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  • Perché interessarsi di altre religioni?
    L’uomo alla ricerca di Dio
    • Capitolo 1

      Perché interessarsi di altre religioni?

      1-7. Quali sono alcuni modi in cui si manifesta la religiosità in varie parti del mondo?

      OVUNQUE viviate, avrete senz’altro notato come la religione influisce sulla vita di milioni di persone, forse anche sulla vostra. Nei paesi in cui si pratica l’induismo, vedrete spesso compiere una cerimonia — detta puja — durante la quale i devoti offrono ai loro dèi noci di cocco, fiori e mele. Un sacerdote metterà sulla fronte dei credenti il tilak, un puntino di pigmento rosso o giallo. Inoltre ogni anno milioni di pellegrini affluiscono al Gange per purificarsi nelle sue acque.

      2 Nei paesi cattolici vedrete i fedeli pregare in chiese e cattedrali tenendo in mano un crocifisso o un rosario. I grani del rosario sono usati per contare le preghiere innalzate a Maria. E non è difficile riconoscere preti e suore, con il loro tipico abito nero.

      3 Nei territori protestanti abbondano chiese e cappelle, e la domenica di solito i parrocchiani indossano gli abiti migliori e si radunano per cantare inni e ascoltare sermoni. Spesso i loro ecclesiastici indossano un abito nero e un caratteristico collare bianco.

      4 Nei paesi islamici potrete udire il canto dei muezzin, i musulmani che, cinque volte al giorno, con voce possente dall’alto dei minareti invitano i fedeli alla preghiera rituale, o ṣalāt. Il Corano è il loro libro sacro. Secondo la fede islamica, esso fu rivelato da Dio e fu dato dall’angelo Gabriele al profeta Maometto nel VII secolo E.V.

      5 Per le vie di molti paesi buddisti si vedono i bonzi, monaci dalle lunghe vesti color zafferano, oppure nere o rosse, ritenuti un simbolo di devozione religiosa. Templi vetusti in cui fa bella mostra il Budda sereno testimoniano l’antichità della fede buddista.

      6 Praticato soprattutto in Giappone, lo scintoismo, con i suoi santuari di famiglia e le sue offerte agli antenati, fa parte del vivere quotidiano. I giapponesi si sentono liberi di pregare per le cose più comuni, anche per essere promossi agli esami.

      7 Un’altra attività religiosa nota in tutto il mondo è quella svolta da persone che vanno di casa in casa e per le strade con Bibbie e pubblicazioni bibliche. Presentano le riviste Torre di Guardia e Svegliatevi!, e quasi tutti le riconoscono quali testimoni di Geova.

      8. Cosa indica la storia della religiosità dell’uomo?

      8 Cosa indicano queste multiformi e svariate espressioni di religiosità? Che da migliaia d’anni l’umanità sente il bisogno e l’ardente desiderio di cose spirituali. L’uomo è sempre vissuto con le sue prove, i suoi fardelli, i suoi dubbi e i suoi interrogativi, compreso l’enigma della morte. I sentimenti religiosi sono stati manifestati in molti modi diversi allorché gli uomini si sono rivolti a Dio o ai loro dèi per ottenere favore e conforto. La religione inoltre cerca di dare una risposta a questi grandi interrogativi: Perché esistiamo? Come dovremmo condurre la nostra vita? Che cosa riserva il futuro all’umanità?

      9. In che senso quasi tutti manifestano nella propria vita qualche forma di religiosità?

      9 Ci sono d’altra parte milioni di persone che non professano nessuna religione e non credono in nessun dio. Sono gli atei. Altri, gli agnostici, credono che Dio sia sconosciuto e probabilmente inconoscibile. Ovviamente, comunque, questo non significa che siano persone prive di princìpi o di etica, non più di quanto professare una religione significhi esserne dotati. Se però per religione si intende anche un “sentimento di profondo rispetto, di devozione, di venerazione per ciò che si ritiene nobile ed elevato”, allora in effetti la maggioranza degli uomini, compresi gli atei e gli agnostici, manifestano nella loro vita qualche forma di religiosità. — Grande Enciclopedia GE 20, De Agostini, 1972-78, Volume XVI, pagina 306.

      10. La religione esercita qualche effetto sul mondo moderno? Fate esempi.

      10 Essendoci così tante religioni in un mondo che diventa ogni giorno più piccolo grazie ai mezzi di trasporto e di comunicazione sempre più rapidi, diverse fedi fanno sentire nel mondo intero la loro presenza, che questo ci piaccia o no. L’ondata di indignazione sollevata nel 1989 dal libro I versi satanici, il cui autore fu definito da alcuni ‘un musulmano apostata’, è una chiara prova di come il fervore religioso si può manifestare su scala mondiale. Ci furono appelli da parte di capi islamici perché il libro venisse bandito e addirittura perché l’autore fosse messo a morte. Cosa fa reagire gli individui con tale veemenza quando si tratta di questioni religiose?

      11. Perché non è sbagliato esaminare altre fedi?

      11 Per rispondere dobbiamo sapere qualcosa circa le origini delle religioni del mondo. In un libro di storia delle religioni si legge: “Studiare religioni differenti non è detto che significhi tradire la propria fede, ma anzi questa può essere ampliata vedendo come altri hanno ricercato il vero e sono stati arricchiti da questa loro ricerca”. (World Religions—From Ancient History to the Present, a cura di Geoffrey Parrinder) La conoscenza porta alla comprensione, e la comprensione alla tolleranza nei confronti di coloro che hanno opinioni diverse.

      Perché investigare?

      12. Quali fattori determinano di solito la religione di una persona?

      12 Vi è mai capitato di pensare o di dire: ‘Ho la mia religione. È una cosa privata. Non ne discuto con nessuno’? È vero, la religione è una cosa molto personale: praticamente dalla nascita ci vengono inculcate idee religiose o norme morali da genitori e parenti. Ne consegue che di solito seguiamo gli ideali religiosi dei genitori e dei nonni. La religione diventa quasi una tradizione di famiglia. Con quale risultato? Che in molti casi altri hanno deciso la nostra religione per noi. Tutto è dipeso da dove siamo nati e quando. O, come indicò lo storico Arnold Toynbee, l’adesione a una certa fede è spesso determinata “dall’accidente geografico del luogo di nascita”. — Storia e religione, traduzione di L. Fenghi, Rizzoli, 1984, pagina 149.

      13, 14. Perché non è ragionevole presumere che la religione ricevuta alla nascita sia automaticamente approvata da Dio?

      13 È ragionevole presumere che la religione impostaci alla nascita sia necessariamente e interamente la verità? Se foste nati in Italia o nel Sudamerica, in tal caso forse, senza possibilità di scelta, sareste stati allevati come cattolici. Se foste nati in India è probabile che sareste di conseguenza diventati induisti, o sikh se foste stati del Punjab. Se i vostri genitori fossero del Pakistan, allora ovviamente sareste musulmani. E se foste nati negli ultimi decenni in un paese socialista, non avreste potuto avere altra scelta che essere educati come atei. — Galati 1:13, 14; Atti 23:6.

      14 Pertanto, la religione ricevuta alla nascita è automaticamente quella vera, è approvata da Dio? Se questo fosse stato il criterio seguito nel corso dei millenni, molti fra il genere umano praticherebbero ancora lo sciamanismo primitivo e gli antichi culti della fertilità, basandosi sul presupposto: ‘Ciò che andava bene per i miei antenati va bene anche per me’.

      15, 16. Quali benefìci derivano dall’esaminare altre religioni?

      15 Data l’immensa varietà di espressione religiosa sviluppatasi nel mondo durante i passati 6.000 anni, capire ciò che altri credono e come hanno avuto origine le loro credenze è come minimo istruttivo e permette di allargare le proprie vedute. E potrebbe anche aprire a voi lettori nuove prospettive di una speranza più concreta per il futuro.

      16 Ora in molti paesi, a causa dell’immigrazione e degli spostamenti demografici, persone di svariate religioni vivono le une accanto alle altre. Perciò la comprensione dei rispettivi punti di vista può rendere più significativi i contatti e il dialogo tra persone di fede diversa. Forse può anche far svanire parte dell’odio che c’è nel mondo e che è dovuto a divergenze religiose. Certo, si può dissentire energicamente sulle credenze religiose altrui, ma non c’è motivo di odiare una persona solo perché sostiene un punto di vista diverso. — 1 Pietro 3:15; 1 Giovanni 4:20, 21; Rivelazione (Apocalisse) 2:6.

      17. Perché non dovremmo odiare coloro il cui pensiero religioso differisce dal nostro?

      17 L’antica legge ebraica dichiarava: “Non odiare il tuo fratello in cuor tuo, ammonisci il tuo prossimo, e non esser causa che egli debba portare le conseguenze del peccato. Non vendicarti e non conservar rancore verso i figli del tuo popolo, e desidera per il tuo prossimo quello che desideri per te; Io sono il Signore [Geova]”. (Levitico 19:17, 18, ATE) Il Fondatore del cristianesimo affermò: “Ma a voi che ascoltate, dico: Continuate ad amare i vostri nemici, a fare il bene a quelli che vi odiano, . . . e la vostra ricompensa sarà grande, e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benigno verso gli ingrati e i malvagi”. (Luca 6:27, 35) Un principio simile è esposto nel Corano, nella “sûra della messa alla prova” (LX, 7, LB): “Può darsi che Dio ponga tra voi e quelli che ora considerate nemici, dell’affezione, poichè Dio è potente e Dio è indulgente e compassionevole”.

      18. Perché fa differenza credere in una cosa o in un’altra?

      18 Comunque, pur essendo necessarie tolleranza e comprensione, questo non vuol dire che non faccia differenza credere in una cosa o in un’altra. Lo storico Geoffrey Parrinder affermò: “Si dice a volte che tutte le religioni hanno lo stesso obiettivo, o che sono tutte strade uguali che portano alla verità, o addirittura che insegnano tutte le stesse dottrine . . . Eppure gli antichi aztechi, che esponevano al sole il cuore palpitante delle loro vittime, di certo non avevano una religione così buona come quella del pacifico Budda”. Per di più, quando si tratta di adorazione, non dovrebbe essere Dio stesso a determinare cosa gli è e cosa non gli è gradito? — Michea 6:8.

      Come si dovrebbe valutare la religione?

      19. Come dovrebbe influire la religione sulla condotta dell’individuo?

      19 In genere le religioni hanno un complesso di credenze o dottrine, ma come spesso accade queste formano una teologia molto complicata, che va oltre la comprensione del profano. Tuttavia il principio di causa ed effetto si applica in ogni caso. Gli insegnamenti di una religione dovrebbero influire sulla personalità e sulla condotta quotidiana di ciascun credente. Pertanto la condotta dell’individuo sarà di norma un riflesso, in misura più o meno grande, dell’educazione religiosa ricevuta. Che effetto ha su di voi la religione che professate? La vostra religione fa di voi una persona più gentile, più generosa, onesta, umile, tollerante e compassionevole? Queste sono domande sensate, poiché, come affermò un grande insegnante religioso, Gesù Cristo, “ogni albero buono produce frutti eccellenti, ma ogni albero marcio produce frutti spregevoli; l’albero buono non può dare frutti spregevoli, né l’albero marcio può produrre frutti eccellenti. Ogni albero che non produce frutti eccellenti è tagliato e gettato nel fuoco. Realmente, quindi, riconoscerete quegli uomini dai loro frutti”. — Matteo 7:17-20.

      20. Quali domande sorgono in merito alla religione e alla storia?

      20 Certo, la storia dell’uomo deve indurci a riflettere sul ruolo avuto dalla religione nelle numerose guerre che hanno sconvolto l’umanità e causato indicibili sofferenze. Perché così tante persone hanno ucciso e sono state uccise in nome della religione? Le Crociate, l’Inquisizione, i conflitti in Medio Oriente e nell’Irlanda del Nord, le carneficine in Iraq e Iran (1980-88), gli scontri tra indù e sikh in India: tutti questi fatti suscitano sicuramente dubbi nelle persone riflessive circa le dottrine e l’etica religiose. — Vedi sotto.

      21. Che genere di frutto ha prodotto la cristianità?

      21 Il reame della cristianità si è distinto per la sua ipocrisia in questo campo. Nel corso di due guerre mondiali, cattolici hanno ucciso cattolici e protestanti hanno ucciso protestanti al comando dei loro condottieri politici “cristiani”. Eppure la Bibbia fa un chiaro contrasto fra le opere della carne e il frutto dello spirito. Riguardo alle opere della carne dichiara: “[Esse] sono fornicazione, impurità, condotta dissoluta, idolatria, pratica di spiritismo, inimicizie, contesa, gelosia, accessi d’ira, contenzioni, divisioni, sette, invidie, ubriachezze, gozzoviglie e simili. Circa queste cose vi preavverto, come già vi preavvertii, che quelli che praticano tali cose non erediteranno il regno di Dio”. Ciò nonostante, cosiddetti cristiani hanno praticato queste cose per secoli, e la loro condotta è stata spesso condonata dal loro clero. — Galati 5:19-21.

      22, 23. Quale frutto dovrebbe produrre invece la vera religione?

      22 Il buon frutto dello spirito, invece, è descritto come segue: “Amore, gioia, pace, longanimità, benignità, bontà, fede, mitezza, padronanza di sé. Contro tali cose non c’è legge”. Tutte le religioni dovrebbero produrre questa specie di frutto pacifico. Ma è così? Lo produce la vostra religione? — Galati 5:22, 23.

      23 Pertanto, l’esame che questo libro fa della ricerca di Dio da parte dell’uomo attraverso le religioni del mondo dovrebbe servire a rispondere ad alcune nostre domande. Ma secondo quali criteri si dovrebbe giudicare una religione? Secondo la norma di chi?

      ‘Sono soddisfatto della mia religione’

      24, 25. Quale sfida si presenta a ciascuno per quanto riguarda la religione che professa?

      24 Molti si rifiutano di parlare di argomenti religiosi dicendo: ‘Sono soddisfatto della mia religione. Non faccio del male a nessuno, e aiuto gli altri quando posso’. Ma quanto è valido questo ragionamento? Sono sufficienti i nostri criteri personali quando si tratta di religione?

      25 Se la religione è, come afferma un dizionario della lingua inglese, “l’espressione della fede dell’uomo in una potenza sovrumana oggetto della sua venerazione e da lui riconosciuta come creatore e governante dell’universo”, ci si dovrebbe senz’altro chiedere: La mia religione soddisfa il creatore e governante dell’universo? Inoltre, stando così le cose, il Creatore avrebbe il diritto di stabilire cos’è accettabile in quanto a condotta, adorazione e dottrina e cosa non lo è. A tal fine dovrebbe rivelare la sua volontà al genere umano, e questa rivelazione dovrebbe essere facilmente accessibile e a disposizione di tutti. Per di più le sue rivelazioni, anche se fatte a distanza di secoli, dovrebbero sempre essere concordi e coerenti. Questo presenta a ciascuno una sfida: esaminare i fatti e constatare di persona qual è l’accettevole volontà di Dio.

      26. Quale libro sacro dovrebbe servire da metro per stabilire qual è l’adorazione vera? E perché?

      26 Fra i libri più antichi che vantano l’ispirazione divina c’è la Bibbia. È anche il libro più diffuso e più tradotto di tutta la storia. Quasi duemila anni fa uno dei suoi scrittori dichiarò: “Cessate di conformarvi a questo sistema di cose, ma siate trasformati rinnovando la vostra mente, per provare a voi stessi la buona e accettevole e perfetta volontà di Dio”. (Romani 12:2) Dove cercare tali prove? Lo stesso scrittore affermò: “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile per insegnare, per riprendere, per correggere, per disciplinare nella giustizia, affinché l’uomo di Dio sia pienamente competente, del tutto preparato per ogni opera buona”. Perciò l’ispirata Bibbia dovrebbe servire da metro fidato per stabilire qual è l’adorazione vera e accettevole. — 2 Timoteo 3:16, 17.

      27. (a) Quali sono gli scritti sacri di alcune grandi religioni? (b) I loro insegnamenti come dovrebbero reggere il confronto con quelli della Bibbia?

      27 La parte più antica della Bibbia è anteriore a tutti gli altri scritti religiosi del mondo. La Torà, ovvero i primi cinque libri della Bibbia, la Legge scritta da Mosè sotto ispirazione, risale ai secoli XV e XVI a.E.V. Per fare un confronto, gli scritti indù detti Rigveda (una raccolta di inni) furono completati verso il 900 a.E.V. e non pretendono di essere ispirati da Dio. Il canone buddista dei “Tre Canestri” risale al V secolo a.E.V. Il Corano, che si ritiene sia stato trasmesso da Dio tramite l’angelo Gabriele, fu composto nel VII secolo E.V. Il Libro di Mormon, che a quanto si dice fu dato negli Stati Uniti a Joseph Smith da un angelo chiamato Moroni, è un’opera del XIX secolo. Se un certo numero di questi libri sono ispirati da Dio come alcuni sostengono, le istruzioni di carattere religioso in essi contenute non dovrebbero contraddire gli insegnamenti della Bibbia, che è l’originale fonte ispirata. Dovrebbero inoltre rispondere ad alcuni dei quesiti più affascinanti che l’uomo si pone.

      Quesiti che esigono una risposta

      28. Quali sono alcuni quesiti che esigono una risposta?

      28 (1) Insegna la Bibbia ciò che viene insegnato dalla maggior parte delle religioni e creduto da molti, cioè che l’uomo ha un’anima immortale e che alla morte essa si trasferisce in un altro reame, l’“aldilà” — cielo, inferno o purgatorio — o che ritorna mediante una reincarnazione?

      (2) Insegna la Bibbia che il Sovrano Signore dell’universo non ha nome? Insegna che egli è un unico Dio, o tre persone in un Dio, o molti dèi?

      (3) Qual era secondo la Bibbia il proposito originale di Dio quando creò il genere umano perché vivesse sulla terra?

      (4) Insegna la Bibbia che la terra sarà distrutta? Oppure addita soltanto una fine, o termine, del corrotto sistema mondiale?

      (5) Come si possono raggiungere veramente la pace interiore e la salvezza?

      29. (a) Quale principio base dovrebbe guidare la nostra ricerca della verità? (b) Quali risposte dà la Bibbia alle nostre domande?

