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  • Cora, un uomo superbo e ribelle

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  • Cora, un uomo superbo e ribelle
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1979
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  • MOSÈ IMPARTISCE LA RIPRENSIONE
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    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 2002
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1979
w79 15/5 pp. 13-15

Cora, un uomo superbo e ribelle

IL LEVITA CORA, primo cugino di Mosè e Aaronne, ebbe il privilegio di vedere direttamente le spettacolari manifestazioni della potenza e della gloria di Geova. Era presente quando le acque del Mar Rosso si divisero, permettendo agli israeliti di attraversarlo all’asciutto. Quindi, insieme alla congregazione d’Israele, levò la voce nel canto lodando Geova per aver distrutto in quello stesso mare l’inseguitore egiziano. Da quel momento in poi, Cora vide il modo meraviglioso in cui Geova Dio aveva cura del suo popolo nel deserto, fornendogli acqua, manna e carne. Assisté anche alla sconfitta degli amalechiti che avevano lanciato a Israele un attacco ingiustificato. Anche questa vittoria fu una prova della cura e della protezione di Geova.

Da ciò che aveva visto nel corso di quell’anno, Cora aveva sufficienti prove per sapere che Geova, pur trattando il suo popolo misericordiosamente, non avrebbe tollerato né ribellione né deliberata trasgressione delle leggi. Nadab e Abiu, figli di Aaronne, perirono in un fuoco inviato da Geova perché, probabilmente mentre erano ubriachi, avevano offerto incenso che non era stato prescritto da Dio. Miriam fu colpita temporaneamente dalla lebbra per aver criticato il fratello Mosè riguardo al suo matrimonio con una cusita e sfidato la posizione eccezionale che occupava dinanzi a Geova. — Lev. 10:1, 2; Num. 12:1-15.

Una volta lo stesso Cora aveva partecipato all’esecuzione della vendetta di Geova. Dopo che gli israeliti erano stati coinvolti nell’adorazione del vitello al monte Sinai, Mosè aveva chiesto una prova di forza, dicendo: “Chi è dalla parte di Geova? A me!” Solo i leviti, tra i quali doveva esserci Cora, si raccolsero al fianco di Mosè. Ubbidendo al comando di Mosè, passarono nel campo e uccisero con la spada 3.000 idolatri. — Eso. 32:26-28.

IL MALCONTENTO CRESCE

Tuttavia, lo zelo per la giustizia che Cora poté aver manifestato in quell’occasione non durò. Sembra che certe circostanze difficili fossero una prova troppo grande per lui. Non era contento della sua sorte e voleva superbamente una posizione a cui non aveva diritto. Quali furono le circostanze nelle quali Cora manifestò uno spirito superbo e ribelle?

Quando gli israeliti lasciarono l’Egitto, avevano dinanzi la meravigliosa prospettiva di entrare presto nella Terra Promessa. Ma le cose cambiarono. Dieci delle dodici spie mandate nel paese portarono notizie cattive che spaventarono gli israeliti. Perciò cominciarono a mormorare contro Mosè e Aaronne, dicendo: “Fossimo morti nel paese d’Egitto, o fossimo morti in questo deserto! E perché Geova ci conduce in quel paese per cadere di spada? Le nostre mogli e i nostri piccoli diverranno preda. Non è meglio che ce ne torniamo in Egitto?” (Num. 14:2, 3) A causa della loro infedeltà, Geova li condannò a rimanere nel deserto, finché dopo 40 anni di peregrinazioni tutti gli uomini registrati per la guerra morirono. Quindi invece di ricevere un’eredità nella Terra Promessa, gli israeliti dovettero sopportare le avversità di una vita nomade in un deserto squallido e desolato. Che delusione!

Col passar del tempo il malcontento fra gli israeliti crebbe. L’influente cheatita Cora, un uomo di forse 80 anni, fu evidentemente contagiato da questo spirito di malcontento. Col tempo capeggiò una ribellione contro l’autorità dei suoi cugini Mosè e Aaronne, autorità data loro da Dio.

I leviti cheatiti erano accampati vicino ai rubeniti. Può darsi quindi che Cora e certi uomini importanti della tribù di Ruben avessero un notevole scambio di idee. Essendo Ruben il primogenito di Giacobbe, può darsi che alcuni di questi suoi discendenti fossero offesi perché Mosè esercitava autorità su di loro. In quanto a Cora, non era contento di prestare servizio solo come assistente del sacerdozio aaronnico.

Infine, Cora e i rubeniti Datan, Abiram e On, insieme a 250 capitribù, si congregarono contro Mosè e Aaronne, dicendo: “Questo vi basti, perché l’intera assemblea son tutti santi e Geova è in mezzo a loro. Perché, dunque, vi dovreste innalzare al di sopra della congregazione di Geova?” — Num. 16:1-3.

