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  • Dieci milioni di profughi: Chi li vuole?
    Svegliatevi! 1984 | 8 aprile
    • Dieci milioni di profughi: Chi li vuole?

      TRAN insegnava matematica. Ora lui, insieme a 1.900 altri, lottano per sopravvivere in un affollato campo profughi thailandese. L’ex insegnante ventisettenne dice che “vitto e condizioni igieniche tutt’altro che adeguati sono i problemi più grossi”.

      Alan era un profugo d’altro genere. Era fuggito dalla sua isola caribica a causa dell’economia in dissesto e del governo duro. Il pericoloso viaggio verso gli Stati Uniti — oltre 1.100 chilometri di traversie — si concluse in un campo di prigionia.

      Dalla seconda guerra mondiale oltre 40 milioni di persone hanno subìto questa sorte. Si sono faticosamente trascinate sulle sabbie brucianti del deserto, si sono aperte un varco nelle foreste e sono state sballottate dal mare in tempesta sulle loro piccole barche sconquassate. Migliaia sono morte prima di arrivare a destinazione. Altre migliaia hanno subito l’affronto d’essere assiepate in luoghi che somigliavano paurosamente ai campi di concentramento della seconda guerra mondiale. Secondo gli esperti nel 1982 c’erano oltre dieci milioni di profughi nel mondo!

      Il modo in cui il mondo ha reagito finora a questa inquietante realtà lascia molto a desiderare. Fondi scarsi e realtà politiche ostacolano seriamente i tentativi di soccorso. E sebbene la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo riconosca agli individui il diritto di ‘chiedere e ricevere asilo’, ci sono poche garanzie che il paese in cui fuggono glielo concederà sul serio.

      Non tutti inoltre sono considerati profughi legittimi. Il termine si applica in genere solo a coloro che fuggono dal paese nativo a causa di persecuzione politica, razziale o religiosa. Con questa definizione, però, coloro che fuggono per sottrarsi a difficili condizioni economiche o a calamità naturali potrebbero non essere considerati profughi, ma ricevere lo sprezzante appellativo di “stranieri illegali”.

      Chi vuole dunque i senzatetto del mondo? Non sono molti a volerli. Il loro inserimento in un paese straniero con una lingua e una cultura diverse può essere traumatico per tutti gli interessati. I profughi, inoltre, non hanno in molti casi le specializzazioni necessarie per trovare lavoro. Coloro che le hanno sono spesso visti di malocchio perché sottraggono i posti ai residenti. Quindi molti preferiscono semplicemente ignorare la sorte dei profughi considerandolo un problema che dev’essere risolto dai burocrati del governo. Ma come vedremo non è una cosa da ignorare.

  • Un frutto dei nostri tempi travagliati
    Svegliatevi! 1984 | 8 aprile
    • Un frutto dei nostri tempi travagliati

      IL PROBLEMA dei profughi non è una cosa nuova. Gli alti e bassi della storia hanno spesso provocato massicci spostamenti di popolazione dai rispettivi paesi. La popolazione dell’Europa, per esempio, è in gran parte il risultato di migrazioni successive allo sfacelo dell’impero romano. Si potrebbe comunque pensare che questi tragici spostamenti di umanità siano una cosa del passato. Invece un ex componente dell’Alto Commissariato per i profughi sotto l’egida dell’ONU ha di recente fatto notare che l’“esodo in massa sta diventando una tragica e costante caratteristica dei nostri tempi”. Perché?

      L’era dei profughi

      Come prediceva la Bibbia, dal 1914 la pace è stata tolta dalla terra. (Rivelazione 6:4) Gli spari che contrassegnarono l’inizio della prima guerra mondiale diedero il via a radicali cambiamenti sociali, politici ed economici. Lo scoppio di una seconda guerra mondiale sottolineò questo fatto, lasciandosi dietro circa 11 milioni di profughi in Europa.

      Dopo la seconda guerra mondiale i tentativi di soccorso mirarono soprattutto a dare una nuova sistemazione a questa gente che era rimasta senza patria. Ma la guerra aveva anche fatto suonare la campana a morto per il colonialismo. In tutta l’Asia e l’Africa sorgevano nuove nazioni, la cui “indipendenza” era stata ottenuta a costo di spargimenti di sangue e del caos socioeconomico. Migliaia di europei furono cacciati dai paesi di adozione. Gli sconvolgimenti politici interni provocarono anche l’esodo di migliaia di residenti locali. E questa situazione perdura ancor oggi. Negli scorsi sei anni un milione di etiopi sono fuggiti dal loro paese a causa della guerra e della siccità. Ben più di un quarto di milione di abitanti dello Zimbabwe sono fuggiti dal 1972 al 1979 a causa delle lotte interne.

