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PalestinaAusiliario per capire la Bibbia
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da compensare la perdita dovuta alla calura diurna. (Confronta Giobbe 29:19). Particolare importanza ha la rugiada nel Negheb e sulle alture di Galaad dove le precipitazioni sono minime.
RISORSE DELLA TERRA
Oltre a costituire un terreno ben irrigato in grado di produrre generi alimentari in abbondanza, i monti della Palestina contenevano utili minerali come ferro e rame. (Deut. 8:9) Si dovevano importare oro, argento, stagno e piombo, mentre c’erano grandi giacimenti di sale e, nella valle del Giordano, sedimenti di argilla che serviva per fare mattoni e vasi, e per le fonderie. (I Re 7:46) C’erano ottime cave di calcare per l’edilizia, e vene superficiali di basalto nero molto pregiato per la sua compattezza e resistenza.
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PalmaAusiliario per capire la Bibbia
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Palma
[ebr. tamàr; gr. phòinix].
La palma da dattero (Phoenix dactylifera), che ora si trova solo in certe zone, era un tempo abbondante in Palestina ed evidentemente caratteristica di quel paese come lo è della valle del Nilo in Egitto. L’annuale raccolta di datteri, che crescono in enormi grappoli, ciascuno del peso di 14-23 kg, avviene da giugno a settembre.
Le palme fanno pensare a oasi e sono una vista gradita per chi viaggia nel deserto, come lo furono le settanta palme che crescevano lungo le dodici sorgenti di Elim, la seconda tappa degli israeliti in marcia dopo la traversata del Mar Rosso. (Eso. 15:27; Num. 33:9) Le lunghe radici permettono alla palma di raggiungere l’acqua, che molte piante non riescono a raggiungere, e crescere rigogliosa anche nel deserto.
In tempi biblici le palme abbondavano sulla costa del Mar di Galilea (Giuseppe Flavio, Guerra giudaica, Libro III, cap. X, 8), nelle parti più basse della calda valle del Giordano, ed erano particolarmente copiose intorno a En-Ghedi (Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche, Libro IX, cap. I, 2) e a Gerico, chiamata ‘la città delle palme’. (Deut. 34:3; Giud. 1:16; 3:13; II Cron. 28:15) Crescevano anche sulle alture; ne è un esempio la “palma di Debora” nella regione montuosa di Efraim. (Giud. 4:5) Che crescessero nei dintorni di Gerusalemme è evidente dall’uso delle loro foglie durante la festa delle capanne (Lev. 23:40; Nee. 8:15) e anche quando Gesù fece il suo ingresso nella città. (Giov. 12:12, 13) Tamar, una delle città di Salomone, prese nome dalla palma. (I Re 9:17, 18) Anche il paese di Tiro e Sidone in seguito assunse il nome di “Fenicia” (paese di palme) dal greco phòinix (Atti 11:19; 15:3), come pure la città di Fenice nell’isola di Creta. — Atti 27:12.
La palma, alta e slanciata, col suo tronco diritto alto 25 m o più, che termina con una folta chioma di foglie pennate (non rami), ha una grazia e bellezza tutta particolare. Le ragazze ebree dovevano essere liete di chiamarsi Tamar, come la nuora di Giuda (Gen. 38:6), la sorella di Absalom (II Sam. 13:1), e anche sua figlia, che è stata descritta come “una donna di bellissimo aspetto”. (II Sam. 14:27) Per la sua statura la Sulammita fu paragonata a una palma e le sue mammelle a grappoli di datteri. (Cant. 7:7, 8) La disposizione a spirale delle fibre del suo legno contribuisce a renderla un albero di eccezionale elasticità e resistenza.
Palme scolpite, col loro portamento eretto, la loro bellezza e l’abbondante frutto, costituivano un’appropriata decorazione delle pareti interne e delle porte del tempio di Salomone (I Re 6:29, 32, 35; II Cron. 3:5), e anche delle fiancate dei carri usati nel servizio del tempio (I Re 7:36, 37); palme decoravano anche le colonne laterali delle porte del tempio visto in visione da Ezechiele, come pure le pareti interne e le porte del tempio. (Ezec. 40:16-37; 41:15-26) Essendo alta e diritta, e molto fruttifera, la palma era inoltre un appropriato simbolo del “giusto” ‘piantato nei cortili di Geova’. — Sal. 92:12, 13.