      29 Ogni religione offre risposte diverse, ma la nostra ricerca della “religione pura” dovrebbe infine farci giungere alle conclusioni a cui Dio vuole che giungiamo. (Giacomo 1:27; CEI; VR) Perché possiamo dire questo? Perché il nostro principio base sarà: “Sia Dio trovato verace, benché ogni uomo sia trovato bugiardo, come è scritto: ‘Affinché tu sia provato giusto nelle tue parole e vinca quando sei giudicato’”. — Romani 3:4.a

      30. Quali sono alcune domande che verranno prese in esame nel prossimo capitolo?

      30 Poste le premesse per esaminare le religioni del mondo, interessiamoci ora dell’iniziale ricerca di spiritualità da parte dell’uomo. Cosa sappiamo su come ebbe inizio la religione? Secondo quali schemi si sviluppò il culto della divinità fra i popoli antichi e forse primitivi?

  • Religione: Come ebbe inizio?
    L’uomo alla ricerca di Dio
    • Capitolo 2

      Religione: Come ebbe inizio?

      1, 2. Cosa è stato osservato circa l’antichità e la varietà della religione?

      LA STORIA della religione è antica quanto quella dell’uomo. Lo affermano sia archeologi che antropologi. Anche fra le civiltà più “primitive”, cioè non progredite, si è trovata traccia di qualche forma di culto. Infatti, dice un’enciclopedia, “stando alle scoperte degli studiosi non c’è mai stato, in nessun luogo e in nessun tempo, un popolo che non fosse in certo qual modo religioso”. — The New Encyclopædia Britannica.

      2 Oltre a risalire a tempi molto remoti, la religione si presenta sotto una grande varietà di forme. I cacciatori di teste delle foreste del Borneo, gli eschimesi delle gelide regioni artiche, i nomadi del deserto del Sahara, gli abitanti delle grandi metropoli del mondo: ogni popolo e ogni nazione della terra ha il suo dio o i suoi dèi e il proprio modo di adorare. La varietà in campo religioso è davvero sbalorditiva.

      3. Quali domande sulle religioni del mondo bisogna considerare?

      3 Logicamente sorgono delle domande. Da dove provennero tutte queste religioni? Visto che fra loro esistono notevoli differenze come pure analogie, ebbero un inizio indipendente o è possibile che si siano sviluppate da un’unica fonte? In effetti potremmo chiederci: Perché ebbe inizio la religione, e come? La risposta a queste domande è essenziale per chiunque desideri trovare la verità circa la religione e le credenze religiose.

      La questione dell’origine

      4. Cosa sappiamo dei fondatori di varie religioni?

      4 Parlando della questione dell’origine, ai seguaci di varie religioni vengono in mente nomi quali Maometto, il Budda, Confucio e Gesù. Quasi in ogni religione possiamo trovare una figura centrale cui è attribuito il merito di aver fondato la ‘vera fede’. Alcuni di questi personaggi erano riformatori iconoclasti. Altri erano filosofi moralisti, altri ancora altruisti eroi popolari. Molti di loro hanno lasciato scritti o detti che divennero il fondamento di una nuova religione. Col tempo ciò che essi dissero e fecero fu elaborato, abbellito e circondato di misticismo. Taluni sono stati persino deificati.

      5, 6. Come nacquero molte religioni?

      5 Anche se questi uomini sono considerati i fondatori delle grandi religioni a noi ben note, bisogna rilevare che in effetti essi non crearono la religione. Nella maggior parte dei casi i loro insegnamenti derivarono da idee religiose già esistenti, nonostante quasi tutti questi fondatori li attribuissero a ispirazione divina. Oppure essi trasformarono e modificarono sistemi religiosi già esistenti che in un modo o nell’altro avevano finito per diventare inaccettabili.

      6 Ad esempio, secondo notizie storiche relativamente accurate il Budda, prima di divenire tale, era un principe che provò sgomento quando si accorse delle sofferenze e delle condizioni deplorevoli che lo circondavano in una società dominata dall’induismo. Il buddismo fu il risultato della sua ricerca di una soluzione dei dolorosi problemi della vita. In modo analogo, Maometto era profondamente turbato dall’idolatria e dall’immoralità di cui erano impregnate le pratiche religiose dei suoi contemporanei. Egli asserì poi di aver ricevuto speciali rivelazioni da Dio, che costituirono il Corano e divennero la base di un nuovo movimento religioso, l’Islām. Il protestantesimo ebbe origine dal cattolicesimo come risultato della Riforma iniziata al principio del XVI secolo, quando Martin Lutero elevò una protesta contro la vendita delle indulgenze compiuta a quel tempo dalla Chiesa Cattolica.

      7. A quale domanda circa la religione si deve ancora rispondere?

      7 Quindi, per quanto riguarda le religioni oggi esistenti, non mancano certo le informazioni circa la loro origine e il loro sviluppo, i loro fondatori, i loro scritti sacri, e così via. Ma che dire delle religioni che esistevano prima di esse? E di quelle ancora più antiche? Se andiamo abbastanza indietro nella storia, prima o poi ci troveremo di fronte a questa domanda: Come ebbe inizio la religione? È evidente che per trovare la risposta dobbiamo guardare oltre i confini delle singole religioni.

      Molte teorie

      8. Per secoli qual è stato l’atteggiamento verso la religione?

      8 Lo studio della genesi e dello sviluppo della religione è un campo relativamente nuovo. Per secoli gli uomini avevano, chi più chi meno, accettato le tradizioni religiose ricevute alla nascita e in cui erano stati allevati. Quasi tutti si accontentavano delle spiegazioni tramandate dai loro antenati, pensando che la loro religione fosse la verità. Di rado c’era motivo di mettere in dubbio qualcosa o la necessità di indagare come, quando o perché erano cominciate le cose. Anzi, essendoci limitati mezzi di trasporto e di comunicazione, trascorsero secoli senza che la maggioranza fosse sia pure consapevole dell’esistenza di altri sistemi religiosi.

      9. A partire dal XIX secolo quali tentativi sono stati fatti per scoprire come e perché ebbe inizio la religione?

      9 Durante il XIX secolo, comunque, la situazione cominciò a cambiare. La teoria dell’evoluzione stava permeando i circoli intellettuali. Questo, insieme all’avvento dell’indagine scientifica, indusse molti a contestare istituzioni vecchie di secoli, compresa la religione. Rendendosi conto di quanto fosse inadeguato cercar di trovare il bandolo nella religione esistente, alcuni studiosi si rivolsero alle vestigia di antiche civiltà o a quelle remote regioni del mondo in cui gli uomini vivevano ancora in società primitive. Cercarono di applicare a queste società le metodologie di discipline quali psicologia, sociologia, antropologia e altre, sperando di scoprire qualche indizio su come ebbe inizio la religione e perché.

      10. Che risultato diedero le indagini volte a scoprire l’origine della religione?

      10 Il risultato? D’un tratto comparvero sulla scena molte teorie — forse tante quanti erano i ricercatori — con cui ciascun ricercatore contraddiceva l’altro, e ognuno cercava di superare l’altro in audacia e originalità. Alcuni di questi ricercatori pervennero a conclusioni importanti; l’opera di altri è stata semplicemente dimenticata. È sia istruttivo che chiarificatore per noi avere un’idea dei risultati di queste ricerche. Ci aiuterà a comprendere meglio gli atteggiamenti religiosi di coloro con cui veniamo a contatto.

      11. Spiegate la teoria dell’animismo.

      11 Una teoria, comunemente chiamata animismo, fu formulata dall’antropologo inglese Edward Tylor (1832-1917). Egli affermò che esperienze quali sogni, visioni, allucinazioni e l’assenza di vita nei cadaveri avessero indotto i primitivi a trarre la conclusione che il corpo fosse abitato da un’“anima”. Secondo questa teoria, essi, giacché sognavano spesso i loro cari defunti, supponevano che quell’anima continuasse a vivere dopo la morte, che lasciasse il corpo e prendesse dimora in alberi, rocce, fiumi e altre cose. Alla fine si arrivò ad adorare come divinità i morti e gli oggetti che si diceva fossero abitati dalle anime. Fu così, secondo Tylor, che nacque la religione.

      12. Spiegate la teoria dell’animatismo.

      12 Un altro antropologo inglese, R. R. Marett (1866-1943), elaborò un perfezionamento dell’animismo, che chiamò animatismo. Dopo aver studiato le credenze dei melanesiani delle isole del Pacifico e quelle delle popolazioni indigene dell’Africa e dell’America, Marett giunse alla conclusione che, anziché avere la nozione di un’anima personale, i primitivi credevano ci fosse una forza impersonale o energia soprannaturale che animava ogni cosa; questa credenza suscitava nell’uomo sentimenti di sacro terrore e timore, che divennero la base della sua religione primitiva. Secondo Marett, la religione era principalmente la reazione emotiva dell’uomo davanti all’ignoto. Amava affermare che la religione “più che pensata veniva danzata”.

      13. Quale teoria sulla religione formulò James Frazer?

      13 Nel 1890 un etnologo scozzese, James Frazer (1854-1941), pubblicò Il ramo d’oro, un’opera accreditata in cui sostenne che la religione era derivata dalla magia. Secondo Frazer, dapprima l’uomo cercò di esercitare il dominio sulla propria vita e sul proprio ambiente imitando ciò che vedeva accadere nella natura. Ad esempio, pensò di poter attirare la pioggia spruzzando acqua per terra con l’accompagnamento di tamburi il cui suono riproduceva il fragore dei tuoni o di poter procurare danno al proprio nemico conficcando spilli in un’effigie. Da questo si passò all’impiego di atti rituali, incantesimi e oggetti magici in molti campi della vita. Quando questi non produssero più l’effetto desiderato, l’uomo cominciò a placare le forze soprannaturali e a invocarne l’aiuto, anziché cercare di dominarle. I riti e le formule magiche divennero sacrifici e preghiere, e così ebbe inizio la religione. Per dirla con le parole di Frazer, la religione è “una propiziazione o conciliazione delle forze superiori all’uomo”.

      14. Come spiegò Sigmund Freud l’origine della religione?

      14 Anche il famoso psicanalista austriaco Sigmund Freud (1856-1939), nel suo libro Totem e tabù, cercò di spiegare l’origine della religione. In linea con la sua professione, Freud spiegò che la religione più antica era sorta da quella che egli definì nevrosi in relazione alla figura del padre. Egli teorizzò che, come nel caso dei bovini e degli equini bradi, nella società primitiva il padre dominava il clan. I figli maschi, che odiavano e nel contempo ammiravano il padre, si ribellavano e lo uccidevano. Per acquisire il potere del padre, asseriva Freud, ‘quei selvaggi cannibali mangiavano la loro vittima’. In seguito, spinti dal rimorso, inventarono riti e cerimonie per espiare l’azione compiuta. Nella teoria di Freud, la figura del padre divenne Dio, i riti e le cerimonie divennero la religione primitiva, e l’atto di mangiare il padre ucciso diede origine alla tradizione della comunione seguita in molte religioni.

      15. Che ne è stato della maggior parte delle teorie proposte sulla genesi della religione?

      15 Si potrebbero citare numerose altre teorie con cui si è cercato di spiegare la genesi della religione. La maggior parte d’esse, comunque, sono state dimenticate, e nessuna si è veramente distinta perché fosse più credibile o plausibile delle altre. Perché? Per il semplice fatto che non c’è mai stata nessuna prova o testimonianza storica che queste teorie fossero vere. Erano puro frutto dell’immaginazione o delle congetture di qualche ricercatore, presto sostituite di volta in volta da una nuova teoria.

      Un presupposto errato

      16. Perché anni di ricerche non sono serviti a dare la spiegazione di come nacque la religione?

      16 Dopo aver dibattuto per anni la questione, molti sono ora giunti alla conclusione che qualche importante passo avanti per risolvere il problema della genesi della religione sarà molto improbabile. Questo perché, innanzi tutto, ossa e resti di popoli antichi non ci dicono come la pensassero quegli uomini, cosa temessero o perché compissero atti di culto. Le varie deduzioni ricavate da questi manufatti sono tutt’al più raffinate congetture. In secondo luogo, le pratiche religiose dei cosiddetti primitivi contemporanei, quali gli aborigeni australiani, non sono necessariamente una norma fidata con cui giudicare ciò che facevano o pensavano gli uomini di epoche remote. Nessuno sa con certezza se e come la loro cultura cambiò nel corso dei secoli.

      17. (a) Cosa sanno i moderni storici delle religioni? (b) Di cosa sembra ci si preoccupi maggiormente quando si indaga sulla religione?

      17 Date tutte queste incertezze, un testo di storia delle religioni arguisce che “il moderno storico delle religioni sa che è impossibile arrivare alle origini della religione”. Parlando degli sforzi compiuti dagli storici, comunque, il libro fa questa osservazione: “In passato troppi teorici si sono preoccupati non semplicemente di definire o spiegare la religione, ma di fornire una giustificazione per disfarsene, con l’idea che, se veniva dimostrato che le forme più antiche si basavano su illusioni, si potevano in tal modo minare le religioni superiori e più recenti”. — World Religions—From Ancient History to the Present.

      18. (a) Perché i numerosi ricercatori non sono riusciti a spiegare l’origine della religione? (b) Quali sono state a quanto pare le vere intenzioni dei ricercatori “scientifici” della religione?

      18 In quest’ultimo commento sta la chiave del perché diversi ricercatori “scientifici” dell’origine della religione non hanno presentato nessuna spiegazione sostenibile. La logica ci dice che si può arrivare a una conclusione corretta solo partendo da una premessa corretta. Se si parte da una premessa errata è improbabile che si giunga a una conclusione sensata. L’incapacità più volte dimostrata dai ricercatori “scientifici” di offrire una spiegazione ragionevole fa sorgere seri dubbi sulla premessa su cui hanno fondato le loro opinioni. Seguendo la loro idea preconcetta, con i loro tentativi di ‘disfarsi della religione’ han cercato di disfarsi di Dio.

      19. Qual è un principio fondamentale che determina il successo delle indagini scientifiche? Spiegate.

      19 Questo è paragonabile agli svariati modi in cui gli astronomi prima del XVI secolo cercavano di spiegare il moto dei pianeti. C’erano molte teorie, ma nessuna era veramente soddisfacente. Perché? Perché si basavano sul presupposto che la terra fosse il centro dell’universo intorno a cui giravano le stelle e i pianeti. Non si fece vero progresso finché gli scienziati — e la Chiesa Cattolica — non furono disposti ad accettare il fatto che la terra non era il centro dell’universo, ma girava intorno al sole, centro del sistema solare. L’incapacità delle numerose teorie di spiegare i fatti indusse coloro che erano di mente aperta non a cercar di proporre nuove teorie, ma a riesaminare la premessa su cui basavano le loro ricerche. E questo diede risultati positivi.

      20. (a) Sulla base di quale premessa errata è stata compiuta l’indagine “scientifica” sull’origine della religione? (b) A quale bisogno fondamentale si riferì Voltaire?

      20 Si può applicare lo stesso principio alla ricerca dell’origine della religione. Dato l’avanzare dell’ateismo e l’ampio consenso ottenuto dalla teoria dell’evoluzione, molti prendono per scontato che Dio non esista. Basandosi su questo presupposto, ritengono che la spiegazione dell’esistenza della religione debba trovarsi nell’uomo stesso: nei suoi processi mentali, nei suoi bisogni, nei suoi timori, nelle sue “nevrosi”. “Se Dio non esistesse”, affermò Voltaire, “bisognerebbe inventarlo”; perciò essi sostengono che l’uomo ha inventato Dio. — Vedi pagina 28.

      21. Quale conclusione logica possiamo trarre dal fatto che le numerose teorie sull’origine della religione si sono dimostrate infondate?

      21 Visto che le numerose teorie non hanno risolto il problema in maniera davvero soddisfacente, non è tempo ora di riesaminare la premessa su cui si erano basati questi ricercatori? Anziché rimanere inutilmente fossilizzati nella stessa idea, non sarebbe logico cercare la risposta altrove? Se siamo disposti ad essere di mente aperta, converremo che far questo è sia ragionevole che scientifico. E abbiamo un esempio che ci aiuta appunto a vedere la logica di questa linea d’azione.

      Una ricerca antica

      22. Come influivano sulla forma di adorazione praticata dagli ateniesi le loro svariate teorie intorno ai loro dèi?

      22 Nel I secolo dell’era volgare Atene era un importante centro della cultura greca. Fra gli ateniesi però c’erano diverse scuole filosofiche, come quella degli epicurei e quella degli stoici, aventi ciascuna la sua propria concezione degli dèi. Sulla base di queste diverse idee venivano venerate molte divinità, e si erano sviluppate diverse forme di culto. Di conseguenza la città era piena di idoli e templi fatti dall’uomo. — Atti 17:16.

      23. Quale punto di vista interamente diverso intorno a Dio presentò Paolo agli ateniesi?

      23 Verso l’anno 50 E.V. l’apostolo cristiano Paolo visitò Atene e presentò agli ateniesi un punto di vista interamente diverso. Egli disse loro: “L’Iddio che ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso, essendo, come Questi è, Signore del cielo e della terra, non dimora in templi fatti con mani, né è servito da mani umane come se avesse bisogno di qualcosa, perché egli stesso dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa”. — Atti 17:24, 25.

      24. In realtà cosa stava dicendo Paolo agli ateniesi circa la vera adorazione?

      24 In altre parole, Paolo stava dicendo agli ateniesi che il vero Dio, che “ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso”, non è un’invenzione della fantasia umana, né è servito con i mezzi o nei modi che l’uomo potrebbe escogitare. La religione vera non è semplicemente uno sforzo unilaterale compiuto dall’uomo per cercare di colmare un certo bisogno psicologico o per soffocare un certo timore. Piuttosto, giacché il vero Dio è il Creatore, colui che ha dotato l’uomo della capacità di pensare e della facoltà di ragionare, è soltanto logico che avrebbe provveduto all’uomo un mezzo per stringere una relazione soddisfacente con Lui. Questo, secondo Paolo, era esattamente ciò che Dio aveva compiuto. Egli “ha fatto da un solo uomo ogni nazione degli uomini, perché dimorino sull’intera superficie della terra, . . . perché cerchino Dio, se possono andare come a tastoni e realmente trovarlo, benché, in effetti, non sia lontano da ciascuno di noi”. — Atti 17:26, 27.

      25. Spiegate il punto chiave dell’argomento esposto da Paolo circa l’origine dell’umanità.

      25 Notate il punto chiave esposto da Paolo: Dio “ha fatto da un solo uomo ogni nazione degli uomini”. Anche se oggi esistono molte nazioni di uomini, sparse su tutta la terra, gli scienziati sanno che, in effetti, tutto il genere umano proviene da un ceppo unico. Questo concetto è di grande importanza perché, quando diciamo che tutta l’umanità proviene dal medesimo ceppo, vi è implicato molto più del semplice fatto che gli uomini sono imparentati biologicamente e geneticamente. Sono imparentati anche sotto altri aspetti.

