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‘Ti abbiamo amato ancor prima che nascessi’Svegliatevi! 1984 | 8 maggio
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stati chiamati a occuparsi di casi del genere, nei quali sono implicati i diritti dei genitori. Questo può influire su come vi prenderete cura dei figli che forse avete, figli che avete amato ancor prima che nascessero.
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Genitori amorevoli o privi di cuore?Svegliatevi! 1984 | 8 maggio
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Genitori amorevoli o privi di cuore?
ANCHE se il problema dei diritti dei genitori in merito all’assistenza medica dei figli si è verificato in diversi paesi, un caso successo in Italia merita particolare attenzione. È quello di Giuseppe e Consiglia Oneda, due genitori di Sarroch, una località nei pressi di Cagliari.
Forse sapete qualcosa della loro triste vicenda, che ha fatto il giro del mondo. I mezzi di informazione di diversi paesi, compresa questa rivista,a ne hanno parlato assai diffusamente.
Una malattia inesorabile
Isabella, la figlioletta degli Oneda, era affetta da talassemia major, una temuta malattia ereditaria del sangue di cui non si conosce cura. È una malattia a decorso fatale. In alcuni casi la morte può essere ritardata di alcuni anni con le trasfusioni di sangue, ma gli specialisti ammettono che con esse non si guarisce. Un testo di medicina (Principles of Internal Medicine di Harrison, ediz. 1980) osserva: “I soggetti affetti da betatalassemia major hanno una probabilità di vita limitata. È raro che un soggetto affetto dalla forma più grave della malattia raggiunga l’età adulta”. Nei casi gravi, come quello di Isabella, la morte sopravviene spesso nei primi due o tre anni di vita. Che fareste se aveste un figlio affetto dalla stessa malattia di Isabella?
Benché Giuseppe e Consiglia Oneda sapessero che la morte di Isabella era inevitabile, la portavano regolarmente a una clinica di Cagliari dove veniva sottoposta a periodiche trasfusioni di sangue, che potevano recarle un sollievo temporaneo, ma che presentavano anche problemi. Perché? Perché le trasfusioni provocano sovraccarico di ferro. Un’opera di ematologia (Clinical Hematology di Wintrobe, 1981) dice che ‘la maggioranza di coloro che sono affetti da talassemia major’ e che sono regolarmente trasfusi ‘muoiono per complicazioni di sovraccarico di ferro’. Questo testo di medicina ammette che “molti dei sussidi terapeutici descritti non sono pratici per applicazioni su vasta scala. Il costo attuale [di quello più efficace] per un singolo paziente si aggira sui 5.000 dollari [8 milioni e mezzo di lire] all’anno”.
Alcuni medici presentano un quadro roseo delle possibilità di dare ai bambini talassemici una vita normale e prolungata. Questo non sorprende. Infatti, a chi piace ammettere che non c’è speranza, specie se si tratta di un medico a cui i malati si rivolgono in cerca di una speranza? Eppure sappiamo tutti che alcuni mali sono incurabili. L’anemia mediterranea (talassemia major) è uno di questi. Per cui vi sono opinioni contrastanti circa la “migliore” terapia e anche circa i risultati dei diversi trattamenti, benché nessuno offra la guarigione.
Né la scienza medica può garantire che un bambino gravemente malato come lo era la piccola Isabella vivrà per molti anni anche se sottoposto a terapia trasfusionale. Le statistiche relative alla talassemia major rivelano la dura realtà e queste statistiche non si possono negare. La rivista Minerva Medica (72, 1981, pagine 662-670) riporta dati elaborati dall’ISTAT (l’Istituto Centrale di Statistica italiano) indicanti che, su 147 bambini morti nel 1976 per questa malattia, il 23,8 per cento sono deceduti entro i primi quattro anni di vita.
Perché definire “assassini” degli amorevoli genitori?
