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Pesi e misureAusiliario per capire la Bibbia
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di terra sia con la quantità di seme necessario per seminarlo (Lev. 27:16; I Re 18:32) sia con quanto poteva essere arato in un giorno da un paio di buoi. — I Sam. 14:14, NW, ed. 1955, nota in calce; vedi IUGERO.
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PesoAusiliario per capire la Bibbia
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Peso
Ciò che si porta; carico, letterale o figurativo. Vari termini ebraici e greci sono usati nelle Scritture per indicare un “peso” o “carico”, a volte in relazione al materiale portato, ma più spesso in senso figurativo parlando di responsabilità o colpa o di un messaggio di Dio. Un peso è generalmente un carico pesante.
USO FIGURATIVO
Il termine ebraico massàʼ, spesso usato per un carico o peso letterale, può indicare un “messaggio ponderoso”, come quello della madre del re Lemuel nel correggerlo. (Prov. 31:1) Può anche riferirsi a una dichiarazione. (Isa. 13:1; 14:28; Ezec. 12:10; Naum 1:1) Di solito si tratta di una denuncia della malvagità e quindi è un pesante giudizio. Comunque una dichiarazione può essere anche un’espressione profetica relativa a qualcosa di buono che produce gioia. (Zacc. 12:1; Mal. 1:1) In questo senso il termine massàʼ è stato definito “qualcosa che sale con solennità alle labbra, per minacciare o no”. — The International Standard Bible Encyclopædia, Vol. I, p. 528.
Un “peso” può essere il peso di una responsabilità imposta da Cristo. (Riv. 2:24) Lo spirito santo e il corpo direttivo cristiano decisero di non aggiungere nessun altro “peso” ai cristiani eccetto le cose necessarie, cioè ‘astenersi dalle cose sacrificate agli idoli e dal sangue e da ciò che è strangolato e dalla fornicazione’. — Atti 15:28, 29.
Gesù rimproverò gli scribi e i farisei dicendo: “Legano gravi pesi e li mettono sulle spalle degli uomini, ma essi stessi non li vogliono muovere col dito”. (Matt. 23:2, 4) Evidentemente si riferiva alle regole minuziose e alle tradizioni gravose che costoro imponevano alla gente comune, non essendo disposti a eliminare neanche una regoletta per render loro le cose più facili. — Matt. 23:13, 23, 24.
Viceversa Gesù rese le persone spiritualmente libere da tali tradizioni oppressive. (Giov. 8:31, 32) Egli disse: “Il mio giogo è piacevole e il mio carico è leggero”. (Matt. 11:28-30) Cristo non era duro né dispotico, ma gentile, e coloro che venivano a lui ricevevano un trattamento giusto. Il giogo di Cristo, in confronto a quello imposto dai tradizionalisti religiosi, sarebbe stato relativamente leggero. Gesù poteva anche intendere che quelli che erano stanchi del peso dell’errore e del peccato dovevano venire a lui per avere ristoro spirituale.
PORTARE I PESI ALTRUI
Paolo scrisse ai galati: “Continuate a portare i pesi [o “le difficoltà”] gli uni degli altri, e così adempite la legge del Cristo”. (Gal. 6:2) Qui per “pesi” l’apostolo usò il plurale neutro bàre, la cui forma singolare maschile è bàros, termine greco usato sempre per indicare qualcosa di difficoltoso o pesante. Certo il peccato e quindi il peso di un uomo che fa qualche “passo falso” (menzionato nel versetto precedente) non sarebbe leggero ma pesante. Tuttavia al versetto 5 l’apostolo dichiara: “Ciascuno porterà il proprio carico” (NM), o “carico di responsabilità”. (NW, ed. 1950) Per “carico” Paolo usò qui il termine greco phortìon, che significa qualcosa da portare o sopportare, senza alcun riferimento al peso della cosa. Quindi in questi versetti fece una distinzione fra “pesi” e “carico” o “carico di responsabilità”. E questo, probabilmente, per indicare che se un cristiano veniva a trovarsi in difficoltà spirituali per lui insostenibili, i compagni di fede dovevano aiutarlo, contribuendo così a portare il peso dell’altro. Avrebbero manifestato amore e così avrebbero adempiuto la legge di Cristo. (Giov. 13:34, 35) Ciò è in armonia con quanto Paolo aveva appena detto, com’è riportato in Galati 6:1, a proposito dei tentativi per ristabilire spiritualmente tale uomo, cosa possibile mediante l’amore, la benignità e la preghiera. (Confronta Giacomo 5:13-16). Ma, come ebbe a dire l’apostolo, portare i pesi l’uno dell’altro non significa addossarsi il carico della responsabilità spirituale che l’altro ha verso Dio.
