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  • g81 8/11 pp. 8-11
  • Le cause della crescente tensione mondiale

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  • Le cause della crescente tensione mondiale
  • Svegliatevi! 1981
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Svegliatevi! 1981
g81 8/11 pp. 8-11

Le cause della crescente tensione mondiale

Nel settembre del 1979 un satellite americano osservò un luminoso lampo doppio vicino al Sudafrica. Questo lampo è tipico delle esplosioni nucleari. La Repubblica Sudafricana stava forse sperimentando qualche arma nucleare? Il governo sudafricano lo nega, ma il Sudafrica non ha mai firmato il Trattato di Non Proliferazione Nucleare del 1968.

Israele è un altro paese che non ha mai firmato il Trattato di Non Proliferazione Nucleare. Nel 1974 il presidente d’Israele dichiarò: “È sempre stata nostra intenzione procurarci i mezzi per la messa a punto di armi nucleari. Ora abbiamo questi mezzi”.

Né questo è tutto. “Specialisti del servizio segreto credono che nel giro di cinque anni varie nazioni, tra cui Taiwan, Corea del Sud, Pakistan, Repubblica Sudafricana, Brasile e Argentina, potrebbero unirsi ai sei o sette paesi che sono già membri del cosiddetto ‘club delle armi nucleari’”, scrive il New York Times.

Un aspetto particolarmente minaccioso del prossimo decennio non è semplicemente la quasi inevitabile diffusione delle armi atomiche, ma in quali paesi probabilmente quelle armi si diffonderanno. Molte di queste nazioni si considerano circondate da potenti nemici. “Stati che si sentono assediati, come Israele e Taiwan, tendono sempre più a considerare la capacità atomica come l’ultimo deterrente contro qualsiasi attacco di forze ostili”, osserva U.S. News & World Report. Difficilmente si può sperare che tali nazioni si trattengano dall’impiegare armi nucleari in caso di crisi.

Si può arrestare la proliferazione nucleare? C’è da dubitarne. Vi è in circolazione troppo plutonio con cui fabbricare le bombe, ed è facile procurarsi le cognizioni tecniche per fabbricarle. Un recente rapporto del gruppo dell’International Nuclear Fuel Cycle Evaluation afferma “che non esiste una soluzione tecnica del problema di impedire la diffusione di armi nucleari in paesi che non le hanno ancora”. — SIPRI (Istituto Internazionale per le Ricerche sulla Pace con sede a Stoccolma).

Da dove viene tutto questo plutonio? “Finora un totale di 100.000 chilogrammi di plutonio, allo stato grezzo, è stato accumulato da reattori nucleari civili”, fa notare il SIPRI. Ci vogliono solo pochi chili di plutonio per fabbricare una bomba come quella che ha distrutto Nagasaki! In un mondo a corto di petrolio, i paesi in via di sviluppo ricorrono all’energia atomica e finiranno per avere come sottoprodotto l’elemento base delle bombe atomiche.

Un paese in fase di sviluppo potrebbe realmente costruire una bomba atomica se avesse a disposizione il plutonio? Nel 1978 uno studente universitario americano finì sulle prime pagine dei giornali per avere progettato una bomba atomica realizzabile basandosi su documenti segreti resi pubblici che tutti avrebbero potuto procurarsi per 25 dollari. Gli esperti convengono che la bomba “aveva ottime probabilità di funzionare”. Se uno studente universitario è in grado di costruirla, perché non potrebbe esserlo un paese in fase di sviluppo?

Cooperazione o scontro?

Gli esperti avvertono che un mondo con più nazioni in possesso di armi nucleari sarà sempre più instabile; sarà “un mondo di considerevoli timori e di profonda incertezza”, per usare le parole di uno specialista in materia di proliferazione nucleare, Joseph Nye, di Harvard. Un rimedio a questa instabilità potrebbe essere un’accresciuta cooperazione fra le superpotenze, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Una simile cooperazione è probabile? In un mondo a corto di risorse, molti pensano di no.

