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  • Che cosa intese dire il saggio?

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  • Che cosa intese dire il saggio?
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1977
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1977
w77 1/7 pp. 410-411

Che cosa intese dire il saggio?

La ricerca dei piaceri e della cultura è poco rimunerativa

Il re Salomone riscontrò che l’acquistare sapienza e conoscenza mondana non era una meta soddisfacente. Per questa ragione esplorò altri campi della vita, inclusi i piaceri e la cultura.

Trovò Salomone vera soddisfazione nei piaceri, nell’allegrezza e nelle risa? Egli scrisse: “Io dissi, pure io, nel mio cuore: ‘Ora vieni, lascia che io ti provi con l’allegrezza. Inoltre, vedi il bene’. Ed ecco, anche questo fu vanità. Dissi al riso: ‘Insania!’ e all’allegrezza: ‘Che fa questa?’” — Eccl. 2:1, 2.

Invano Salomone cercò qualche cosa di vero valore nei divertimenti e nelle risa. In se stessa la ricerca dei piaceri non reca nessuna vera e durevole felicità. Ridere e rallegrarsi può temporaneamente contribuire a far dimenticare i propri problemi. Ma i problemi rimangono e, finito il divertimento, potrebbero per contrasto sembrare ancora più gravosi. Giustamente Salomone poté parlare delle risa come di “insania”, perché le risa sconsiderate oscurano il sano giudizio. Potrebbero indurre a prendere alla leggera cose molto serie e quindi offendere o irritare altri. Il divertimento e l’allegria dovuti alle parole e alle azioni di un buffone di corte non significano proprio nulla. Non si può dire che producano qualche cosa di tangibile e significativo.

Non contento del risultato di piaceri, divertimenti e risa, Salomone volle provare l’effetto del vino. Egli continua: “Esplorai col mio cuore, rallegrando la mia carne pure col vino, mentre conducevo il mio cuore con sapienza, pure per attenermi alla follia finché potei vedere quale bene c’era per i figli del genere umano in ciò che facevano sotto i cieli nel numero dei giorni della loro vita”. (Eccl. 2:3) Nel far uso del vino, Salomone fu guidato da sapienza, da buon senso. Non divenne un ubriacone ma mantenne la padronanza di sé. Il suo ‘attenersi alla follia’, dunque, non indica che gettasse al vento la moderazione. Piuttosto, nella sua investigazione del lato più piacevole della vita, egli si controllò e quindi non divenne uno sfrenato ricercatore di piaceri. Rimanendo nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, Salomone poté giustamente valutare le sue scoperte.

Descrivendo le sue ulteriori attività, egli dichiara: “M’impegnai in opere più grandi. Mi edificai case; mi piantai vigne. Mi feci giardini e parchi, e vi piantai alberi da frutto di ogni sorta. Mi feci piscine d’acqua, per irrigare con esse la foresta, germogliante d’alberi. Acquistai servi e serve, ed ebbi figli della casa. Ebbi anche bestiame, bovini e greggi in gran quantità, più di tutti quelli che erano stati prima di me in Gerusalemme. Mi accumulai anche argento e oro, e proprietà particolari ai re e ai distretti giurisdizionali. Mi feci cantori e cantatrici e gli squisiti diletti dei figli del genere umano, una signora, pure delle signore. E divenni più grande e crebbi più di chiunque era stato prima di me in Gerusalemme. Inoltre, la mia propria sapienza rimase mia. E qualunque cosa i miei occhi chiedessero non la tenni lungi da essi. Non trattenni il mio cuore da alcuna sorta di allegrezza, poiché il mio cuore era gioioso a causa di tutto il mio duro lavoro, e questa fu la mia porzione da tutto il mio duro lavoro”. — Eccl. 2:4-10.

Nella sua posizione di re, Salomone aveva a portata di mano tutte le risorse che gli permettevano di fare quello che voleva. Eppure non abbandonò la sapienza nella ricerca di giuste opere e cultura, architettura, giardinaggio e musica. Quindi, Salomone non dilapidò le sue risorse finanziarie ma continuò ad accumulare oro e argento. La sua ‘sapienza rimase sua’, guidandone le numerose attività. Provò pure un certo piacere in ciò che poté compiere. Ma scoprì realmente Salomone in queste varie attività ciò che aveva durevole valore nella vita? Ecco la sua risposta: “Io, pure io, mi volsi a tutte le mie opere che le mie mani avevan fatte e al duro lavoro che avevo duramente lavorato per compiere, ed ecco, ogni cosa era vanità e un correr dietro al vento, e non c’era nulla di vantaggioso sotto il sole”. (Eccl. 2:11) Sì, anche in quelle che si potevano considerare imprese meritorie, Salomone provò un senso di futilità, di vanità. Si rese conto che la morte l’avrebbe raggiunto e senza che ci fosse modo di sapere che cosa sarebbe accaduto di tutto il suo duro lavoro. — Eccl. 2:17-19.

Davvero la ricerca fine a se stessa dei piaceri e della cultura non assicura una vita felice e contenta. In effetti chi concentra la sua vita su queste cose può infine rendersi conto che la sua vita è molto vuota e che ha bisogno di cibo spirituale.

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