagine 54, 55, 59, 69.

7 Library of Biblical and Theological Literature, History of the Christian Church, di G. Crooks e J. Hurst, pagine 165-168.

6 History of Christianity, di Edward Gibbon, pagine 233-235.

4 Institutes of Ecclesiastical History, di Mosheim, Dodicesima Edizione, pagine 55-57.

5 Christianity and the Roman Empire, di W. E. Addis, pagine 54, 55, 59, 69.

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