      26. Cosa si sa del linguaggio, che sostiene il punto esposto da Paolo?

      26 Considerate ad esempio cosa ha da dire un libro (Story of the World’s Worship) parlando del linguaggio umano: “Coloro che hanno studiato le lingue del mondo e le hanno comparate hanno qualcosa da dire, ed è questo: Tutte le lingue si possono raggruppare in famiglie linguistiche, e si comprende che tutte queste famiglie provengono dalla stessa fonte”. In altre parole, le lingue del mondo non nacquero in maniera separata e indipendente, come gli evoluzionisti vorrebbero farci credere. Essi teorizzano che uomini delle caverne in Africa, Europa e Asia, partendo da grugniti e borbottii, svilupparono infine ciascuno la propria lingua. Non fu così. I fatti mostrano che esse “provengono dalla stessa fonte”.

      27. Perché è logico pensare che le idee dell’uomo relative a Dio e alla religione provengono da un’unica fonte comune?

      27 Se questo può dirsi di qualcosa di così personale e peculiare della specie umana come il linguaggio, non sarebbe ragionevole pensare che anche le idee dell’uomo relative a Dio e alla religione debbano essere partite da una fonte comune? Dopo tutto, la religione ha attinenza col pensiero, e il pensiero ha attinenza con la capacità dell’uomo di usare il linguaggio. Non che tutte le religioni si siano sviluppate da una sola, ma le idee e i concetti dovrebbero essere riconducibili a un’origine comune o matrice delle idee religiose. Vi sono prove a sostegno di ciò? E se in realtà la fonte originaria delle religioni praticate dall’uomo è unica, quale potrebbe essere? Come possiamo scoprirlo?

      Diverse eppure simili

      28. Come possiamo scoprire se esiste un’origine comune nel caso delle religioni del mondo?

      28 Possiamo trovare la risposta nello stesso modo in cui i linguisti hanno trovato la risposta alle proprie domande intorno all’origine del linguaggio. Comparando le lingue e notando le loro somiglianze un etimologo può risalire alla comune origine di varie lingue. In modo simile, comparando le religioni possiamo esaminarne le dottrine, le leggende, i riti, le cerimonie, le istituzioni, e così via, e vedere se c’è qualche basilare elemento che le accomuni, un filo conduttore, e, in tal caso, vedere dove esso ci porta.

      29. A che cosa si possono attribuire molte delle differenze che esistono tra le religioni?

      29 Esteriormente le numerose religioni oggi esistenti appaiono piuttosto diverse le une dalle altre. Se però le spogliamo di quelli che sono semplici abbellimenti e aggiunte posteriori, o se sottraiamo le distinzioni dovute a clima, lingua, condizioni proprie del luogo, e ad altri fattori, è sorprendente quanto la maggior parte d’esse si rivelino simili.

      30. Quali somiglianze notate tra il cattolicesimo romano e il buddismo?

      30 Per esempio, quasi tutti sono inclini a pensare che difficilmente potrebbero esserci due religioni così diverse l’una dall’altra quanto il cattolicesimo romano in Occidente e il buddismo in Oriente. Eppure, cosa notiamo quando mettiamo da parte le differenze che si possono attribuire alla lingua e alla cultura? Se siamo obiettivi a questo riguardo, dobbiamo ammettere che le due religioni hanno tante cose in comune. Sia il cattolicesimo che il buddismo sono saturi di riti e cerimonie, che comprendono l’uso di candele, incenso, acqua santa, immagini di santi, canti e libri di preghiere, del rosario e perfino del segno della croce. Entrambe le religioni mantengono comunità monastiche e sono note per il celibato religioso, abiti speciali, giorni sacri e cibi prescritti. Questo elenco potrebbe continuare, ma è sufficiente a illustrare il punto. La domanda è: Perché due religioni che sembrano così diverse hanno tante cose in comune?

      31. Quali analogie riscontrate confrontando altre religioni?

      31 Visto che il confronto tra queste due religioni si rivela chiarificatore, si può fare la stessa cosa con altre. Scopriamo così che certi insegnamenti e certe credenze sono praticamente comuni a tutte le religioni. La maggioranza di noi è a conoscenza di dottrine quali l’immortalità dell’anima umana, la ricompensa celeste di tutti i buoni, il tormento eterno riservato ai malvagi in un oltretomba, il purgatorio, un dio trino o una divinità composta di più dèi, e una dea madre di dio o regina del cielo. Oltre a tutto questo, comunque, ci sono molti miti e leggende che sono altrettanto comuni. Per esempio, ci sono leggende che riguardano la perdita da parte dell’uomo della grazia divina a causa del suo tentativo illecito di raggiungere l’immortalità, la necessità di offrire sacrifici per espiare il peccato, la ricerca di un albero della vita o di una fonte dell’eterna giovinezza, dèi e semidèi vissuti fra gli uomini e che generarono una progenie sovrumana, e un’inondazione catastrofica che distrusse quasi tutta l’umanità.a

      32, 33. (a) Cosa possiamo dedurre dalle notevoli somiglianze esistenti fra le religioni del mondo? (b) A quale domanda si deve rispondere?

      32 Cosa possiamo dedurre da tutto ciò? Notiamo che coloro che credevano a questi miti e leggende vivevano geograficamente distanti gli uni dagli altri. La loro cultura e le loro tradizioni erano diverse e distinte. Non vi era alcun nesso fra le loro usanze. Eppure, in campo religioso, avevano credenze tanto simili. Anche se non è detto che ciascuno di questi popoli credesse in tutte le cose summenzionate, tutti credevano in qualcuna di esse. L’ovvia domanda è: Come mai? Sembra ci sia stata una fonte comune da cui ogni religione attinse, sebbene in misura diversa, le proprie credenze fondamentali. Col passar del tempo queste idee fondamentali furono abbellite e modificate, e da esse si svilupparono nuovi insegnamenti. Ma le linee essenziali sono inconfondibili.

      33 Logicamente l’analogia fra i basilari concetti delle numerose religioni del mondo è una prova convincente che esse non ebbero inizio in maniera distinta e indipendente l’una dall’altra. Piuttosto, se torniamo abbastanza indietro nel tempo, possiamo vedere che le loro idee devono aver avuto una origine comune. Quale fu questa origine?

      Una primordiale età dell’oro

      34. Quale leggenda relativa all’inizio dell’umanità è comune a molte religioni?

      34 Fatto interessante, una delle leggende comuni a molte religioni narra che l’umanità ebbe inizio in una età aurea in cui l’uomo era innocente, viveva felice e in pace in stretta comunione con Dio, ed era libero da infermità e morte. Pur differendo forse nei particolari, lo stesso concetto di un paradiso perfetto esistito un tempo si ritrova negli scritti e nelle leggende di molte religioni.

      35. Descrivete l’antica credenza zoroastriana relativa a una primordiale età dell’oro.

      35 L’Avesta, il libro sacro dell’antico zoroastrismo persiano, parla del “giusto Yima, il buon pastore”, che fu il primo uomo mortale con cui conversò Ahura Mazda (il creatore). Devi “nutrire, governare e sorvegliare il mio mondo”, fu il comando che Ahura Mazda gli diede. Per far ciò avrebbe dovuto costruire “una Vara”, una dimora nelle viscere della terra, per tutte le creature viventi. In essa “non c’erano né prepotenza né grettezza, né stupidità né violenza, né povertà né inganno, né gracilità né deformità, né denti enormi né corpi smisurati. Gli abitanti non subivano nessuna contaminazione da parte dello spirito malvagio. Dimoravano fra alberi fragranti e pilastri d’oro, i più grandi, i migliori e i più belli della terra; in quanto a loro, erano una razza alta e bella”.

      36. Come descrisse il poeta greco Esiodo l’“età dell’oro”?

      36 In Le opere e i giorni, l’antico poeta greco Esiodo parla delle “cinque età dell’uomo”, la prima delle quali fu l’“età dell’oro”, l’epoca in cui l’uomo godeva completa felicità. Egli scrisse:

      “Dapprima un’aurea generazione di uomini mortali crearono gli Immortali,

      abitatori delle case d’Olimpo: . . .

      Gli uomini vivevano come dei, avendo il cuore tranquillo,

      liberi da fatiche e da sventure;

      né incombeva la miseranda vecchiaia, ma sempre, fiorenti di forza

      nelle mani e nei piedi, si rallegravano nei conviti”. — Traduzione di L. Magugliani, BUR, 1986.

      Quella leggendaria età dell’oro fu perduta quando, secondo la mitologia greca, Epimeteo prese in moglie la bella Pandora, datagli in dono da Zeus, dio dell’Olimpo. Un giorno Pandora scoperchiò la sua anfora, e d’un tratto ne uscirono guai, calamità e mali da cui l’umanità non si sarebbe mai più liberata.

      37. Descrivete l’antico racconto leggendario cinese di un “paradiso” ai primordi della storia.

      37 Anche antiche leggende cinesi parlano di un’età aurea all’epoca di Huang-Ti (l’Imperatore Giallo), che si dice abbia governato per cento anni nel XXVI secolo a.E.V. A lui si attribuiva l’invenzione di tutto ciò che ha a che fare con la civilizzazione: abiti e case, mezzi di trasporto, armi e guerra, agricoltura, artigianato, sericoltura, musica, lingua, matematica, il calendario, e così via. Si narra che sotto il suo regno “non c’erano né ladri né lotte in Cina, e la gente era umile e viveva in pace. Pioggia e bel tempo facevano crescere abbondanti raccolti un anno dopo l’altro. Cosa più sorprendente, perfino le belve erano innocue e gli uccelli da preda inoffensivi. In breve, la storia della Cina cominciò con un paradiso”. Ancor oggi i cinesi asseriscono di discendere dall’Imperatore Giallo.

      38. Cosa possiamo dedurre da tutti i racconti leggendari del principio dell’umanità che presentano somiglianze?

      38 Racconti leggendari simili che descrivono un’epoca di felicità e perfezione all’inizio della storia umana si possono trovare nella religione di molti altri popoli, quali egiziani, tibetani, peruviani, messicani e altri. Fu un puro caso se tutti questi popoli, distanti fra loro e di cultura, lingua e usanze interamente diverse, avevano le stesse idee circa la loro origine? Fu solo per caso o per coincidenza che tutti decisero di spiegare allo stesso modo le loro origini? La logica e l’esperienza ci dicono che ciò è poco probabile. Al contrario, alla base di tutte queste leggende devono esserci alcuni comuni nuclei di verità circa le origini dell’uomo e della sua religione.

      39. Quale quadro composito ci permettono di formare i tratti comuni alle numerose leggende sul principio dell’uomo?

      39 In effetti, sono molti i tratti comuni rintracciabili nelle svariate leggende sul principio dell’uomo. Se si mettono insieme comincia a emergere un quadro più completo. Esso rivela come Dio creò il primo uomo e la prima donna e li pose in un paradiso. Dapprima essi erano molto soddisfatti e felici, ma presto divennero ribelli. La ribellione portò alla perdita di quel paradiso perfetto, al quale subentrarono fatica e lavoro penoso, dolori e sofferenze. Infine gli uomini divennero così malvagi che Dio li punì mandando un diluvio universale che distrusse tutti eccetto una famiglia. Questa famiglia crebbe, finché alcuni suoi componenti si misero insieme e sfidando il volere di Dio cominciarono a costruire un’enorme torre. Dio sventò questo piano confondendo la loro lingua e disperdendoli in ogni angolo della terra.

      40. Spiegate la relazione esistente tra la Bibbia e le leggende che narrano l’origine delle religioni dell’uomo.

      40 Questo quadro composito è forse puro frutto della fertile immaginazione di qualcuno? No. Fondamentalmente questo è il quadro presentato dalla Bibbia, nei primi 11 capitoli del libro di Genesi. Anche se ora non entreremo nel merito dell’autenticità della Bibbia, si noti che il racconto biblico dei primordi della storia dell’uomo è rispecchiato dalle componenti fondamentali di molte leggende.b Quel racconto rivela che quando dalla Mesopotamia gli uomini cominciarono a disperdersi in varie direzioni portarono con sé, ovunque andassero, i propri ricordi, le proprie esperienze e idee. Col tempo questi furono elaborati e trasformati divenendo il tessuto stesso della religione in ogni parte della terra. In altre parole, tornando all’analogia fatta in precedenza, il racconto di Genesi costituisce l’originale sorgente cristallina da cui scaturirono i concetti basilari circa l’origine dell’uomo e dell’adorazione contenuti nelle varie religioni del mondo. A questi esse aggiunsero le loro dottrine e usanze particolari, ma il nesso è evidente.

      41. Cosa si dovrebbe tener presente mentre ci si inoltra nello studio dei successivi capitoli di questo libro?

      41 Nei prossimi capitoli di questo libro tratteremo in maniera più dettagliata come ebbero inizio e si svilupparono determinate religioni. Troverete istruttivo osservare non solo come ciascuna religione differisce dalle altre, ma anche quanto è simile ad esse. Potrete anche notare come ogni religione si inserisce nel quadro cronologico della storia dell’uomo e della storia della religione, quale attinenza hanno il suo libro o i suoi scritti sacri con quelli di altre religioni, come il suo fondatore o capo fu influenzato da altre idee religiose e come essa ha influito sul comportamento e sulla storia dell’uomo. Studiando con questi punti in mente la lunga ricerca di Dio compiuta dall’uomo sarete aiutati a vedere più chiaramente la verità per quel che riguarda la religione e gli insegnamenti religiosi.

      [Note in calce]

      a Per un confronto particolareggiato fra le diverse leggende del diluvio esistenti in seno a varie popolazioni, vedi il libro Perspicacia nello studio delle Scritture, edito in Italia nel 1990 dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, Volume 1, pagine 328, 695-6.

      b Per informazioni particolareggiate su questo argomento, vedi il libro La Bibbia: Parola di Dio o dell’uomo?, edito in Italia nel 1989 dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova.

      [Testo in evidenza a pagina 23]

      L’avvento dell’indagine scientifica e la teoria dell’evoluzione indussero molti a contestare la religione

      [Testo in evidenza a pagina 34]

      Sembra ci sia stata una fonte comune da cui ogni religione attinse le proprie credenze fondamentali

      [Riquadro a pagina 28]

      Perché l’uomo è religioso?

      ▪ Nel suo libro Man’s Religions John B. Noss fa notare: “Tutte le religioni dicono in un modo o nell’altro che l’uomo non è, e non può essere, solo. È essenzialmente connesso con le forze esistenti nella Natura e nella Società che lo circonda, e da esse anche dipende. Vagamente o chiaramente, egli sa di non essere un fulcro di energia a sé stante in grado di esistere isolato dal mondo”.

      Sullo stesso tono, un altro libro (World Religions—From Ancient History to the Present) dichiara: “Lo studio della religione rivela che un importante aspetto d’essa è l’anelito di un’esistenza che valga la pena di essere vissuta, la convinzione che la vita non è accidentale e priva di significato. La ricerca di uno scopo porta alla fede in una forza superiore a quella umana, e infine a una mente universale o sovrumana che ha l’intento e la volontà di conservare i supremi valori a beneficio della vita umana”.

      Pertanto la religione soddisfa un fondamentale bisogno dell’uomo, così come il cibo soddisfa la fame. Sappiamo che se, quando siamo affamati, mangiamo qualsiasi cosa ci capiti, placheremo, è vero, gli stimoli della fame, ma a lungo andare ci rovineremo la salute. Per stare in buona salute abbiamo bisogno di cibo sano e nutriente. In modo analogo, per conservare la nostra salute spirituale abbiamo bisogno di sano cibo spirituale. Ecco perché la Bibbia ci dice: “Non di solo pane vive l’uomo, ma l’uomo vive di ogni espressione della bocca di Geova”. — Deuteronomio 8:3.

      [Cartina a pagina 39]

      (Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

      Quando gli uomini si dispersero dalla Mesopotamia, portarono con sé i loro ricordi e le loro idee religiose

      BABILONIA

      LIDIA

      SIRIA

      EGITTO

      ASSIRIA

      MEDIA

      ELAM

      PERSIA

      [Immagini a pagina 21]

      Uomini quali il Budda, Confucio e Lutero cambiarono sistemi religiosi già esistenti; non crearono la religione

      [Immagine a pagina 25]

      Lo psicanalista austriaco Sigmund Freud attribuì la religione al timore di una cosiddetta figura del padre

      [Immagine a pagina 27]

      Il presupposto che la terra fosse il centro dell’universo portava a conclusioni errate circa il moto dei pianeti

      [Immagini a pagina 33]

      Buddismo e cattolicesimo romano: perché sembra abbiano tante cose in comune?

      Dea buddista cinese della misericordia con bambino

      Immagine cattolica della Madonna col bambino Gesù

      Buddista tibetano con il mulinello delle preghiere e il rosario

      Cattolica che recita il rosario

      [Immagine a pagina 36]

      Leggende cinesi parlano di un’età aurea ai tempi mitici del regno di Huang-Ti (l’Imperatore Giallo)

  • Elementi comuni alle mitologie
    L’uomo alla ricerca di Dio
    • Capitolo 3

      Elementi comuni alle mitologie

      1-3. (a) Perché i miti dovrebbero interessarci? (b) Cosa tratteremo in questo capitolo?

      PERCHÉ interessarci dei miti? Non sono essi narrazioni fantastiche giunte a noi dal lontano passato? Sì, è vero, molti di essi sono frutto della fantasia, ma altri si basano sulla realtà. Ne sono un esempio i miti e le leggende che troviamo in ogni parte del mondo basati sull’avvenimento storico del Diluvio universale, narrato nella Bibbia.

      2 Un motivo per prendere in esame i miti è che essi sono alla base di credenze e riti ancora vivi nelle religioni moderne. Ad esempio, la credenza in un’anima immortale si può ritrovare negli antichi miti assiro-babilonesi e, attraverso la mitologia egiziana, greca e romana, fin nella cristianità, della cui teologia essa è diventata un dogma fondamentale. I miti sono una prova del fatto che nell’antichità l’uomo era alla ricerca del divino, come pure di un senso nella vita. In questo capitolo tratteremo brevemente alcuni dei temi comuni ai miti delle principali culture del mondo. Passando in rassegna queste mitologie, noteremo come la creazione, il Diluvio, i falsi dèi e i semidèi, l’anima immortale e il culto del sole sono elementi comuni che emergono regolarmente, come motivi ricorrenti in un mosaico. Ma perché starebbero così le cose?

      3 Spesso e volentieri c’è un nucleo di verità nel mito, un fatto storico, un personaggio o un avvenimento, che è stato successivamente esagerato o trasfigurato, dando vita al mito stesso. Uno di questi fatti storici è il racconto biblico della creazione.a

      Realtà e fantasia riguardo alla creazione

      4, 5. Che genere di credenze conteneva la mitologia greca?

