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  • Le reazioni del pubblico
    Svegliatevi! 1983 | 22 maggio
    • Tribunale dei minori. Isabella si aggravò. Ricoverata d’urgenza il 2 luglio dell’80, durante una trasfusione, Isabella morì. Il 4 luglio il magistrato incriminò per omicidio colposo il prof. Antonio Cao. . . . Ventiquattrore dopo, questa incriminazione scomparve. Il prof. Cao fu frettolosamente scagionato senza neanche essere ascoltato . . . Per lo stesso reato (omicidio colposo) erano stati incriminati gli Oneda. Ma con altrettanta fretta la loro imputazione fu cambiata in omicidio volontario aggravato; (una imputazione che prevede una pena fino all’ergastolo). La logica di tale mutamento era chiara; se si lasciava l’imputazione per omicidio colposo, si dovevano incriminare tutti coloro, che, senza volontà, ma omettendo atti di ufficio, avevano contribuito al decesso della piccola”. — Com—Nuovi Tempi del 26 dicembre 1982.

      Ci si chiede se in questo caso degli umili, comuni cittadini siano perseguiti perché è più facile e meno imbarazzante che perseguire dei funzionari pubblici, come i medici in questione.

      Stampa Sera del 6 dicembre 1982 riferiva che il noto giurista torinese Giangiulio Ambrosini, rispondendo alla domanda “Si tratta di persecuzione religiosa?”, ha detto “di sì, ‘perché non sono state rispettate le libertà fondamentali che la Costituzione riconosce ad un gruppo religioso’”.

      È appropriato rivolgere l’attenzione alla Costituzione Italiana, poiché in questo caso essa viene immancabilmente chiamata in causa. Anche voi dovreste essere interessati alle sue implicazioni, poiché la vostra vita e i vostri diritti costituzionali potrebbero soffrirne. In che modo?

  • I vostri diritti e i loro alla luce della Costituzione
    Svegliatevi! 1983 | 22 maggio
    • I vostri diritti e i loro alla luce della Costituzione

      Valérie, una quattordicenne francese, affetta da una grave forma di leucemia, per la quale i medici le avevano prescritto certi trattamenti. Ma il 3 dicembre scorso la Corte d’Appello di Nancy (Francia) ha riconosciuto ai genitori di Valérie il diritto di rifiutare tale terapia, che causava gravi e penosi effetti collaterali e il cui esito era incerto. Critichereste i genitori e i giudici della corte?

      PROBABILMENTE sapete che le nazioni illuminate riconoscono l’importanza dei diritti umani, inclusa la libertà di coscienza.

      È dunque con buone ragioni che la Costituzione vi garantisce il diritto di avere convinzioni personali, assicurando ampio spazio all’esercizio della vostra coscienza. Per esempio, sarebbe una violazione dei vostri diritti che un funzionario o un medico pretendesse di disporre in assoluto del vostro corpo o di quello di un vostro familiare nel caso voi o lui foste malati. I vostri diritti non devono essere calpestati solo perché un altro individuo la pensa diversamente.

      Nel processo e nella sentenza a carico degli Oneda è stato ripetutamente messo l’accento sull’articolo 30 della Costituzione che dice: “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”. Comprendiamo tutti che si tratta di una norma ragionevole. Ma la Corte ha ignorato il successivo comma dell’articolo 30, che aggiunge: “Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti”.

      Questi due commi della Costituzione riguardano tutti coloro che compongono una famiglia. Vediamo cosa voleva stabilire la Corte nel caso Oneda citando solo il primo comma. Riflettiamo anche sul secondo comma, poiché è ugualmente importante per i nostri diritti, diritti che potrebbero essere minacciati da ciò che è accaduto agli Oneda.

      Nei casi di “incapacità” dei genitori

      Durante il processo Oneda come durante il successivo appello la Corte si è limitata a quella parte della Costituzione che menziona il dovere dei genitori di “mantenere” i figli. Perché? La Corte ha sostenuto che, avendo la clinica trascurato il compito attribuitole dal Tribunale di mandare a prendere Isabella per la terapia, i genitori avevano l’obbligo di provvedere a ciò malgrado le loro convinzioni. A prima vista questo può sembrare ragionevole. Ma pensate . . .

      L’articolo 30 riconosce pure che possono esserci casi di “incapacità” dei genitori. Ovviamente, se un genitore si trovasse in condizioni di “incapacità” essendo costretto a letto o paralizzato, potrebbe non essere in grado di fare per il figlio cose che altri genitori fanno. Ma l’“incapacità” va oltre l’essere fisicamente impossibilitati.