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PestilenzaAusiliario per capire la Bibbia
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Pestilenza
Qualsiasi malattia infettiva che si diffonde rapidamente, può raggiungere proporzioni epidemiche ed essere letale. In molti versetti la pestilenza è posta in relazione con l’esecuzione del giudizio di Dio, sia rispetto al popolo che porta il suo nome che agli oppositori. — Eso. 9:15; Num. 14:12; Ezec. 38:2, 14-16, 22, 23; Amos 4:10.
PROVOCATA DALL’ABBANDONO DELLA LEGGE DI DIO
La nazione di Israele fu avvertita che il rifiuto di osservare il patto che Dio aveva fatto con loro l’avrebbe indotto a ‘mandare in mezzo a loro la pestilenza’. (Lev. 26:14-16, 23-25; Deut. 28:15, 21, 22) Nelle Scritture la salute, sia fisica che spirituale, è sempre posta in relazione con la benedizione di Dio (Deut. 7:12, 15; Sal. 103:1-3; Prov. 3:1, 2, 7, 8; 4:21, 22; Riv. 21:1-4), mentre le malattie sono poste in relazione con il peccato e l’imperfezione. (Eso. 15:26; Deut. 28:58-61; Isa. 53:4, 5; Matt. 9:2-6, 12; Giov. 5:14) Quindi, anche se è vero che in certi casi Geova Dio ha, in modo istantaneo e diretto, recato una determinata afflizione su alcuni, come la lebbra di Miriam, di Uzzia e di Gheazi (Num. 12:10; II Cron. 26:16-21; II Re 5:25-27), sembra che in molti casi le malattie e la pestilenza fossero conseguenze naturali e inesorabili della condotta peccaminosa seguita da individui o nazioni. Raccoglievano semplicemente quello che avevano seminato, e il loro corpo carnale risentiva gli effetti dei loro errori. (Gal. 6:7, 8) A proposito di coloro che praticavano ripugnante immoralità sessuale, l’apostolo afferma che Dio “li ha abbandonati ad impurità, affinché i loro corpi siano disonorati fra loro ... ricevendo in se stessi la piena ricompensa, dovuta al loro errore”. — Rom. 1:24-27.
Israele ne fu colpito
Quindi l’esortazione rivolta da Dio a Israele avvertiva delle molte afflizioni che una condotta di disubbidienza alla sua volontà avrebbe inevitabilmente provocato. La Legge che aveva dato loro serviva come deterrente e protezione contro le malattie, grazie alle sue alte norme igieniche e morali, e anche al benefico effetto che aveva sul loro stato mentale ed emotivo. (Sal. 19:7-11; 119:102, 103, 111, 112, 165) Ciò che è descritto in Levitico 26:14-16 non è una occasionale infrazione della Legge, ma un totale rifiuto e abbandono delle sue norme, e questo avrebbe certamente reso la nazione vulnerabile a ogni specie di malattia e contagio. La storia, sia passata che presente, è una testimonianza che questo si è verificato.
