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PalmaAusiliario per capire la Bibbia
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e molto fruttifera, la palma era inoltre un appropriato simbolo del “giusto” ‘piantato nei cortili di Geova’. — Sal. 92:12, 13.
L’uso di foglie di palma da parte della folla che acclamò Gesù quale “re d’Israele” (Giov. 12:12, 13) voleva evidentemente simboleggiare le loro lodi e anche la loro sottomissione alla sua posizione regale. La “grande folla” di Rivelazione 7:9 è similmente raffigurata con foglie di palma in mano, nell’atto di attribuire la salvezza a Dio e all’Agnello. — Riv. 7:10.
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PalmoAusiliario per capire la Bibbia
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Palmo
Misura di lunghezza, corrispondente più o meno alla larghezza della palma della mano alla base delle dita. Si calcola che il palmo misurasse cm 7,5 circa; quattro dita equivalevano a un palmo e sei palmi a un cubito. (Eso. 25:25; 37:12; I Re 7:26; II Cron. 4:5; Ezec. 40:5, 43; 43:13) Secondo il Salmo 39:5, Davide disse: “Hai reso i miei giorni proprio poco numerosi”. Più aderente al testo masoretico è la traduzione: “Hai ridotto i miei giorni alla lunghezza di qualche palmo” (VR). Cristo Gesù usò in modo simile il termine cubito: “Chi di voi può, essendo ansioso, aggiungere un cubito alla durata della sua vita?” — Matt. 6:27.
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Palo di torturaAusiliario per capire la Bibbia
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Palo di tortura
Strumento come quello su cui fu messo a morte Gesù Cristo. (Matt. 27:32-40; Mar. 15:21-30; Luca 23:26; Giov. 19:17-19, 25) Nel greco classico il sostantivo (stauròs) reso “palo di tortura” nella Traduzione del Nuovo Mondo indica principalmente un’asta o palo diritto, e non c’è nessuna prova che gli scrittori delle Scritture Greche Cristiane lo usassero per indicare un palo con un braccio trasversale (Int, pp. 1155-1157). — Vedi PALO, METTERE AL.
Nel libro The Non-Christian Cross (pp. 23, 24) John Denham Parsons afferma: “In nessuno dei numerosi scritti che formano il Nuovo Testamento esiste una sola frase che, nel greco originale, costituisca anche una prova indiretta che lo stauros usato nel caso di Gesù fosse altro che un ordinario stauros; tanto meno che consistesse non di un solo pezzo di legno, ma di due inchiodati insieme a forma di croce.
“... non poco capzioso da parte dei nostri insegnanti è il tradurre il termine stauros ‘croce’ per rendere nella nostra lingua i documenti greci della Chiesa, e il sostenere tale azione inserendo ‘croce’ nei nostri dizionari quale significato di stauros senza spiegare bene che tale non era affatto il significato principale del termine all’epoca degli Apostoli, non diventò il significato principale che molto tempo dopo, e diventò tale, se mai, solo perché, nonostante l’assenza di ulteriori prove, per una ragione o per l’altra si presumeva che il particolare stauros su cui fu messo a morte Gesù avesse quella particolare forma”.
PERCHÉ GESÙ DOVETTE MORIRE SU UN PALO
Quando Geova Dio diede la sua legge agli israeliti, essi si impegnarono a osservarla. (Eso. 24:3) Tuttavia, essendo discendenti del peccatore Adamo, non erano in grado di osservarla alla perfezione. Per questa ragione vennero a trovarsi sotto la maledizione della Legge. Per allontanare da loro quella particolare maledizione, Gesù doveva essere appeso a un palo come un criminale maledetto. A questo proposito l’apostolo Paolo scrisse: “Tutti quelli che dipendono dalle opere della legge sono sotto una maledizione; poiché è scritto: ‘Maledetto chiunque non persevera in tutte le cose scritte nel rotolo della Legge per farle’.... Cristo ci liberò mediante acquisto dalla maledizione della Legge, divenendo una maledizione invece di noi, perché è scritto: ‘Maledetto ogni uomo appeso a un palo”. — Gal. 3:10-13, NW.
