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  • La più grande felicità del dare
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1965
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1965
w65 15/11 pp. 675-676

La più grande felicità del dare

DA GIOVANI siamo inclini a prendere tutte le cose per quello che sembrano. Ma quando diveniamo maturi, quando diveniamo più vecchi e più saggi, apprezziamo la veracità del detto che “non è tutto oro quel che riluce”. Comunque, senza la Parola di Dio che ci guidi, siamo destinati a seguire certi errati concetti a causa di ciò che sembrano le cose.

Uno di questi è in relazione con la nostra ricerca di felicità. Poiché il ricevere doni dagli altri ci reca vivo piacere abbiamo la tendenza a trascurare il fatto che vi sono altre fonti di felicità a parte il ricevere cose, come la soddisfazione di aver fatto bene un lavoro difficile. È un peccato che questo fatto sia trascurato, poiché, se attribuiamo troppa importanza al ricevere, facciamo dipendere la nostra felicità dal fatto che altri ci diano.

Ma il nostro saggio e amorevole Creatore non intese che dipendessimo dai doni altrui per avere felicità. In che modo? In quanto ci viene più grande felicità dal nostro stesso dare, come insegnò il Figlio di Dio, Gesù Cristo, quando disse: “Vi è più felicità nel dare che nel ricevere”. — Atti 20:35.

Perché dovrebbe esservi maggiore felicità nel dare che nel ricevere? Perché la più grande di tutte le qualità è l’amore, e l’esprimerlo ha il potere di renderci felici. Questo avviene perché fummo creati a immagine di Colui del quale è detto: “Dio è amore”. Poiché il dare reca felicità, come dev’essere felice il Creatore, Geova Dio, in considerazione del fatto che egli è ‘il Datore di ogni dono buono e di ogni regalo perfetto’! Giustamente egli è chiamato “felice Iddio”. Nella misura che cerchiamo di imitarlo sotto questo aspetto possiamo conoscere la più grande felicità di cui parlò Gesù. Due che fecero del loro meglio per imitare il loro Fattore sotto questo aspetto furono Gesù Cristo stesso e l’apostolo Paolo. Essi dedicarono la loro vita al dare, impoverendosi letteralmente per arricchire altri. — 1 Giov. 4:8; Giac. 1:17; 1 Tim. 1:11; 2 Cor. 6:10; 8:9.

Si potrebbe giustamente chiedere: Dato che il dare contribuisce alla più grande felicità, perché non v’è più liberalità? A motivo del peccato dei nostri primi genitori. La loro volontaria disubbidienza impresse come conseguenza su tutta la loro progenie l’inclinazione all’egoismo, e perciò abbiamo la tendenza a trascurare l’importanza dell’amore, del dare ad altri. — Gen. 8:21.

E inoltre, noi tutti abbiamo una certa misura di prudente timore a causa dell’istinto di conservazione. Questo istinto, in se stesso appropriato, se non è controllato, agisce contro la nostra generosità. Quando rifiutiamo di attribuirgli ingiustificata importanza, ciò indica un trionfo sopra l’egoistico timore, sopra l’indebita apprensione per il futuro. Il dare malgrado i propri modesti mezzi implica fiducia in Dio che possiamo essere generosi oggi e che tuttavia non saremo nel bisogno domani. In tal caso siamo come la vedova su cui richiamò l’attenzione Gesù, che diede tutto ciò che aveva al tesoro del tempio. Il suo dare implicò fiducia nel suo Dio Geova che l’indomani non sarebbe morta di fame! Tale fiducia in Dio, tale libertà da indebita apprensione, contribuisce similmente alla propria felicità. — Luca 21:1-4.

Questo principio che vi è maggiore felicità nel dare che nel ricevere non si limita di certo al dare denaro. Altrimenti quelli ricchi materialmente avrebbero la massima possibilità d’essere felici, ma non è così. Il dare si applica a tutti i nostri beni di cui altri possono aver bisogno. Uno di questi è il tempo. Quando altri ci fanno visita o trovano il tempo di assisterci in un modo o nell’altro, siamo felici, non è vero? Ebbene, dunque, per conoscere una felicità ancora più grande dobbiamo dare ad altri del nostro tempo. Gesù lodò le “pecore” alla sua destra perché gli avevano dato non solo cibo e bevanda, vestiti e riparo, ma anche del loro tempo, in quanto lo avevano curato quando era malato ed erano andate da lui in prigione. Sì, per “aver cura degli orfani e delle vedove nella loro tribolazione” ci vuole tempo. — Matt. 25:34-36; Giac. 1:27.

Infatti, più volte l’essere generosi col nostro tempo nel visitare un amico meritevole o bisognoso o malato reca con sé inaspettati frutti di felicità. Un esempio di ciò è dato da un’anziana signora che abita nella parte orientale degli Stati Uniti la quale è invalida, cieca e paralizzata dall’artrite. Coloro che fanno tutto il possibile per visitarla se ne vengono via sentendo d’aver ricevuto grande beneficio a causa del suo vivace intendimento e apprezzamento e della sua allegra disposizione.

E ancora, v’è una cosa come il dare conoscenza che possediamo ad altri che possono averne bisogno. Ebbene, non ci sentiamo meglio per aver potuto dare delle indicazioni a un automobilista che si era fermato a chiederci come arrivare alla sua destinazione? Per tale ragione coloro che hanno conoscenza e intendimento dei propositi di Dio ricevono tale felicità quando trovano qualcuno che riconosce il suo bisogno di conoscenza per giungere alla destinazione della vita eterna! — Giov. 17:3.

Da non trascurare è la felicità che viene dal dare di noi stessi, della nostra personalità. Questo può farsi semplicemente essendo pronti a sorridere; un sorriso può far tanto bene a chi è timido, introverso, abbattuto o temporaneamente depresso. Una parola incoraggiante, un saluto amichevole, sono altri piccoli modi in cui possiamo dare di noi stessi e conoscere la più grande felicità che deriva dal dare.

Qualcuno vi ha offeso, vi ha fatto un torto? Anche qui potete conoscere la più grande felicità dando, perdonando il suo debito verso di voi. E continuate a perdonare, settantasette volte se necessario! Rifiutare di perdonare, ebbene, non c’è nulla come il nutrire rancore o coltivare un risentimento che ci privi della felicità. Giustamente è stato detto che “chi copre i falli si procura amore”. E rammentate che vi è una speciale ragione per cui il perdonare reca felicità, poiché in tal caso possiamo con la coscienza pura supplicare Dio di perdonare noi! — Prov. 17:9, VR; Matt. 6:14; 18:22.

Non possiamo evitarlo. I princìpi di Dio sono ragionevoli. Il ricevere reca felicità, ma per avere la più grande felicità, cercate i modi di dare di voi stessi e di ciò che avete a coloro che ne hanno bisogno.

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