La nazione di Israele cadde in grave apostasia, e la profezia di Ezechiele indica che la popolazione avrebbe ammesso di ‘marcire’ a motivo delle proprie rivolte e dei propri peccati. (Ezec. 33:10, 11; confronta Ezec. 24:23). Come era stato predetto, la nazione soffrì “a causa della spada e della carestia e della pestilenza”; questo raggiunse il culmine con l’invasione babilonese. (Ger. 32:16, 24) Il fatto che la pestilenza sia spesso posta in relazione con la spada e la carestia (Ger. 21:9; 27:13; Ezec. 7:15) è in armonia con fatti risaputi. La pestilenza di solito accompagna, o segue, la guerra e la conseguente penuria di viveri. Quando un esercito nemico invade un paese, l’attività agricola ne risente, il raccolto spesso viene confiscato o bruciato. Le città assediate sono tagliate fuori dalle risorse esterne, e la carestia colpisce la popolazione costretta a vivere in condizioni malsane e di sovraffollamento. In situazioni del genere, la resistenza alle malattie diminuisce e si apre la via all’attacco mortale della pestilenza.
AL “TERMINE DEL SISTEMA DI COSE”
Nel predire la distruzione di Gerusalemme e il “termine del sistema di cose”, Gesù indicò che la pestilenza sarebbe stata un aspetto notevole della generazione entro la cui vita si sarebbe verificata la “grande tribolazione”. (Matt. 24:3, 21; Luca 21:10, 11, 31, 32) Scritta dopo la distruzione di Gerusalemme (che era stata accompagnata da grave carestia e malattie), Rivelazione 6:1-8 presagiva per un tempo futuro spada, carestia e “piaga mortale”. Queste cose avrebbero seguito la comparsa dell’incoronato cavaliere dal cavallo bianco, che procede verso la vittoria, figura che corrisponde esattamente a quella di Rivelazione 19:11-16, che chiaramente si applica al regnante Cristo Gesù.
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Pettegolezzo, calunniaAusiliario per capire la Bibbia
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Pettegolezzo, calunnia
Pettegolezzo è il parlare ozioso di cose personali; voce infondata. Calunnia è una falsa accusa, orale o scritta, fatta generalmente con l’intento di diffamare.
PETTEGOLEZZO
Non sempre il pettegolezzo è negativo o dannoso, anche se può esserlo. A volte può trattarsi di lodare una o più persone; o semplicemente di riferire qualche cosa d’insignificante o ineccepibile sul conto di altri, per semplice interessamento umano. Ma è facile che la conversazione scivoli in qualche cosa di dannoso o provocatorio, dato che il pettegolezzo è un parlare ozioso. Le Scritture sconsigliano i discorsi inutili, e mettono in risalto che la lingua è difficile da domare e che “è costituita fra le nostre membra un mondo d’ingiustizia, poiché macchia tutto il corpo e infiamma la ruota della vita naturale”. Come sia micidiale è ulteriormente messo in risalto da ciò che lo scrittore biblico aggiunge: “Ed è infiammata dalla Geenna”. (Giac. 3:6) Il pericolo del parlare ozioso, fuori posto è più volte evidenziato, ed è messo in relazione con la stupidaggine o stoltezza (Prov. 15:2); tale modo di parlare costituisce un laccio e può essere rovinoso. (Prov. 13:3; 18:7) “Nell’abbondanza delle parole non manca la trasgressione”, dice il proverbio, che consiglia di agire con discrezione tenendo a bada le proprie labbra. (Prov. 10:19) “Chi custodisce la sua bocca e la sua lingua custodisce la sua anima dalle angustie”: questa è un’esortazione a non parlare in modo ozioso, inutile o sconsiderato. — Prov. 21:23.