Ora gli Stati Uniti importano oltre il 40 per cento del loro fabbisogno di petrolio. Molti alleati americani devono importarne percentuali anche maggiori: il 90 per cento nel caso della Francia e il 97 per cento nel caso della Repubblica Federale di Germania. Queste nazioni hanno fatto capire d’essere disposte a correre il rischio della guerra pur di difendere le proprie scorte di petrolio. Il risultato? Le zone produttrici di petrolio del globo, come ad esempio il Golfo Persico, stanno assistendo a un’intensa rivalità militare fra le superpotenze: una situazione molto pericolosa.

Commentando il pericolo che la terza guerra mondiale scoppi in Medio Oriente, Richard Falk osserva che “in passato le guerre sono sempre scoppiate quando una grande potenza cercava di compensare il declino economico e politico con il ricorso a decisivi mezzi militari”. — The Bulletin of the Atomic Scientist, aprile 1979.

In altre parole, il tentativo di risolvere i problemi economici con il potenziamento militare porta alla guerra. Un esempio recente è quello della “soluzione” giapponese contro gli embarghi americani imposti sulle vitali scorte di petrolio nel 1941. “La costernazione suscitata dall’embargo spinse il comando navale giapponese . . . a cospirare con gli estremisti dell’esercito”. (Encyclopædia Britannica) Il risultato? Pearl Harbor.

Può il mondo permettersi un’altra Pearl Harbor?

Il petrolio non è l’unica cosa di cui gli Stati Uniti sono a corto. “Più di metà dei 23 materiali strategici consumati dall’industria americana sono importati”, dice U.S. News & World Report, che aggiunge: “Quel ch’è peggio, la maggioranza di questi minerali provengono da paesi politicamente instabili dell’Africa sub-sahariana”. Gli U.S.A. devono importare l’89 per cento del platino (usato nella raffinazione del petrolio greggio), il 90 per cento del cromo (usato per la corazza dei carri armati) e il 98 per cento del manganese (usato per fare leghe molto resistenti). Ciascun bene vitale che scarseggi rappresenta un conflitto potenziale, se le scorte fossero minacciate.

Le penurie non sono una sorpresa per alcuni

Prima della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti producevano più petrolio che tutti gli altri paesi del mondo messi insieme. A quell’epoca si parlava comunemente della sconfinata ricchezza mineraria dell’America. Pochi prevedevano che nel giro di pochi decenni l’America non sarebbe più stata in grado di soddisfare il suo fabbisogno della maggioranza dei materiali strategici. Attenti studiosi della Bibbia, però, prevedevano guai.

Nel libro “Sia fatta la tua volontà in terra”,a l’Unione Sovietica era identificata con il “re del nord”, menzionato nell’11º capitolo di Daniele. “Il re del sud”, pure menzionato in quel capitolo, era identificato con il cosiddetto mondo libero, alla testa del quale c’erano Stati Uniti e Gran Bretagna. Questo capitolo della profezia biblica descrive una competizione fra questi due simbolici re, con le seguenti parole:

“E nel tempo della fine il re del sud s’impegnerà con [il re del nord] in uno scontro, e contro di lui il re del nord si riverserà con carri e con cavalieri e con molte navi . . . [il re del nord] effettivamente dominerà sui tesori nascosti dell’oro e dell’argento e su tutte le cose desiderabili d’Egitto”. — Dan. 11:40, 43.

Cosa significava questo? Il libro “Sia fatta la tua volontà in terra”, già 23 anni fa, faceva questa interessantissima previsione basata sulla Bibbia:

“Fino a che punto arriverà il re del nord quando giungerà al suo ‘tempo della fine’ solo il futuro lo dirà. Ma è predetto che egli acquisterà dominio sui tesori d’oro, d’argento e di ogni cosa preziosa di questo mondo commerciale e materialistico, compreso il petrolio”. — Pagina 301.

Oggi l’Unione Sovietica è una delle pochissime nazioni industrializzate che non ha bisogno di importare petrolio. L’Unione Sovietica controlla anche vasti giacimenti di quei medesimi minerali strategici di cui il “re del sud” ha un disperato bisogno. Non è strano che in anni recenti la politica mondiale sia stata caratterizzata da uno “scontro” fra le superpotenze!

[Nota in calce]

a Edito dalla Watchtower Bible and Tract Society of New York, Inc. Pubblicato in inglese nel 1958 e in italiano nel 1961.

[Immagine a pagina 9]

Se uno studente universitario è in grado di progettare una bomba atomica realizzabile, perché non potrebbe esserlo un piccolo paese?

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