L’uso di foglie di palma da parte della folla che acclamò Gesù quale “re d’Israele” (Giov. 12:12, 13) voleva evidentemente simboleggiare le loro lodi e anche la loro sottomissione alla sua posizione regale. La “grande folla” di Rivelazione 7:9 è similmente raffigurata con foglie di palma in mano, nell’atto di attribuire la salvezza a Dio e all’Agnello. — Riv. 7:10.
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PalmoAusiliario per capire la Bibbia
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Palmo
Misura di lunghezza, corrispondente più o meno alla larghezza della palma della mano alla base delle dita. Si calcola che il palmo misurasse cm 7,5 circa; quattro dita equivalevano a un palmo e sei palmi a un cubito. (Eso. 25:25; 37:12; I Re 7:26; II Cron. 4:5; Ezec. 40:5, 43; 43:13) Secondo il Salmo 39:5, Davide disse: “Hai reso i miei giorni proprio poco numerosi”. Più aderente al testo masoretico è la traduzione: “Hai ridotto i miei giorni alla lunghezza di qualche palmo” (VR). Cristo Gesù usò in modo simile il termine cubito: “Chi di voi può, essendo ansioso, aggiungere un cubito alla durata della sua vita?” — Matt. 6:27.
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Palo di torturaAusiliario per capire la Bibbia
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Palo di tortura
Strumento come quello su cui fu messo a morte Gesù Cristo. (Matt. 27:32-40; Mar. 15:21-30; Luca 23:26; Giov. 19:17-19, 25) Nel greco classico il sostantivo (stauròs) reso “palo di tortura” nella Traduzione del Nuovo Mondo indica principalmente un’asta o palo diritto, e non c’è nessuna prova che gli scrittori delle Scritture Greche Cristiane lo usassero per indicare un palo con un braccio trasversale (Int, pp. 1155-1157). — Vedi PALO, METTERE AL.
Nel libro The Non-Christian Cross (pp. 23, 24) John Denham Parsons afferma: “In nessuno dei numerosi scritti che formano il Nuovo Testamento esiste una sola frase che, nel greco originale, costituisca anche una prova indiretta che lo stauros usato nel caso di Gesù fosse altro che un ordinario stauros; tanto meno che consistesse non di un solo pezzo di legno, ma di due inchiodati insieme a forma di croce.
“... non poco capzioso da parte dei nostri insegnanti è il tradurre il termine stauros ‘croce’ per rendere nella nostra lingua i documenti greci della Chiesa, e il sostenere tale azione inserendo ‘croce’ nei nostri dizionari quale significato di stauros senza spiegare bene che tale non era affatto il significato principale del termine all’epoca degli Apostoli, non diventò il significato principale che molto tempo dopo, e diventò tale, se mai, solo perché, nonostante l’assenza di ulteriori prove, per una ragione o per l’altra si presumeva che il particolare stauros su cui fu messo a morte Gesù avesse quella particolare forma”.
PERCHÉ GESÙ DOVETTE MORIRE SU UN PALO
Quando Geova Dio diede la sua legge agli israeliti, essi si impegnarono a osservarla. (Eso. 24:3) Tuttavia, essendo discendenti del peccatore Adamo, non erano in grado di osservarla alla perfezione. Per questa ragione vennero a trovarsi sotto la maledizione della Legge. Per allontanare da loro quella particolare maledizione, Gesù doveva essere appeso a un palo come un criminale maledetto. A questo proposito l’apostolo Paolo scrisse: “Tutti quelli che dipendono dalle opere della legge sono sotto una maledizione; poiché è scritto: ‘Maledetto chiunque non persevera in tutte le cose scritte nel rotolo della Legge per farle’.... Cristo ci liberò mediante acquisto dalla maledizione della Legge, divenendo una maledizione invece di noi, perché è scritto: ‘Maledetto ogni uomo appeso a un palo”. — Gal. 3:10-13, NW.