      4 Ci sono un’infinità di miti sulla creazione, ma neppure in uno troviamo la semplice logica del racconto biblico della creazione. (Genesi, capitoli 1, 2) Ad esempio, il racconto che ne fa la mitologia greca ha del barbarico. Il primo a fare una raccolta sistematica di miti fu il greco Esiodo, che scrisse la sua Teogonia nell’VIII secolo a.E.V. Egli spiega l’origine degli dèi e del mondo. Inizia con Gea, o Gaia (Terra), che fa nascere Urano (Cielo). Il seguito è spiegato così dallo studioso Jasper Griffin, in The Oxford History of the Classical World:

      5 “Esiodo narra la storia, conosciuta da Omero, del succedersi delle divinità del cielo. All’inizio Urano era il supremo, ma egli confinò [nel Tartaro] i suoi figli. Uno di questi, Crono, su istigazione di Gaia lo evirò. Crono a sua volta divorò i suoi stessi figli, finché sua moglie Rea gli diede da mangiare una pietra al posto di Zeus; il piccolo Zeus fu allevato a Creta e, cresciuto, costrinse suo padre a vomitare i suoi fratelli, insieme ai quali, e con l’aiuto di altri, sconfisse Crono e i suoi Titani e li fece precipitare nel Tartaro”.

      6. Secondo Jasper Griffin, qual è la probabile provenienza di gran parte della mitologia greca?

      6 Dove attinsero i greci questa strana mitologia? Lo stesso autore risponde: “La sua origine primaria sembra fosse sumera. In queste narrazioni orientali troviamo un succedersi di dèi, e i motivi della castrazione, dell’inghiottire e di una pietra ricorrono in forme tali che, pur con alcune varianti, dimostrano che la somiglianza con Esiodo non è un puro caso”. Dobbiamo rivolgerci alle antiche Mesopotamia e Babilonia quale luogo di provenienza di molti miti che permearono altre culture.

      7. (a) Perché non è facile ottenere informazioni sugli antichi miti cinesi? (b) Come spiega un mito cinese la creazione della terra e dell’uomo? (Confronta Genesi 1:27; 2:7).

      7 La mitologia antica della religione popolare cinese non è sempre facile da definire, poiché molti racconti scritti furono distrutti tra il 213 e il 191 a.E.V.b Alcuni miti sono comunque sopravvissuti, come quello che descrive la formazione della terra. Un professore d’arte orientale, Anthony Christie, scrive: “Apprendiamo che il Caos era simile a un uovo di gallina. Non esistevano né il Cielo né la Terra. Da quell’uovo nacque P’an-ku, mentre dagli elementi pesanti d’esso prese forma la Terra e da quelli leggeri il Cielo. P’an-ku è raffigurato come un nano, vestito di una pelle d’orso o di un mantello di foglie. Per 18.000 anni la distanza fra la Terra e il Cielo crebbe ogni giorno di dieci piedi, e P’an-ku cresceva allo stesso ritmo di modo che il suo corpo colmava quella distanza. Quando egli morì, il suo corpo smembrato si trasformò in vari elementi naturali. . . . Le pulci del suo corpo divennero la razza umana”.

      8. Secondo la mitologia incaica, come vennero all’esistenza le lingue?

      8 Una leggenda incaica del Sudamerica spiega come un creatore mitico dotò ciascuna nazione del linguaggio. “Egli diede a ogni nazione la lingua che doveva parlare . . . Egli diede vita e anima a ciascuna come pure agli uomini e alle donne e comandò ad ogni nazione di calarsi sotto la terra. Perciò ogni nazione attraversò il sottosuolo e venne fuori nei luoghi cui egli li aveva destinati”. (The Fables and Rites of the Yncas, di Cristóbal de Molina, Cuzco, citato in South American Mythology) In questo caso pare che il racconto biblico della confusione delle lingue a Babele sia sostanzialmente il fatto da cui trae spunto il mito incaico. (Genesi 11:1-9) Ma ora rivolgiamo l’attenzione al Diluvio descritto nella Bibbia in Genesi 7:17-24.

      Il Diluvio: fatto storico o mito?

      9. (a) Cosa ci narra la Bibbia circa le condizioni esistenti sulla terra prima del Diluvio? (b) Cosa dovettero fare Noè e la sua famiglia per scampare al Diluvio?

      9 Riportandoci indietro nel tempo di circa 4.500 anni, al 2500 a.E.V. circa, la Bibbia ci narra che spirituali figli di Dio ribelli si materializzarono assumendo forma umana e ‘si presero delle mogli’. Da questo incrocio innaturale nacquero i violenti nefilim, “i potenti dell’antichità, gli uomini famosi”. La loro condotta sfrenata influì a tal punto sul mondo antidiluviano che Geova disse: “‘Cancellerò gli uomini che ho creato dalla superficie del suolo . . . perché davvero mi rammarico di averli fatti’. Ma Noè trovò favore agli occhi di Geova”. La narrazione poi continua descrivendo gli specifici passi pratici che Noè dovette compiere per salvare se stesso, la sua famiglia e un gran numero di specie animali dal Diluvio. — 6:1-8, 13–8:22; 1 Pietro 3:19, 20; 2 Pietro 2:4; Giuda 6.

      10. Perché la narrazione biblica del Diluvio non dovrebbe essere considerata un mito?

      10 Il racconto degli avvenimenti antidiluviani contenuto in Genesi viene definito un mito dai critici moderni. Eppure la storia di Noè fu accettata e creduta da uomini fedeli quali Isaia, Ezechiele, Gesù Cristo e gli apostoli Pietro e Paolo. È anche avvalorata dal fatto che si riflette in varie mitologie di ogni parte del mondo, fra cui l’antica Epopea di Gilgamesh come pure i miti della Cina e quelli degli aztechi, degli incas e dei maya. Tenendo in mente il racconto biblico, prendiamo ora in esame la mitologia assiro-babilonese e i suoi riferimenti a un diluvio.c — Isaia 54:9; Ezechiele 14:20; Matteo 24:37; Ebrei 11:7.

      Il Diluvio e il semi-dio Gilgamesh

      11. Su cosa si basa ciò che sappiamo dell’Epopea di Gilgamesh?

      11 Percorrendo a ritroso la storia, probabilmente di circa 4.000 anni, incontriamo il famoso mito accadico chiamato Epopea di Gilgamesh. Ciò che sappiamo di questo mito si basa soprattutto su un testo cuneiforme proveniente dalla biblioteca di Assurbanipal, che regnò nell’antica Ninive.

      12. Chi era Gilgamesh, e perché non era benvoluto? (Confronta Genesi 6:1, 2).

      12 È la storia delle gesta di Gilgamesh, descritto come un semi-dio, per due terzi dio e per un terzo uomo. Una versione dell’Epopea dichiara: “A Uruk costruì mura, una grande fortezza, e il tempio del sacro Eanna per il dio del firmamento Anu, e per Ishtar dea dell’amore . . . , nostra signora dell’amore e della guerra”. (Vedi pagina 45, dove compare un elenco di divinità assiro-babilonesi). Comunque Gilgamesh non era proprio una persona gradevole. Gli abitanti di Uruk si lamentarono con gli dèi: “La sua brama non lascia alcuna vergine al suo amante, né la figlia del guerriero né la moglie del nobile”.

      13. (a) Quale provvedimento presero gli dèi, e cosa fece Gilgamesh? (b) Chi era Utnapishtim?

      13 Quale provvedimento presero gli dèi in risposta alla protesta degli uomini? La dea Aruru creò Enkidu perché fosse il rivale umano di Gilgamesh. Ma anziché essere nemici, essi divennero intimi amici. Più avanti nel poema Enkidu muore. Costernato, Gilgamesh prorompe nel grido: “Quando morirò non sarò io come Enkidu? Affanno è entrato nel mio ventre. Per timore della morte, vago nella steppa”. Volendo scoprire il segreto dell’immortalità si mette alla ricerca di Utnapishtim, il superstite del diluvio che era entrato nella schiera degli dèi ricevendo l’immortalità.

      14. (a) Cosa fu detto a Utnapishtim di fare? (Confronta Genesi 6:13-16). (b) Quale fu l’esito del viaggio epico di Gilgamesh?

      14 Infine Gilgamesh trova Utnapishtim, che gli racconta la storia del diluvio. Come si legge nell’XI tavoletta dell’Epopea, nota come Tavoletta del Diluvio, Utnapishtim riferisce le istruzioni dategli riguardo al diluvio: “Abbatti (questa) casa, costruisci una nave! Abbandona i possedimenti, cerca la vita. . . . Trasporta nella nave il seme di tutte le cose viventi”. Non si nota qui qualche analogia con quanto dice la Bibbia di Noè e del Diluvio? Ma Utnapishtim non può conferire l’immortalità a Gilgamesh. Deluso, Gilgamesh torna a Uruk. Il racconto si conclude con la sua morte. Ciò che questo poema epico vuole trasmettere è la tristezza e l’ineluttabilità della morte e dell’aldilà. Quegli uomini del passato non trovarono l’Iddio della verità e della speranza. È tuttavia abbastanza evidente il legame tra quel poema epico e la semplice descrizione dell’era antidiluviana contenuta nella Bibbia. Vediamo ora come il racconto del Diluvio compare in altre leggende.

      La leggenda del diluvio in altre culture

      15. Perché la leggenda sumerica del diluvio è interessante per noi?

      15 Ancora più antico del racconto contenuto nell’Epopea di Gilgamesh è il mito sumerico intorno a “Ziusudra, la controparte del Noè biblico, descritto come un re pio e devoto, sempre ansioso di ricevere rivelazioni divine attraverso sogni o rituali magici”. (Ancient Near Eastern Texts Relating to the Old Testament) Secondo la stessa fonte, questo mito “presenta la più stretta e più sorprendente analogia col materiale biblico scoperta finora nella letteratura sumerica”. La civiltà babilonese e quella assira, sorte più tardi, furono influenzate da quella sumerica.

      16. Da dove poterono derivare le leggende cinesi del diluvio?

      16 Un libro (China—A History in Art) parla di Yü, un antico monarca della Cina “che arginò la Grande Inondazione. Yü incanalò verso i fiumi e i mari la massa delle acque per ristabilire il suo popolo”. Il mitologista Joseph Campbell scrisse riguardo al “Periodo [cinese] dei Grandi Dieci”: “Nella mitologia del principio dell’epoca Chou, dieci imperatori furono attribuiti a questa importante era, che termina con un Diluvio. Sembra pertanto che ciò che stiamo qui esaminando altro non sia che una versione locale della serie contenuta nell’antica lista dei re sumerica”. Campbell citò poi altri dettagli relativi alle leggende cinesi che sembravano “consolidare l’argomento a favore di una derivazione mesopotamica”. Questo ci riporta alla stessa fonte originaria di molti miti. Ritroviamo la storia del Diluvio anche nelle Americhe, per esempio in Messico all’epoca degli aztechi nei secoli XV e XVI E.V.

      17. Quali leggende del diluvio avevano gli aztechi?

      17 La mitologia azteca parlava di quattro età anteriori a quella attuale, nella prima delle quali la terra era abitata da giganti. (Anche questo richiama alla mente i nefilim, i giganti a cui si fa riferimento nella Bibbia in Genesi 6:4). Essa includeva la leggenda di un diluvio primordiale secondo cui “le acque di sopra si mescolano con quelle di sotto, cancellando gli orizzonti e facendo di ogni cosa un infinito oceano cosmico”. Il dio che governava la pioggia e l’acqua era Tlaloc. Comunque, la pioggia non si otteneva da lui a buon mercato, ma egli la dava “in cambio del sangue di vittime sacrificate, che versando lacrime simulavano e pertanto stimolavano la caduta della pioggia”. (Mythology—An Illustrated Encyclopedia) Un’altra leggenda narra che signora della quarta età era stata Chalchihuitlicue, la dea dell’acqua, il cui universo era perito mediante un diluvio. Gli uomini si erano salvati diventando pesci!

      18. Quali racconti sono comuni nella mitologia sudamericana? (Confronta Genesi 6:7, 8; 2 Pietro 2:5).

      18 Anche gli incas avevano le loro leggende del Diluvio. Lo scrittore inglese Harold Osborne afferma: “Forse la caratteristica che più di ogni altra è onnipresente nel mito sudamericano è quella delle storie di un diluvio . . . Miti di un diluvio sono molto diffusi sia fra gli abitanti delle alte terre che fra le tribù delle pianure tropicali. Il diluvio è generalmente messo in relazione con la creazione e con un’epifania [manifestazione] del dio-creatore. . . . È considerato talvolta una punizione divina con la quale l’umanità esistente viene cancellata in vista della comparsa di una nuova razza”.

      19. Descrivete la leggenda maya del diluvio.

      19 In modo analogo, i maya del Messico e dell’America Centrale avevano la loro leggenda di un diluvio universale, o haiyococab, che significa “acqua sulla terra”. Il vescovo cattolico Las Casas scrisse che gli indiani guatemaltechi “lo chiamarono Butic, parola che significa inondazione di molte acque e sta per giudizio finale; pertanto essi credono che dovrà esserci un altro Butic, ovvero un altro diluvio e giudizio, non d’acqua ma di fuoco”. Nel mondo esistono molte altre leggende del diluvio, ma le poche fin qui menzionate servono a confermare il fulcro della leggenda: l’avvenimento storico narrato nel libro di Genesi.

      L’onnipresente credenza dell’immortalità dell’anima

      20. Qual era la credenza assiro-babilonese riguardo all’oltretomba?

      20 Non tutti i miti però hanno una base storica o biblica. Nella sua ricerca di Dio, l’uomo si è aggrappato alla vana illusione dell’immortalità. Come vedremo nel corso di questo libro, la credenza in un’anima immortale (o varianti d’essa) è un retaggio tramandatoci attraverso i millenni. Gli appartenenti all’antica cultura assiro-babilonese credevano in un oltretomba. Un’enciclopedia spiega: “Sotto la terra, oltre l’abisso dell’Apsu [oceano di acqua dolce su cui la terra galleggiava e che la circondava], si trovava la dimora infernale alla quale gli uomini scendevano dopo la morte. Era la ‘Terra senza ritorno’ . . . In queste regioni di perpetue tenebre le anime dei morti — edimmu — ‘rivestite di ali, come uccelli’, stanno tutte mischiate insieme”. Secondo il mito, questo mondo sotterraneo era governato dalla dea Ereshkigal, la “Signora della grande terra”. — New Larousse Encyclopedia of Mythology.

      21. Secondo la concezione egiziana, che accadeva ai morti?

      21 Similmente gli egiziani avevano la loro concezione dell’anima immortale. Prima che l’anima potesse raggiungere la felicità celeste doveva essere commisurata a Maat, la dea della verità e della giustizia, simboleggiata dalla piuma della verità. Anubi, il dio dalla testa di sciacallo, oppure Horus, il falco, verificavano la pesatura. Se approvata da Osiride, l’anima proseguiva fino al soggiorno beato degli dèi. (Vedi illustrazione a pagina 50). Come accade spesso, qui troviamo il comune elemento del concetto babilonico dell’anima immortale che impronta la religione, la vita e il comportamento di intere popolazioni.

      22. Quale concetto avevano i cinesi dei morti, e cosa si faceva per aiutarli?

      22 L’antica mitologia cinese includeva la credenza in una vita ultraterrena e la necessità di pacificare gli antenati. Questi erano “concepiti come spiriti viventi e potenti, che si davano tutti molto pensiero del benessere dei loro discendenti viventi, ma che erano capaci di esprimere ira punitiva se venivano offesi”. Ai morti si doveva dare ogni assistenza, anche compagni nella morte. Pertanto “i funerali di alcuni re del periodo Shang . . . venivano accompagnati da un certo numero di vittime sepolte vive col defunto, dalle cento alle trecento, che sarebbero dovute essere al suo servizio nell’altro mondo. (Questa pratica collega l’antica Cina con l’Egitto, l’Africa, il Giappone e altri luoghi in cui venivano fatti simili sacrifici)”. (Man’s Religions, di John B. Noss) In questi casi la credenza in un’anima immortale portava a compiere sacrifici umani. — Nota il contrasto con Ecclesiaste 9:5, 10; Isaia 38:18, 19.

      23. (a) Nella mitologia greca, chi era Ade e cosa designava il suo nome? (b) Cos’è l’Ade (Ades) secondo la Bibbia?

      23 Anche i greci, che nella loro mitologia avevano ideato molti dèi, si preoccupavano dei morti e del loro destino. Secondo i loro miti, il signore di quel reame di cupe tenebre era un figlio di Crono e fratello degli dèi Zeus e Posidone (o Poseidone). Si chiamava Ade, nome che designava anche il suo regno. In che modo le anime dei morti raggiungevano l’Ade?d

      24. (a) Secondo la mitologia greca, che accadeva negli inferi? (b) Quale analogia con l’Epopea di Gilgamesh c’era nella mitologia greca?

      24 La scrittrice Ellen Switzer spiega: “Vi erano . . . creature spaventose negli inferi. C’era Caronte, il nocchiero che trasportava i trapassati dal paese dei viventi agli inferi. Caronte richiedeva il pedaggio per la traversata [dello Stige], e i greci erano soliti seppellire i loro morti con una moneta sotto la lingua per essere certi che avessero l’obolo occorrente. Le anime dei morti che non erano in grado di pagare rimanevano sull’altra sponda del fiume, in una specie di terra di nessuno, e sarebbero potute tornare a ossessionare i vivi”.e

      25. Chi subì l’influsso del pensiero greco riguardo all’anima?

      25 I miti greci sull’anima passarono a influenzare il pensiero romano, e i filosofi greci, come Platone (circa 427-347 a.E.V.), esercitarono un notevole influsso sui primi pensatori cristiani apostati che accolsero nella loro dottrina l’insegnamento dell’anima immortale, sebbene non avesse alcun fondamento biblico.

      26, 27. Com’era considerata la morte da aztechi, incas e maya?

      26 Pure gli aztechi, gli incas e i maya credevano in un’anima immortale. Per loro la morte era un mistero come lo era per le altre civiltà. Essi avevano cerimonie e credenze perché fosse più facile accettarla. L’esperto di archeologia Victor W. von Hagen spiega (in The Ancient Sun Kingdoms of the Americas): “I morti erano in realtà vivi: erano solo passati da una condizione a un’altra; erano invisibili, impalpabili, invulnerabili. I morti . . . erano divenuti i componenti invisibili della comunità”. — Nota il contrasto con Giudici 16:30; Ezechiele 18:4, 20.

