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  • Capriolo
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • genere gruppetti di tre o quattro caprioli brucano insieme: il maschio, la femmina e due o tre piccoli. Il capriolo ha una compagna per tutta la vita.

      Essendo un ruminante con l’unghia spaccata il capriolo era commestibile secondo la legge mosaica. (Deut. 14:5, 6) Carne di capriolo veniva provveduta regolarmente per la tavola del re Salomone. — I Re 4:22, 23.

  • Carbone
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Carbone

      Combustibile nero, friabile e poroso, di solito il residuo di legna bruciata parzialmente. Nell’antichità veniva prodotto coprendo di terra una catasta di legna e facendola bruciare lentamente per diversi giorni con una quantità d’aria appena sufficiente a eliminare i gas; si otteneva così una qualità di carbone relativamente pura. Era un procedimento che richiedeva molto tempo e attenta sorveglianza, ma il carbone era il combustibile migliore quando ci voleva un calore intenso e sostenuto, senza fumo. Non c’è alcuna evidenza che il carbone minerale naturale fosse usato nell’antica Palestina. Gli scavi fra le macerie dell’antica Gerico hanno portato alla luce legname carbonizzato e pezzi di carbone, prove dell’olocausto che distrusse la città. — Gios. 6:24.

      Carbone, in un fuoco aperto o in un braciere, serviva per scaldarsi nella stagione fredda. (Isa. 47:14; Ger. 36:22; Giov. 18:18) Per il suo calore costante, senza fiamma o fumo, era ideale anche per cucinare. (Giov. 21:9) Il carbone era indispensabile per fondere e raffinare metalli; senza di esso era quasi impossibile raggiungere e mantenere le alte temperature necessarie per trasformare il minerale grezzo nei metalli fondamentali. (Isa. 44:12; 54:16; vedi RAFFINARE, RAFFINATORE). Più o meno come si fa tuttora nel caricare gli altiforni, il minerale veniva messo fra due strati di carbone. Questa consuetudine diede probabilmente origine al proverbio: la benignità verso un nemico è come carboni ardenti sulla sua testa; mitiga la sua ira e rivela quello che c’è di buono in lui. (Prov. 25:22; Rom. 12:20) Il bagliore della lenta combustione del carbone fu usato dalla “donna saggia” di Tecoa come esempio di posterità vivente. — II Sam. 14:1-7.

  • Carcere
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    • Carcere

      Vedi PRIGIONE.

  • Carceriere
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    • Carceriere

      Chi ha in custodia persone accusate di violazioni della legge; guardia carceraria. Nelle Scritture due termini greci sono tradotti carceriere: basanistès, che significa “tormentatore” o “torturatore”, e desmophỳlax, composto di desmòs (fascia, legame) e phỳlax (guardia o custode).

      I carcerieri spesso infliggevano crudeli torture ai prigionieri, e perciò erano chiamati basanistès. Per esempio i debitori che non pagavano quanto dovevano, a volte erano gettati in prigione dove il carceriere poteva flagellarli e torturarli e non sarebbero stati rimessi in libertà finché, come disse Gesù, non avessero “pagato l’ultima moneta di piccolissimo valore”. (Matt. 5:25, 26) Questo era messo in risalto anche nell’illustrazione di Gesù dello schiavo spietato. Quando il padrone seppe cosa aveva fatto lo schiavo ingrato, “lo consegnò ai carcerieri [basanistàis], finché non avesse pagato tutto ciò che doveva”. — Matt. 18:34, 35.

      Se i prigionieri fuggivano, secondo la consuetudine romana, ricadeva sui carcerieri la pena imposta al fuggiasco. Perciò quando Pietro fu liberato di prigione da un angelo, leggiamo che Erode “esaminò le guardie e comandò che fossero condotte alla punizione”. — Atti 12:19.

      A Filippi Paolo e Sila furono trascinati davanti ai magistrati civili, i quali comandarono che fossero battuti con le verghe, e “dopo aver inflitto loro molte vergate, li gettarono in prigione, ordinando al carceriere [desmophỳlaki] di tenerli in sicurezza. Siccome ricevette tale ordine, egli li gettò nella prigione interna e assicurò i loro piedi nei ceppi”. (Atti 16:22-24) Poi nel mezzo della notte un gran terremoto fece aprire tutte le porte della prigione. Per questo il carceriere pensò che i prigionieri fossero fuggiti, e rendendosi conto della severa punizione che gli sarebbe toccata, stava per uccidersi quando Paolo lo informò che c’erano ancora tutti. Questi avvenimenti, insieme agli insegnamenti di Paolo, indussero quel carceriere a manifestare fede, e sia lui che la sua famiglia divennero credenti battezzati. — Atti 16:25-36.

  • Carchemis
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    • Carchemis

      (Carchemìs).

      Importante centro commerciale sulla riva O dell’alto Eufrate presso uno dei principali guadi del fiume. Un’importante via carovaniera da Ninive risaliva ad Haran (quasi 90 km a E di Carchemis), poi attraversava l’Eufrate presso Carchemis e proseguiva fino alla valle dell’Oronte nel Libano, di dove altre strade portavano al Mediterraneo o a S verso la Palestina e l’Egitto. La città divenne evidentemente assai ricca grazie ai proventi dei pedaggi pagati dalle carovane di passaggio.

