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Pregiudizio: un problema di tuttiSvegliatevi! 1985 | 8 marzo
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Pregiudizio: un problema di tutti
“PERCHÉ non si presenta domani?”, chiese la probabile datrice di lavoro. “Sono sicura che possiamo trovarle un lavoro”. Yvonne riappese il telefono, convinta che ormai il posto fosse suo. Il lavoro come impiegata sarebbe stato un piacevole cambiamento di ritmo poiché da quando aveva lasciato l’università aveva fatto la collaboratrice domestica.
Il giorno dopo Yvonne si recò sul posto, trovò la donna con cui aveva parlato al telefono e si presentò. Ma udendo nuovamente lo “strano” cognome di Yvonne, e collegandolo ora con i suoi lineamenti ovviamente orientali, la donna rimase a bocca aperta per la sorpresa. “Esitò nervosamente”, rammenta Yvonne, “e infine mi disse che non c’era nessun posto disponibile”. Ma Yvonne capì che la vera ragione era il pregiudizio razziale, per cui sarebbe stata costretta a cercare di nuovo nelle “offerte di lavoro”.
Un problema di chi?
Comprensibilmente, parlare di pregiudizio fa sentire un po’ a disagio quasi tutti noi. Pochi argomenti sono così controversi o toccano tanto i sentimenti. Ciò nondimeno è un argomento che non si può ignorare o trascurare come se si trattasse di un problema che riguarda altri. I preconcetti investono quasi ogni sfera delle relazioni umane. A causa dei vecchi miti della superiorità maschile molte donne sono condannate a un basso stipendio e a scarse opportunità di lavoro. Le divergenze religiose alimentano la violenza in Irlanda. I canadesi francofoni si scontrano con i loro connazionali anglofoni. In India, sebbene il sistema delle caste sia illegale, gli indù di casta superiore si rifiutano di camminare sul lato della strada dove camminano gli “intoccabili”. In Europa gli strati sociali basati sulla ricchezza e sul prestigio tradizionale contrappongono le classi più elevate alla gente comune. Anche in paesi come il Brasile, dove negri e bianchi sono abituati a stare insieme, alcuni osservatori riferiscono che esiste una tendenza occulta all’ostilità razziale.
L’esagerato orgoglio della propria cultura erige barriere anche fra persone della stessa razza, come indica l’esperienza di Kalu e Dupe. Sebbene fossero entrambi nigeriani di nascita, la madre di Dupe (della tribù degli yoruba) le vietò di sposare qualcuno della tribù degli ibo. Anche il padre di Kalu respinse Dupe, dicendo al figlio: “Se sposi una ragazza yoruba, non ti considerare più mio figlio”.
Il pregiudizio è dunque più che un problema di razza o un conflitto tra bianchi e negri. È una reazione apparentemente universale nei confronti di lingue, culture e strati sociali diversi. E sia che sfoci in violenza o che covi sotto la cenere, il pregiudizio può avere conseguenze penose: povertà, angherie, perdita della dignità umana per le sue vittime, e senso di colpa e rimorsi di coscienza per la maggioranza di coloro che lo manifestano. Dove c’è pregiudizio c’è anche un clima di timore, incertezza e ansietà. Interi quartieri sono preclusi ad alcuni a causa della tensione razziale. Potenziali amicizie sono guastate da diffidenza e malintesi che non hanno nessuna ragione d’essere.
Perciò il pregiudizio è davvero “un problema di tutti”. Ma da dove nasce il pregiudizio? Perché l’uomo, nonostante tutti gli sforzi che ha fatto, non è riuscito a eliminarlo? Per riuscire a capire un po’ più a fondo queste domande, rivolgiamo l’attenzione a una comune forma di pregiudizio: quello razziale.
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Come agisce il pregiudizioSvegliatevi! 1985 | 8 marzo
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Come agisce il pregiudizio
Un ricercatore chiese a un uomo cosa pensasse di un certo gruppo etnico. “Sono lunatici e impulsivi”, rispose. “Ce l’hanno nel sangue”.
“Ne ha conosciuto qualcuno . . . personalmente?”, gli domandò.
‘Sì, uno. Era il nostro capoclasse alla scuola superiore’.
‘Questo “capoclasse” corrispondeva all’immagine che ha di loro?’
“No”, ammise, “era calmo e affabile”.
‘Allora non avrebbe potuto avere veramente “nel sangue” “il cattivo umore e l’impulsività”, non le pare?’
Dopo una pausa l’uomo rispose: “Era un’eccezione”.
