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I pacifici lottano per la fedeLa Torre di Guardia 1958 | 15 febbraio
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Dio ha prescritto per questo mondo in guerra, diviso da lotte: amare Dio con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta l’anima e con tutta la forza e il vostro prossimo come voi stessi. Se lo fate, anche voi otterrete la vita nel nuovo mondo, dove la giustizia fiorirà con abbondanza di pace finché ci sarà luna. A quel tempo Cristo dominerà da un mare all’altro e dal fiume fino ai confini della terra. Quelli che allora riceveranno la vita saranno i mansueti, coloro che ora dimostrano di essere veri promotori di pace annunciando la buona notizia del regno di Geova.
20. Qual è la speranza dei “figli di Dio”?
20 Quale corso prenderete? La via che agli uomini sembra giusta, fidando nelle nazioni e nella potenza delle armi come unico rimedio, seguendo l’incerta o ingannevole guida che la falsa religione ha posto dinanzi al popolo? O avete fiducia nella Parola di Dio, che “il suo impero crescerà, e la pace non avrà più fine”? (Isa. 9:7, Ri) Se avete questa speranza, allora anche voi vi troverete fra quelli di cui Gesù parlò quando disse: “Felici i pacifici, poiché saranno chiamati ‘figli di Dio’”.
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Rifiutarono di far compromessiLa Torre di Guardia 1958 | 15 febbraio
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Rifiutarono di far compromessi
Il vero Cristianesimo non ha mai avuto il favore della maggioranza. Per il clero del primo secolo Gesù era un indesiderato intruso nel campo religioso. La sua irremovibile proclamazione della verità condannava come disapprovate da Dio la loro ipocrita pretesa di essere giusti e le loro tradizioni umane. (Matt. 15:1-9; 23:1-39) Gesù insegnò l’adorazione dell’unico vero Dio e senza esitazione disse che la Sua Parola è la verità. (Giov. 17:3, 17) Questo significava che gli dèi delle nazioni e anche gli insegnamenti contrari erroneamente predicati dal clero nel nome di Dio erano falsi e ingannevoli. Gesù aveva ragione ed essi avevano torto! Questa pura verità li pungeva.
Anche il regime politico non si rallegrava della presenza di colui che, secondo ciò che fu loro detto, era destinato ad essere “re dei Giudei”, e quando Erode seppe dai “magi” della sua nascita ordinò una diabolica strage per farlo morire. Questo fallì. Ma anni dopo il governatore Pilato cedette all’insistenza dei Farisei religiosi e fece mettere a morte Cristo come se fosse un sedizioso violatore della legge. — Giov. 19:12-16.
I veri Cristiani hanno seguito la condotta esemplare del Figlio di Dio, e proprio come Gesù diede la sua esclusiva devozione a Geova e senza esitazione sostenne tale adorazione quale unica vera religione, così i suoi seguaci hanno seguito con fermezza le sue orme. L’apostolo Giovanni espresse questa stessa certezza quando disse: “Noi sappiamo di avere origine da Dio, ma il mondo intero giace nella potenza del malvagio”. (1 Giov. 5:19) Ma come il mondo non si compiacque di questo atteggiamento da parte di Cristo, così non sorrise con approvazione per la condotta di Giovanni. Egli fu esiliato nell’isola di Patmo dall’imperatore Domiziano.
Specialmente i capi della gerarchia religiosa giudaica e i loro aderenti erano infuriati contro i Cristiani. Essi avevano già fatto un’abominevole alleanza con la Roma pagana per mettere a morte Cristo. In seguito, man mano che il numero dei seguaci di Cristo diveniva sempre più imponente dopo la Pentecoste e sempre più persone abbandonavano la religione giudaica per abbracciare gli insegnamenti di Cristo, il loro odio restava implacabile.
Stefano fu ucciso. “Saulo, tuttora spirante minaccia e strage contro i discepoli del Signore, venne al sommo sacerdote e gli chiese delle lettere per le sinagoghe di Damasco, affinché potesse portar legati a Gerusalemme tutti quelli che seguivano la Via, uomini e donne”. (Atti 9:1, 2) Egli ci espone la ragione per cui perseguitava i Cristiani, dicendo: “Perseguitavo la congregazione di Dio e la devastavo, e progredivo nel Giudaismo più di molti miei coetanei della mia razza, essendo molto più zelante per le tradizioni dei miei padri”. (Gal. 1:13, 14) Poi quando Saulo stesso diventò cristiano, il persecutore di un tempo divenne un perseguitato.
Quindi non solo i pagani di Roma, ma anche gli stessi religiosi giudei, si unirono nel mostrare comune odio verso i Cristiani. Da alcuni storici viene perfino espressa l’opinione che Poppea, moglie dell’infame Nerone, fosse per lo meno una convertita al Giudaismo e perciò responsabile in qualche misura di averlo spinto alla sua demonica persecuzione dei Cristiani.