      Per la sua posizione strategica da un punto di vista sia commerciale che militare, fin dall’antichità regni aggressori cercarono di impadronirsi di Carchemis. Il faraone Tutmosi III (metà del II millennio a.E.V.) saccheggiò la città e anche a Ramsete III è attribuito un assalto contro di essa. Assurnasirpal II (IX secolo a.E.V.) descrive il passaggio dell’Eufrate su zattere tenute a galla da pelli di capra gonfiate e vanta di aver ricevuto dal re di Carchemis un tributo che includeva 20 talenti d’argento, 100 talenti di rame, 250 talenti di ferro, più oggetti d’oro, mobili con intarsi d’avorio, indumenti di lino e di lana, e altro bottino.

      Carchemis è menzionata nella Bibbia in Isaia 10:9, dove Geova prediceva l’attacco assiro contro Israele e Giuda. Il vanaglorioso sovrano assiro è descritto nell’atto di menzionare Carchemis fra i regni che non avevano potuto resistere alla sua potenza. Ciò senza dubbio si riferisce alla conquista assira del regno indipendente di Carchemis ad opera di Sargon II, contemporaneo del re Ezechia. Da allora in poi Carchemis fu retta da un governatore assiro.

      Poi, dopo la caduta di Ninive, capitale dell’Assiria, il faraone Neco marciò attraverso il paese di Canaan diretto a Carchemis per impedire ai babilonesi vittoriosi di spingersi a O dell’Eufrate in Siria e Canaan. Giosia re di Giuda cercò poco saggiamente di respingere l’armata egiziana presso Meghiddo e in quell’azione trovò la morte (ca. 629 a.E.V.). (II Cron. 35:20-24) Quattro anni più tardi, nel 625 a.E.V., presso Carchemis fu combattuta una battaglia decisiva fra l’esercito egiziano e quello babilonese. I babilonesi al comando di Nabucodonosor riportarono una travolgente vittoria sull’armata del faraone Neco e invasero la Siria e Canaan. Quella battaglia segnò la fine della supremazia egiziana in tali regioni. Quanto dice la Bibbia in Geremia 46:2 trova un parallelo nelle Cronache Babilonesi (B.M. 21946), che descrivono anch’esse la sconfitta dell’esercito egiziano.

      Scavi nella zona di Carchemis sono stati compiuti presso Gerablus al confine fra Turchia e Siria, 100 km circa a NE di Aleppo. Sono stati rinvenuti numerosissimi documenti nella lingua attualmente chiamata “ittita”, e si ritiene che verso la fine del II millennio a.E.V.. Carchemis sia stata sotto la dominazione dell’“Impero di Hattusa” per due secoli circa. Sono stati scoperti anche bassorilievi in cui figurano fra l’altro l’immagine di una sfinge, come pure la croce ansata o ‘ankh, segni di forte influenza egiziana.

  • Carestia
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    • Carestia

      Estrema penuria di viveri; anche mancanza di udire le parole di Geova, cioè carestia spirituale. (Amos 8:11) La carestia è una delle piaghe che si sarebbero abbattute sulla simbolica Babilonia la Grande. — Riv. 18:8.

      CAUSE ED EFFETTI DELLE CARESTIE

      Siccità, rovinose grandinate (Eso. 9:23-25), insetti nocivi, arsura e ruggine del grano, come pure la guerra, erano fra le comuni cause di carestia in tempi biblici. (Amos 4:7-10; Agg. 2:17) Le locuste, che a volte formano enormi sciami, erano particolarmente micidiali per le messi. (Eso. 10:15) A volte il problema non era la mancanza di pioggia, ma pioggia nella stagione sbagliata, come durante la raccolta del grano o dell’orzo. — Confronta Levitico 26:4; I Samuele 12:17, 18.

      La fame passeggera è una sensazione naturale, ma la fame prolungata a motivo di una carestia è assai nociva alla salute fisica e mentale. The Encyclopædia Britannica (ed. 1959, Vol. 9, pp. 63, 64) spiega che subentra notevole apatia, le sensazioni sono intorpidite e si cade in un letargo mentale. La mente è dominata dal desiderio del cibo. (Confronta Esodo 16:3). I valori morali crollano. (Confronta Isaia 8:21). La vera fame abbrutisce, può spingere a commettere furto, assassinio e persino cannibalismo. La carestia è spesso accompagnata da malattie ed epidemie dovute al conseguente indebolimento di chi ne è colpito. — Confronta Deuteronomio 32:24.

      NELL’ANTICHITÀ

      La prima carestia di cui si abbiano notizie certe è quella che costrinse Abramo (Abraamo) a partire da Canaan e risiedere come forestiero in Egitto. (Gen. 12:10) All’epoca di Isacco ci fu un’altra carestia, ma Geova gli disse di non andare in Egitto. (Gen. 26:1, 2) La carestia, durata sette anni, che si abbatté sull’Egitto mentre Giuseppe era primo ministro e amministratore annonario, si estese evidentemente oltre i confini dell’Egitto, infatti “da tutta la terra venivano in Egitto per comprare [cibo] da Giuseppe”. — Gen. 41:54-57.