Pertanto Cora dimenticò che Mosè e Aaronne avevano ricevuto la nomina da Geova, e che la santità della congregazione dipendeva dall’ubbidienza alla legge di Dio. Tale santità o purezza non era innata in loro. Cora sostenne erroneamente che Mosè e Aaronne si erano messi arbitrariamente al di sopra di una congregazione in cui erano tutti uguali, in cui ciascun membro era santo.

MOSÈ IMPARTISCE LA RIPRENSIONE

Come avrebbero potuto capire tutti che Cora e i suoi sostenitori erano in errore? Mosè disse: “Nella mattina Geova farà conoscere chi gli appartiene e chi è santo e chi gli si deve avvicinare, e chiunque avrà scelto s’avvicinerà a Lui. Fate questo: Prendetevi i portafuoco, Cora e la sua intera assemblea, e domani mettete in essi il fuoco e ponete su di essi l’incenso dinanzi a Geova, e deve accadere che l’uomo che Geova avrà scelto, sarà il santo”. — Num. 16:5-7.

Non sarebbe passato molto prima che la controversia fosse risolta. Proprio la mattina dopo, Geova avrebbe rivelato chi aveva scelto per rendergli servizio sacerdotale. Come levita cheatita, Cora non era stato autorizzato a offrire incenso quale sacerdote. Se si fosse presentato a Geova per offrire incenso avrebbe indicato di pensare che aveva il diritto di compiere servizi sacerdotali. Quindi dicendo a Cora e ai suoi compagni di presentarsi coi portafuoco, Mosè li invitava ad agire secondo il loro personale desiderio di assumere funzioni sacerdotali.

Nondimeno, fece capire a Cora e ai suoi compagni ribelli che la loro tesi era errata, dicendo: “È così poca cosa per voi che l’Iddio d’Israele vi abbia separati dall’assemblea d’Israele per presentarvi a sé per compiere il servizio del tabernacolo di Geova e per stare dinanzi all’assemblea a servirla, e che abbia fatto avvicinare te e tutti i tuoi fratelli figli di Levi con te? Dovete voi cercare dunque anche d’assicurarvi il sacerdozio? Per questa ragione tu e tutta la tua assemblea che vi radunate siete contro Geova. In quanto ad Aaronne, che cos’è egli perché mormoriate contro di lui?” — Num. 16:9-11.

Questo rimprovero avrebbe dovuto indurre Cora e i suoi sostenitori a riconsiderare la propria posizione. Cora e gli altri leviti avevano avuto il grande privilegio d’essere separati dagli altri israeliti per servire nel santuario. Non era una cosa insignificante, da poco. Quindi Mosè dimostrava quanto poco Cora apprezzasse l’onore e la dignità che Geova aveva conferito ai leviti. Ribellandosi alla disposizione di Geova, Cora e i suoi sostenitori si mettevano in opposizione all’Altissimo. Quello che facevano era ingiustificato. Non era stato Aaronne a costituirsi sommo sacerdote. Era tale per nomina di Dio.

CORA PERISCE MA NON I SUOI FIGLI

Le parole di Mosè, comunque, caddero su orecchi sordi. La mattina dopo Cora e 250 capitribù stettero impudentemente all’ingresso del tabernacolo nel cortile, per offrirvi incenso. Geova dimostrò allora vigorosamente che solo gli uomini della casa di Aaronne dovevano prestare servizio come sacerdoti. Un fuoco da Geova consumò Cora e i 250 che erano con lui. — Num. 16:35; 26:10.

I figli di Cora non si unirono al padre in questa ribellione. Furono felici e contenti di servire come assistenti dei sacerdoti e, perciò, continuarono a vivere. (Num. 26:9, 11) Tra i loro discendenti ci furono uomini che scrissero canti di lode divenuti parte delle Scritture ispirate. Uno di questi canti o salmi ammette con gratitudine: “Un giorno nei tuoi cortili è migliore di mille altrove. Ho scelto di stare sulla soglia della casa del mio Dio anziché andare intorno nelle tende di malvagità. Poiché Geova Dio è un sole e uno scudo; favore e gloria sono ciò che egli dà. Geova stesso non tratterrà alcuna cosa buona da quelli che camminano in maniera irreprensibile”. — Sal. 84:10, 11.

Facciamo bene a imitare l’esempio dei figli di Cora, apprezzando sempre quello che Geova Dio ci ha dato. In quanto allo stesso Cora, è per noi un esempio ammonitore. Quando il futuro appare poco promettente, dobbiamo stare attenti a non farci vincere dall’orgoglio. Dobbiamo umilmente accettare qualsiasi cosa Geova Dio permetta che subiamo, non ricalcitrando. Non dovremmo mai lasciare che i momenti di avversità ci inducano a lamentarci della nostra sorte e a tramare per ottenere quello a cui non abbiamo diritto. Se ricordiamo che vale veramente la pena di servire Dio con umiltà, quali che siano le circostanze, possiamo evitare la disastrosa condotta di Cora e continuare ad avere l’approvazione di Dio come i figli di Cora.

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