AVERE pregiudizi vuol dire giudicare gli altri senza dare loro il beneficio di un equo processo. Un perfetto estraneo viene così sommariamente dichiarato “pigro”, “disonesto” o “pericoloso” senza alcuna prova, solo in base a un’idea preconcetta. Questo perché la persona prevenuta vede non i singoli individui, ma i gruppi. Per lei gli appartenenti a un gruppo etnico sono “tutti uguali”. E come nell’esempio citato sopra, chi è prevenuto sosterrà la sua tesi fino all’ultimo, anche quando i fatti dimostrano che ha torto. Come faceva notare la rivista Psychology Today, le persone prevenute hanno la tendenza “a notare e ricordare i modi in cui l’individuo sembra corrispondere allo stereotipo, opponendosi alle prove che contraddicono lo stereotipo”.
Il pregiudizio si alimenta da solo. Chi viene presentato in una luce negativa il più delle volte perde la propria dignità così da comportarsi effettivamente male. Oppure accade quello che dice la Bibbia in Ecclesiaste 7:7: “La semplice oppressione può far agire follemente il saggio”. Le vittime dell’oppressione possono farsi divorare dal risentimento. Possono diventare così sensibili ai pregiudizi da reagire a volte in maniera esagerata e vedere il pregiudizio dove effettivamente non c’è. Qualsiasi persona di un’altra razza è guardata con indebito sospetto o come un potenziale nemico. L’intolleranza non è pertanto il monopolio di una certa razza o nazionalità.
Quando il pregiudizio si impadronisce della sua mente, l’individuo può accorgersi di detestare tutti i gruppi etnici. Una volta fu chiesto ad alcuni studenti universitari di esprimere i propri sentimenti nei confronti di 32 nazioni e razze veramente esistenti nonché di 3 gruppi immaginari (“daniereani”, “pireneani” e “vallonesi”). Per quanto possa sembrare strano, gli studenti che avevano pregiudizi contro i gruppi etnici veramente esistenti trovarono altrettanto odiosi i “daniereani”, i “pireneani” e i “vallonesi”.
Come si manifesta il pregiudizio?
La persona prevenuta non è necessariamente ostile. Né è necessariamente come l’uomo che dichiara ipocritamente che ‘alcuni dei suoi migliori amici’ appartengono a questo o a quel gruppo, ma al quale ripugna l’idea di averli come vicini o come parenti acquisiti. Possono esserci vari gradi di preconcetto. Chi ha pregiudizi può avere amici di un’altra razza ma rivelare che ha ancora dei sentimenti di superiorità. Può mettere alla prova la loro pazienza facendo commenti di cattivo gusto in relazione alla razza. O anziché trattarli come suoi pari, potrebbe assumere un’aria condiscendente, comportandosi come se facesse loro un favore perché li tratta da amici.
Un altro modo in cui uno rivela di avere pregiudizi è quello di esigere da certuni un alto rendimento, pur non riconoscendo tutti i loro meriti. E se non riescono, potrebbe essere incline ad attribuire l’insuccesso a motivi di razza. O potrebbe condannare in una razza un tipo di comportamento tollerato nella propria. Ciò nondimeno, si offenderebbe tremendamente se qualcuno gli dicesse che lui è prevenuto, tanto inganna se stesso. È come disse una volta il salmista: “Ha agito troppo dolcemente verso se stesso per scoprire il suo errore in modo da odiarlo”. — Salmo 36:2.
“Già a quattro anni”
Ma come nascono i pregiudizi? A che età si comincia ad averli? Nella sua famosa opera intitolata The Nature of Prejudice (La natura del pregiudizio), lo psicologo Gordon W. Allport dà risalto alla tendenza della mente umana a “pensare con l’aiuto di categorie”. Lo si vede anche nei bambini piccoli. Imparano presto a distinguere fra uomini e donne, fra cani e gatti, fra alberi e fiori, sì, anche fra “negri” e “bianchi”. Contrariamente all’idea che i bambini non facciano caso al colore, i ricercatori sono d’accordo che quelli che hanno contatti con persone di altre razze cominciano presto a notare “le diverse caratteristiche fisiche come colore della pelle, fisionomia, tipo di capelli, ecc. I bambini . . . in genere già a quattro anni raggiungono la piena consapevolezza dell’esistenza di diverse razze”. — Rivista Parents, luglio 1981.