      Anche se le iscrizioni egiziane evitano scrupolosamente qualsiasi riferimento al soggiorno d’Israele in Egitto, esistono antichi documenti egiziani che descrivono periodi di carestia dovuti a un insufficiente aumento del livello del Nilo. Uno di questi documenti descrive un periodo di sette anni in cui non ci fu la piena del Nilo con conseguente carestia, e dice che quando la carestia si attenuò, certi appezzamenti di terra furono concessi ai sacerdoti. Può darsi che si tratti di “un documento posteriore falsificato dai sacerdoti, per giustificare le loro rivendicazioni territoriali”, comunque riflette la tradizione che c’era stato un periodo di sette anni magri. — Pritchard, Ancient Near Eastern Texts, p. 31.

      Secoli più tardi Gesù predisse penurie di viveri. (Matt. 24:7) Come era stato preannunciato da Agabo, profeta cristiano, una grande carestia si verificò all’epoca dell’imperatore Claudio (ca. 46–49 E.V.). (Atti 11:28) Alcuni anni prima, nel 42 E.V., una grave carestia aveva colpito l’Egitto, dove risiedevano molti ebrei. E “grande necessità” si abbatté sul paese di Giuda e su Gerusalemme quando gli eserciti romani al comando del generale Tito assediarono Gerusalemme e infine la distrussero nel 70 E.V. (Luca 21:23) Giuseppe Flavio descrive le terribili condizioni della città affamata: si mangiava cuoio, erba, fieno e, una volta, una madre giunse persino ad arrostire e mangiare suo figlio. Nel predire tali penurie di viveri Gesù non pensava solo agli avvenimenti che avrebbero preceduto la distruzione di Gerusalemme, ma anche a quello che sarebbe accaduto quando sarebbe giunto per il Figlio dell’uomo il tempo di tornare nella gloria del suo regno. — Luca 21:11, 27, 31.

      LIBERTÀ DALLA CARESTIA

      Cristo Gesù assicura che la preghiera dei fedeli servitori per avere il pane quotidiano sarebbe stata esaudita da Dio, che avrebbe avuto cura di coloro che mettono al primo posto il regno di Dio. (Matt. 6:11, 33; confronta Salmo 33:19; 37:19, 25). Tuttavia Gesù spiegò che, a motivo dell’opposizione e della persecuzione, i suoi servitori a volte avrebbero sofferto la fame. (Matt. 25:35, 37, 40) L’apostolo Paolo in particolare dice di aver sofferto molte volte la fame e la sete mentre svolgeva il ministero in circostanze difficili. (I Cor. 4:11-13; II Cor. 11:27; Filip. 4:12) Eppure espresse la fiducia che la fame fisica non avrebbe mai potuto privare i fedeli servitori di Dio del vigoroso sostegno dell’amore di Dio. — Rom. 8:35, 38, 39; confronta Luca 6:25.

      Coloro che hanno fame e sete di giustizia e di verità saranno sempre saziati spiritualmente. (Matt. 5:6; Giov. 6:35) A quelli che fanno parte della grande folla di superstiti della “grande tribolazione” è promesso che sotto il dominio dell’Agnello Cristo Gesù “non avranno più fame né sete”. — Riv. 7:9, 13-17.

  • Carico
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    • Carico

      Vedi PESO.

  • Carmelo
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    • Carmelo

      (Carmèlo) [frutteto o terreno fruttifero].

      Nome di una catena montuosa e anche di una città. Il termine ebraico (karmèl) è però usato anche per “grano nuovo” (II Re 4:42) o, più spesso, per qualsiasi campo fruttifero o frutteto. — Isa. 16:10; 32:15; Ger. 2:7.

      1. La catena del Carmelo è un contrafforte a forma di cuneo della catena montuosa centrale di Canaan, disposto in direzione N–NO, il cui promontorio NO giunge a meno di 200 m dal Mediterraneo. L’intera catena, che va dal Mediterraneo fino alla pianura di Dotan, oltre cui si trovano i colli della Samaria, è lunga quasi 50 km. Si divide in tre parti distinte, infatti i crinali NO e SE sono separati al centro da un bacino o pianoro roccioso più basso. La parte NO raggiunge l’altitudine massima, quasi 550 m sul livello del mare. Non si sa se in tempi biblici il nome Carmelo si applicasse all’intera catena o solo al crinale NO, che è lungo 20 km. In tempi moderni la designazione “Monte Carmelo” è attribuita in genere a quest’ultima parte. Di Iocneam, città reale cananea, che si trovava all’estremità SE di questa parte superiore, viene detto che faceva parte “del Carmelo”, mentre non viene detto altrettanto di Meghiddo e Taanac, che si trovavano sui pendii orientali della parte SE. — Gios. 12:22.

      Il paese di Canaan (Palestina) si divide longitudinalmente in tre regioni geografiche principali: la valle del Giordano, la fascia collinare e la pianura

  • Cardi
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    • Cardi

      Vedi TRIBOLI.

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