Come è espresso in un libro: “Per i pagani il Cristianesimo non era che una stravaganza religiosa, veramente spregevole, ma altrimenti insignificante. Per i Giudei invece era oggetto di odio, . . . Il Cristianesimo era per i Giudei odioso sotto tutti gli aspetti. Esso annullava la loro legge. Liberava tutti i Gentili dal pesante giogo di tale legge, senza porli quindi a un livello inferiore. . . . Era, come per dire, una fatale rivolta e scisma dall’interno, più pericoloso di qualsiasi assalto dall’esterno. E, peggio ancora, era confuso dai Gentili col Giudaismo che era il suo peggiore antagonista”.1
Un’altra storia aggiunge: “La vera causa dell’ostilità era senza dubbio l’invidia dei sacerdoti e dottori giudei, e il loro timore di perdere i loro vantaggi personali se fosse prevalso il Cristianesimo. Crudeltà non minore venne mostrata agli innocenti discepoli di Cristo da quei Giudei che abitavano fuori della Palestina, nelle province romane. Risulta dagli Atti degli Apostoli e da altre fonti attendibili che fecero ogni sforzo per istigare i magistrati e il popolino a sterminare i Cristiani. Per nascondere questa vile azione sotto una veste onorevole, essi sparsero la voce che i Cristiani avevano progetti di tradimento contro il governo romano; che riconoscevano come loro re un certo malfattore Gesù, che Pilato aveva molto giustamente punito con la morte”.2
PERSEGUITATI DAI ROMANI
Dobbiamo ora concludere che la persecuzione dei Cristiani nei primi secoli dell’èra cristiana fosse unicamente opposizione da parte dei Giudei? Ciò significherebbe considerare solo una parte del quadro che i fatti presentano. Una “causa principale dell’ostilità romana al Cristianesimo era, che l’adorazione cristiana non aveva nulla di quello che era comune alle altre religioni. Infatti i Cristiani non avevano sacrifici, né templi, né statue, né oracoli, né ordine di sacerdoti; e la sconsiderata moltitudine riteneva quelli senza tali cose privi di ogni religione; e secondo le leggi romane, quelli che sembrava negassero la deità o gli dèi nazionali erano considerati una peste della società umana”.3
Per i Romani, la cui religione richiedeva l’offerta d’incenso all’imperatore, l’adorazione era strettamente associata al governo. Per questa ragione, il rifiuto da parte dei Cristiani di partecipare a queste cerimonie pagane era considerato antipatriottico. L’incrollabile determinazione da parte dei Cristiani di rendere la loro adorazione esclusivamente a Dio attirò il fuoco del mondo romano. La convinzione dei Cristiani che la loro condotta era giusta stigmatizzava il mondo romano come ingiusto dinanzi a Dio come anche il Giudaismo, e ad essi questo non piaceva.
Di conseguenza divenne speciale obiettivo dei giudici non metterli a morte, ma costringerli a rinunciare alla fede cristiana. “Se consentivano a gettare alcuni grani d’incenso sull’altare, essi venivano rimessi in libertà dal tribunale e con plauso”.4 Se rifiutavano di ritrattarsi, anche se non si poteva trovare altra colpa eccetto in quanto alla loro fede, erano spesso puniti con la morte. Plinio dice: “Qualunque fosse il principio della loro condotta, la loro ostinatezza inflessibile, sembrava meritevole di punizione”.5
Il mondo romano cercava i piaceri con insolita ansietà. Non solo i Romani erano prodighi nelle loro cerimonie religiose, ma costruivano vaste arene per i giochi, dando speciale importanza soprattutto ai sanguinari combattenti gladiatori. I Cristiani consideravano ripugnante questa sfrenata violazione della legge di Dio riguardo alla santità del sangue e perciò rifiutavano di parteciparvi. “Poiché odiavano la malvagità del mondo, con i suoi giochi spietati e le sue rivoltanti idolatrie, essi furono accusati di odiare l’intera razza umana”.6 E questo provocò maggiore persecuzione, non solo dalle autorità, ma anche da parte del popolo.
I testimoni di Geova dei giorni moderni si sono trovati in una situazione analoga. Benché facciano del bene al loro prossimo e diffondano un messaggio d’amore, la persecuzione e l’odio si abbattono su di loro in ogni parte del mondo. Poiché sono neutrali in quanto alle controversie del mondo, il mondo considera ciò una manifestazione di odio contro il genere umano. Quando citano la Parola di Dio come autorevole e il criterio dell’unico modello valido per un’adorazione accettevole, sono considerati fanatici. Poiché non vogliono trascurare i requisiti cristiani e seguire i piaceri mondani, sono ritenuti guastafeste. E quando non vogliono prostituire il principio cristiano in nome della convenienza allorché il mondo lo richiede, sono considerati ostinati proprio come i primi Cristiani.