USO FIGURATIVO
“Palo di tortura” a volte sta per sofferenze, vergogna o tortura subite perché si é seguaci di Gesù Cristo. Infatti Gesù disse: “Chi non accetta il suo palo di tortura e non mi segue non è degno di me”. (Matt. 10:38; 16:24; Mar. 8:34; Luca 9:23; 14:27) L’espressione “palo di tortura” è usata anche per indicare la morte di Gesù al palo, per mezzo della quale sono possibili la redenzione dal peccato e la riconciliazione con Dio. — I Cor. 1:17, 18.
La morte di Gesù sul palo di tortura permise di abolire la Legge, che separava gli ebrei dai non ebrei. Quindi, accettando la riconciliazione resa possibile dalla morte di Gesù, sia gli ebrei che i non ebrei potevano diventare “un corpo a Dio mediante il palo di tortura”. (Efes. 2:11-16; Col. 1:20; 2:13, 14) Questo diventò una pietra d’inciampo per molti ebrei, i quali insistevano che la circoncisione e l’osservanza della Legge mosaica fossero indispensabili per avere l’approvazione di Dio. Per questo l’apostolo Paolo scrisse: “Fratelli, se predico ancora la circoncisione, perché sono ancora perseguitato? Quindi, in realtà, la pietra d’inciampo del palo di tortura è stata abolita”. (Gal. 5:11) “Tutti quelli che vogliono avere una piacevole apparenza nella carne son quelli che cercano di costringervi a farvi circoncidere, solo per non essere perseguitati per il palo di tortura del Cristo, Gesù. Non sia mai che io mi vanti, se non del palo di tortura del nostro Signore Gesù Cristo, per mezzo del quale il mondo è stato messo al palo per me e io per il mondo”. (Gal. 6:12, 14, NW) Poiché professava che la morte di Gesù sul palo di tortura era l’unico mezzo per avere la salvezza, Paolo fu perseguitato dagli ebrei. In conseguenza di tale confessione il mondo era per l’apostolo come qualcosa messo al palo e condannato a morte, dato che il mondo lo considerava con odio, come un criminale messo al palo.
Coloro che avevano abbracciato il cristianesimo, ma poi tornavano a vivere in modo immorale, si dimostravano “nemici del palo di tortura del Cristo”. (Filip. 3:18, 19) Le loro azioni dimostravano che non avevano apprezzamento per i benefici risultanti dalla morte di Gesù su un palo di tortura. Essi avevano “calpestato il Figlio di Dio” e ‘stimato di valore comune il sangue del patto mediante il quale erano stati santificati’. — Ebr. 10:29.
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Palo, mettere alAusiliario per capire la Bibbia
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Palo, mettere al
La vittima veniva messa al palo viva o morta. L’esecuzione di Gesù Cristo è il caso più noto. (Luca 24:20; Giov. 19:14-16; Atti 2:23, 36) Nell’antichità le nazioni infliggevano questa pena in modi diversi.
Gli assiri, noti per la loro crudeltà in guerra, mettevano al palo i prigionieri appendendoli nudi in cima a pali appuntiti conficcati nell’addome e nella cassa toracica delle vittime. Sono stati rinvenuti diversi bassorilievi, uno dei quali rappresenta l’attacco e la conquista di Lachis da parte degli assiri, e mostra un supplizio del genere. — II Re 19:8.
Anche i persiani usavano mettere al palo come forma di punizione. Alcuni dicono che i persiani di solito prima decapitavano o scorticavano quelli che mettevano al palo. Dario il Grande vietò qualsiasi interferenza nella costruzione del tempio di Gerusalemme: chi avesse violato tale decreto doveva essere appeso a una trave tolta dalla sua stessa casa. (Esd. 6:11) Durante il regno di suo figlio, Assuero (Serse I), due portinai del palazzo furono appesi o messi al palo, normale punizione inflitta dai persiani ai traditori. (Est. 2:21-23) Aman e i suoi dieci figli furono in modo simile appesi a un palo. (Est. 5:14; 6:4; 7:9, 10; 9:10,13,14,25) Pure Erodoto (Storie, Libro III, 125, 159; IV, 43) cita altri casi di questa punizione inflitta dai persiani.