L’apostolo Paolo diede al sorvegliante Timoteo vigorosi consigli circa la condotta di giovani vedove che non avevano una famiglia a cui accudire e che non erano attive nel ministero. Egli disse: “[Esse] imparano anche ad essere non occupate, andando in giro per le case; sì, non solo non occupate, ma anche pettegole e intromettenti negli affari degli altri, parlando di cose di cui non dovrebbero”. (I Tim. 5:13) Questa è una condotta disordinata. Lo stesso apostolo parla anche di alcuni della congregazione di Tessalonica che “camminano disordinatamente fra voi, non lavorando affatto ma intromettendosi in ciò che non li riguarda”. (II Tess. 3:11) Pietro mette chi ficca il naso negli affari altrui in pessima compagnia accanto a un assassino, un ladro e un malfattore. — I Piet. 4:15.
Viceversa non è pettegolezzo né calunnia e non è sbagliato riferire circostanze che influiscono sulla congregazione a coloro che hanno l’autorità e la responsabilità di sorvegliare e correggere la cosa. Questo è dimostrato da quanto dicono le Scritture a proposito della congregazione cristiana dell’antica Corinto. I dissensi e il fatto che si onoravano eccessivamente uomini suscitavano idee settarie, nuocendo all’unità della congregazione. Alcuni della famiglia di una certa Cloe, che si rendevano conto di queste cose e si preoccupavano del benessere spirituale della congregazione, rivelarono il fatto all’apostolo Paolo, assente, il quale intervenne prontamente scrivendo da Efeso per correggere la congregazione. — I Cor. 1:11.
CALUNNIA
Mentre il pettegolezzo in alcuni casi può essere più o meno innocuo (anche se può degenerare e diventare calunnia), la calunnia è sempre nociva e provoca sempre danno e contesa. Può avere o non avere un motivo maligno. In ogni caso il calunniatore si mette in una cattiva posizione davanti a Dio, poiché fra le cose che Dio odia è menzionato “chiunque suscita contese tra fratelli”. (Prov. 6:16-19) Il termine greco per “calunniatore” è diabolos, “accusatore”. Ricorre nella Bibbia anche come titolo di Satana “il Diavolo”, il grande calunniatore di Dio. (Giov. 8:44; Riv. 12:9, 10; Gen. 3:2-5) Questo indica la fonte di simili accuse diffamatorie.
La calunnia costituisce un inciampo per altri, specie per il calunniato. La Legge data da Dio a Israele comandava: “Non devi andare in giro fra il tuo popolo allo scopo di calunniare. Non ti devi levare contro il sangue del tuo prossimo”. (Lev. 19:16) Qui viene spiegato il mortifero effetto della calunnia, che è paragonata a spargere sangue o a togliere la vita, quindi a omicidio. Il calunniatore stupidamente fomenta odio, e “chiunque odia il suo fratello è omicida”. (I Giov. 3:15; Prov. 10:18) Molte volte falsi testimoni sono stati impiegati per causare la morte di innocenti. — I Re 21:8-13; Matt. 26:59, 60.
A volte ci sono questioni riservate, ma il calunniatore si diverte a rivelarle ad altri che non hanno alcun diritto di saperle. (Prov. 11:13) Il calunniatore prova piacere nel rivelare cose che fanno scalpore, “notizie piccanti”, come si suol dire, e anche chi gli presta ascolto è in errore e nuoce a se stesso. (Prov. 20:19; 26:22) Uno potrebbe allontanarsi dagli amici a motivo di qualche osservazione diffamatoria sul suo conto da parte di un calunniatore, cosa che provocherebbe inimicizie e divisioni. — Prov. 16:28.
Le Scritture predicono che la notevole presenza di calunniatori sarebbe stata una delle caratteristiche degli “ultimi giorni”. (II Tim. 3:1-3) Costoro, uomini o donne, se si trovano fra il popolo di Dio, devono essere ripresi e corretti dai responsabili della congregazione cristiana. (I Tim. 3:11; Tito 2:1-5; III Giov. 9, 10) Provocando contese (Prov. 16:28), la calunnia produce “opere della carne” (come odio, contese, divisioni) che impediranno al calunniatore e ad altri che egli induce a malfare di
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