Ma il semplice fatto che i bambini notano queste differenze indica che abbiano pregiudizi? Non necessariamente. Un recente studio in merito a cui riferiva Child Development, comunque, afferma che “bambini di 5 anni cominciano l’asilo con chiare preferenze per i rapporti con compagni della stessa razza”. Anche più inquietante è il commento secondo cui “la tendenza dei bambini a scegliere compagni di giochi dello stesso colore aumenta durante l’anno in cui vanno all’asilo”. (Il corsivo è nostro). Altri ricercatori hanno similmente concluso che i bambini sono spesso consapevoli non solo delle differenze razziali, ma anche delle loro ripercussioni. Una bambina di quattro anni di nome Giovanna fece una volta questa agghiacciante osservazione: “Chi è bianco può andare su, chi è scuro deve andare giù”.
Come facciano i bambini a sviluppare queste idee preconcette è qualcosa che lascia perplessi i ricercatori. C’è però il forte sospetto che siano i genitori a influenzare i figli. È vero che pochi genitori ordineranno direttamente ai figli di non giocare con bambini di un’altra razza. Ciò nondimeno, se un bambino nota che i suoi genitori sono prevenuti verso qualcuno di un’altra razza o sono semplicemente a disagio quando si trovano in sua compagnia, potrebbe assumere anch’egli un atteggiamento negativo. Differenze culturali, l’influenza esercitata dai compagni e dagli strumenti di informazione e altri fattori possono quindi combinarsi per rendere più radicato questo pregiudizio.
Esperienze negative
Nel caso di alcuni però sembra che il pregiudizio sia un modo eccessivo di reagire a un’esperienza negativa. Una giovane donna accompagnò il marito in un viaggio di lavoro in Africa. Lì incontrò problemi. Ebbe l’impressione che alcuni avessero dei pregiudizi contro di lei sia come donna che come europea. Anche il modo di fare di alcuni ferì la sua sensibilità di europea. Soffermandosi sui problemi causati da alcuni finì per detestare tutti i negri.
Accadde la stessa cosa a uno studente proveniente dalle Antille che una ventina d’anni fa abitava negli Stati Uniti. Nonostante fosse ben vestito e gentile, in un ristorante si rifiutarono di servirlo e gli dissero: “Qui non serviamo gente come lei”. Non essendo mai stato oggetto di discriminazione razziale e ignaro delle tensioni razziali esistenti a quell’epoca, tentò di esigere il servizio, col risultato che venne immediatamente arrestato! Sebbene il sindaco della città ordinasse la sua scarcerazione e rimproverasse la polizia, questo episodio lo inasprì. Sono passati anni ma nutre ancora dell’animosità contro i bianchi.
In altri casi, come fa notare il libro The Nature of Prejudice, disprezzare gli altri sembra soddisfi l’insaziabile sete dell’uomo di migliorare la propria posizione sociale. Significa “pensare di sé più di quanto sia necessario”. (Romani 12:3) Possono anche essere creati miti di superiorità razziale per “giustificare” l’oppressione di un certo gruppo. Per esempio, durante gli anni della vergognosa tratta degli schiavi negli Stati Uniti, era comune dichiarare i negri mentalmente inferiori o esseri subumani. Queste idee erano così diffuse che perfino il presidente americano Thomas Jefferson, che criticòa apertamente la schiavitù, una volta espresse il “sospetto” che “i negri . . . siano inferiori ai bianchi in quanto a doti mentali e fisiche”. Benché la scienza abbia dimostrato che tali concetti sono insostenibili, il razzismo esiste ancora.
Perché? La ragione più fondamentale è chiaramente indicata nella Bibbia, sebbene i ricercatori non ne tengano conto. Si tratta di questo: “Ecco perché, come per mezzo di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e la morte per mezzo del peccato, e così la morte si estese a tutti gli uomini perché tutti avevano peccato”. (Romani 5:12) Il peccato ereditato ha deformato il modo di pensare dell’uomo e il suo modo di vedere le cose. Anziché affascinarlo o deliziarlo, le differenze producono in lui timore e incertezza. E anche dal cuore imperfetto di un piccolo bambino può uscire una spaventosa schiera di “malvagi ragionamenti” che si trasformano in pregiudizi deleteri. (Matteo 15:19) È dunque possibile vincere il pregiudizio?
[Nota in calce]
a Jefferson fu l’autore della Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti in cui è detto che “tutti gli uomini sono stati creati uguali”. In un’occasione definì la schiavitù “un cumulo di orrori”, ma possedeva egli stesso degli schiavi.