Secondo la legge ebraica i colpevoli di crimini nefandi come bestemmia o idolatria venivano prima messi a morte mediante lapidazione, decapitazione o in qualche altro modo, poi i loro cadaveri venivano esposti su pali o alberi come esempio ammonitore per gli altri. (Deut. 21:22, 23; Gios. 8:29; 10:26; II Sam. 21:6, 9) Può darsi che anche gli egiziani uccidessero i criminali prima di metterli al palo, com’è indicato dalle parole profetiche di Giuseppe al capo panettiere del faraone: “Faraone ti alzerà la testa di dosso e per certo ti appenderà a un palo”. — Gen. 40:19, 22; 41:13, NW.
I greci e i romani, si dice, adottarono dai fenici l’usanza di mettere al palo, usanza che rimase in vigore nell’impero fino ai giorni di Costantino. Molto raramente un cittadino romano veniva messo al palo, dato che tale punizione di solito era riservata agli schiavi e ai più abietti criminali. Sia gli ebrei che i romani lo consideravano un segno di umiliazione e vergogna, riservato a quelli che erano maledetti. — Deut. 21:23; Gal. 3:13; Filip. 2:8.
Nel I secolo, ammesso che gli ebrei avessero il diritto di mettere qualcuno al palo per motivi religiosi (cosa alquanto dubbia), certo non lo potevano fare per reati civili: solo un funzionario romano come Ponzio Pilato aveva tale autorità. (Giov. 18:31; 19:10) Tuttavia gli ebrei, e in particolare i capi sacerdoti e i governanti, furono i principali responsabili di aver fatto mettere Cristo al palo. — Mar. 15:1-15; Atti 2:36; 4:10; 5:30; I Cor. 2:8.
I romani a volte legavano la vittima al palo, nel qual caso poteva sopravvivere per diversi giorni prima che la sua resistenza fisica fosse fiaccata dalla sofferenza della tortura, della sete, della fame e dell’esposizione al sole. Come avvenne nel caso di Gesù, era comune presso i romani inchiodare al palo le mani (e probabilmente anche i piedi) dell’imputato. (Giov. 20:25, 27; Luca 24:39; Sal. 22:16, NW, nota in calce; Col. 2:14) Dato che il polso è sempre stato considerato parte della mano dagli anatomisti, alcuni medici ritengono che i chiodi venissero conficcati tra gli ossicini del polso per evitare la lacerazione che avrebbe potuto verificarsi se fossero stati conficcati nella palma. — Vedi Arizona Medicine, marzo 1965, p. 184.
La storia non dice se i malfattori messi al palo accanto a Gesù furono inchiodati o semplicemente legati al palo. Se furono solo legati, questo potrebbe spiegare perché, quando si trovò che Gesù era morto, essi erano ancora in vita e si dovettero spezzare loro le gambe. (Giov. 19:32, 33) Dopo la rottura delle gambe subentrò quasi subito la morte per soffocamento dato che, come ritengono alcuni, non potevano sollevarsi per alleviare la tensione dei muscoli del torace. Naturalmente, questo non è un argomento determinante circa il perché i malfattori sopravvissero a Gesù, infatti non avevano subito la tortura mentale e fisica inflitta a lui. Gesù aveva già subito per tutta la notte una prova durissima per mano dei suoi nemici, oltre a essere stato flagellato dai soldati romani, forse al punto di non essere in grado di portare il suo stesso palo di tortura, come era consuetudine. — Mar. 14:32-15:21; Luca 22:39-23:26.
