Le reazioni del pubblico
Un conflitto con la libertà di coscienza — IL TEMPO
una sentenza ingiusta e persecutoria
Sarà in ogni caso una sentenza che farà discutere — LA NUOVA Sardegna
Sulla condanna dei coniugi testimoni di Geova interrogazione in parlamento
Testimoni di Geova: la legge e gli abusi
Genitori assassini o una libera scelta religiosa? — PAESE SERA
“UNA SENTENZA INGIUSTA E PERSECUTORIA”: così ha definito la sentenza della corte d’appello il periodico Com—Nuovi Tempi del 26 dicembre 1982.
Parole forti, ma sono state forse un’eccezione? Come si sono espressi altri giornalisti? Quali sono stati i commenti di professori, giuristi e altri che si sono occupati del caso? Dovete saperlo.
Tre aspetti fondamentali
Forse avete notato che la stampa ha dato risalto a tre aspetti fondamentali: (1) Non acconsentendo alle trasfusioni di sangue, Giuseppe e Consiglia Oneda intendevano deliberatamente causare la morte di Isabella? (2) È stato stabilito che la bambina è morta non per la malattia ma perché negli ultimi mesi di vita non le sono state praticate le trasfusioni di sangue? (3) Il fatto che non abbia ricevuto sangue si può attribuire unicamente ai suoi genitori cristiani anziché ai medici?
Omicidio volontario?
Rammenterete che l’accusa contro gli Oneda, da quella di avere involontariamente contribuito alla morte di Isabella fu cambiata in un’accusa molto più grave, quella di omicidio volontario. In base a ciò che sapete di questi genitori e degli sforzi che hanno fatto per curare la loro bambina affetta dall’inguaribile talassemia major, direste che siano omicidi volontari?
Un magistrato a riposo ha scritto: “Ritengo del tutto aberranti tanto l’accusa che la sentenza. Ma come si fa a ritenere quei due genitori responsabili di omicidio volontario e cioè di avere volontariamente cagionato, essi, la morte della loro creaturina? La bambina è sicuramente morta per malattia”. (Il Resto del Carlino di Bologna del 21 dicembre 1982) Analogamente, Gianni Pennacchi ha scritto su Stampa Sera del 13 dicembre 1982: “Com’è possibile condannare per omicidio volontario due genitori che amavano la figlia e pregavano costantemente Iddio di guarirla?” Cosa rispondereste voi?
Il giornale cattolico Avvenire del 15 dicembre 1982 ha scritto: “I due testimoni di Geova non hanno in alcun modo voluto la morte della loro figlia, non l’hanno provocata direttamente”.
“Nel caso degli Oneda”, ha affermato il professor Francesco Finocchiaro, “è altamente improbabile che vi sia stato dolo, ossia la previsione della morte della figlia e la volontà di determinarla, quando la stessa sentenza ha accertato che gli imputati intimamente non volevano, né desideravano la morte della figlia”. — Il Tempo del 5 ottobre 1982.
Un medico di Trieste ha scritto: “Manca del tutto nel comportamento dei coniugi Oneda una volontà omicida . . . Durante il loro interrogatorio è emerso, sempre ed in maniera inequivocabile, un grande attaccamento per la figlia malata che volevano non morisse ma soltanto fosse curata diversamente”. — Il Piccolo del 22 dicembre 1982.
Qual è stata la causa della morte?
Forse sapete che per considerare una persona colpevole di omicidio volontario bisogna stabilire che con le sue azioni ha causato la morte di qualcuno. È ciò che si chiama ‘nesso di causalità materiale’.
Il medico appena citato ha scritto: “Questa sentenza . . . mi spinge, anche se cattolico praticante, a fare diverse considerazioni. Innanzi tutto la scienza medica, purtroppo, ci insegna che la malattia, cui era affetta la piccola Isabella, soprattutto perché manifestatasi in tenerissima età, porta colui che viene colpito a sicura morte entro brevissimo tempo, risultando vano ogni tentativo terapeutico. Ne consegue che . . . manca a questo punto . . . il nesso di causalità”.
Il professor Mauro Barni, presidente dell’Associazione Italiana di Medicina Legale, ha spiegato: “Ed un altro momento della sentenza lascia perplesso il medico legale: la frettolosa analisi, cioè, del nesso di causalità tra mancata trasfusione e morte della bambina”. La professoressa Renata Gaddini, presidente dell’Associazione Italiana per la prevenzione dell’abuso all’Infanzia, osserva: “Ci ha sconcertati la dura sentenza, specie in quanto non vi erano state perizie del tutto conclusive sulla morte di Isabella . . . Ciò che sconcerta nella sentenza del Tribunale di Cagliari è . . . il nesso tra morte di Isabella e responsabilità dei genitori”. — Il Tempo del 14 e 17 settembre 1982.
Riflettete sul significato di tali affermazioni. Perché qualcuno possa essere ritenuto colpevole del reato imputato agli Oneda, dev’essere provato il nesso fra le azioni di quell’individuo e la morte avvenuta. Tuttavia la stampa ha citato osservatori qualificati i quali si rendono conto che nel caso degli Oneda tale nesso non è stato stabilito. Perché allora sono stati condannati?
Di chi la responsabilità?
Si ricordi che quando i medici chiesero l’intervento delle autorità, il tribunale attribuì alla clinica la responsabilità di accertarsi che qualcuno andasse a prendere Isabella perché venisse sottoposta alla terapia. Il fatto è che, pur avendovi provveduto per un certo tempo, negli ultimi mesi di vita della bambina la clinica non la mandò più a prendere.
A questo proposito Gregorio Donato ha scritto: “Posto e non concesso che causa del decesso siano le mancate trasfusioni, responsabilità di questo non è dei genitori, ma della seconda clinica pediatrica dell’Università di Cagliari, come stabilito da apposita ordinanza del Tribunale dei minori”.
“Ad un certo punto la clinica — diciamo così — dimenticò l’ordinanza del Tribunale dei minori. Isabella si aggravò. Ricoverata d’urgenza il 2 luglio dell’80, durante una trasfusione, Isabella morì. Il 4 luglio il magistrato incriminò per omicidio colposo il prof. Antonio Cao. . . . Ventiquattrore dopo, questa incriminazione scomparve. Il prof. Cao fu frettolosamente scagionato senza neanche essere ascoltato . . . Per lo stesso reato (omicidio colposo) erano stati incriminati gli Oneda. Ma con altrettanta fretta la loro imputazione fu cambiata in omicidio volontario aggravato; (una imputazione che prevede una pena fino all’ergastolo). La logica di tale mutamento era chiara; se si lasciava l’imputazione per omicidio colposo, si dovevano incriminare tutti coloro, che, senza volontà, ma omettendo atti di ufficio, avevano contribuito al decesso della piccola”. — Com—Nuovi Tempi del 26 dicembre 1982.
Ci si chiede se in questo caso degli umili, comuni cittadini siano perseguiti perché è più facile e meno imbarazzante che perseguire dei funzionari pubblici, come i medici in questione.
Stampa Sera del 6 dicembre 1982 riferiva che il noto giurista torinese Giangiulio Ambrosini, rispondendo alla domanda “Si tratta di persecuzione religiosa?”, ha detto “di sì, ‘perché non sono state rispettate le libertà fondamentali che la Costituzione riconosce ad un gruppo religioso’”.
È appropriato rivolgere l’attenzione alla Costituzione Italiana, poiché in questo caso essa viene immancabilmente chiamata in causa. Anche voi dovreste essere interessati alle sue implicazioni, poiché la vostra vita e i vostri diritti costituzionali potrebbero soffrirne. In che modo?