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Primo e secondo Tessalonicesi (Lezione 63)La Torre di Guardia 1958 | 1° giugno
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da nessuna vantata rivelazione spirituale o da nessuna parola o lettera che si volesse attribuire a Paolo. Il giorno del Signore non è venuto; prima che venga quel tempo dev’essere manifestato “l’illegale”, il “figlio di distruzione”. La venuta di quell’empio è “secondo l’azione di Satana, con ogni opera potente e menzogneri segni e miracoli e con ogni iniqua seduzione”. Quelli che appartengono a tale classe non hanno ricevuto l’amore per la verità; essi credono a una menzogna. Paolo ammonisce quelli di Tessalonica di rimaner saldi e attenersi alle cose che furono insegnate loro, sia con la parola degna di fiducia che con la sua epistola. — 2:1-17.
Infine l’apostolo confida che i Cristiani di Tessalonica seguiranno l’apostolico consiglio che hanno ricevuto. Sembra che non considerasse la loro congregazione in pericolo di cadere in una grande apostasia dietro nuove speculazioni. Egli confida che il Signore dirigerà il loro cuore all’amore di Dio e alla paziente aspettazione di Cristo. Comanda quindi quello che si dovrebbe fare per assicurare il buon ordine nella congregazione in generale. Dovrebbero ritrarsi da quelli che si conducono disordinatamente e camminare come camminava Paolo stesso quando era in mezzo a loro. Sebbene avesse diritto di mangiare del loro pane per sostenersi in vista del servizio che rendeva loro, egli aveva lavorato per non essere di peso ad alcuno. La regola era che “se qualcuno non vuole lavorare, neppure mangi”. Ma secondo le informazioni, questa regola non era unanimemente osservata: “Poiché sentiamo che certuni agiscono fra voi disordinatamente, non lavorando affatto ma intromettendosi in ciò che non li riguarda”. Essi dovrebbero lavorare quietamente e non stancarsi di fare il bene. Se rifiutavano di conformarsi a queste disposizioni teocratiche, la congregazione non avrebbe dovuto aver relazione con loro. In tal modo i disordinati si vergogneranno e saranno ammoniti, e probabilmente per il loro bene. (3:1-18) Paolo conclude l’epistola col saluto di sua mano.
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Le chiare parole di una cattolica del GuatemalaLa Torre di Guardia 1958 | 1° giugno
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Le chiare parole di una cattolica del Guatemala
“SE I cattolici fossero così!” In questo modo la scrittrice cattolica romana Elly Rodriguez G. cominciò il suo articolo “Profili umani” nel Nuestro Diario, quotidiano molto diffuso di Città di Guatemala. Ella descrisse le missionarie della Torre di Guardia che distribuiscono l’edizione spagnola de La Torre di Guardia, La Atalaya, nelle vie della sua città:
● “Più di una volta coloro che abitano nella capitale hanno avuto l’opportunità di osservare le propagandiste della rivista La Atalaya. Alcuni non solo hanno osservato. Ammiratori della bellezza di alcune ragazze americane che offrono questa pubblicazione vanno da loro per comprare la rivista, sapendo già che non la leggeranno. Queste venditrici attirano la curiosità. Sono strane perché per noi, figli di queste terre indolenti, la pubblica espressione della nostra fede è cosa insolita. D’altra parte queste ragazze prendono posto lungo la Sesta Strada ed offrono la pubblicazione con vero stoicismo.
● “Si può facilmente notare che hanno fede. Una fede immensa, serena e ferma che permette loro di sfidare l’opinione pubblica, una fede convinta che la parola che esse predicano è quella vera; assolutamente sicure che la rivista che raccoglie l’espressione dei valori della loro religione è buona oltre ad essere l’espressione di una credenza. Hanno questa determinazione e sono state organizzate per la lotta, la conquista e il sacrificio. Sacrificio dell’intima personalità e dell’interesse personale a favore del gruppo al quale appartengono.
● “Il compito che assolvono non è limitato a questo. Esse vanno di casa in casa predicando, offrendo con vera tenacia tutte le loro pubblicazioni. . . . È l’atteggiamento, la personalità, la fedeltà di queste persone capaci che mi fa pensare alla coscienza timorosa e falsa dei cattolici. . . .