L’ESECUZIONE DI GESÙ
Quasi tutte le traduzioni della Bibbia dicono che Cristo fu “crocifisso” anziché “messo al palo”. Questo a motivo della comune credenza che lo strumento di tortura a cui fu appeso fosse una “croce” fatta di due pezzi di legno e non un unico palo. La tradizione, non le Scritture, dice inoltre che il condannato portava solo il braccio trasversale della croce, chiamato patibulum o antenna, anziché le due parti. In questo modo alcuni cercano di evitare la difficoltà che il peso sarebbe stato eccessivo per farlo trascinare o portare a un uomo solo per mezzo chilometro dalla fortezza Antonia al Golgota.
Ma cosa ebbero a dire al riguardo gli stessi scrittori della Bibbia? Essi hanno usato il sostantivo greco stauròs ventisette volte e i verbi stauròo quarantaquattro volte, systauròo (il prefisso sy [syn] significa “con”) cinque volte, e anastauròo (anà significa “di nuovo”) una volta. Inoltre hanno usato il sostantivo greco xỳlon, che significa legno, cinque volte in riferimento allo strumento di tortura su cui fu inchiodato Gesù.
Stauròs sia nella lingua greca classica che nella koinè non dà affatto l’idea di una “croce” fatta di due pezzi di legno. Significa solo un palo diritto, come quelli che si potrebbero usare per fare un recinto, uno steccato o una palizzata. Nel New Bible Dictionary (1962, p. 279), alla voce “croce”, J. D. Douglas dice: “Il termine gr. per ‘croce’ (stauros, verbo stauròo) significa principalmente trave o palo diritto, e secondariamente un palo usato come strumento di punizione ed esecuzione”.
Il fatto che Luca, Pietro e Paolo abbiano usato anche xỳlon come sinonimo di stauròs è un’ulteriore prova che Gesù è stato messo al palo su un legno diritto senza un braccio trasversale, poiché tale è il significato di xỳlon in questo contesto. (Atti 5:30; 10:39; 13:29; Gal. 3:13; I Piet. 2:24) Xỳlon ricorre nella Settanta greca anche in Esdra 6:11, dove si parla di un’unica trave o pezzo di legno su cui veniva messo al palo il violatore della legge.
Perciò la Traduzione del Nuovo Mondo rende fedelmente per il lettore l’idea fondamentale del testo greco traducendo stauròs “palo di tortura”, e il verbo stauròo “mettere al palo”. Così non è possibile confondere stauròs con le croci della tradizione ecclesiastica. (Vedi PALO DI TORTURA). Il fatto che un solo uomo, Simone di Cirene, portasse un palo di tortura, come dicono le Scritture, è del tutto ragionevole, poiché se era lungo m 3,5 e aveva un diametro di 15 cm pesava probabilmente poco più di 45 kg. — Mar. 15:21.
Notate cosa dice a questo proposito W. E. Vine: “STAUROS (σταυρός) indica principalmente un’asta o palo diritto, sul quale i malfattori venivano inchiodati per l’esecuzione. Sia il sostantivo che il verbo stauroō, fissare a un’asta o palo, in origine vanno distinti dalla forma ecclesiastica di una croce a due bracci”. Il grecista Vine menziona quindi l’origine caldea della croce a due bracci e come la cristianità l’abbia adottata dai pagani quale simbolo della morte di Cristo nel III secolo E.V. — An Expository Dictionary of New Testament Words, 1966, Vol. I, pp. 256, 257.
USO FIGURATIVO
Le Scritture non solo danno una completa testimonianza circa il fatto che il Signore Gesù Cristo è stato materialmente messo al palo (I Cor. 1:13, 23; 2:2; II Cor. 13:4; Riv. 11:8), ma parlano di mettere al palo anche in senso figurativo, metaforico, come in Galati 2:20. I cristiani dovevano mettere al palo la vecchia personalità per mezzo della morte di Cristo. (Rom. 6:6) “Inoltre, quelli che appartengono a Cristo Gesù hanno messo al palo la carne con le sue passioni e i suoi desideri”, scrive Paolo, aggiungendo che per mezzo di Cristo “il mondo è stato messo al palo per me e io per il mondo”. — Gal. 5:24; 6:14, NW.