      27 La stessa fonte spiega che “l’indiano [inca] credeva nell’immortalità; in effetti credeva che non si morisse affatto, . . . il cadavere semplicemente non era più tale e assumeva l’autorità delle forze invisibili”. Anche i maya credevano in un’anima e in 13 cieli e 9 inferni. Così, ovunque guardiamo, gli uomini hanno voluto negare la realtà della morte, e per far questo si sono aggrappati all’idea dell’anima immortale. — Isaia 38:18; Atti 3:23.

      28. Quali sono alcune credenze molto diffuse in Africa?

      28 Similmente, le mitologie africane contengono riferimenti a un’anima imperitura. Molti africani vivono nel terrore delle anime dei morti. “Questa credenza è collegata con un’altra”, spiega un’enciclopedia: “che l’anima continui a esistere dopo la morte. Gli stregoni sono in grado di evocare le anime per rafforzare i propri poteri. Spesso le anime dei morti trasmigrano in corpi di animali oppure possono anche reincarnarsi in piante”. (New Larousse Encyclopedia of Mythology) Di conseguenza lo zulù magari non uccide certi serpenti perché crede siano gli spiriti di familiari defunti.

      29. Spiegate le leggende di alcune tribù dell’Africa meridionale. (Confronta Genesi 2:15-17; 3:1-5).

      29 I masai dell’Africa sudorientale credono in un creatore chiamato ’Ng ai, che pone accanto ad ogni masai un angelo custode per proteggerlo. Quando il guerriero muore, l’angelo prende la sua anima e la porta nell’aldilà. La già citata enciclopedia Larousse parla di una leggenda zulù sulla morte il cui protagonista è il primo uomo, Unkulunkulu, che in questo mito impersonava l’essere supremo. Egli mandò il camaleonte a dire all’umanità: “Gli uomini non devono morire!” Il camaleonte era lento e per la strada si distrasse. Allora Unkulunkulu mandò un messaggio diverso per mezzo di una lucertola, che diceva: “Gli uomini devono morire!” La lucertola arrivò per prima “e da allora nessun uomo è sfuggito alla morte”. Con qualche variante, troviamo la stessa leggenda fra le tribù beciuane, basotho e baronga.

      30. Cosa vedremo ulteriormente in questo libro riguardo all’anima?

      30 Più avanti in questo studio della ricerca di Dio da parte dell’uomo vedremo ulteriormente quanta importanza ha avuto ed ha ancora per l’umanità il mito dell’anima immortale.

      Culto del sole e sacrifici umani

      31. (a) Cosa credevano gli egiziani riguardo al dio-sole Ra? (b) Come contrasta questo con ciò che dice la Bibbia? (Salmo 19:4-6)

      31 La mitologia egizia ha un vasto pantheon di dèi e dee. Come avvenne in tante altre società antiche, nella loro ricerca di Dio gli egiziani tendevano ad adorare ciò che sosteneva la loro vita quotidiana: il sole. Perciò, col nome di Ra (Amon-Ra) veneravano il sovrano signore del cielo, che su un battello attraversava ogni giorno il cielo da est a ovest e, quando scendeva la notte, seguiva un percorso pericoloso attraverso gli inferi.

      32. Descrivete una festa del dio del fuoco Xiuhtecutli (Huehueteotl).

      32 I sacrifici umani erano un aspetto comune del culto del sole nelle religioni azteca, incaica e maya. Gli aztechi celebravano una serie ciclica di feste religiose, con sacrifici umani ai loro svariati dèi, particolarmente nel culto del dio-sole Tezcatlipoca. Inoltre, durante la festa del dio del fuoco Xiuhtecutli (Huehueteotl), “i prigionieri di guerra danzavano insieme ai loro vincitori e . . . venivano fatti girare vorticosamente intorno a un fuoco guizzante, poi scaraventati sui carboni e ripescati vivi per estrarne il cuore ancora palpitante da offrire agli dèi”. — The Ancient Sun Kingdoms of the Americas.

      33. (a) Cosa includeva il culto incaico? (b) Cosa dice la Bibbia dei sacrifici umani? (Confronta 2 Re 23:5, 11; Geremia 32:35; Ezechiele 8:16).

      33 La religione incaica, più a sud, aveva i suoi propri sacrifici e miti. Nell’antico culto incaico venivano offerti bambini e animali al dio-sole Inti e a Viracocha, il creatore.

      Mitici dèi e dee

      34. Da quali divinità era composta la principale triade egiziana, e quale ruolo avevano?

      34 La principale triade egiziana era composta da Iside, simbolo della maternità divina, Osiride, suo fratello e consorte, e Horus loro figlio, generalmente rappresentato da un falco. Talvolta Iside è raffigurata nelle statue egizie mentre allatta il figlio, in un atteggiamento che ricorda molto le statue e i dipinti della cristianità che raffigurano la Vergine col bambino, entrati in uso oltre duemila anni più tardi. Con l’andar del tempo Osiride, marito di Iside, divenne popolare come dio dei morti, perché offriva alle anime dei morti la speranza di una vita eternamente felice nell’aldilà.

      35. Chi era Hathor, e qual era la sua principale festa annuale?

      35 Hathor era la dea egizia dell’amore e della gioia, della musica e della danza. Divenuta in seguito la regina dei morti, aiutava questi a raggiungere il cielo con una scala. Veniva celebrata con grandi feste, “soprattutto il giorno di Capodanno, che era l’anniversario della sua nascita. Prima dell’alba le sacerdotesse portavano fuori sulla terrazza l’immagine di Hathor per esporla ai raggi del sole nascente. Il tripudio che seguiva era un pretesto per darsi a una vera e propria orgia, e il giorno si concludeva fra canti e vino”. (New Larousse Encyclopedia of Mythology) Le cose sono forse molto diverse oggi, migliaia di anni dopo, quando si festeggia il Capodanno?

      36. (a) In quale ambiente religioso si trovò Israele nel XVI secolo a.E.V.? (b) Quale particolare significato ebbero le dieci piaghe?

      36 Gli egiziani avevano inoltre nel loro pantheon molti dèi e dee rappresentati da animali, quali Api il toro, Banaded l’ariete, Heqt la rana, Hathor la vacca e Sebek il coccodrillo. (Romani 1:21-23) Fu in questo ambiente religioso che gli israeliti si trovarono schiavi nel XVI secolo a.E.V. Per liberarli dall’ostinato dominio del faraone, Geova, il Dio d’Israele, dovette mandare dieci piaghe diverse contro l’Egitto. (Esodo 7:14–12:36) Quelle piaghe equivalsero a una deliberata umiliazione dei mitologici dèi d’Egitto. — Vedi pagina 62.

      37. (a) Che genere di personaggi erano alcune divinità romane? (b) Come influì la condotta degli dèi sui loro seguaci? (c) Che esperienza fecero Paolo e Barnaba a Listra?

      37 Passiamo ora agli dèi dell’antico mondo greco-romano. Roma prese a prestito dall’antica Grecia molte divinità, con i loro vizi e le loro virtù. (Vedi pagine 43 e 66). Ad esempio, Venere e Flora erano sfacciate prostitute; Bacco era un ubriacone e un crapulone; Mercurio era un ladrone, e Apollo un seduttore di donne. Si narra che Giove, padre degli dèi, avesse commesso adulterio o incesto con almeno 59 donne! (Che straordinaria somiglianza con gli angeli ribelli che convissero con donne prima del Diluvio!) Poiché gli uomini tendono a rispecchiare la condotta degli dèi che adorano, c’è da meravigliarsi se imperatori romani come Tiberio, Nerone e Caligola conducevano una vita dissoluta ed erano adulteri, fornicatori e assassini?

      38. (a) Descrivete il tipo di adorazione praticata a Roma. (b) Come influiva la religione sul soldato romano?

      38 Nella loro religione i romani assorbirono divinità provenienti da numerose tradizioni. Ad esempio, accolsero con entusiasmo il culto di Mithra, dio persiano della luce, che divenne il loro dio-sole (vedi pagine 60-1), e la dea siriana Atargatis (Ishtar). Identificarono Artemide, la dea greca della caccia, con Diana, ed ebbero le loro proprie varianti dell’Iside egiziana. Adottarono anche i gruppi di tre dee celtiche della fertilità. — Atti 19:23-28.

      39. (a) Chi era a capo del sacerdozio romano? (b) Descrivete una delle varie cerimonie religiose romane.

      39 Per l’esercizio dei loro culti pubblici in centinaia di templi e santuari, avevano un gran numero di sacerdoti, tutti “subordinati al Pontifex Maximus [Sommo Pontefice], capo della religione di Stato”. (Atlas of the Roman World) Questa stessa fonte descrive una delle tante cerimonie romane, il taurobolio, in cui “il beneficiario stava in una fossa e su di lui veniva fatto piovere il sangue di un toro sacrificato. Usciva da questo rito in una condizione di purificata innocenza”.

      Leggende e miti cristiani?

      40. Molti studiosi come considerano gli avvenimenti del cristianesimo primitivo?

      40 Secondo alcuni critici moderni, anche il cristianesimo include miti e leggende. È vero questo? Molti eruditi negano la nascita di Gesù da una vergine, i suoi miracoli e la sua risurrezione, ritenendoli miti. Alcuni dicono addirittura che egli non sia mai esistito, ma che il suo mito sia una continuazione di miti più antichi e del culto del sole. Il mitologista Joseph Campbell scrisse: “Diversi studiosi hanno quindi avanzato l’idea che né Giovanni [il Battezzatore] né Gesù siano mai esistiti, ma che si trattasse solo di un dio dell’acqua e di un dio del sole”. Ma dobbiamo ricordare che molti di questi stessi studiosi sono atei e pertanto respingono totalmente qualsiasi credenza in Dio.

      41, 42. Quale testimonianza attesta la storicità del cristianesimo primitivo?

      41 Tuttavia, questa mentalità scettica si scontra direttamente con le testimonianze storiche. Ad esempio, lo storico ebreo Giuseppe Flavio (ca. 37-ca. 100 E.V.) scrisse: “Alcuni giudei scorsero nell’annientamento delle truppe di Erode il castigo di Dio, e ciò come giusta vendetta del trattamento da lui riservato a Giovanni, soprannominato il Battista. Poiché Erode lo aveva messo a morte, benché fosse un uomo buono”. — Marco 1:14; 6:14-29.

      42 Giuseppe Flavio attestò anche l’esistenza storica di Gesù Cristo; scrisse infatti che era sorto “un certo Gesù, un uomo saggio, se pur uomo si può chiamare . . . che i suoi discepoli chiamano figlio di Dio”. Aggiunse che “Pilato lo condannò . . . E fino ad oggi non si è estinta la gente che da lui prende il nome di ‘cristiani’”.f — Marco 15:1-5, 22-26; Atti 11:26.

      43. Che base aveva l’apostolo Pietro per credere in Cristo?

      43 Pertanto l’apostolo cristiano Pietro, un testimone oculare della trasfigurazione di Gesù, poté scrivere con assoluta convinzione: “No, non fu seguendo false storie [greco: mỳthos] inventate artificiosamente che vi facemmo conoscere la potenza e la presenza del nostro Signore Gesù Cristo, ma essendo divenuti testimoni oculari della sua magnificenza. Poiché egli ricevette da Dio Padre onore e gloria, quando dalla magnifica gloria gli furono rivolte queste parole: ‘Questo è mio figlio, il mio diletto, che io ho approvato’. Sì, queste parole udimmo rivolgere dal cielo mentre eravamo con lui sul monte santo”. — 2 Pietro 1:16-18.g

      44. Quale principio biblico dovrebbe guidarci quando c’è conflitto fra le opinioni umane e la Parola di Dio?

      44 In questo conflitto tra l’opinione di uomini “competenti” e la Parola di Dio dobbiamo applicare il principio dichiarato in precedenza: “Che dunque? Se alcuni non hanno espresso fede, renderà forse la loro mancanza di fede senza efficacia la fedeltà di Dio? Non sia mai! Ma sia Dio trovato verace, benché ogni uomo sia trovato bugiardo, come è scritto: ‘Affinché tu sia provato giusto nelle tue parole e vinca quando sei giudicato’”. — Romani 3:3, 4.

      Elementi comuni

      45. Quali sono alcuni elementi comuni alle mitologie di diverse parti del mondo?

      45 Questa breve rassegna delle mitologie di diverse parti del mondo è servita a indicare alcune loro caratteristiche comuni, molte delle quali si possono far risalire a Babilonia, la culla mesopotamica della maggior parte delle religioni. Vi sono dunque elementi comuni, sia che si tratti degli eventi della creazione, o di narrazioni intorno a un’epoca in cui semidèi e giganti occupavano il paese e un diluvio distrusse i malvagi, o dei basilari concetti religiosi del culto del sole e di un’anima immortale.

      46, 47. (a) Quale spiegazione biblica possiamo dare della comune origine delle mitologie e dei loro elementi comuni? (b) Quali altri aspetti degli antichi culti tratteremo?

      46 Da un punto di vista biblico siamo in grado di spiegare questi elementi comuni se rammentiamo che dopo il Diluvio, più di 4.200 anni fa, per volere di Dio gli uomini si sparsero da Babele, in Mesopotamia, in ogni direzione. Pur essendosi separati, formando famiglie e tribù con lingue diverse, avevano avuto all’inizio la stessa cognizione basilare della storia precedente e gli stessi concetti religiosi. (Genesi 11:1-9) Nel corso dei secoli queste nozioni furono distorte e abbellite in ciascuna cultura, dando luogo a narrazioni fantastiche, leggende e miti, molti dei quali sono giunti fino a noi. Questi miti, scissi dalla verità biblica, non sono serviti ad avvicinare gli uomini al vero Dio.

      47 Comunque, l’uomo ha espresso i suoi sentimenti religiosi anche in diversi altri modi: spiritismo, sciamanismo, magia, culto degli antenati, e così via. Questi ci rivelano qualcosa della ricerca di Dio da parte dell’uomo?

      [Note in calce]

      a Per una trattazione dettagliata sulla creazione, vedi il libro Come ha avuto origine la vita? Per evoluzione o per creazione?, edito in Italia dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova.

      b La mitologia cinese più recente, che è il risultato dell’influsso del buddismo, del taoismo e del confucianesimo, verrà trattata nei Capitoli 6 e 7.

      c Per una trattazione più dettagliata delle prove della storicità del Diluvio, vedi Perspicacia nello studio delle Scritture, edito in Italia dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, Volume 1, pagine 327-8, 694-6.

      d “Ade” (o “Ades”, NM) compare dieci volte nelle Scritture Greche Cristiane, non come nome di un personaggio mitologico, ma nel senso di comune tomba del genere umano. È il termine greco corrispondente all’ebraico she’òhl. — Confronta Salmo 16:10; Atti 2:27, Interlineare del Regno (inglese). — Vedi Perspicacia nello studio delle Scritture, edito in Italia dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, Volume 1, pagine 62-3.

      e È interessante che Utnapishtim, l’eroe dell’Epopea di Gilgamesh, aveva il suo barcaiolo, Urshanabi, che fece attraversare a Gilgamesh le acque di morte perché incontrasse il superstite del diluvio.

      f Secondo il testo tradizionale di Giuseppe Flavio, nota in calce, pagina 48 dell’edizione inglese della Harvard University Press, Volume IX.

      g Per maggiori informazioni sul cristianesimo, vedi il Capitolo 10.

      [Riquadro a pagina 43]

      Divinità greche e romane

      Molti dèi e dee della mitologia greca avevano funzioni e attributi simili nella mitologia romana. Qui sono elencate alcune di queste divinità.

      Greche Romane Attribuzioni

      Afrodite Venere Dea dell’amore

      Apollo Apollo Dio della luce, della

      medicina e della poesia

      Ares Marte Dio della guerra

      Artemide Diana Dea della caccia e del

      parto

      Asclepio Esculapio Dio della medicina

      Atena Minerva Dea delle arti, della

      guerra e della saggezza

      Crono Saturno Per i greci, re dei

      Titani e padre di Zeus.

      Nella mitologia romana,

      anche dio dell’agricoltura

      Demetra Cerere Dea delle messi

      Dioniso Bacco Dio del vino, della

      fertilità e della

      sfrenatezza

      Efesto Vulcano Fabbro degli dèi e dio del

      fuoco e della lavorazione

      dei metalli

      Era Giunone Protettrice del matrimonio

      e delle donne. Per i greci,

      sorella e moglie di Zeus;

      per i romani, moglie

      di Giove

      Ermete Mercurio Messaggero degli dèi; dio

      del commercio (Hermes) e

      della scienza; protettore

      dei viaggiatori, dei ladri

      e dei vagabondi

      Eros Cupido Dio dell’amore

      Estia Vesta Dea del focolare domestico

      Gea Tellus Simbolo della terra e madre

      e moglie (Terra) di Urano

      Ipno Sonno Dio del sonno

      Plutone, Ade Plutone, Dite Dio degli inferi

      Posidone Nettuno Dio del mare. Nella

      mitologia greca, anche

      dio dei terremoti e dei

      cavalli

      Rea Opi Sposa e sorella di Crono

      Urano Urano Figlio e sposo di Gea e

      padre dei Titani

      Zeus Giove Sovrano degli dèi

      Basato sulla Grande Enciclopedia GE 20, De Agostini, 1972-78.

      [Riquadro a pagina 45]

      Dèi e dee assiro-babilonesi

      Anu: dio supremo, signore dei cieli; padre di Ishtar

      Assur: dio guerriero nazionale degli assiri; anche dio della fertilità

      Ea: dio delle acque. Padre di Marduk. Avvertì Utnapishtim del diluvio

      Enlil (Bel): signore dell’aria; più tardi, nella mitologia greca, trova corrispondenza in Zeus. Dai babilonesi assimilato a Marduk (Bel)

      Ishtar: personificazione divina del pianeta Venere; la prostituzione sacra faceva parte del suo culto. Era Astarte in Fenicia, Atargatis in Siria, Astoret nella Bibbia (1 Re 11:5, 33), Afrodite in Grecia, Venere a Roma

      Marduk: principale dio babilonese; “assorbì tutte le altre divinità e assunse tutte le loro diverse funzioni”. Chiamato Merodac dagli israeliti

      Shamash: dio solare della luce e della giustizia. Precursore del greco Apollo

      Sin: dio-luna, componente della triade che includeva Shamash (il sole) e Ishtar (il pianeta Venere)

      Tammuz (Dumuzi): dio della fertilità. Amante di Ishtar

      (Basato sulla New Larousse Encyclopedia of Mythology)

      [Riquadro/Immagini alle pagine 60 e 61]

      Gli dèi del soldato romano

      Roma era famosa per il suo esercito disciplinato. La coesione dell’impero dipendeva dal morale e dal vigore delle truppe. A questo riguardo la religione era un fattore determinante? Sì, e lo sappiamo grazie al fatto che i romani hanno lasciato evidenti testimonianze della loro dominazione sotto forma di strade, fortezze, acquedotti, anfiteatri e templi. Ad esempio, in Northumbria, nell’Inghilterra settentrionale, c’è il famoso Vallo di Adriano, costruito verso il 122 E.V. Cos’hanno rivelato gli scavi circa l’attività delle guarnigioni romane e il ruolo della religione?