      Anche Asia e America Centrale e Meridionale sono state teatro di massicce migrazioni a causa di cambiamenti politici. Nel 1947, per esempio, l’India ottenne l’indipendenza dalla Gran Bretagna. Ma la successiva spartizione di questo vasto subcontinente in India e Pakistan, religiosamente divisi, scatenò un bagno di sangue di proporzioni nazionali. Indù e musulmani di entrambi i paesi cercarono scampo nei rispettivi territori. Fu uno dei più grandi “scambi” di popolazione della storia, che coinvolse diciotto milioni di persone. Ben il 10 per cento di questi profughi furono uccisi o morirono di fame e di esaurimento prima di arrivare nella nuova patria. Anche la spartizione della Corea in Corea del Nord e del Sud diede luogo a un esodo di profughi, 1.800.000. E oggi la Thailandia deve ospitarne quasi 200.000 che sono fuggiti da Cambogia, Vietnam e Laos a causa della guerra.

      Questi massicci trasferimenti di popolazione sono soltanto un’indicazione del fatto che i problemi che affliggono l’umanità dal 1914 sfuggono al controllo! Come ulteriore prova di ciò, considerate coloro che oggi emigrano per motivi economici.

      Non sono più graditi?

      “VIA I TURCHI”, diceva il cartello scritto a mano, un indice della crescente ostilità dei tedeschi verso il milione e quattrocentomila e più immigrati turchi. E questo malgrado il fatto che si erano recati in Germania dietro suo invito! La loro sorte è un esempio tipico di un altro movimento di profughi: quei profughi che cercano rifugio in altri paesi per motivi economici. Essi non se ne vanno necessariamente per sottrarsi a un governo oppressivo o alla persecuzione religiosa, per cui non sono considerati profughi nel senso proprio del termine. Essi fuggono per sottrarsi a un’economia in rovina, alla disoccupazione, all’inflazione intollerabile, anche alla fame. Come i profughi veri e propri, molto spesso sono osteggiati dalla nazione in cui decidono di rifugiarsi.

      Questo ci fa venire in mente una situazione che si creò molto tempo fa in Egitto. Si rammenti che gli israeliti erano andati inizialmente in Egitto come ‘residenti forestieri’ quando la carestia li aveva costretti a cercare viveri in quella nazione. Faraone, in debito verso l’israelita Giuseppe che aveva predetto la carestia e fatto preparativi in previsione d’essa, invitò gli israeliti a risiedere in Gosen. (Genesi, capitoli 41, 42 e 47) Ma non furono graditi a lungo.

      “Crescente ostilità verso i profughi”

      La diversità di lingua, cultura e religione acuì le tensioni fra israeliti ed egiziani. I contadini egiziani erano particolarmente irritati per il fatto che i greggi degli israeliti sfruttavano il suolo. Poi ci fu un cambiamento di governo in Egitto. Gli israeliti si trovarono all’improvviso schiavi proprio di coloro che si erano mostrati loro amici. — Esodo 1:8-11.

      Anche oggi, nei periodi di prosperità, gli stranieri sono spesso graditi, poiché in molti casi sono disposti a fare lavori che i residenti locali disdegnano. L’Europa, per esempio, ha circa dodici milioni e mezzo di lavoratori immigrati. Però Business Week diceva: “Due anni e mezzo di lento sviluppo economico, il declino delle principali industrie pesanti, e ora l’automazione nelle fabbriche fanno scarseggiare i posti di lavoro, e i lavoratori stranieri che hanno un posto sono sempre più oggetto di pressioni razziali”.

      Negli Stati Uniti la tensione è acuita dal fatto che molti sono entrati illegalmente nel paese in cerca di lavoro. Si calcola che dal 1972 siano immigrati illegalmente 40.000-50.000 haitiani. E anche dal Messico, dove l’economia ristagna, affluiscono ogni giorno altre migliaia di profughi alla disperata ricerca di lavoro.

      Ma il massiccio afflusso di profughi — sia quelli che si possono veramente chiamare tali che quelli che emigrano per ragioni economiche — sottopone a estremo sforzo le risorse e la tolleranza nazionale. La rivista Time, per esempio, parlando degli Stati Uniti menzionava “una crescente ostilità verso i profughi . . . a causa della crisi in cui si dibatte l’economia e dei diminuiti programmi sociali”. Molte altre nazioni stanno chiudendo le porte all’immigrazione.

      I recenti avvenimenti della Nigeria illustrano come gli immigrati possono improvvisamente diventare sgraditi.