USO FIGURATIVO
“Palo di tortura” a volte sta per sofferenze, vergogna o tortura subite perché si é seguaci di Gesù Cristo. Infatti Gesù disse: “Chi non accetta il suo palo di tortura e non mi segue non è degno di me”. (Matt. 10:38; 16:24; Mar. 8:34; Luca 9:23; 14:27) L’espressione “palo di tortura” è usata anche per indicare la morte di Gesù al palo, per mezzo della quale sono possibili la redenzione dal peccato e la riconciliazione con Dio. — I Cor. 1:17, 18.
La morte di Gesù sul palo di tortura permise di abolire la Legge, che separava gli ebrei dai non ebrei. Quindi, accettando la riconciliazione resa possibile dalla morte di Gesù, sia gli ebrei che i non ebrei potevano diventare “un corpo a Dio mediante il palo di tortura”. (Efes. 2:11-16; Col. 1:20; 2:13, 14) Questo diventò una pietra d’inciampo per molti ebrei, i quali insistevano che la circoncisione e l’osservanza della Legge mosaica fossero indispensabili per avere l’approvazione di Dio. Per questo l’apostolo Paolo scrisse: “Fratelli, se predico ancora la circoncisione, perché sono ancora perseguitato? Quindi, in realtà, la pietra d’inciampo del palo di tortura è stata abolita”. (Gal. 5:11) “Tutti quelli che vogliono avere una piacevole apparenza nella carne son quelli che cercano di costringervi a farvi circoncidere, solo per non essere perseguitati per il palo di tortura del Cristo, Gesù. Non sia mai che io mi vanti, se non del palo di tortura del nostro Signore Gesù Cristo, per mezzo del quale il mondo è stato messo al palo per me e io per il mondo”. (Gal. 6:12, 14, NW) Poiché professava che la morte di Gesù sul palo di tortura era l’unico mezzo per avere la salvezza, Paolo fu perseguitato dagli ebrei. In conseguenza di tale confessione il mondo era per l’apostolo come qualcosa messo al palo e condannato a morte, dato che il mondo lo considerava con odio, come un criminale messo al palo.
Coloro che avevano abbracciato il cristianesimo, ma poi tornavano a vivere in modo immorale, si dimostravano “nemici del palo di tortura del Cristo”. (Filip. 3:18, 19) Le loro azioni dimostravano che non avevano apprezzamento per i benefici risultanti dalla morte di Gesù su un palo di tortura. Essi avevano “calpestato il Figlio di Dio” e ‘stimato di valore comune il sangue del patto mediante il quale erano stati santificati’. — Ebr. 10:29.
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Palo, mettere alAusiliario per capire la Bibbia
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Palo, mettere al
La vittima veniva messa al palo viva o morta. L’esecuzione di Gesù Cristo è il caso più noto. (Luca 24:20; Giov. 19:14-16; Atti 2:23, 36) Nell’antichità le nazioni infliggevano questa pena in modi diversi.
Gli assiri, noti per la loro crudeltà in guerra, mettevano al palo i prigionieri appendendoli nudi in cima a pali appuntiti conficcati nell’addome e nella cassa toracica delle vittime. Sono stati rinvenuti diversi bassorilievi, uno dei quali rappresenta l’attacco e la conquista di Lachis da parte degli assiri, e mostra un supplizio del genere. — II Re 19:8.
Anche i persiani usavano mettere al palo come forma di punizione. Alcuni dicono che i persiani di solito prima decapitavano o scorticavano quelli che mettevano al palo. Dario il Grande vietò qualsiasi interferenza nella costruzione del tempio di Gerusalemme: chi avesse violato tale decreto doveva essere appeso a una trave tolta dalla sua stessa casa. (Esd. 6:11) Durante il regno di suo figlio, Assuero (Serse I), due portinai del palazzo furono appesi
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