      Nel Museo di Housesteads, situato presso gli scavi di una guarnigione romana sul Vallo di Adriano, un cartello dice: “La vita religiosa del soldato romano si divideva in tre parti. Innanzi tutto . . . il culto dell’imperatore deificato e la venerazione dei numi tutelari di Roma quali Giove, Vittoria e Marte. Ogni anno, sulla spianata di ciascun fortino, veniva consacrato un altare a Giove. Ci si aspettava che tutti i soldati partecipassero alle celebrazioni del compleanno, del giorno di ascesa al trono e delle vittorie degli imperatori deificati”. Questo differisce poco dalle usanze seguite dagli eserciti moderni, in cui cappellani militari, altari e bandiere sono parte integrante del culto delle forze armate.

      Ma qual era il secondo aspetto della vita religiosa del soldato romano? Era l’adorazione delle divinità tutelari e dello spirito protettore della loro particolare unità militare, “come pure degli dèi portati dai loro paesi d’origine”.

      “C’erano infine i culti praticati da ciascun individuo. Purché adempisse i suoi obblighi nei confronti dei culti ufficiali, il soldato era libero di adorare qualsiasi dio desiderasse”. Questo dà l’impressione che ci fosse un clima di estrema libertà religiosa, ma “facevano eccezione quelle religioni, come il druidismo, le cui pratiche erano considerate disumane, e quelle la cui lealtà allo Stato era dubbia, ad esempio il cristianesimo”. — Confronta Luca 20:21-25; 23:1, 2; Atti 10:1, 2, 22.

      È interessante la scoperta fatta nel 1949 di un tempio dedicato a Mithra in un acquitrino a Carrawburgh, non molto distante dal Vallo di Adriano. (Vedi fotografia). Gli archeologi calcolano che fu costruito intorno al 205 E.V. Contiene la raffigurazione di un dio solare, altari e un’iscrizione latina che in parte dice: “Al dio invincibile Mithra”.

      [Riquadro a pagina 62]

      Gli dèi d’Egitto e le dieci piaghe

      Geova, per mezzo delle dieci piaghe, eseguì giudizi sugli impotenti dèi d’Egitto. — Esodo 7:14–12:32.

      Piaga Descrizione

      1 Il Nilo e le altre acque trasformate in

      sangue. Umiliato Hapi, il dio-Nilo

      2 Rane. La dea-rana Heqt non poté impedirla

      3 Polvere trasformata in culici. Thot, signore

      delle arti magiche, non poté aiutare i maghi

      egiziani

      4 Tafani su tutto l’Egitto tranne che in Gosen,

      dove dimorava Israele. Nessun dio fu

      in grado di impedire ciò, neppure Ptah,

      creatore dell’universo, e nemmeno Thot,

      signore delle arti magiche

      5 Pestilenza sul bestiame. Né la dea Hathor,

      la grande vacca celeste, né Api il toro

      poterono impedire questa piaga

      6 Foruncoli. Le divinità sanatrici Thot, Iside

      e Ptah furono incapaci di provvedere aiuto

      7 Tuoni e grandine. Smascherata l’impotenza

      di Reshpu, che dirigeva i fulmini, e di

      Thot, dio della pioggia e del tuono

      8 Locuste. Questo fu un colpo inferto al dio

      della fertilità Min, protettore delle messi

      9 Tre giorni di tenebre. Umiliati Ra, il

      dio-sole per eccellenza, e Horus, un

      dio solare

      10 Morte dei primogeniti compreso quello

      del faraone, che era considerato un dio

      incarnato. Ra (Amon-Ra), il dio-sole

      talvolta rappresentato da un ariete,

      fu incapace di impedirla

      [Riquadro a pagina 66]

      Mitologia e cristianesimo

      Quando circa due millenni or sono il cristianesimo fece la sua comparsa, il culto degli dèi mitici dell’antico mondo greco-romano era all’apice. In Asia Minore prevalevano ancora i nomi greci, il che spiega perché gli abitanti di Listra (nell’attuale Turchia), chiamando “dèi” i cristiani Paolo e Barnaba, che avevano appena compiuto una guarigione, si riferirono a loro rispettivamente come a Hermes e Zeus anziché come ai romani Mercurio e Giove. Il racconto dice che “il sacerdote di Zeus, il cui tempio era davanti alla città, portò tori e ghirlande alle porte e desiderava offrire sacrifici con le folle”. (Atti 14:8-18) A fatica Paolo e Barnaba riuscirono a convincere la folla a non offrire loro sacrifici. Questo dà un’idea di quanto la mitologia venisse presa sul serio a quel tempo.

      [Immagine a pagina 42]

      Il monte Olimpo, in Grecia; era ritenuto la residenza degli dèi

      [Immagine a pagina 47]

      Tavoletta di argilla scritta in caratteri cuneiformi, contenente parte dell’Epopea di Gilgamesh

      [Immagine a pagina 50]

      Anubi, il dio dalla testa di sciacallo, commisura il cuore di un defunto (l’anima), posto sul piatto sinistro della bilancia, a Maat, la dea della verità e della giustizia, simboleggiata da una piuma; Thot scrive il risultato su una tavoletta prima di annunciarlo a Osiride

      [Immagini a pagina 55]

      Chalchihuitlicue, dea azteca dell’acqua dolce; recipiente a forma di civetta, con una cavità in cui si pensa venissero deposti i cuori sacrificati

      [Immagine a pagina 57]

      La triade egiziana: da sinistra, Horus, Osiride e Iside

      [Immagini a pagina 58]

      A Machu Picchu, in Perú, veniva praticata l’adorazione incaica del sole

      L’Intihuatana, nel riquadro, l’“osservatorio” solare a Machu Picchu, forse usato in relazione al culto del sole

      [Immagini a pagina 63]

      Rappresentazioni di Horus il falco, Api il toro ed Heqt la rana. Gli dèi egiziani non furono in grado di impedire le piaghe inviate da Geova, neppure quella del Nilo tramutato in sangue

      [Immagini a pagina 64]

      Divinità greche: da sinistra, Afrodite, Zeus che porta Ganimede, coppiere degli dèi, e Artemide

  • Ricerca dell’ignoto attraverso magia e spiritismo
    L’uomo alla ricerca di Dio
    • Capitolo 4

      Ricerca dell’ignoto attraverso magia e spiritismo

      1. Cosa disse Paolo agli ateniesi sull’Areopago? Perché?

      “UOMINI di Atene, vedo che in ogni cosa voi sembrate dediti al timore delle divinità più di altri”. (Atti 17:22) Queste parole furono rivolte dall’apostolo cristiano Paolo a una folla radunata sull’Areopago, o Colle di Marte, nell’antica città greca di Atene. Paolo fece questa osservazione perché in precedenza aveva notato che “la città era piena di idoli”. (Atti 17:16) Cosa aveva visto?

      2. Cosa rivelava che gli ateniesi avevano timore delle divinità?

      2 Senza dubbio Paolo aveva visto un gran numero di dèi greci e romani in quella città cosmopolita, ed era palese che la vita degli abitanti era incentrata sul culto delle divinità. Per timore di trascurare, forse senza volerlo, qualche divinità importante o potente che perciò si sarebbe potuta adirare, gli ateniesi addirittura includevano nel loro culto “un Dio sconosciuto”. (Atti 17:23) Questa era una chiara indicazione del loro timore delle divinità.

      3. Il timore delle divinità è una caratteristica esclusiva degli ateniesi?

      3 Certo il timore delle divinità, in special modo di quelle sconosciute, non è una caratteristica esclusiva degli ateniesi del I secolo. Da migliaia d’anni esso domina pressoché tutta l’umanità. In molte parti del mondo quasi ogni aspetto della vita umana ha direttamente o indirettamente a che fare con qualche divinità o con gli spiriti. Come abbiamo visto nel capitolo precedente, le mitologie degli antichi egiziani, greci, romani, cinesi e altri traevano le loro radici da certe idee relative a dèi e spiriti, idee che incidevano sensibilmente sulle questioni personali e nazionali. Durante il Medioevo circolavano in tutto il reame della cristianità un’infinità di storie riguardanti alchimisti, maghi e streghe. E oggi la situazione è molto simile.

      Usanze e superstizioni oggi

      4. Quali sono alcune usanze molto diffuse che a quanto pare si collegano con divinità o spiriti?

      4 Che se ne rendano conto o no, le persone fanno molte cose che si collegano con pratiche o credenze superstiziose, alcune delle quali hanno a che fare con divinità o spiriti. Ad esempio, sapevate che l’osservanza del compleanno trae origine dall’astrologia, la quale attribuisce grande importanza all’esatta data di nascita? Che dire della torta di compleanno? Pare abbia relazione con la dea greca Artemide, il cui genetliaco veniva celebrato con focacce al miele a forma di luna su cui erano poste delle candele. O sapevate che vestirsi di nero ai funerali era in origine uno stratagemma per sfuggire all’attenzione degli spiriti malvagi che si diceva stessero in agguato in tali occasioni? In Africa certi neri si dipingono di bianco, mentre in altri paesi parenti e amici del morto indossano abiti dai colori insoliti per non farsi riconoscere dagli spiriti.

      5. Quali superstizioni comuni conoscete?

      5 Oltre a queste usanze molto diffuse, in ogni luogo la gente ha le proprie superstizioni e i propri timori. In Occidente rompere uno specchio, vedere un gatto nero, passare sotto una scala, il venerdì 17 o, a seconda di dove abitate, il martedì o venerdì 13, sono tutte cose considerate di malaugurio. In Oriente i giapponesi chiudono il chimono sovrapponendolo sul lato destro, perché solo ai cadaveri viene chiuso al contrario. Le loro case sono prive di finestre e porte sul lato nordorientale, affinché i demoni, che si dice vengano da quella direzione, non trovino l’entrata. Nelle Filippine la gente toglie le scarpe ai morti e gliele pone accanto alle gambe prima della sepoltura, affinché “San” Pietro li accolga. Quando gli adulti avvertono i piccoli che devono comportarsi bene, indicano la faccia della luna dicendo che è “San” Michele che guarda e annota le loro marachelle.

      6. Fino a che punto oggi la gente è coinvolta nello spiritismo?

      6 La credenza nell’esistenza di spiriti e divinità, comunque, non si riduce a usanze e superstizioni apparentemente innocue. Sia nelle società primitive che in quelle moderne si è fatto e si fa tuttora ricorso a vari mezzi per dominare o placare gli spiriti malvagi e propiziarsi quelli buoni. Naturalmente possono subito venirci in mente abitatori di luoghi remoti nelle foreste tropicali o sui monti che, quando sono malati o in altre gravi difficoltà, consultano medium, guaritori e sciamani (sacerdoti-stregoni). Ma anche abitanti di città grandi e piccole ricorrono ad astrologi, pronosticatori, indovini e chiaroveggenti per conoscere il futuro o per essere aiutati a prendere importanti decisioni. Alcuni, pur dicendo di appartenere a una qualche religione, si dedicano con entusiasmo a queste pratiche. Molti altri hanno fatto dello spiritismo, della magia nera e dell’occultismo la loro religione.

      7. Quali domande dobbiamo prendere in esame?

      7 Qual è la fonte o l’origine di tutte queste pratiche e superstizioni? Sono solo modi diversi per avvicinarsi a Dio? E, ciò che più conta, che effetto hanno su coloro che le seguono? Per trovare la risposta a queste domande dobbiamo dare uno sguardo retrospettivo alla storia dell’uomo e farci un’idea delle sue primitive forme di culto.

      Desiderio di scoprire l’ignoto

      8. Quale qualità peculiare distingue gli uomini dalle creature inferiori?

      8 Contrariamente a quanto possono affermare gli evoluzionisti, l’uomo possiede una dimensione spirituale che lo rende diverso dalle creature inferiori e lo eleva al di sopra di esse. Nasce con un forte spirito indagatore. Ha sempre cercato una risposta a domande quali: Che senso ha la vita? Che accade quando si muore? Che relazione ha l’uomo col mondo fisico, o meglio con l’universo? È inoltre mosso dal desiderio di comunicare con qualcosa di più elevato o più potente di se stesso così da poter acquistare un certo controllo sul proprio ambiente e sulla propria vita. — Salmo 8:3, 4; Ecclesiaste 3:11; Atti 17:26-28.

      9. Come descrive uno studioso la “spiritualità”?

      9 A questo riguardo, in un suo libro (Man, God and Magic) Ivar Lissner scrisse: “Ci si può solo meravigliare per la costanza con cui l’uomo si è sforzato, nel corso della storia, di protendersi oltre se stesso. Le sue energie non sono mai state dirette unicamente a soddisfare le proprie necessità materiali. Ha sempre indagato, avanzando a tentoni, aspirando all’irraggiungibile. Questo strano e innato anelito dell’essere umano è la sua spiritualità”.

      10. Cosa mostra che l’uomo ha un naturale desiderio di tendere a Dio?

      10 Certo, coloro che non credono in Dio non vedono le cose esattamente così. In genere attribuiscono questa inclinazione umana ai bisogni dell’uomo, siano essi psicologici o d’altro genere, come abbiamo visto nel Capitolo 2. Tuttavia, non è capitato forse a tutti noi di notare che, dinanzi al pericolo o a una situazione disperata, generalmente la prima reazione di una persona è quella di invocare l’aiuto di Dio o di qualche potenza soprannaturale? Questo è vero oggi come lo era nel passato. Pertanto Lissner proseguì dicendo: “Chiunque abbia effettuato delle ricerche fra i più antichi popoli primitivi non può fare a meno di intuire che avevano tutti un’idea di Dio, che possedevano una viva consapevolezza dell’esistenza di un essere supremo”.

      11. Che esito ha avuto lo sforzo dell’uomo di penetrare l’ignoto? (Confronta Romani 1:19-23).

      11 Come cercassero di soddisfare questo innato desiderio di penetrare l’ignoto era tutta un’altra cosa. I cacciatori e i pastori nomadi erano intimoriti dalla forza degli animali selvaggi. I contadini seguivano con particolare interesse i cambiamenti di clima e di stagione. Gli abitanti delle foreste tropicali reagivano in maniera del tutto diversa da coloro che vivevano nei deserti o sui monti. Dinanzi a queste diverse paure e necessità, gli uomini idearono una sbalorditiva quantità di pratiche religiose attraverso le quali speravano di propiziarsi le divinità benefiche e placare quelle malefiche.

      12. Quali aspetti si può notare che hanno in comune le pratiche religiose di persone di ogni parte del mondo?

      12 Nonostante la grande diversità, queste pratiche religiose hanno in comune certi aspetti facilmente riconoscibili. Tra questi ci sono il reverenziale timore di spiriti divinizzati e di potenze soprannaturali, l’impiego di magia, divinazione mediante segni e presagi, astrologia e svariati metodi di predizione della sorte. Man mano che li prenderemo in esame, noteremo come questi aspetti hanno avuto un ruolo primario nel plasmare le concezioni religiose degli uomini in ogni parte del mondo e in tutte le epoche, fino al nostro giorno.

      Spiriti divinizzati e potenze soprannaturali

      13. Cosa avrà reso perplessi gli uomini dell’antichità?

      13 Agli uomini dell’antichità la vita appariva piena di mistero. Essi erano circondati da fatti inspiegabili e sconcertanti. Per esempio, non riuscivano a capire perché una persona perfettamente sana dovesse all’improvviso ammalarsi, o perché il cielo non dovesse dare la pioggia nella sua stagione, o perché un albero spoglio e apparentemente privo di vita dovesse in un certo tempo dell’anno rinverdire e apparire pieno di vita. Perfino la sua stessa ombra, il battito del proprio cuore e il proprio respiro per l’uomo erano misteri.

      14, 15. Mancando di intendimento e guida, a che cosa l’uomo attribuiva con più probabilità ciò che non riusciva a spiegare? (Confronta 1 Samuele 28:3-7).

      14 Data la sua inclinazione innata verso le cose spirituali, era del tutto normale che l’uomo attribuisse questi fatti e questi eventi misteriosi a qualche potenza soprannaturale. Ad ogni modo, mancando egli di giusta guida e corretto intendimento, presto il suo mondo si popolò di anime, spiriti, spettri e demoni. Ad esempio, gli indiani algonchini dell’America del Nord chiamano l’anima della persona otahchuk, che significa “la sua ombra”, e i malesi dell’Asia sudorientale credono che quando un uomo muore la sua anima esca dalle narici. Oggi la credenza negli spiriti e nelle anime dei morti — unita ai tentativi di comunicare con loro in qualche modo — è pressoché universale.

      15 In maniera analoga, altre cose appartenenti al mondo della natura — il sole, la luna, le stelle, i mari, i fiumi e i monti — sembravano avere vita ed esercitare diretta influenza sulle attività umane. Poiché pareva che occupassero un mondo a sé, queste cose vennero personificate sotto forma di spiriti e divinità, alcuni benigni e soccorrevoli, altri maligni e dannosi. L’adorazione delle cose create finì per occupare un posto preminente in quasi tutte le religioni.

      16. Come si è manifestato il culto di spiriti, divinità e oggetti sacri?

      16 Possiamo trovare credenze di questo genere nelle religioni di quasi tutte le civiltà antiche. I babilonesi e gli egiziani adoravano i loro dèi del sole, della luna e delle costellazioni. Anche animali e bestie selvagge erano oggetto del loro culto. Gli induisti sono famosi per il loro pantheon di dèi, che ne include milioni. I cinesi hanno sempre avuto montagne sacre e divinità fluviali, ed esprimono la loro devozione filiale attraverso il culto degli antenati. Gli antichi druidi delle Isole Britanniche consideravano sacre le querce, e avevano una speciale venerazione per il vischio che cresce sulla quercia. I greci e i romani diedero in seguito il loro contributo; e la credenza in spiriti, divinità, anime, demoni e oggetti sacri di ogni genere divenne profondamente radicata.