[Testo in evidenza a pagina 6]
Soffermandosi sui problemi causati da alcuni finì per detestare tutti quelli di un altro colore!
[Immagine a pagina 5]
Il pregiudizio può indurre gli uomini a sospettare gli uni degli altri
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Il pregiudizio si può vincere!Svegliatevi! 1985 | 8 marzo
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Il pregiudizio si può vincere!
I PREGIUDIZI, secondo il sociologo Frederick Samuels, “diventano un aspetto fondamentale della struttura della personalità dell’individuo . . . Riguardano il suo amor proprio, il concetto che ha di sé . . . Rinunciare a certi modi di pensare e all’immagine che si ha di certi gruppi sarebbe difficile come rinunciare a un braccio o a una gamba”.
Molti però suppongono che se solo si potessero indurre persone di diverse razze a lavorare insieme e a conoscersi, in qualche modo il pregiudizio sparirebbe. Purtroppo questo va bene in teoria ma non in pratica. A volte l’integrazione produce l’effetto contrario e accresce l’ostilità razziale. D’altra parte, prendiamo il caso di una scuola integrata che si trova nella parte meridionale degli Stati Uniti. Lì negri e bianchi studiano insieme in relativa pace. Non c’è più pregiudizio? Gli autori di Desegregated Schools: Appraisals of an American Experiment (Scuole dove la segregazione è stata abolita: valutazioni di un esperimento americano) osservano che gli studenti preferiscono ancora sedere insieme ad appartenenti alla propria razza e socializzare quasi esclusivamente con loro. “Segregazione informale”, la chiamano i ricercatori.
L’armonia fra le razze perciò è spesso poco più che coesistenza pacifica. Se le diverse razze devono imparare ad amarsi e a capirsi ci vorrà più che metterle a contatto le une con le altre. Ma cosa ci vuole? Le Nazioni Unite hanno fatto un debole tentativo indicendo la “Seconda conferenza mondiale per combattere il razzismo e la discriminazione razziale”. (1-13 agosto 1983) Ma com’era previsto, non ne son risultate altro che teorie e reboante retorica.
La razza e la nazionalità viste in una nuova luce
L’uomo non rinuncerà ai suoi modi di pensare e ai suoi pregiudizi profondamente radicati a meno che non abbia una potente motivazione per farlo. E molte migliaia di persone hanno acquistato tale motivazione studiando la Bibbia. Essa può toccare il cuore e spingere all’azione come nessun altro libro al mondo. “La parola di Dio è vivente ed esercita potenza”. (Ebrei 4:12) Supponete ad esempio di nutrire animosità verso persone di una certa razza o nazionalità. Se cominciaste a studiare la Bibbia, apprendereste subito che insegna che “Dio non bada all’aspetto esteriore dell’uomo”, ma che “in ogni nazione l’uomo che lo teme e opera giustizia gli è accettevole”. — Galati 2:6; Atti 10:34, 35.
Se accettate che Dio “ha fatto da un uomo ogni nazione degli uomini” siete costretti a rivedere quello che pensate delle persone di altre razze. (Atti 17:26) Come si possono considerare inferiori persone che hanno il colore della pelle, il tipo di capelli e la forma del naso e degli occhi diversi — che sono caratteristiche di razze diverse — se si è divenuti amici di Dio che ha creato da un uomo ogni nazione degli uomini?
Non si può negare che le diverse razze sembrano avere notevoli caratteristiche della personalità: buone e cattive. Ma la Bibbia avverte: “[Osservate] queste cose senza pregiudizio, non facendo nulla per favoritismo”. (I Timoteo 5:21) Il cristiano lascia pertanto che ciascuno “provi quale sia la propria opera” anziché giudicare i meriti di un uomo dal suo colore o dalla sua razza. — Galati 6:4.
L’apostolo Paolo, per esempio, notò che gli abitanti di Creta avevano la cattiva reputazione d’essere “bugiardi, dannose bestie selvagge, ghiottoni disoccupati”. (Tito 1:12) Ma ciò non significava che queste caratteristiche fossero in qualche modo innate o che esistessero in tutti i cretesi. Infatti Paolo ordinò a Tito di cercare a Creta uomini che seguissero superiori norme di comportamento e di affidare loro incarichi di responsabilità nella congregazione. — Tito 1:5.