Nel precedente articolo abbiamo visto come una coppia italiana ha reso più felice la propria vita familiare studiando la Bibbia con i testimoni di Geova. Giuseppe e Consiglia Oneda avevano avuto un’esperienza simile, e per di più avevano appreso della promessa di Gesù che chi ha l’approvazione di Dio, “benché muoia, tornerà in vita”. (Giovanni 11:25) I medici non potevano assicurare a Isabella una discreta salute e la vita, ma il Figlio di Dio sì.
Quando nell’estate del 1979 gli Oneda decisero di diventare testimoni di Geova, informarono i sanitari della II Clinica Pediatrica di Cagliari che non potevano più sottoporre Isabella alla terapia emotrasfusionale. Avevano appreso dalle Scritture che Dio comandò agli apostoli e a tutti i fedeli cristiani di ‘astenersi dal sangue’. (Atti 15:28, 29; confronta Genesi 9:3, 4). A questo punto i sanitari chiesero l’intervento del Tribunale dei Minorenni, che ingiunse ai genitori di lasciar trasfondere la figlia e affidò ai medici l’iniziativa di fare in modo che le trasfusioni di sangue fossero somministrate regolarmente.
In quel periodo, mentre gli Oneda consultavano altri medici alla ricerca di cure alternative, la figlia veniva trasfusa coattivamente. Ma la malattia continuava il suo corso inesorabile con il progressivo degrado degli organi vitali. Nel marzo del 1980 i sanitari interruppero la terapia trasfusionale; per alcuni mesi non mandarono a prendere Isabella per trasfonderla. Perché non assolsero l’impegno che era stato affidato loro dal tribunale? Questo è un mistero, che i magistrati non hanno mai approfondito.
Nei mesi successivi gli Oneda fecero tutto il possibile per la loro figlia diletta, procurandosi medicine che potevano somministrare a casa e, malgrado le loro limitate possibilità economiche, nutrendola coi cibi migliori che potevano trovare. Fino all’ultimo non cessarono di sperare, rivolgendosi perfino a specialisti in Germania, Francia e Svizzera.
A fine giugno Isabella improvvisamente si aggravò, probabilmente a causa di un’infezione bronchiale, che, nei bambini talassemici, può avere un effetto letale. A questo punto Isabella fu accompagnata da un vigile urbano alla clinica, dove morì mentre le veniva praticata una trasfusione coatta.
Riuscite a immaginare la tristezza e il vuoto che provarono gli Oneda quel 2 luglio, anche se sapevano che la loro bambina di due anni e mezzo aveva un male incurabile? Ma al loro dolore doveva aggiungersene un altro. Verso le 17 del 5 luglio 1980, mentre gli Oneda erano a casa di amici, due carabinieri andarono a prelevarli. Fecero appena in tempo a raccomandare Ester, la secondogenita di tre mesi, ai loro amici.
Furono portati nel carcere, la casa circondariale di Cagliari chiamata “Il Buon Cammino” (che ironia!), una delle più tristi prigioni d’Italia, dove vennero separati e rinchiusi in celle di due diverse sezioni della prigione.
Com’era possibile condannarli come assassini?
Per venti mesi questa umile coppia rimase in prigione. Infine, il 10 marzo 1982, fu celebrato il processo e la Corte d’Assise di Cagliari emise il terribile verdetto: Giuseppe e Consiglia Oneda erano ritenuti colpevoli di omicidio volontario. La pena: quattordici anni di reclusione, più di quanti ne vengano dati a molti terroristi!
Capirete perché questa sentenza suscitò vivo scalpore in tutto il paese e fu criticata anche da molti giuristi. Si fece ricorso in appello, ma il 13 dicembre 1982 la Corte d’Assise d’Appello di Cagliari confermò la precedente condanna. La pena venne però ridotta a nove anni, con la motivazione che agli Oneda veniva riconosciuta l’attenuante di ‘avere agito per motivi di particolare valore morale’.
Rimaneva un’unica possibilità, un’ultima speranza nella giustizia umana, il ricorso alla Corte Suprema di Cassazione. L’8 luglio 1983 Giuseppe Oneda veniva posto in libertà provvisoria a causa delle sue precarie condizioni di salute determinate da tre anni di dure sofferenze nel carcere. Ma Consiglia rimaneva in carcere.
