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  • Il servizio sincero reca preziose ricompense

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  • Il servizio sincero reca preziose ricompense
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1964
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  • MISSIONARIA ALL’ESTERO
  • ANNI DELLA GUERRA
  • PREDICAZIONE CLANDESTINA
  • ANNI POSTBELLICI
  • Il mio scopo nella vita
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1959
  • Lo scopo della mia vita
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1961
  • “Non dimenticare tutti i suoi benefici”
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1966
  • “La tua amorevole benignità è migliore della vita”
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1998
Altro
La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1964
w64 1/6 pp. 343-347

Il servizio sincero reca preziose ricompense

Narrato da Mona Brzoska

MI VENIVANO le lagrime agli occhi mentre contemplavo il grande stadio vicino a Parigi gremito di decine di migliaia di adoratori di Geova. Era l’agosto del 1961. Trent’anni prima, quando era cominciato in Francia e in Belgio il mio servizio missionario, in questi paesi vi era solo un pugno di servitori di Geova. Pareva incredibile che questa grande moltitudine di persone fossero divenute servitori di Geova in tre brevi decenni. Che privilegio aver partecipato a questo grande radunamento! Come ringraziai Geova per avermi aiutato a ricordarmi di lui sin dalla mia fanciullezza.

Poco prima dell’Armistizio nel 1918 i miei genitori notarono un manifesto che annunciava il discorso “Dove sono i morti?” Era indetto dall’Associazione degli Studenti Biblici Internazionali. Ciò che mia madre imparò in questo discorso fu come un raggio di luce di un riflettore sulle Scritture. Era convinta che questa era la verità. Anche mio padre decise di investigarla, e presto si tenevano in casa nostra studi biblici settimanali.

Fui tolta dalla scuola domenicale, e mia madre mi spiegò che quello che vi avevo imparato riguardo all’anima, all’inferno e alla trinità era falso. Ogni domenica venivo portata al Tabernacolo di Londra e gradualmente crescevo in conoscenza e fede. Nel 1925 cominciai a pensare seriamente alla mia personale responsabilità verso Geova. L’entusiasmo manifestato quell’anno al congresso di Londra mi fece sentire felice perché conoscevo la verità e avevo davanti a me una vita da usare alla lode di Geova. Benché andassi ancora a scuola, decisi di dedicarmi a Dio.

Comunque, al tempo della mia dedicazione, non pensai di intraprendere la carriera del servizio continuo, poiché riuscivo molto bene negli studi e avevo appena ricevuto una borsa di studio e un dono che mi avrebbero permesso di continuarli. Quando mia madre si ammalò mi trovai davanti a un problema: Dovevo continuare gli studi o smettere e badare a lei? Pregai sinceramente per essere guidata e non passò molto tempo prima che mi convincessi su quella che era la volontà di Geova per me.

Non fu facile troncare gli studi, ma compresi ben presto tutto ciò che questo poteva significare. Lontana dai miei precedenti compagni, ero in più stretti rapporti con fratelli e sorelle giovani già impegnati nel servizio continuo. I fratelli scelti dal presidente della Società Torre di Guardia per andare in India e in Spagna mi fecero una profonda impressione, e mi resi conto che c’era grande bisogno di operai in molti paesi.

A quell’epoca udii un discorso a un congresso che non ho mai dimenticato. Era basato su 2 Cronache 31:21 (VR): “In tutto quello che [Ezechia] prese a fare per il servizio della casa di Dio . . . mise tutto il cuore nell’opera sua, e prosperò”. Decisi che se mia madre si fosse rimessa in salute, avrei seguìto la carriera del servizio continuo a Geova, e che, come Ezechia, avrei agito con tutto il cuore per prosperare.