Bisogna ammettere che a volte si è tentati di pensare che certi gruppi etnici abbiano determinate caratteristiche “nel sangue”. In un certo gruppo razziale, per esempio, possono esserci alcuni che sono sfaccendati e disoccupati. ‘Sono soltanto pigri’, conclude frettolosamente qualcuno. Il cristiano, però, prova compassione per le persone. Si rende conto che molte sono “mal ridotte e disperse” per colpa di questo mondo spietato e indifferente. (Matteo 9:36) In molti paesi infatti il pregiudizio razziale e le condizioni economiche precludono ad alcuni la possibilità di trovare un lavoro adatto! Perciò, quella che spesso sembra pigrizia è soltanto vera e propria disperazione. Costoro hanno bisogno di comprensione, non di aspre critiche.
Questo fa venire in mente il consiglio dell’apostolo Paolo di fare tutto con ‘modestia di mente, considerando che gli altri siano superiori a noi’. (Filippesi 2:3) Per accettare questo consiglio può essere necessario un radicale cambiamento di mentalità. Come nel primo secolo, molti si sentono “superiori” perché hanno un’istruzione secolare o un’elevata posizione sociale. Tuttavia Paolo rammentò ai cristiani del primo secolo che “Dio scelse le cose stolte del mondo . . . e le cose disprezzate”. (I Corinti 1:26-28) Queste persone modeste avevano un’umiltà e una sincerità che le rendevano “superiori” agli occhi di Dio. Si possono avere pregiudizi se si vedono le cose in questo modo?
Le vittime
Può darsi invece che siate stati per molto tempo vittime del pregiudizio e vi rendiate conto che pochi cercheranno veramente di vincere i loro preconcetti. La Bibbia può aiutarvi a capire che è inutile aspettarsi la giustizia nel presente distorto ordine sociale. “Ciò che è fatto curvo non si può fare diritto”, disse Salomone. (Ecclesiaste 1:15) Perciò Dio ha promesso di eliminare infine tutte le ingiustizie, e il fatto di saperlo può essere di grande conforto per voi! — Salmo 37:1-11; 72:12-14.
Ma per il momento può darsi dobbiate trovare i modi per combattere il pregiudizio. Reagendo all’intolleranza alcuni sviluppano un pregiudizio loro proprio, concludendo che tutti quelli di un’altra razza siano prevenuti. Diventano così troppo sensibili, offendendosi alla più innocente delle osservazioni. La Bibbia però avverte in Ecclesiaste 7:9: “Non t’affrettare nel tuo spirito a offenderti”. Imparate a dare ad altri il beneficio del dubbio e vi risparmierete molte irritazioni.
Rammentate inoltre che Gesù fu respinto varie volte dai suoi connazionali ebrei. Eppure incoraggiò i suoi discepoli ad avvicinare la gente con ottimismo. “Ovunque entriate in una casa”, disse Cristo, “dite prima: ‘Questa casa abbia pace’”. (Luca 10:5, 6) È meglio avvicinare la gente con la speranza e il desiderio di trovare pace che armarsi emotivamente per la guerra.
Ma che fare se siete vittime di un’ingiustizia, come quella coppia nigeriana a cui il padrone di un appartamento in Inghilterra aveva promesso di affittarglielo ma poi si era rimangiato la parola? (Alcuni si erano lamentati dicendo di non volere vicini negri). Che affronto alla dignità di una persona! La Bibbia mette ciò nondimeno in guardia contro il ‘provocarsi a vicenda’. (Galati 5:26, Garofalo) Di solito questo serve solo a rendere i pregiudizi e l’odio più radicati. E reagendo con ira non si fa altro che peggiorare una situazione già cattiva.
Gesù diede questo consiglio: “Non resistete a chi è malvagio; ma a chiunque ti schiaffeggia sulla guancia destra [agisce in modo oltraggioso verso di te], porgi anche l’altra”. Paolo aggiunge: “Non rendete a nessuno male per male . . . Se è possibile, per quanto dipende da voi, siate pacifici con tutti gli uomini. . . . Non vi fate vincere dal male, ma vincete il male col bene”. (Matteo 5:39-44; Romani 12:17-21) Per rispondere all’odio con la benignità ci vuole vera forza morale. Ma rifiutandovi di lasciare che l’intolleranza vi riempia di risentimento, vi dimostrate superiori.
Cercare il vantaggio altrui
Una sposa giamaicana imparò un’altra lezione su come vincere il pregiudizio. Quando i familiari del marito, che era africano, le si mostrarono più o meno ostili, cominciò a guardare le cose dal loro punto di vista. La donna rammenta: “Capii che si poteva accusare anche me di pregiudizio. Non volevo indossare i loro abiti, non mi piaceva quello che mangiavano e non facevo nessuno sforzo per imparare la loro lingua. Così decisi di tentar di imparare alcune espressioni nella loro lingua. Ogni volta che dicevo qualcosa nella loro lingua, rispondevano con entusiasmo: ‘Ah, adesso stai diventando una di noi!’”