      17. Com’è evidente ancor oggi il culto delle cose create?

      17 Benché oggi tutte queste credenze possano essere considerate superstizioni da alcuni, idee di questo genere sono ancora contenute nelle pratiche religiose di molti in ogni parte del mondo. C’è ancora chi crede che certi monti, fiumi, rocce dalla forma strana, vecchi alberi e tante altre cose siano sacri, e ne fa oggetto di devozione. In quei luoghi vengono costruiti altari, santuari e templi. Ad esempio, il fiume Gange è sacro per gli indù, e la loro massima aspirazione è quella di bagnarsi in esso da vivi e di farvi spargere le proprie ceneri dopo morti. I buddisti ritengono sia un’esperienza straordinaria compiere atti di devozione nel santuario di Bodh Gayā, in India, luogo in cui il Budda avrebbe ottenuto l’illuminazione sotto un albero di fico. I cattolici si recano, camminando sulle ginocchia, alla basilica della Madonna di Guadalupe, in Messico, o si bagnano nell’acqua “santa” del santuario di Lourdes, in Francia, sperando in guarigioni miracolose. La venerazione di cose create anziché del Creatore è tutt’oggi molto evidente. — Romani 1:25.

      Nasce la magia

      18. A che cosa portò la credenza negli spiriti e nelle divinità?

      18 Una volta affermatasi la credenza secondo cui il mondo inanimato sarebbe pieno di spiriti, buoni e cattivi, non fu difficile compiere il passo successivo: cercar di comunicare con quelli buoni per ottenere guida e favori e di placare quelli cattivi. Nacquero così le pratiche magiche, diffusissime quasi in ogni nazione antica e moderna. — Genesi 41:8; Esodo 7:11, 12; Deuteronomio 18:9-11, 14; Isaia 47:12-15; Atti 8:5, 9-13; 13:6-11; 19:18, 19.

      19. (a) Cos’è la magia? (b) Perché a molti la magia sembra credibile?

      19 In senso stretto, la magia è il tentativo di dominare le forze della natura o quelle soprannaturali e di sottoporle al volere dell’uomo. Non conoscendo la vera causa di molti eventi quotidiani, gli uomini delle società primitive credevano che la ripetizione di certe parole o formule, oppure l’esecuzione di qualche rito, potesse produrre particolari effetti desiderati. Ciò che dava un aspetto di credibilità a questo tipo di magia era il fatto che alcuni rituali sortivano veramente l’effetto sperato. Per esempio, si dice che i guaritori — in sostanza maghi o stregoni — delle isole Mentawai a ovest di Sumatra fossero sorprendentemente bravi nel guarire chi soffriva di diarrea. Il loro rituale magico consisteva nel far giacere la vittima bocconi sull’orlo di un dirupo e farle leccare il terreno di tanto in tanto. Perché era efficace? Perché quel terreno conteneva caolino, l’argilla bianca comunemente impiegata oggi in alcuni farmaci antidiarroici.

      20. In che modo la magia finì per dominare la vita di molti?

      20 Questi successi sporadici neutralizzarono presto tutti gli insuccessi e fecero acquistare fama a coloro che esercitavano tali arti. Essi divennero in breve tempo personaggi rispettati e tenuti in alta stima: sacerdoti, capi, sciamani, guaritori, stregoni, medium. Venivano consultati per ogni sorta di problemi, quali guarire o prevenire malattie, ritrovare oggetti smarriti, identificare ladri, scongiurare influssi malefici e farsi vendetta. Infine venne all’esistenza un grande complesso di pratiche e riti superstiziosi in relazione a queste faccende e ad altri eventi della vita, come nascita, raggiungimento della maggiore età, fidanzamento, matrimonio, morte e sepoltura. La misteriosa potenza della magia finì presto per dominare ogni aspetto della vita umana.

      Danze della pioggia e malefìci

      21, 22. Cosa si intende per “magia imitativa”? Fate esempi.

      21 Nonostante la multiforme varietà che si riscontra nelle pratiche magiche di popoli diversi, i princìpi essenziali su cui esse si basano sono notevolmente simili. Innanzi tutto c’è l’idea che il simile agisce sul simile, che un effetto desiderato si può ottenere riproducendolo. Questa è chiamata a volte magia imitativa. Ad esempio, quando la siccità minacciava i raccolti, gli indiani omaha dell’America Settentrionale danzavano intorno a un recipiente pieno d’acqua. Poi uno di essi si metteva un po’ di quell’acqua in bocca e la sbruffava in aria imitando un rovescio di pioggia. O magari un uomo si rotolava per terra come un orso ferito per assicurarsi la riuscita nella sua caccia all’orso.

      22 Altri avevano riti più elaborati, comprendenti canti rituali e offerte. I cinesi costruivano un grande drago di carta o di legno, il loro dio della pioggia, e lo portavano in processione, oppure facevano uscire dal tempio l’idolo della loro divinità e lo esponevano al sole affinché potesse sentire il calore e forse mandare la pioggia. Il rituale degli ngoni, una popolazione dell’Africa orientale, prevede che si versi birra in un recipiente incassato nel pavimento di un tempio della pioggia e che poi si preghi: “Signore Chauta, hai indurito il tuo cuore verso di noi, cosa vuoi che facciamo? Di sicuro periremo. Dà ai tuoi figli le piogge, ed ecco, questa è la birra che noi ti offriamo”. Quindi bevono il resto della birra. Dopo ciò eseguono canti e danze mentre agitano rami bagnati nell’acqua.

      23. Come si svilupparono la stregoneria e la pratica di fare malie? (Confronta Levitico 19:31; 20:6, 27; Deuteronomio 18:10-13).

      23 Un’altra idea base di certe pratiche magiche è che gli oggetti appartenuti a una persona continuino a influire su di lei anche dopo che le sono stati sottratti. Da qui la pratica di fare a qualcuno la malia operando su un oggetto che prima gli apparteneva. Ancora nel XVI e XVII secolo in Europa e in Inghilterra si credeva che streghe e stregoni avessero il potere di arrecare in tal modo danno ad altri. Fra le tecniche impiegate c’erano quelle di fare un’immagine di cera della persona e infilzarvi degli spilli, scrivere il suo nome su un pezzo di carta e poi bruciarlo, seppellire un pezzo dei suoi abiti, o fare dell’altro a qualcosa che le fosse appartenuto: capelli, pezzetti di unghie, sudore o perfino escrementi. Quanto fossero diffuse queste e altre pratiche lo si può dedurre dal fatto che negli anni 1542, 1563 e 1604, furono emanate in Inghilterra leggi parlamentari con cui la stregoneria veniva dichiarata un delitto capitale. In una maniera o nell’altra, questa forma di magia è stata praticata in tutte le epoche e quasi in ogni nazione.

      Il futuro in segni e presagi

      24. (a) Cos’è la divinazione? (b) In che modo i babilonesi praticavano la divinazione?

      24 Spesso la magia viene impiegata per scoprire informazioni segrete o per cercare di conoscere il futuro mediante segni e presagi. Questo si chiama divinazione, e i babilonesi erano famosi per essa. Un libro spiega che “erano maestri nelle arti divinatorie, e predicevano il futuro esaminando il fegato e le viscere di vittime animali, la fiamma e il fumo, nonché la brillantezza di pietre preziose; ricavavano pronostici dal mormorio delle fonti e dalla forma delle piante. . . . Fenomeni atmosferici, pioggia, nuvole, vento e fulmini venivano interpretati come cattivi auspici; le incrinature in mobili e pannelli di legno erano presagi di eventi futuri. . . . Mosche e altri insetti, come pure i cani, erano portatori di messaggi occulti”. — Magic, Supernaturalism, and Religion.

      25. Come Ezechiele e Daniele fecero riferimento alla divinazione praticata nell’antica Babilonia?

      25 Il libro biblico di Ezechiele riferisce che, durante una campagna militare, ‘il re di Babilonia stette fermo al crocevia, in capo alle due vie, per ricorrere alla divinazione. Egli scosse le frecce. Interrogò per mezzo dei terafim; guardò nel fegato’. (Ezechiele 21:21) Evocatori, stregoni e sacerdoti che praticavano la magia facevano inoltre comunemente parte della corte babilonese. — Daniele 2:1-3, 27, 28.

      26. Qual era una forma di divinazione molto diffusa fra i greci?

      26 Anche presso altre nazioni, sia orientali che occidentali, ci si occupava di varie forme di divinazione. I greci consultavano i loro oracoli non solo per gli eventi politici importanti, ma anche per questioni di natura privata quali matrimonio, viaggi e figli. Il più famoso era l’oracolo di Delfi. I responsi, che si pensava provenissero dal dio Apollo, venivano dati per mezzo di una sacerdotessa o Pizia con suoni inintelligibili, ed erano interpretati dai sacerdoti in modo tale da creare versi ambigui. Un esempio classico fu il responso dato a Creso, re di Lidia, che diceva: “Se Creso attraversa l’Halys, distruggerà un potente impero”. Il potente impero che fu distrutto risultò essere proprio il suo. Creso subì la sconfitta per mano di Ciro il Persiano quando attraversò l’Halys per invadere la Cappadocia.

      27. In che misura i romani praticavano la divinazione?

      27 In Occidente l’arte divinatoria fu in auge presso i romani, i quali non facevano quasi nulla senza aver prima ottenuto auspici e presagi. Persone di ogni classe sociale credevano in cose quali astrologia, stregoneria, talismani, predizione della sorte e in varie altre forme di divinazione. E secondo Edward Gibbon, esperto di storia romana, “i vari tipi di culto, assai diffusi nel mondo romano, erano tutti considerati dal popolo ugualmente giusti”. Il famoso statista e oratore Cicerone era esperto nel trarre presagi dal volo degli uccelli. Lo storico romano Petronio osservò che, a giudicare dal gran numero di religioni e culti esistenti in certe città romane, in quelle città dovevano esserci più dèi che persone.

      28. In quale modo i cinesi praticavano la divinazione nell’antichità?

      28 In Cina sono stati rinvenuti oltre 100.000 frammenti di gusci di tartaruga e ossi oracolari, risalenti al II millennio a.E.V. (dinastia Shang). Venivano usati dai sacerdoti Shang per chiedere la guida divina circa ogni cosa, dal tempo atmosferico agli spostamenti delle truppe. Su questi ossi i sacerdoti incidevano le domande in un’antica forma di scrittura. Poi li passavano al fuoco ed esaminavano le fenditure che vi si erano prodotte; quindi sugli stessi ossi scrivevano i responsi. Alcuni studiosi sostengono che da quest’antica forma di scrittura si sia sviluppata la scrittura cinese.

      29. Quale principio della divinazione è esposto nello I Ching?

      29 Il più noto manuale cinese antico di divinazione è lo I Ching (Libro dei Mutamenti; si pronuncia I-Ging), che si dice sia stato scritto nel XII secolo a.E.V. dai primi due imperatori Chou, Wen Wang e Chou Kung. Contiene spiegazioni dettagliate dell’interazione fra due forze in antitesi, il yin e il yang (oscuro-chiaro, negativo-positivo, femmina-maschio, luna-sole, terra-cielo, e così via), tuttora ritenuti da molti cinesi i princìpi che regolano ogni aspetto della vita. Secondo tale opera, ogni cosa è in perenne mutamento e nulla è permanente. Per riuscire in qualsiasi impresa bisogna essere consapevoli di tutti i mutamenti del momento e agire in armonia con essi. Pertanto la gente pone domande e getta le sorti, quindi si rivolge allo I Ching per ottenere la risposta. Da secoli in Cina lo I Ching è la base di ogni genere di predizione della sorte, della geomanzia e di altre tecniche divinatorie.

      Dall’astronomia all’astrologia

      30. Descrivete come si sviluppò l’astronomia antica.

      30 L’ordine e la precisione con cui si muovono il sole, la luna, le stelle e i pianeti hanno sempre affascinato gli uomini qui sulla terra. In Mesopotamia sono stati rinvenuti cataloghi stellari che risalgono al 1800 a.E.V. Basandosi su tali informazioni, i babilonesi erano in grado di predire diversi fenomeni astronomici, quali le eclissi lunari, il sorgere e il tramontare di costellazioni e certi movimenti dei pianeti. Anche egiziani, assiri, cinesi, indiani, greci, romani e altri popoli antichi osservavano il cielo e tenevano particolareggiate registrazioni dei fenomeni astronomici. In base a queste registrazioni preparavano i loro calendari e predisponevano le loro attività annuali.

      31. In che modo dall’astronomia nacque l’astrologia?

      31 Dalle osservazioni astronomiche risultò evidente che certi fenomeni terrestri sembravano sincroni con certi fenomeni celesti. Ad esempio, il cambiamento delle stagioni seguiva da vicino il movimento del sole, le maree si alzavano e si abbassavano secondo le fasi lunari, la piena annuale del Nilo seguiva sempre la comparsa di Sirio, la stella più luminosa. Fu naturale concludere che i corpi celesti avessero un ruolo importante nel causare questi e altri eventi sulla terra. Difatti gli egizi chiamavano Sirio il Portatore del Nilo. Dalla nozione secondo cui le stelle influivano sulle vicende terrene si passò facilmente all’idea che si potesse contare sugli astri per predire il futuro. Così dall’astronomia nacque l’astrologia. Ben presto re e imperatori ebbero a corte i loro astrologi ufficiali per consultare le stelle riguardo a importanti questioni nazionali. Ma anche la gente comune interrogava le stelle circa i propri destini personali.

      32. Come praticavano l’astrologia i babilonesi?

      32 Tornano nuovamente in scena i babilonesi. Essi consideravano le stelle dimore celesti degli dèi, proprio come i templi ne erano la dimora terrestre. Da qui derivò il concetto di raggruppare le stelle in costellazioni come pure la credenza che fenomeni celesti straordinari, quali le eclissi o la comparsa di certe stelle luminose o comete, presagissero afflizioni e guerre sulla terra. Tra gli oggetti portati alla luce in Mesopotamia sono state rinvenute centinaia di registrazioni compilate dagli astrologi per i re. Alcune di queste affermavano, ad esempio, che un’imminente eclissi lunare era il segno che un certo nemico avrebbe subìto la sconfitta oppure che la comparsa di un certo pianeta in una data costellazione significava “grande ira” sulla terra.

      33. Cosa disse Isaia dei babilonesi ‘che guardavano le stelle’?

      33 Fino a che punto i babilonesi facessero affidamento su questa forma di divinazione si può ulteriormente capire dalle parole di scherno che il profeta Isaia pronunciò contro di loro quando predisse la distruzione di Babilonia: “Stattene, ora, con le tue malie e con l’abbondanza delle tue stregonerie, nelle quali ti sei affaticata fin dalla tua giovinezza . . . Stiano in piedi, ora, e ti salvino, gli adoratori dei cieli, quelli che guardano le stelle, che alle lune nuove divulgano conoscenza circa le cose che verranno su di te”. — Isaia 47:12, 13.

      34. Chi erano i “Magi” che visitarono il piccolo Gesù?

      34 Da Babilonia l’astrologia fu portata in Egitto, Assiria, Persia, Grecia, Roma e Arabia. In Oriente anche gli indù e i cinesi avevano i loro elaborati sistemi di astrologia. I “Magi” che, come riferisce l’evangelista Matteo, visitarono il piccolo Gesù erano ‘astrologi [provenienti] da luoghi orientali’. (Matteo 2:1, 2) Certi studiosi ritengono che questi astrologi appartenessero alla scuola di astrologia caldea e medo-persiana originaria della Partia, un tempo provincia della Persia diventata poi l’impero indipendente dei parti.

      35. Che tipo di astrologia si sviluppò da quella dei greci?

      35 Furono comunque i greci a sviluppare l’astrologia nella forma praticata oggi. Nel II secolo E.V. Claudio Tolomeo, un astronomo greco di Alessandria d’Egitto, riunì tutte le informazioni astrologiche del suo tempo in un trattato in quattro libri, chiamato Tetrabiblos, che fino ad oggi è servito di testo base per l’astrologia. Da esso si sviluppò quella che è comunemente chiamata astrologia genetliaca, ovvero un sistema di predizione del futuro mediante lo studio dell’oroscopo, lo schema in cui risultano le posizioni del sole, della luna e di vari pianeti fra le costellazioni relativamente al tempo e al luogo di nascita della persona.

      36. Quali prove ci sono che l’astrologia aveva acquistato rispettabilità?

      36 Nei secoli XIV e XV l’astrologia era ormai largamente accettata in Occidente. Divenne materia di insegnamento nelle università, e richiedeva discreta conoscenza delle lingue e della matematica. Gli astrologi erano considerati dei dotti. Gli scritti di Shakespeare sono pieni di allusioni agli influssi astrologici sulle vicende umane. Ogni corte reale e molti nobili avevano al loro servizio astrologi privati per l’immediata consultazione. Difficilmente ci si accingeva a un’impresa — che si trattasse di far guerra, costruire, fare affari o un viaggio — senza aver prima consultato le stelle. L’astrologia aveva acquistato rispettabilità.

      37. Come hanno influito sull’astrologia i progressi della scienza?

      37 Nonostante che il lavoro di astronomi come Copernico e Galileo e il progredire dell’indagine scientifica l’abbiano screditata moltissimo come scienza valida, l’astrologia è sopravvissuta fino a questo giorno. (Vedi pagina 85). Su capi di Stato come anche su persone comuni, sia che vivano in nazioni tecnologicamente avanzate o in remoti villaggi di paesi in via di sviluppo, quest’arte misteriosa iniziata dai babilonesi, sviluppata dai greci e ulteriormente ampliata dagli arabi, esercita ancor oggi grande influenza.

      Destino scritto nel volto e sul palmo della mano

      38. Cosa portò ad altre forme di divinazione che hanno attinenza con la mano e il volto umani?

      38 Se rivolgersi ai cieli in cerca di segni e presagi riguardo al futuro appare intangibile, per coloro che si dilettano di arti divinatorie ci sono altri mezzi più immediati e più facilmente accessibili. Lo Zohar, o Sefer ha-zohar (ebraico, Libro dello splendore), un testo di misticismo ebraico redatto nel XIII secolo, dichiarava: “Nel firmamento che avvolge l’universo vediamo numerose figure formate da stelle e pianeti. Esse rivelano cose nascoste e misteri profondi. Analogamente, sulla pelle che riveste l’essere umano esistono forme e tratti che sono le stelle del nostro corpo”. Questa filosofia portò a ulteriori tecniche di divinazione o predizione del futuro, che cercavano di ricavare indizi profetici dall’esame del volto e del palmo della mano. Queste pratiche sono ancora molto diffuse sia in Oriente che in Occidente. Ma è evidente che traggono le loro radici dall’astrologia e dalla magia.