Gli apostati in effetti “mettono di nuovo al palo il Figlio di Dio per loro conto e lo espongono a pubblica vergogna”, e a somiglianza di Giuda fanno questo con la loro ribellione alla disposizione presa da Dio per la salvezza. — Ebr. 6:4-6.
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Palo sacroAusiliario per capire la Bibbia
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Palo sacro
Il termine ebraico ʼasheràh (pl.ʼasherìm) si pensa indichi (1) un palo sacro rappresentante Asheràh, dea cananea della fertilità (Giud. 6:25, 26), e (2) la dea Asheràh stessa (II Cron. 15:16, NW, nota in calce). Tuttavia non sempre è possibile determinare se un particolare versetto vada inteso riferito all’oggetto idolatrico o alla dea.
PALI SACRI
I pali sacri evidentemente erano eretti anziché stesi per terra ed erano di legno, per lo meno in parte, dato che gli israeliti ricevettero il comando di abbatterli e bruciarli. (Eso. 34:13; Deut. 12:3) Potevano essere semplici pali non scolpiti, forse in qualche caso anche alberi, dato che il popolo di Dio ebbe l’ordine: “Non ti devi piantare nessuna sorta di albero come palo sacro”. — Deut. 16:21.
Né Israele né Giuda osservò l’espresso comando di Dio di non erigere colonne sacre e pali sacri, ma li eresse “su ogni alto colle e sotto ogni albero lussureggiante” accanto agli altari usati per i sacrifici. E stata avanzata l’ipotesi che i pali rappresentassero l’elemento femminile, mentre le colonne rappresentavano l’elemento maschile. Questi oggetti idolatrici, probabilmente simboli fallici, avevano relazione con orge sessuali estremamente immorali, com’è indicato dal riferimento ai prostituti che c’erano nel paese già durante il regno di Roboamo. (I Re 14:22-24; II Re 17:10) Solo ogni tanto re come Ezechia (e Giosia) riuscirono “a rimuovere gli alti luoghi e a spezzare le colonne sacre e a tagliare il palo sacro”. — II Re 18:4; II Cron. 34:7.
ASHERÀH
I testi di Ras Shamra identificano questa dea con la moglie del dio El, il “Creatore”, e la chiamano “Signora del mare” e “Progenitrice degli dèi”, e quindi madre di Baal. Ma evidentemente i ruoli delle tre divinità principali del baalismo (Anat, Asheràh e Astoret) si sovrapponevano notevolmente, come si può osservare sia in fonti non bibliche che nelle Scritture. Anche se Astoret forse figurava come la moglie di Baal, pure Asheràh poteva esser considerata tale.
È noto che all’epoca dei giudici gli israeliti apostati “servirono i Baal e i pali sacri [le Asheràh]”. (Giud. 3:7, NW, nota in calce; confronta Giudici 2:13). La menzione di queste divinità al plurale può indicare che ogni località aveva il suo Baal e la sua Asheràh. (Giud. 6:25) La regina Izebel, moglie di Acab re di Israele, intratteneva alla sua tavola 450 profeti di Baal e 400 profeti del palo sacro o Asheràh. — I Re 18:19.
L’abietta adorazione di Asheràh finì per essere praticata nello stesso tempio di Geova. Il re Manasse vi mise persino un’immagine scolpita del palo sacro, evidentemente una rappresentazione della dea Asheràh. (II Re 21:7) Anche se Manasse trasse profitto dalla disciplina che subì essendo portato prigioniero a Babilonia e, una volta tornato a Gerusalemme, purificò la casa di Geova eliminando gli oggetti idolatrici, suo figlio Amon riesumò la degradante adorazione di Baal e Asheràh, accompagnata da prostituzione cerimoniale. (II Cron. 33:11-13, 15, 21-23) Questo rese necessario che il giusto re Giosia, successore di Amon al trono, demolisse “le case dei prostituti del tempio che erano nella casa di Geova, dove le donne tessevano tende-santuario per il palo sacro”. — II Re 23:4-7, NW.