      [Immagine a pagina 6]

      Molti di quelli che entrano illegalmente in un paese sono persone in cerca di lavoro

  • La Nigeria scarica il suo “peso”
    Svegliatevi! 1984 | 8 aprile
    • La Nigeria scarica il suo “peso”

      Dal corrispondente di “Svegliatevi!” in Nigeria e nel Ghana

      “L’ESODO degli indesiderati”. “I reietti della Nigeria: il crudele esodo”. Con titoli sensazionali, la stampa internazionale richiamò l’attenzione del pubblico su uno dei più massicci spostamenti di popolazione nella storia dell’Africa. Non si trattava del trionfante esodo di un popolo liberato né di una fuga sotto l’incubo dell’oppressione o della guerra. Si trattava dell’esodo di quasi due milioni di persone, costrette ad andarsene per ordine del governo nigeriano.

      Il petrolio e la Comunità dell’Africa Occidentale

      Nel 1975 la Nigeria si era in gran parte ripresa dalle devastazioni della guerra civile divenendo uno dei maggiori produttori di petrolio. La nuova ricchezza derivatale dal petrolio le diede crescente potere finanziario e un ruolo politico fra le nazioni. La Nigeria fu quindi la principale promotrice della C.E.D.E.A.O. (Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale) costituita nel maggio del 1975. Lo scopo? Erigere le strutture per la cooperazione commerciale ed economica. Come risultato i cittadini della C.E.D.E.A.O. potevano visitare le nazioni membri per un periodo massimo di tre mesi senza bisogno di visto.

      Si spalancarono così le porte all’immigrazione. “Tutte le strade portavano alla Nigeria”, la nazione più ricca e più popolosa della Comunità. Stranieri provenienti da Ciad e Ghana attraversavano i posti di blocco del Servizio immigrazione nigeriano al ritmo di 3.000 al giorno in certi casi! Il numero maggiore, comunque, era costituito da quelli che impercettibilmente, di soppiatto — e illegalmente — attraversavano le frontiere non controllate del paese. In linea di massima, però, i nigeriani accoglievano bene gli immigranti, che costituivano una manodopera più o meno qualificata, a buon mercato, e accettavano posti che i nigeriani non volevano. Ma come avviene con qualsiasi immigrazione massiccia, c’erano moltissimi indesiderabili. Quindi non passò molto che sorsero problemi.

      Gli immigrati diventano un “peso”

      Nel 1978 l’afflusso di immigranti era già causa di preoccupazione. Molti pensavano che la manodopera straniera aggravasse il problema della disoccupazione fra i nigeriani. Secondo la stampa nigeriana, nel 1980, e di nuovo nel 1982, i tumulti religiosi fomentati da immigranti illegali provocarono la morte di migliaia di persone. Immigrati disoccupati formarono bande armate che rapinavano, uccidevano e violentavano cittadini innocenti. Migliaia di immigrate praticavano la prostituzione. Aggressivi mendicanti stranieri — uomini, donne e bambini — divennero una seccatura.

      Alcuni perciò temevano per la sicurezza sociale e politica della nazione. Nel 1980 cominciarono a parlare apertamente contro gli “immigranti illegali” e gli “stranieri indesiderati”. In risposta, nel 1981 il governo nigeriano chiese a tutti gli africani non nigeriani residenti nel paese di registrarsi presso gli uffici dell’immigrazione. Si fece poco, comunque, perché questa norma venisse rispettata.

      Giunse poi il 1982. Il mercato internazionale del petrolio era saturo e questo, insieme all’inflazione, provocò la recessione economica in Nigeria. Il Daily Times di Lagos si espresse in questi termini: “Il deprimente quadro dell’economia fu per il Governo federale il segno che la Nigeria non poteva più fare la parte di ‘babbo natale’”. Quindi tutti coloro che erano arrivati sull’onda della prosperità economica derivata dal petrolio sarebbero stati presto costretti ad andarsene sull’onda della recessione economica.

      L’esodo

      Quando il 17 gennaio 1983 il governo emanò l’ordine di “partire” — erano concesse a tutti gli immigrati illegali due settimane per regolarizzare la loro posizione o andarsene — nessuno fu dunque sorpreso. I padroni di casa nigeriani diedero lo sfratto agli inquilini immigrati e i datori di lavoro licenziarono i lavoratori immigrati. Di conseguenza la maggioranza degli stranieri non registrati fece fagotto in fretta. Poco tempo prima un ghaneano aveva detto agli amici che se ne sarebbe andato dalla Nigeria solo se gli avessero puntato contro un fucile. “Sarà lo stesso una marcia di rientro lenta”, disse. Ma man mano che l’esodo diventava più frenetico la sua predetta ‘marcia lenta’ si trasformò in galoppo.