Prima ebbi l’opportunità di compiere quella che allora era chiamata opera “ausiliaria” di pioniere, attività di predicazione che mi recò molta gioia. Nel 1928 fui in grado di dire alla Società che potevo andare ovunque fossero necessari operai. Un piccolo gruppo di noi fummo scelti per lavorare nelle imprese commerciali di alcune grandi città d’Inghilterra. Dapprima pensai di non poter adempiere questo compito — era già un grande sforzo partire da casa — ma mi vennero in mente esempi come quello di Mosè e di Geremia e pensai che, se Geova mi chiedeva di fare questo, mi avrebbe aiutato ad adempiere il compito se mi ci fossi impegnata con tutto il cuore. Egli mi aiutò, e il comprendere ciò mi ha spesso spronato ad andare avanti quando mi sono stati affidati nuovi compiti, superiori alle mie forze.

Le esperienze gioiose e incoraggianti furono tante, che quando fu rivolto l’invito di offrirsi volontari per andare a lavorare nel continente, dovetti rispondere: “Eccomi, manda me!” La Società mi accettò, ed ora avrei realizzato l’ambizione della mia fanciullezza di divenire missionaria.

MISSIONARIA ALL’ESTERO

In un freddo mattino del gennaio 1931, la mia compagna ed io sbarcammo sul suolo francese coperto da uno spesso strato di ghiaccio. Come fui felice di avere studiato francese a scuola! Questa era veramente “opera di pioniere”, poiché a quei giorni non c’erano case missionarie. Tutto era così strano, dalle piccole cose, come i cibi e le bevande (scoprii che nessuno beveva tè!) e l’andare in bicicletta sul lato destro della strada, alle cose importanti come la religione della gente. La lingua era un grosso problema, ma la pratica costante ci rendeva sempre più efficaci.

Fu una cosa nuova per me andare al commissariato di polizia per ottenere la carta d’identità. Suppongo che il poliziotto pensasse che avevamo bisogno di protezione, poiché quando chiesi se sapeva dov’era una camera conveniente, diede rapide istruzioni a uno dei suoi uomini e ci disse di seguirlo. Immaginate la nostra sorpresa quando ci trovammo nell’ingresso di un convento cattolico romano dov’erano provvisti vitto e alloggio alle ragazze giovani! Dopo questa ed altre avventure trovammo infine una camera nei limiti delle nostre possibilità.

Un grosso problema era quello del riscaldamento durante l’inverno. Spesso eravamo costrette a rompere il ghiaccio sull’acqua della caraffa prima di poterci lavare la mattina. Con una stufetta ad olio preparavamo i nostri semplici cibi. Di sovente percorrevamo in bicicletta da quindici a venticinque chilometri per andare e tornare dal territorio. La nostra opera consisteva nel diffondere letteratura e trasferirci in campi vergini. Anche così, le riviste religiose cattoliche e protestanti cominciarono a pubblicare avvertimenti contro di noi. Molte volte questi avvertimenti ottenevano l’effetto contrario e suscitavano vero interesse.

Nel frattempo, il popolo del Signore veniva conosciuto in Europa col suo nuovo nome, testimoni di Geova. Che privilegio aver partecipato a quelle prime fatiche. Raramente vedevamo altri Testimoni se non ai congressi e quando andavamo a casa per le vacanze annuali. Ma ci scambiavamo incoraggianti lettere coi conservi missionari in altre parti della Francia e anche della Spagna. Benché fossimo isolate, non mancavamo mai di studiare La Torre di Guardia ogni domenica. Il prendere regolarmente il cibo spirituale fu una salvaguardia per noi.

Nel 1935 fui assegnata insieme a un felice gruppo al Belgio, dov’erano circa sessanta Testimoni in tutto. Ai sacerdoti non piacque la nostra intrusione nei loro pascoli. Usarono ogni mezzo che avevano per liberarsi di noi, come avvertire le loro greggi, minacciarci, chiamare la polizia di stato, mandare bambini a molestarci, lanciare sassi o forare le gomme delle nostre biciclette e andare in giro dopo di noi per raccogliere la letteratura che avevamo lasciato. Ciò nonostante, gli abitanti dei villaggi mi dicevano di frequente: “Mi dia diversi opuscoli; quando viene il sacerdote posso dargliene uno per accontentarlo e leggere gli altri!” Poiché il Belgio era più piccolo della Francia, potevamo radunarci periodicamente nella Filiale. La felice associazione coi nostri conservi nel ministero era stimolante e ispiratrice. Tuttavia, le condizioni diventavano sempre più difficili man mano che si avvicinava la seconda guerra mondiale.