La condotta di fedeltà da parte di questi testimoni si erge come una condanna per coloro che si professano cristiani ma che non vivono in armonia con gli alti requisiti della Parola di Dio, e questo a loro non piace più di quanto non piacesse agli antichi Ebrei o Romani. Con ogni mezzo, sottile lusinga e, quando questo fallisce, violenta coercizione, essi cercano di forzare un compromesso. Ma può un Cristiano fare compromessi?
A quelli instabili nella loro fede Gesù dice: “Io conosco le tue opere, che non sei né freddo né caldo. Fossi tu freddo o caldo! Perciò, perché sei tiepido e non sei né caldo né freddo, io ti vomiterò dalla mia bocca”. (Apoc. 3:15, 16) Nel suo sermone sul monte Gesù mise in guardia contro la strada larga del compromesso quelli che vogliono la vita nel nuovo mondo, quando disse: “Entrate per la porta stretta; perché larga e spaziosa è la via che conduce alla distruzione, e molti sono quelli che vi passano; mentre stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano”. — Matt. 7:13, 14.
Se conoscete dunque la via che la Parola di Dio indica come giusta, siate saggi, non fate compromessi. “Mantenetevi sobri, siate vigilanti. Il vostro avversario, il Diavolo, va attorno come un leone ruggente, cercando di divorare qualcuno. Ma prendete la vostra determinazione contro di lui, saldi nella fede”. — 1 Piet. 5:8, 9.
[Riferimenti bibliografici]
1. Great Events by Famous Historians (inglese), pagine 139, 140.
2. Ecclesiastical History (inglese) di Mosheim, pag. 23.
3. Ibidem, pag. 24.
4. History of Christianity (inglese) di Edward Gibbon, pagine 234, 235.
5. Ibidem, pag. 213.
6. Great Events by Famous Historians (inglese), pag. 141.
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Marco (Lezione 55)La Torre di Guardia 1958 | 15 febbraio
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Marco (Lezione 55)
MARCO non fu uno dei dodici apostoli. Non fu un costante compagno di Cristo Gesù. Non c’è nessuna indicazione che egli fosse neanche un discepolo di Cristo quando Egli fu sulla terra. Come dunque poté egli essere in grado di scrivere un racconto della vita di Gesù? Inoltre, come fu egli in grado di scrivere quello che è unanimemente riconosciuto come il più vivido e descrittivo dei quattro Vangeli? Marco era nativo di Gerusalemme, e qui aveva senza dubbio visto Gesù in qualche occasione. (Atti 12:12, 25) Si crede ch’egli fosse colui che seguì Gesù dopo il Suo tradimento, solo per fuggire quando fu avvicinato dalle turbe. (Mar. 14:51, 52) Ma questi pochi e brevi contatti con Gesù non avrebbero mai fornito lo sfondo necessario alla composizione di questo Vangelo, che concerne principalmente il ministero di Gesù in Galilea e che generalmente supera gli altri nella scrupolosa descrizione dei dettagli. Esso ha l’impronta di una testimonianza oculare.
Un rapido sguardo alle attività di Marco nella chiesa primitiva rivelano queste fonti. “Giovanni soprannominato Marco” era figlio di una donna chiamata Maria. L’apostolo Pietro frequentava la loro casa, e infatti vi andò dopo esser stato liberato dalla prigione per mezzo dell’angelo. (Atti 12:5-17) Pietro si riferisce a Marco come “Marco, il mio figliuolo”, che fa intendere che Marco fu con tutta probabilità convertito a Cristo dalla predicazione di Pietro. In ogni caso, i rapporti fra i due erano molto intimi. Essi furono insieme a Babilonia (1 Piet. 5:13) Questo e lo stesso Marco che fece viaggi di predicazione con suo cugino Barnaba e l’apostolo Paolo, e fu più tardi con Paolo al tempo del primo imprigionamento di quest’apostolo a Roma. (Atti 12:25; 13:13; 15:36-40; Col. 4:10; Filem. 24) Ma la nostra attenzione si concentra sulla sua intima associazione con Pietro. Pietro fu un testimone oculare del ministero terreno di Gesù. Fu uno dei primi discepoli di Cristo. (Giov. 1:35-42) Papia, scrittore cristiano dell’inizio del secondo secolo dopo Cristo, ci riferisce che Marco fu l’interprete (e probabilmente l’amanuense, o il segretario) dell’apostolo Pietro. Quindi Pietro fu indubbiamente il testimone oculare da cui derivano le informazioni del Vangelo di Marco. Evidentemente esso riporta con precisione quello che Pietro disse a Marco in varie occasioni, benché un’effettiva dettatura del Vangelo sia poco probabile.
Quando e dove mise Marco per iscritto il suo racconto evangelico? Come per ciascuno dei Vangeli, il tempo della composizione di questo non può essere precisato con certezza. Probabilmente fu scritto non molto tempo prima del Vangelo di Luca, il quale precedette di poco la composizione di Atti da parte di Luca, nel 61 d.C. circa. Quanto al luogo in cui il Vangelo di Marco fu scritto, una preponderante testimonianza indica Roma. Con ogni probabilità Marco
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