La Suprema Corte di Cassazione
Questa corte, che ha sede a Roma, è il supremo organo della giustizia italiana. Giudica sulle questioni di diritto in relazione alla corretta applicazione e interpretazione della legge, riesaminando le sentenze delle corti inferiori, quando ne sia fatto ricorso. Se riscontra l’inosservanza o l’erronea applicazione di una legge, la Corte Suprema annulla la precedente sentenza e rinvia l’esame della causa a un’altra corte. L’udienza per la causa degli Oneda fu fissata per il 13 dicembre 1983.
Non accade di frequente che la Corte Suprema annulli una sentenza sottoposta al suo esame, e i due precedenti verdetti sfavorevoli avevano un peso determinante. Gli Oneda avevano dunque qualche speranza di essere considerati genitori amorevoli e premurosi quali essi erano?
Colpo di scena!
Permetteteci di descrivere ciò che è avvenuto quel giorno in Cassazione.
Dopo l’introduzione illustrativa del caso da parte del giudice relatore, uno dei cinque giudici, ha preso la parola il pubblico ministero.
Il suo intervento è particolarmente temuto dagli avvocati difensori perché è difficile annullare le sue richieste. E in questo caso si trattava di un magistrato molto esperto, che ha svolto il suo ruolo in numerosi processi celebri. Come si sarebbe espresso?
Egli ha chiesto: “C’è stato mai un momento nei fatti di causa in cui la madre e il padre hanno mostrato di volere la morte della figlia?” “Ha risposto la sentenza di Cagliari a questa domanda in maniera appagante?” “Il Tribunale per i Minorenni, badate”, ha aggiunto, “lascia la bimba al padre e alla madre perché si rende conto che vogliono bene alla bambina e che la famiglia è l’ambiente più giusto”. Quindi ha osservato che ‘i giudici, gli esperti e i sociologi interessati erano i più indicati per stabilire che si trattava di genitori che si meritavano la potestà’.
Che dire dell’asserzione che gli Oneda avessero deliberatamente causato la morte della loro bambina? Il pubblico ministero ha proseguito: “Non c’è nessun comportamento, nessun elemento probatorio efficace, sufficiente, intenso, che possa portare serenamente a parlare di dolo. . . . Ecco quindi signori della Corte che noi riteniamo che a queste domande i giudici [di Cagliari] non abbiano ben risposto”.
Ecco quindi la sorprendente richiesta del pubblico ministero: “È per questo che vi chiedo che venga annullata la sentenza in ordine all’elemento dolo”.
Nessun elemento che possa provare l’esistenza del dolo! Questo significa che gli Oneda non sono degli assassini! Perfino il pubblico ministero chiedeva l’annullamento del precedente giudizio!
Hanno quindi parlato gli avvocati difensori, legali molto noti e stimati in tutta la nazione. Con grande efficacia e competenza hanno fatto rilevare le palesi contraddizioni in cui erano incorse le precedenti Corti e l’assurdità dei giudizi da esse emessi.
Ascoltati gli avvocati difensori, la Corte si è ritirata in camera di consiglio, dopo di che il Presidente ha letto il dispositivo: annullata la sentenza con giudizio rinviato alla Corte d’Assise d’Appello di Roma.
La motivazione della sentenza della Corte Suprema ha messo in luce tra l’altro le gravi mancanze della Clinica Pediatrica e delle altre strutture pubbliche: ‘Indubbiamente . . . vi è stata una grave carenza delle pubbliche strutture che dopo l’iniziale attivismo . . . si sono completamente disinteressate nonostante la espressa richiesta di un provvedimento che risolvesse, in via definitiva e permanente, il problema della professione ideologica degli imputati’. — Sentenza della Corte Suprema di Cassazione, pagina 30.
Finalmente riuniti!
Consiglia Oneda è stata rilasciata per decorrenza dei termini di carcerazione preventiva, con obbligo di soggiorno in un piccolo centro in provincia di Cagliari. Dopo tre anni e mezzo di dure prove finalmente questa famiglia ha potuto riunirsi. Giuseppe e Consiglia hanno la gioia
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