ANNI DELLA GUERRA

Nell’estate del 1939 scoppiò la guerra e dovemmo allontanarci dalla frontiera. Vivevamo sotto una costante pressione. Spesso eravamo mandati dalle autorità e accusati di essere spie o quelli della quinta colonna. Più che mai compresi che era un tempo in cui compiere un servizio sincero. Il 10 maggio 1940, il Belgio fu invaso e noi dovemmo retrocedere davanti alla rapida avanzata degli eserciti nazisti. Più volte ci batté il cuore, mentre percorrevamo in bicicletta le strade delle Fiandre, portando con noi i nostri pochi averi e dormendo in granai o in qualsiasi specie di rifugio trovassimo. La maggioranza dei villaggi erano deserti, e ai bordi delle strade vi erano morti, evidenza dei bombardamenti e dei combattimenti che avvenivano intorno a noi. Dovevo pregare sinceramente per conservare il coraggio. Di una cosa tuttavia ero molto grata: Mi ero impegnata con tutto il cuore in ogni compito affidatomi. Come mi sarei rammaricata ora se non l’avessi fatto!

Un giorno il nostro gruppo si divise. La mia compagna riuscì ad attraversare il Canale della Manica, ma il gruppo col quale io mi trovavo fu respinto ad ogni porto della Manica. Avevo pochissimo denaro e la situazione era molto pericolosa per me, non solo a causa della mia cittadinanza inglese, ma specialmente perché ero ministro in servizio continuo dei testimoni di Geova, che Hitler era deciso a sterminare. A tutti i profughi fu detto di tornare alle loro case. Questo significava tornare nel Belgio, che nel frattempo aveva capitolato. Anche la maggior parte della Francia era occupata. Era compiuta la nostra opera?

Quando tornai in Belgio scoprii che il mio nome era sulla “lista nera” della Gestapo. Che cosa dovevo fare? Dove potevo andare? Se colui che ospitava un cittadino britannico veniva scoperto era fucilato a vista, per cui se stavo coi Testimoni mettevo in pericolo la loro vita. Eppure non avevo i mezzi per sostenermi in quello che era ora territorio nemico. Non potevo nemmeno avere la tessera per una razione di cibo. Mi domandavo qual era la volontà di Geova per me e gli chiesi di farmela capire. Proprio allora un Testimone che conoscevo da diversi anni rinnovò la sua proposta di matrimonio. Dopo aver considerato la cosa in preghiera accettai.

PREDICAZIONE CLANDESTINA

Grazie alla cooperazione delle autorità belghe, ci sposammo e trovammo un luogo in cui abitare. L’opera “clandestina” era già stata organizzata, e i fratelli responsabili mi chiesero se volevo prendervi parte. La via, che era sembrata così oscura, cominciò a rischiararsi. Mio marito acconsentì e trovò un lavoro per permettermi di continuare questa nuova forma di servizio continuo. Il mio lavoro consisteva nel dispensare ai centri il cibo spirituale, da dove sarebbe stato distribuito ai fratelli, dopo che l’avevamo tradotto e ciclostilato segretamente.

Nella nostra attività clandestina riuscimmo parecchie volte a scampare per miracolo. Un giorno arrivai a casa di un fratello quando la Gestapo se ne era appena andata. Vi era stata indirizzata da una lettera anonima che mi aveva denunciato. Un’altra volta mi fu impedito all’ultimo minuto di andare a casa di un Testimone dove dovevo ricevere istruzioni. Proprio quella domenica mattina la Gestapo lo aveva arrestato. Per tre giorni i soldati armati rimasero a fare la guardia alla casa per arrestare tutti i Testimoni che vi si recassero. Un fratello che vi era andato non era stato riconosciuto e mi aveva avvertito di stare lontana. A volte i soldati nazisti mi aiutavano a scendere dal treno o dal tram o si offrivano di tirare giù la mia borsa che, a loro insaputa, era piena di letteratura!