● “Noi manchiamo d’integrità morale. Il coraggio di affrontare il nemico manca totalmente in noi. Non siamo capaci di difendere la nostra religione. Non siamo capaci a motivo della nostra ignoranza — oh, l’ignoranza dei cattolici! — e non a motivo del rispetto umano ma piuttosto a causa di uno spirito debole. Andiamo anche oltre: in certi ambienti più o meno antireligiosi neghiamo perfino a nostra vergogna la fede che abbiamo ereditata e, se non la neghiamo, siamo sconfitti da qualsiasi novizio che abbia imparato alcuni argomenti contro la religione. . . .
● “Personalmente noi dedichiamo alla nostra credenza il minimo impegno: Messa alla domenica, partecipazione alla più elegante processione della Settimana Santa, alcune devozioni speciali, misere elemosine prive di spirito cristiano e — abbiamo guadagnato il Paradiso! Niente di più. Questo è sufficiente per convincerci di essere destinati ad eterna benedizione. Aspirazioni spirituali; un intimo desiderio di eccellere; interesse di istruirci, di apprendere che cos’è la fede che confessiamo, desiderio di sacrificarci, di dare noi stessi, sono incomprensibili, privi di significato nella comoda e falsa vita che siamo abituati a vivere. . . .
● “La stampa cattolica non avrà mai successo fra noi. Per due ragioni: Una, perché quelli che potrebbero sono, per avidità, incapaci di dare aiuto ad essa. L’altra ragione è che quelli che la compongono hanno confuso, per l’errata rappresentazione di valori che regna nel mondo, ciò che la stampa cattolica realmente è con i piccoli fogli parrocchiali o di sagrestia. Si crede che difendere la fede di Gesù Cristo significhi pubblicare il Santoral [la raccolta delle vite dei santi], i compleanni dei reverendi, la circolare, la censura preventiva degli spettacoli che risveglia il desiderio di vedere esattamente quello che è proibito. La superficialità, la bigotteria, l’eccesso di sentimentalismo, la mentalità ristretta, la scarsezza morale, la povertà intellettuale e noia irrimediabile sono le cose che si trovano fra noi nelle pubblicazioni che portano il suggello cattolico. Perciò non prosperano. Per questo non interessano nemmeno ai cattolici, tanto meno possono arrivare fino a quelli che sono fuori della Chiesa.
● “Se soltanto i cattolici fossero così! Come i protestanti, come quelli che vendono La Atalaya, come i combattenti delle altre religioni, come quelli che non hanno fatto della loro fede la personale ed egoista adorazione che noi pratichiamo.
● “Se abbandonassimo questo inutile fardello di interessi mondani, di assurdo egoismo, di negative qualità morali; se ponessimo rimedio all’ignoranza spirituale che si abbatte su di noi; se imparassimo ad essere, alla fine di venti secoli, cattolici osservanti, seguaci della dottrina di Gesù Cristo, il destino del cattolicesimo, il cui fallimento allarma e riempie di angoscia il mondo attuale, sarebbe diverso”.
● E tutto questo scritto da una giornalista che dice: “Sono cattolica, e perciò so che cosa è e dove è la Verità”.
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Un’altra ammissione del fallimento della CristianitàLa Torre di Guardia 1958 | 1° giugno
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Un’altra ammissione del fallimento della Cristianità
● Scrivendo riguardo ai testimoni di Geova nell’articolo “I sorprendenti testimoni” nell’edizione del 13 febbraio 1957 del The Christian Century, Marcus Bach conclude il suo soggetto: “Come dovremo trattarli? Che cosa faremo? Quale dovrà essere il nostro consiglio a coloro che insistono nel dire che ‘qualcuno dovrebbe fermarli’? Che cosa diremo all’ecclesiastico vestito di nero che li ha urtati sulla strada? Non vi è che una risposta: i testimoni di Geova non sono una minaccia, ma una sfida che esorta ancora una volta la chiesa tradizionale a testimoniare!”
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