      Il professor Vezio Crisafulli, eminente giurista, ha spiegato che questa “incapacità” è da ‘intendersi in senso lato’. Egli ha detto che sarebbero inclusi “tutti i possibili casi in cui, per ragioni economiche, di salute, di ambiente, i genitori non siano in grado di far fronte agli obblighi loro derivanti dal primo comma” dell’articolo 30. Poi egli ha fatto questa importante precisazione: “Tra questi casi rientra . . . anche quello che qui si esamina, del conflitto di doveri che può determinarsi nella loro coscienza”. (Dalla rivista Diritto e Società, N. 3, del 1982) In altri termini la Costituzione ha previsto che lo Stato intervenga quando i genitori sono ‘incapaci’, il che include il caso in cui la coscienza impedisce loro di fare qualcosa.

      Anche altri competenti osservatori sono d’accordo su questo fatto. Il professor Franco Modugno, noto costituzionalista, ha dichiarato: ‘Non vi è dubbio che una simile incapacità di fatto ricorre per ragioni economiche, di salute e di ambiente; perché mai poi non anche nel caso di conflitto di doveri che può determinarsi nella coscienza di un genitore?’ (Il Tempo, 23 dicembre 1982) Il professor Ferrando Mantovani, noto docente di diritto penale, parlando a un convegno tenuto presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha menzionato l’“inidoneità dei genitori . . . quando vengono a trovarsi di fronte al dilemma di tenere un comportamento contrastante con la professata fede religiosa”.

      Credendo, com’essi credono, nella legge di Dio, Giuseppe e Consiglia Oneda si trovavano nell’impossibilità di portare la loro bambina perché fosse sottoposta a trasfusioni di sangue. Naturalmente, esiste una limitazione solo riguardo a questa terapia. I testimoni di Geova sono conosciuti in tutto il mondo come genitori amorevoli che si interessano diligentemente del benessere materiale, fisico, emotivo e spirituale dei loro figli, e non vogliono scaricare su altri questa responsabilità. La clinica e le autorità si erano rese conto del conflitto di coscienza degli Oneda. È per questo che i medici avevano chiesto l’intervento delle autorità, in seguito a cui la clinica aveva ricevuto ordine di mandare a prendere Isabella per sottoporla alla terapia. Come possono dunque gli Oneda essere ritenuti responsabili della morte di Isabella?

      I vostri diritti e i loro: c’è motivo di sperare

      Attualmente gli Oneda si trovano in prigione, ma contro la sentenza si è fatto ricorso in Cassazione. C’è dunque motivo di sperare che la giustizia trionferà e che i loro e i nostri diritti costituzionali — inclusa la libertà di religione, la libertà di coscienza e la libertà di provvedere alla propria famiglia — saranno difesi. Perché c’è motivo di sperarlo?

      Molti sono pervenuti alla conclusione che le sentenze emesse a Cagliari, dove sono stati celebrati entrambi i processi, possono essere state influenzate dal pregiudizio religioso e dalla riluttanza ad accertare la responsabilità di altri. Il gesuita e giurista Salvatore Lener ha scritto: “Uno Stato civile, che ha in concreto gli organi e le istituzioni a ciò necessarie, non può, quando questi organi e queste istituzioni non abbiano assolto il loro doveroso compito, addossare ai genitori . . . la responsabilità penale della morte del minore non da loro direttamente provocata”. Lener ha aggiunto: “La severissima condanna dei coniugi Oneda . . . a noi pare un alibi della società, con il quale si è attribuito ad altri la responsabilità d’un doloroso evento, che solo i suoi organi avrebbero potuto e dovuto evitare”. — La Civiltà Cattolica del 16 ottobre 1982.

      Sullo stesso tono è la dichiarazione del vescovo di Cagliari, citata da Stampa Sera (9 dicembre 1982): “Comprendo in pieno il rifiuto dei due genitori alle trasfusioni di sangue, perché violano un loro precetto religioso. L’irriducibilità della loro fede merita rispetto, mentre non lo merita affatto la fuga delle strutture pubbliche dalle proprie responsabilità”.

      La nostra speranza, quindi, è che quando la causa sarà dibattuta a Roma, lontano dai pregiudizi locali, ciò che è accaduto sarà esaminato a fondo. Certo gli alti magistrati di questa Corte vorranno sostenere le libertà e i diritti che la Costituzione garantisce a tutti noi. Possa la giustizia trionfare e sia dato a Giuseppe e Consiglia Oneda di riabbracciare la loro amata figlia Ester in pace e liberi.

      [Immagine a pagina 11]

      Il Palazzo di Giustizia di Roma, dove ha sede la Corte Suprema di Cassazione che esaminerà il caso Oneda

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