      Partirono a centinaia di migliaia, stipandosi dentro miniautobus e autocarri in cui avevano ammucchiato i loro eterogenei averi, congestionando le strade e affollando il porto marittimo e l’aeroporto internazionale di Lagos. Ma dove potevano andare? La frontiera del Ghana era chiusa. Anche Benin e Togo chiusero le frontiere per timore che centinaia di migliaia di ghaneani rimanessero intrappolati nei loro paesi. Finché questo problema non fu risolto, le folle in attesa, inclusi bambini e donne incinte, soffrirono la fame e vissero in condizioni non igieniche. Naturalmente le autorità del Benin e del Togo fecero il possibile per venire in loro aiuto. Il 29 gennaio 1983, comunque, le frontiere del Ghana furono aperte. Il mondo poteva ora assistere a uno spettacolo straordinario mentre le ondate di umanità affluivano nel Benin, attraverso il Togo, entravano nel Ghana e proseguivano oltre.

      Il Ghana aveva già costituito una speciale unità operativa per far fronte a questa massiccia affluenza di gente. Gli spaziosi terreni della sede della Fiera Commerciale di Accra, nel quartiere di Labadi, vennero destinati a centro di raccolta per coloro che arrivavano per strada e via mare. La domenica mattina, però, il complesso della Fiera era congestionato e si dovettero aprire vari altri centri. Venne rivolto un urgente appello ai proprietari di automobili di prestare le loro vetture al governo perché le usasse nelle operazioni di evacuazione. Sorprendentemente, i rimpatriati vennero distribuiti in maniera così efficiente in tutte le parti del Ghana che non fu neppure necessario aprire campi profughi.

      Ciascun rimpatriato aveva una storia da raccontare. Un ghaneano riuscì a raggiungere Aflao, una città di confine, e si chiedeva come avrebbe fatto ad arrivare ad Accra. All’improvviso sentì un grande scompiglio e vide lanciare dei pani da un furgone in lento movimento, mentre la gente si precipitava ad afferrarli al volo. Partito di lì si avviò a piedi verso Accra ma venne costretto a tornare ad Aflao dove si stava ingaggiando una lotta frenetica per salire sugli autobus. Vide subito un autocarro pieno bloccato in mezzo al traffico. “Raccolsi le poche forze che mi rimanevano”, disse, “lanciai la mia borsa da viaggio sull’autocarro e cominciai lentamente ad arrampicarmici. Fui profondamente grato della ferma spinta che mi diede qualcuno dietro di me e che mi permise di salire sull’autocarro. Eravamo un centinaio lì sopra e dopo tre ore di disagevole viaggio arrivammo ad Accra”.

      L’avversità fa nascere a volte uno spirito di cameratismo. Alcuni rimpatriati divisero i viveri con dei completi sconosciuti. Quelli più forti aiutarono i più deboli a procurarsi da mangiare. All’aeroporto alcuni divisero anche il denaro con altri viaggiatori. Ma l’avversità può anche generare crudeltà. Un uomo affamato si vide portar via il cibo sotto la minaccia di un coltello. Una donna che trasportava un cesto di viveri a un centro di raccolta non poté neppure consegnarlo, perché rimpatriati affamati glielo strapparono velocemente di mano.

      Anche agli aeroporti e ai porti marittimi moltitudini di persone dovettero attendere in condizioni disagiate finché non poterono salire sulle navi e sugli aerei per essere portati via. Molti caddero in acqua, e almeno una persona annegò mentre la folla faceva ressa nel tentativo di salire sulle navi. I rimpatriati, però, formarono subito una squadra di salvataggio. E a ogni salvataggio riuscito si levava dalla folla — nigeriani e ghaneani — un fragoroso applauso. Infine partirono, stipati come sardine.

      Le conseguenze

      È stato detto che si è trattato di un esodo crudele, e sotto certi aspetti è vero. Molti ritengono che l’ordine di partenza sia stato troppo improvviso e che il periodo di due settimane fosse troppo breve. Tuttavia i commentatori nigeriani ci rammentano che gli stranieri illegali avevano ricevuto istruzioni di regolarizzare la loro posizione molto tempo prima e che il provvedimento ha colpito solo quelli che non avevano ubbidito alle istruzioni. E le autorità nigeriane hanno cercato di ridurre al minimo i disagi per gli stranieri costretti ad andarsene. È stato loro permesso di portar via i beni e il denaro guadagnato. È stata data una certa assistenza medica. L’Associazione nigeriana dei proprietari di mezzi di trasporto ha offerto l’uso gratuito di 200 roulotte per raccogliere gli sfollati da ogni parte del paese. E molti hanno aiutato personalmente qualcuno offrendogli denaro. Inoltre i nigeriani affermano che la tensione si è già allentata in quanto ora ci sono maggiori opportunità di trovare lavoro e alloggio.