Non c’è niente da perdere ma molto da guadagnare rispettando i lati buoni della cultura di altri. Perciò se venite da un paese dove la gente è di temperamento piuttosto vivace, fate qualche cambiamento se vi trasferite in un paese dove la gente tende a essere riservata. La Bibbia dice appropriatamente: “Ciascuno continui a cercare non il proprio vantaggio, ma quello altrui”. (I Corinti 10:23, 24, 31-33) Si ricordi che spesso alla base del pregiudizio ci sono l’egoismo e l’intolleranza.
Vinto il pregiudizio!
La Bibbia contiene pertanto molti consigli pratici che possono aiutare a combattere e vincere il pregiudizio. Non è sempre facile farlo, neppure per i devoti cristiani. Considerate quello che accadde qualche tempo fa durante un intervallo a un congresso dei testimoni di Geova. Una donna che portava un vassoio di cibo urtò contro una sedia e rovesciò la bevanda sulle gambe di un’altra donna. La cosa sarebbe potuta sembrare insignificante se non fosse stato per un fatto: una donna era negra, l’altra bianca.
Seguì un breve ma adirato scambio di parole che tradì la repressa animosità razziale. In circostanze normali sarebbe stato fuori discussione scusarsi! Uno degli astanti rammentò a queste due donne che erano cristiane. Sapevano che il pregiudizio era una cosa errata e che non potevano rimanere nel favore di Dio se non facevano pace. (I Giovanni 4:20) Fu davvero commovente vedere queste due donne che si abbracciavano piangendo e chiedevano scusa l’una all’altra. Soprattutto, dimenticarono l’episodio e si misero a conversare come vecchie amiche.
I testimoni di Geova hanno dunque fatto grandi passi avanti per eliminare i preconcetti. Appuratelo voi stessi. Ce ne sono letteralmente milioni che costituiscono una testimonianza vivente del fatto che la Parola di Dio è davvero potente, abbastanza potente da vincere perfino il pregiudizio.
[Testo in evidenza a pagina 8]
Come si possono considerare inferiori persone di razze diverse dal momento che Dio “ha fatto da un uomo ogni nazione degli uomini”?
[Testo in evidenza a pagina 10]
Per rispondere all’odio con la benignità ci vuole vera forza morale
[Testo in evidenza a pagina 10]
Rifiutandovi di lasciare che l’intolleranza vi riempia di risentimento, vi dimostrate superiori
[Immagine a pagina 9]
Studiando la Bibbia si è costretti a rivedere i propri sentimenti verso persone di altre razze
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Interventi al cuore senza trasfusioneSvegliatevi! 1985 | 8 marzo
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Interventi al cuore senza trasfusione
In occasione del 56º convegno annuale dell’Associazione Americana di Cardiologia, il dott. Jacob Bergsland ha parlato di un metodo che viene usato per eseguire interventi a cuore aperto su neonati e bambini senza fare ricorso a trasfusioni. Il metodo è stato “sviluppato in origine per i testimoni di Geova”, secondo il Daily News di New York. “Fa assegnamento in parte sugli sforzi meticolosi compiuti per ridurre al minimo la perdita di sangue durante l’operazione. Altrettanto importanti sono l’abbassamento della temperatura corporea del paziente per rallentare l’attività degli organi e l’emodiluizione”.
Con quest’ultima terapia viene introdotta nel sangue del paziente “una soluzione che si trova comunemente negli ospedali, composta di acqua sterile, minerali e amidi o altre sostanze nutritizie”, dice l’articolo. “Essa riduce la proporzione di globuli rossi portatori di ossigeno presenti nel sangue il che, purché non si esageri, esercita un effetto protettivo durante l’intervento”.
L’emodiluizione presenta altri vantaggi, come osserva il Daily News: “Anzitutto, il sangue trattato circola più facilmente del sangue non diluito; poi vi si può ricorrere quando il paziente ha un tipo di sangue raro, difficile da trovare o introvabile. Inoltre si evita il rischio di complicazioni che potrebbero sorgere se il sangue fosse poco compatibile o fosse, a nostra insaputa, contaminato dal virus dell’epatite o di altre malattie”.
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