Com’era prezioso il cibo spirituale che penetrava sino a noi! Ci riunivamo in piccolissimi gruppi, in giorni diversi e in case diverse, di solito attorno al tavolo preparato per un pasto, in caso di visite sgradite. Nel tempo della Commemorazione facevamo sempre uno sforzo speciale nell’opera di predicazione. Nel 1943, durante la settimana della Commemorazione, trovai una famiglia di dieci persone che ebbi la gioia di veder venire nell’organizzazione di Geova. Gli anni della guerra mi fecero apprezzare come mai prima la leale associazione del popolo di Geova in tempo di pericolo e il valore del cibo spirituale per il quale molti avevano rischiato la vita.

ANNI POSTBELLICI

Col tempo la corrente della guerra cambiò e la nostra parte d’Europa fu liberata. Potei tornare per breve tempo in Inghilterra e rivedere i miei genitori. Che gioia essere con loro e narrarci esperienze! Fu una cosa meravigliosa incontrare di nuovo tanti fratelli, andare liberamente alle adunanze e osservare il progresso dell’organizzazione di Geova.

Appena tornai in Belgio mio marito ed io fummo invitati a lavorare come traduttori nella piccola sede centrale di Bruxelles. Una delle più grandi gioie fu di scoprire che durante i difficili e pericolosi anni della guerra il piccolo gruppo di Testimoni in Belgio era aumentato di parecchie centinaia: una meraviglia possibile solo mediante lo spirito di Geova.

Nel dicembre del 1945 vi fu la prima visita del terzo presidente della Società, il fratello Knorr, nel Belgio postbellico. Quando un diplomato della Scuola Biblica Torre di Guardia di Galaad venne ad aiutarci ad organizzare l’opera, ebbi il privilegio di fargli da interprete mentre imparava il francese. Man mano che si organizzava meglio l’opera i proclamatori del Regno cominciavano a contarsi a migliaia anziché a centinaia. Era più che mai il tempo di rendere un sincero servizio, per aiutare le persone di buona volontà a trovare la via della vita.

Nel 1950 fui presente al congresso di New York nello Yankee Stadium e visitai la nuova Betel di Brooklyn, la stamperia e la Scuola di Galaad. Mi sentivo come la regina di Saba: “Non me n’era stata riferita neppure la metà”. La morte di mio marito avvenuta qualche tempo dopo mi fece capire una volta di più quanto sia prezioso il privilegio del servizio continuo sincero e che cosa può significare in tempo di afflizione l’amore dei fratelli e della visibile organizzazione di Geova.

Quando venne completata la nuova casa Betel di Parigi vi fui mandata a lavorare, ma non fu senza sentirmi stringere il cuore quando lasciai in Belgio tante persone care. Benché non abbia dimenticato i vecchi amici, ne ho conosciuto di nuovi. Anche qui è una grande gioia vedere i sorveglianti alla Scuola di Ministero del Regno che completano il corso e tornano a casa più preparati per pascere le “pecore” di Geova. Se qualcuno mi avesse detto il primo giorno che sbarcai sul suolo francese, o durante gli oscuri giorni della seconda guerra mondiale, che sarebbe successa una cosa come questa, avrei fatto senz’altro molta fatica a crederlo.

Capite dunque che cosa ho provato guardando quello stadio affollato vicino a Parigi? Quelle grandi moltitudini venivano da molti luoghi nei quali per prime avevamo lasciato letteratura venticinque anni fa. Certamente il servizio sincero reca preziose ricompense in molti modi. Comprendo che l’unico modo in cui posso mostrare a Geova la mia gratitudine per tutti i benefici che mi ha recato è quello di continuare ad assolvere con tutto il cuore il compito che mi è stato affidato per ogni giorno.

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