      Nondimeno il provvedimento della Nigeria ha senz’altro guastato le relazioni internazionali. E togliendosi il peso di dosso, la Nigeria scaricava un pesante fardello sociale ed economico su paesi molto più poveri. Solo il Ghana ha ora oltre un milione di nuove bocche da sfamare e ha rivolto un appello internazionale, a cui hanno risposto vari paesi e organizzazioni stranieri, i quali hanno inviato aiuti materiali e in denaro a Ghana, Togo e Benin. Anche la Nigeria ha stanziato un milione di dollari per gli aiuti.

      Che futuro hanno questi rimpatriati? Che li chiamiate profughi, deportati o stranieri illegali sfrattati, la loro difficile situazione sottolinea in maniera drammatica gli sconcertanti e insolubili problemi che i capi del mondo devono affrontare: un grave capo d’accusa per un mondo che non riesce più ad aver cura dei suoi abitanti.

      [Immagine a pagina 9]

      Che futuro ha questa gente?

  • Chi avrà cura dei profughi?
    Svegliatevi! 1984 | 8 aprile
    • Chi avrà cura dei profughi?

      ‘SPEZZA il tuo pane all’affamato e fa venire l’afflitto, senzatetto, nella tua casa’. Così disse Dio per bocca del profeta Isaia a coloro che erano molto zelanti nel celebrare riti religiosi ma insensibili verso il prossimo. (Isaia 58:7) Oggi, però, poche nazioni potrebbero o vorrebbero fare una cosa del genere. Vittime dell’egoismo o di pregiudizi culturali, razziali e religiosi, chiudono non solo ‘la porta delle loro tenere compassioni’ ma anche i loro confini nazionali gelosamente sorvegliati. (I Giovanni 3:17) Tuttavia il problema non sparisce chiudendo insensibilmente gli occhi alla triste sorte di milioni di persone. Finché ci saranno lotte politiche, finché ci sarà oppressione, finché ci saranno fame e povertà, ci saranno anche profughi. Cosa si può dunque fare?

      Un governo mondiale: la vera soluzione

      L’unica vera soluzione è quella di cambiare il governo del mondo. E con questo non intendiamo qualche cambiamento politico che probabilmente provocherebbe altri milioni di profughi. Ci riferiamo invece alla promessa della Bibbia secondo cui Dio, mediante Cristo, subentrerà nell’amministrazione della terra. (Matteo 6:10) Vi sembra incredibile?

      Non quando si pensa che Dio si interessa personalmente del futuro della terra. Egli è “il vero Dio, il Formatore della terra e il suo Fattore, Colui che la stabilì fermamente, che non la creò semplicemente per nulla, che la formò pure per essere abitata”. (Isaia 45:18) Al tempo da lui fissato interverrà e priverà i governi terreni del loro potere riducendoli in rovina. — Daniele 2:44.

      Questo dominio celeste avrà effetti sbalorditivi sulla terra. Guerre e armi belliche saranno eliminate. (Salmo 46:8-11) Sarà provveduta “gran quantità di grano” per sfamare tutta la popolazione terrestre. (Salmo 72:16) E non ci saranno più senzatetto. Gli abitanti della terra “per certo edificheranno case e le occuperanno”. (Isaia 65:21) Nessuno si sentirà mai obbligato a fuggire dal benevolo dominio di Dio!

      Fra i testimoni di Geova è già evidente l’influenza che il Regno esercita sulla loro vita. Tanto per cominciare, l’amore per il prossimo fa parte della loro adorazione. (Matteo 19:19) Durante il recente esodo dalla Nigeria i testimoni di Geova del Ghana hanno fatto la loro parte per dare da mangiare ai rimpatriati e provvedere loro una sistemazione per la notte.

      Ma anche se tali sforzi umanitari producono buoni risultati, i testimoni di Geova sanno che si compie un bene molto più duraturo aiutando altri ad acquistare conoscenza del Regno di Dio e ad aver fede in esso. Dio “asciugherà ogni lagrima dai [nostri] occhi”. (Rivelazione 21:4) E mai più fra gli uomini ci saranno profughi e le sofferenze che questo problema causa.

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