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  • Michelangelo e la croce
    La Torre di Guardia 1980 | 1° agosto
    • Michelangelo e la croce

      Esperti d’arte italiani dicono d’essere al 90 per cento sicuri che una scultura di recente ritrovata in un monastero del Libano sia opera di Michelangelo. Se lo fosse, la piccola scultura in legno potrebbe valere quasi due miliardi e mezzo di lire. Secondo un dispaccio dell’Associated Press, “la figura è insolita perché rappresenta il Cristo con le braccia alzate sopra la testa, anziché disposte orizzontalmente come è di solito raffigurato sulla croce”.

      Che la scultura in legno sia opera di Michelangelo (1475-1564) o no, essa dimostra che non è sempre stato così certo — come i capi della cristianità vorrebbero far credere — che lo strumento di tortura cui fu inchiodato Cristo avesse la forma di una croce. Per esempio, Giusto Lipsio, erudito cattolico del XVI secolo, nel suo libro De cruce liber primus illustra il supplizio su un palo diritto. Questo è in armonia con la parola greca usata nella Bibbia per descrivere lo strumento di tortura del Cristo, stauros, termine che “denota primariamente un palo diritto”. — An Expository Dictionary of New Testament Words, di W. E. Vine, Vol. I, p. 256.

  • Domande dai lettori
    La Torre di Guardia 1980 | 1° agosto
    • Domande dai lettori

      ● Qual è il senso di Amos 5:5, che dice: “Non ricercate Betel”?

      Gli israeliti del regno settentrionale praticavano con grande zelo la falsa adorazione. Lo si capisce chiaramente dalle parole rivolte loro tramite il profeta Amos: “‘Venite a Betel e commettete trasgressione. A Ghilgal commettete di frequente trasgressione, e portate i vostri sacrifici la mattina; il terzo giorno, le vostre decime parti. E da ciò che è lievitato fate fumare un sacrificio di rendimento di grazie, e proclamate offerte volontarie; banditelo [cioè annunciatelo pubblicamente], poiché in questo modo avete amato, o figli d’Israele’, è l’espressione del Signore Geova”. — Amos 4:4, 5.

      Betel era un centro di falsa adorazione. Fu lì che Geroboamo, primo re del regno settentrionale, eresse un vitello d’oro. (I Re 12:28-30) Evidentemente anche Ghilgal doveva essere un centro del culto apostata. Quindi i sacrifici offerti dagli israeliti a Betel e a Ghilgal erano in effetti una trasgressione contro Geova.

      Va notato che nel culto idolatrico gli israeliti adottavano anche altre usanze contrarie alla Legge. La Legge diceva: “Nessuna offerta di grano che presenterete a Geova dovrebbe farsi di cosa lievitata”. (Lev. 2:11) Ma gli israeliti apostati offrivano come “sacrificio di rendimento di grazie” cose lievitate. In modo analogo, i sacrifici volontari non si sarebbero dovuti fare con lo scopo di farsi vedere dagli altri. Invece gli israeliti idolatri ne facevano gran pubblicità. Amavano la loro falsa adorazione, ma Geova la odiava.

      Continuando perciò nella loro infedele condotta, gli israeliti non potevano sfuggire all’esecuzione del giudizio di Geova. Solo abbandonando la falsa adorazione e tornando pentiti a Geova avrebbero potuto sperare di sfuggire alla punizione. Per questo motivo il profeta Amos dichiarò sotto ispirazione: “Geova ha detto questo alla casa d’Israele: ‘Ricercatemi, e continuate a vivere. E non ricercate Betel, e non dovete andare a Ghilgal, e non dovete passare a Beer-Seba [cioè non dovete recarvi in questa città-enclave di Simeone]; perché Ghilgal andrà senza fallo in esilio; e riguardo a Betel, diverrà qualche cosa di magico [cioè rovine così deserte da incutere un superstizioso timore

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