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PaneAusiliario per capire la Bibbia
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Pane
Il pane era la base dell’alimentazione degli ebrei e di altri popoli dell’antichità, e l’arte di fare il pane era nota a israeliti, egiziani, greci, romani e altri. Anche in tempi moderni in alcuni paesi dell’Oriente il pane è l’alimento più importante e altri cibi sono secondari. A volte la Bibbia sembra usare il termine “pane” per cibo in generale, come in Genesi 3:19 e nella preghiera modello, che contiene la richiesta: “Dacci oggi il nostro pane per questo giorno”. — Matt. 6:11.
Per fare il pane gli ebrei usavano di solito farina di frumento o di orzo. Il frumento costava di più, perciò molti spesso dovevano accontentarsi del pane d’orzo. Riferimenti al pane d’orzo si trovano in Giudici 7:13; II Re 4:42 e Giovanni 6:9, 13. A volte la farina era piuttosto grossolana, essendo preparata con un pestello o mortaio. Ma si usava anche “fior di farina”. — Gen. 18:6; Lev. 2:1; I Re 4:22.
C’era l’usanza di macinare il grano e fare il pane fresco ogni giorno, e spesso il pane era senza lievito (matstsàh). La farina veniva semplicemente mescolata con acqua, senza aggiungere lievito prima di impastarla. Per fare il pane lievitato in genere si prendeva un po’ dell’impasto conservato da una infornata precedente e lo si sbriciolava nell’acqua prima di mischiarlo alla farina. Poi si faceva l’impasto, che si lasciava riposare finché fosse lievitato. — Gal. 5:9; vedi MANNA; PASTO SERALE DEL SIGNORE.
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Pane di presentazioneAusiliario per capire la Bibbia
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Pane di presentazione
I dodici pani che erano posti su un tavolo nel Santo del tabernacolo o del tempio e che ogni sabato venivano sostituiti con pani freschi. (Eso. 35:13; 39:36; I Re 7:48; II Cron. 13:11; Nee. 10:32, 33) Letteralmente in ebraico il pane di presentazione è chiamato “pane di facce”. Il termine “faccia” a volte sta per ‘presenza’ (II Re 13:23) e quindi il pane di presentazione era di fronte alla faccia di Geova come offerta posta costantemente davanti a lui. (Eso. 25:30) Il pane di presentazione viene chiamato anche “pane in pile” (II Cron. 2:4), “pani di presentazione” (Mar. 2:26) o semplicemente “pani”. — Ebr. 9:2.
I cheatiti avevano l’incarico di cuocere il pane di presentazione “di sabato in sabato”, e anche di trasportarlo quando veniva trasferito il tabernacolo. (Num. 4:7; I Cron. 9:32) Ciascuno dei dodici pani a forma di ciambella era fatto con due omer (2/10 di efa; pari a 1 4,4) di fior di farina e, secondo Giuseppe Flavio, senza lievito. Il sabato i vecchi pani venivano tolti dal tavolo dei pani di presentazione nella parte N del Santo (Eso. 26:35) e sostituiti con dodici pani freschi. Erano sistemati in due pile di sei pani ciascuna. Su ciascuna pila si metteva olibano puro. Secondo la tradizione ebraica l’olibano veniva messo in recipienti d’oro e non direttamente sui pani. Il sabato, quando il pane di presentazione veniva sostituito, pare che l’olibano venisse bruciato sull’altare. — Lev. 24:5-8.
I vecchi pani erano qualcosa di veramente santo, essendo stati davanti a Geova nel Santo per una settimana, e i sacerdoti aaronnici li dovevano mangiare in un luogo santo, evidentemente entro l’area del santuario.
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