      39. Cos’è la fisiognomia, e come è stata applicata?

      39 La fisiognomia è la pratica divinatoria che si basa sull’esame dei tratti del volto dell’individuo, quali la forma degli occhi, del naso, dei denti e delle orecchie. Nel 1531 a Strasburgo un certo Joannes de Indagine pubblicò un libro sull’argomento, corredato di vivide incisioni che rappresentano volti con occhi, naso, orecchie, eccetera, dalle forme più disparate, insieme alle sue interpretazioni. Fatto interessante, egli citò le parole di Gesù Cristo riportate in Matteo 6:22 — “Se, dunque, il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà illuminato” — come base per affermare che occhi grandi, luminosi e ben aperti denotavano integrità e buona salute, mentre occhi infossati e piccoli erano un indice di invidia, malizia e sospetto. Comunque in un libro simile, Compendio di fisiognomia, pubblicato nel 1533, l’autore Barthélémy Cocles asserì che occhi grandi e ben aperti denotavano una persona volubile e pigra.

      40. (a) Cos’è la chiromanzia? (b) Come si è fatto ricorso alla Bibbia per difendere la chiromanzia?

      40 Secondo gli indovini, dopo la testa è la mano, più di ogni altra parte del corpo, che rispecchia gli influssi astrali. Pertanto, la lettura delle linee della mano per determinare il carattere e il destino dell’individuo è un’altra popolare forma di divinazione, detta chiromanzia, o lettura della mano. I chiromanti del Medioevo cercarono di trovare nella Bibbia qualcosa che difendesse la loro arte. Trovarono versetti quali “Egli nella mano d’ogni uomo pone un segno, affinché ciascuno conosca le opere sue” e “Ella ha nella destra mano la lunga vita, nella sinistra le ricchezze e la gloria”. (Giobbe 37:7; Proverbi 3:16, Ma) Venivano prese in esame anche le protuberanze o monti della mano, perché si pensava che rappresentassero i pianeti e che pertanto rivelassero qualcosa circa la persona e il suo futuro.

      41. Com’è praticata la divinazione in Oriente?

      41 Quella di predire la sorte studiando le caratteristiche del volto e della mano è una pratica molto popolare in Oriente. Oltre agli indovini di professione e ai consulenti che offrono i loro servizi, abbondano i dilettanti e gli hobbisti, dal momento che sono largamente disponibili libri e pubblicazioni ad ogni livello. Molti considerano la lettura della mano un passatempo, ma tanti altri prendono la cosa sul serio. In generale, comunque, gli orientali si accontentano di rado di una sola tecnica di divinazione. Quando hanno problemi seri o importanti decisioni da prendere, di solito si recano al loro tempio, sia esso buddista, taoista, scintoista o d’altro genere, per interrogare gli dèi, poi dall’astrologo per consultare le stelle, dall’indovino per farsi leggere la mano e guardare in viso, e alla fine, tornati a casa, interrogano i loro antenati defunti. Sperano di trovare da qualche parte una risposta che sembri loro confacente.

      È solo un gioco innocente?

      42. Il naturale desiderio di conoscere il futuro dove ha condotto molti?

      42 È naturale che ognuno voglia sapere cosa riserva il futuro. Anche il desiderio di assicurarsi una buona sorte e di evitare ciò che può essere dannoso è universale. Ecco perché uomini di tutte le epoche si sono rivolti a spiriti e divinità per ricevere una guida. In questo modo sono caduti nello spiritismo, nella magia, nell’astrologia e in altre pratiche superstiziose. Nel passato alcuni usavano portare addosso per protezione amuleti e talismani, e si rivolgevano a stregoni e sciamani per farsi guarire. Ancor oggi alcuni tengono o portano addosso medagliette di “san” Cristoforo o “portafortuna”, e fanno sedute spiritiche o si servono di oui-ja, sfere di cristallo, oroscopi e tarocchi. Per quanto riguarda lo spiritismo e la superstizione, pare che gli uomini siano cambiati pochissimo.

      43. (a) Come considerano molti lo spiritismo, la magia e la divinazione? (b) A quali domande circa le pratiche superstiziose si deve rispondere?

      43 Molti, è ovvio, si rendono conto che tutto ciò altro non è che superstizione e che è assolutamente privo di fondamento. Magari aggiungono che, se lo fanno, è solo per gioco. Altri addirittura sostengono che magia e divinazione in realtà sono benefiche, perché danno sicurezza psicologica a coloro che altrimenti potrebbero sentirsi smarriti dinanzi agli ostacoli che incontrano nella vita. Ma si tratta solo di un gioco innocente e di un sostegno psicologico? Qual è la vera fonte delle pratiche spiritiche e magiche di cui abbiamo parlato in questo capitolo, come pure di molte altre che non abbiamo menzionato?

      44. Essenzialmente, cosa si può dire della base su cui si fondano tutte queste pratiche?

      44 Esaminando i vari aspetti dello spiritismo, della magia e della divinazione, abbiamo notato che questi hanno stretta relazione con la credenza nelle anime dei defunti e nell’esistenza degli spiriti, benigni e maligni. Essenzialmente, dunque, la credenza negli spiriti, nella magia e nella divinazione si fonda su una forma di politeismo generata dalla dottrina dell’immortalità dell’anima umana. È questa una buona base su cui edificare la propria religione? Approvereste l’adorazione che ha un simile fondamento?

      45. Quale quesito circa i cibi offerti agli idoli si presentò ai cristiani del I secolo?

      45 Ai cristiani del I secolo si presentarono gli stessi quesiti, poiché vivevano in mezzo ai greci e ai romani, con il loro pantheon di dèi e divinità e i loro riti superstiziosi. Uno di quei riti consisteva nell’offrire cibo agli idoli e quindi mangiare insieme quel cibo. Chi amava il vero Dio e si preoccupava di piacergli avrebbe potuto partecipare a tali riti? Notate come l’apostolo Paolo rispose a questa domanda:

      46. Cosa credevano Paolo e i primi cristiani riguardo a Dio?

      46 “Ora circa il mangiare cibi offerti agli idoli, sappiamo che l’idolo non è nulla nel mondo, e che non c’è che un solo Dio. Poiché benché ci siano quelli che sono chiamati ‘dèi’, sia in cielo che sulla terra, come ci sono molti ‘dèi’ e molti ‘signori’, effettivamente c’è per noi un solo Dio, il Padre, dal quale sono tutte le cose, e noi per lui; e c’è un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale sono tutte le cose e noi per mezzo di lui”. (1 Corinti 8:4-6) Per Paolo e per i cristiani del I secolo la religione vera non consisteva nell’adorazione di molti dèi, non era politeismo, ma devozione a “un solo Dio, il Padre”, di cui la Bibbia rivela il nome dicendo: “Affinché conoscano che tu, il cui nome è Geova, tu solo sei l’Altissimo su tutta la terra”. — Salmo 83:18.

      47. Come rivelò Paolo la vera identità degli ‘dèi e signori che sono in cielo o sulla terra’?

      47 Dovremmo comunque notare che l’apostolo Paolo, pur avendo detto che “l’idolo non è nulla”, non disse che gli “dèi” e i “signori” ai quali la gente si rivolgeva con l’uso di magia, divinazione e sacrifici non esistessero. Qual è allora il punto? Paolo lo rese chiaro più avanti nella stessa lettera quando scrisse: “Ma dico che le cose che le nazioni sacrificano le sacrificano ai demoni, e non a Dio”. (1 Corinti 10:20) Sì, per mezzo dei loro dèi e dei loro signori le nazioni in effetti adoravano i demoni: creature angeliche o spirituali che si erano ribellate al vero Dio e si erano messe al servizio del loro capo, Satana il Diavolo. — 2 Pietro 2:4; Giuda 6; Rivelazione (Apocalisse) 12:7-9.

      48. Quale pericolo presenta tuttora l’occultismo, e come lo si può evitare?

      48 Spesso la gente commisera i cosiddetti uomini primitivi che vivevano schiavi delle loro superstizioni e dei loro timori. Dice che prova ripulsione per i sacrifici cruenti e i riti crudeli. E giustamente. Eppure anche oggi sentiamo ancora parlare di vudù, culti satanici, perfino di sacrifici umani. Anche se può trattarsi di casi estremi, pur nondimeno dimostrano che è ancora molto vivo l’interesse per le scienze e le pratiche occulte. Potrebbe cominciare come un ‘gioco innocente’ e per curiosità, ma spesso finisce in tragedia e morte. Quanto è saggio prestare ascolto all’avvertimento biblico: “Mantenetevi assennati, siate vigilanti. Il vostro avversario, il Diavolo, va in giro come un leone ruggente, cercando di divorare qualcuno”! — 1 Pietro 5:8; Isaia 8:19, 20.

      49. Su che cosa verterà la nostra indagine nei prossimi capitoli di questo libro?

      49 Dopo aver considerato come ebbe inizio la religione, la varietà delle mitologie antiche e le diverse forme di spiritismo, magia e superstizione, rivolgeremo ora la nostra attenzione alle cosiddette grandi religioni del mondo: induismo, buddismo, taoismo, confucianesimo, scintoismo, ebraismo, chiese della cristianità e islamismo. Come ebbero inizio? Che cosa insegnano? Quale influenza esercitano sui loro aderenti? Queste e altre domande verranno prese in esame nei prossimi capitoli.

      [Testo in evidenza a pagina 76]

      In certi casi la magia sembrava efficace

      [Riquadro a pagina 85]

      L’astrologia ha basi scientifiche?

      L’astrologia asserisce che il sole, la luna, le stelle e i pianeti possono influire sulle vicende umane e che la configurazione di questi astri al momento della nascita dell’individuo esercita un certo influsso sulla sua vita. Tuttavia le scoperte scientifiche la mettono seriamente in discussione:

      ▪ Il lavoro compiuto da astronomi quali Copernico, Galileo e Keplero ha chiaramente dimostrato che la terra non è il centro dell’universo. Ora si sa anche che spesso le stelle che sembrano far parte di una costellazione non sono affatto collegate fra loro. Alcune di esse possono trovarsi a enorme distanza nello spazio, mentre altre possono essere relativamente vicine. Perciò le proprietà zodiacali attribuite alle varie costellazioni sono del tutto immaginarie.

      ▪ Gli astrologi dell’antichità non sapevano dell’esistenza dei pianeti Urano, Nettuno e Plutone, perché sono stati scoperti solo dopo l’invenzione del telescopio. Come venivano giustificati dunque i loro “influssi” dalle carte astrologiche tracciate secoli prima? Inoltre, perché l’“influsso” di un pianeta dovrebbe essere “benefico” mentre quello di un altro “malefico”, quando ora la scienza sa che tutti i pianeti sono masse di roccia o gas prive di vita, che viaggiano nello spazio a grande velocità?

      ▪ La scienza della genetica ci insegna che i tratti basilari della personalità di un individuo sono determinati non alla nascita, ma al concepimento, quando uno dei milioni di spermatozoi del padre penetra in una cellula uovo della madre. Tuttavia l’astrologia determina l’oroscopo di una persona secondo il momento della nascita. In termini astrologici, questa differenza di circa nove mesi dovrebbe conferire all’individuo una personalità completamente diversa.

      ▪ Nel suo moto apparente, oggi il sole attraversa le costellazioni con circa un mese di ritardo rispetto a 2.000 anni fa quando furono tracciate le carte e le tavole astrologiche. Quindi per l’astrologia chi nasce alla fine di giugno o ai primi di luglio sarebbe del segno del Cancro (molto sensibile, malinconico, riservato). Però in effetti in quel periodo il sole si trova nella costellazione dei Gemelli, ragion per cui l’individuo dovrebbe essere espansivo, arguto e loquace.

      È evidente che l’astrologia è priva di qualsiasi base razionale o scientifica.

      [Immagini a pagina 71]

      Specchi rotti, gatti neri e certi numeri sono alla base di alcune superstizioni. L’ideogramma cinese corrispondente a “quattro” evoca “morte” nella lingua cinese e in quella giapponese

      [Immagini a pagina 74]

      A sinistra, la basilica della Madonna di Guadalupe, in Messico, dove i cattolici pregano per ricevere guarigioni miracolose.

      A destra, Stonehenge, in Inghilterra, dove si dice che gli antichi druidi adorassero il sole

      [Immagine a pagina 80]

      Alcuni consultano sciamani e stregoni

      [Immagini a pagina 81]

      Altri fanno sedute spiritiche, si servono di oui-ja, sfere di cristallo e tarocchi, e consultano indovini

      [Immagini a pagina 82]

      In Oriente la divinazione mediante iscrizioni su gusci di tartaruga e mediante il simbolo yin-yang risale a tempi remoti

      [Immagini a pagina 87]

      Molti consultano l’oroscopo credendo che la posizione del sole, della luna, dei pianeti e delle stelle al momento della nascita di una persona influisca sulla sua vita

      [Immagini a pagina 90]

      Scuotendo l’astuccio ed estraendone a sorte un bastoncino, gli appassionati ottengono un responso e la sua interpretazione

  • Induismo: Ricerca di liberazione
    L’uomo alla ricerca di Dio
    • Capitolo 5

      Induismo: Ricerca di liberazione

      “Nella società indù è usanza religiosa farsi il bagno, appena alzati la mattina, in un fiume vicino oppure a casa se nei pressi non ci sono fiumi o ruscelli. Gli induisti credono che questo li renda puri. Poi, ancora digiuni, si recano al tempio del posto e fanno offerte di fiori e cibi alla divinità locale. Alcuni lavano l’idolo e lo decorano con una polvere rossa e gialla.

      “Quasi in ogni casa c’è un angolo oppure una stanza in cui la famiglia può adorare il dio di propria scelta. In certe località una divinità popolare è Gaṇeśa, il dio elefante. La gente lo invoca specialmente al principio di ogni impresa, perché è ritenuto colui che rimuove gli ostacoli. Altrove il principale oggetto di devozione potrebbe essere Krishna, Rama, Śiva, Durga o qualche altra divinità”. — Tara C., Katmandu (Nepal).

      1. (a) Descrivete alcune usanze indù. (b) Quali sono alcune differenze fra la concezione occidentale della vita e quella induista?

      CHE cos’è l’induismo? Si riduce tutto al concetto ultrasemplificato che ne hanno gli occidentali, cioè venerare animali, bagnarsi nel Gange ed essere divisi in caste? O è qualcosa di più complesso? Risposta: È qualcosa di molto più complesso. L’induismo è un modo diverso di concepire la vita, completamente estraneo ai valori occidentali. Gli occidentali tendono a vedere la vita come un succedersi di avvenimenti nella storia. Gli indù vedono la vita come un perenne divenire in cui la storia umana ha poca importanza.

      2, 3. (a) Perché è difficile definire l’induismo? (b) Come spiega uno scrittore indiano l’induismo e il politeismo?

      2 Non è facile definire l’induismo, poiché non ha un preciso credo, né una gerarchia sacerdotale né un organo direttivo. Ha però swami (insegnanti) e guru (guide spirituali). Un testo di storia afferma che col termine induismo si intende, in senso largo, “il complesso di credenze e istituzioni sorte dal tempo in cui furono redatti i Veda, i loro scritti antichi (e più sacri), fino ai nostri giorni”. Un’altra fonte dichiara: “Potremmo dire che l’induismo consiste nell’essere seguaci o devoti degli dèi Vishnu [Viṣṇu] o Shiva [Śiva] — o della dea Shakti [Śakti] — o delle loro incarnazioni, dei loro vari aspetti, delle loro consorti o della loro progenie”. Vi sono inclusi in tal modo il culto di Rama e di Krishna (incarnazioni di Viṣṇu), e quello di Durga, Skanda e Gaṇeśa (rispettivamente la sposa e i figli di Śiva). Si afferma che l’induismo abbia 330 milioni di dèi, eppure, dicono, l’induismo non è politeistico. Com’è possibile?

      3 Lo scrittore indiano A. Parthasarathy spiega: “Gli indù non sono politeisti. L’induismo parla di un solo Dio . . . I diversi dèi e dee del pantheon indù sono semplici rappresentanti dei poteri e delle funzioni dell’unico Dio supremo nel mondo visibile”.

      4. Che cosa abbraccia il termine “induismo”?

      4 Gli indù sono soliti chiamare la propria fede sanatana dharma, che significa legge o ordine eterno. Induismoa è in realtà un termine vago che abbraccia un gran numero di religioni e sette (sampradaya) che si sono sviluppate e sono fiorite nel corso di millenni all’ombra della complessa antica mitologia indù. Quella mitologia è talmente intricata che un’enciclopedia afferma: “La mitologia indiana è simile al groviglio della foresta tropicale. Quando ci si addentra in essa si perde il lume del giorno e ogni chiaro senso di orientamento”. (New Larousse Encyclopedia of Mithology) Ciò nonostante, questo capitolo tratterà alcuni aspetti e alcune dottrine di questa fede.

      Le antiche origini dell’induismo

      5. Che diffusione ha l’induismo?

      5 Anche se forse non è altrettanto diffuso quanto altre grandi religioni, attualmente (1990) l’induismo vanta quasi 700 milioni di devoti seguaci, ovvero circa 1 abitante della terra su 8 (il 13% della popolazione mondiale). Comunque la maggior parte d’essi vive in India. È quindi logico chiedersi: Come e perché l’induismo finì per concentrarsi in India?

      6, 7. (a) Secondo alcuni storici, in che modo l’induismo raggiunse l’India? (b) Quale leggenda del diluvio ha l’induismo? (c) Secondo l’archeologo Marshall, che forma di religione era praticata nella valle dell’Indo prima che arrivassero gli arii?

      6 Secondo alcuni storici, le origini dell’induismo risalgono a oltre 3.500 anni fa, quando un movimento migratorio da nord-ovest portò una popolazione aria di pelle chiara giù nella valle dell’Indo, situata ora in gran parte nel Pakistan e in India. Di lì essa si sparse nelle pianure del Gange e per tutta l’India. Alcuni esperti dicono che le idee religiose di questi immigranti si basavano su antichi insegnamenti iranici e babilonici. Un elemento comune a molte culture e presente anche nell’induismo è una leggenda del diluvio. — Vedi pagina 120.

      7 Ma quale forma di religione era praticata nella valle dell’Indo prima che arrivassero gli arii? Un archeologo, John Marshall, parla della “‘Grande Dea Madre’, le cui rappresentazioni sono a volte figurine di donna incinta e per la maggior parte nudi femminili con alti collari e acconciature. . . . C’è poi il ‘Dio Maschile’, ‘subito riconoscibile come un prototipo del Śiva storico’, seduto con le piante dei piedi che si toccano (una posizione yoga), itifallico (che richiama il culto del linga [fallo]), circondato da animali (che descrivono l’epiteto di Śiva di ‘Signore del bestiame’). Abbondano le rappresentazioni in pietra del fallo e della vulva, . . . indicanti il culto del linga e della yoni di Śiva e della sua sposa”. (World Religions—From Ancient History to the Present) Ancor oggi Śiva è venerato come dio della fertilità, dio del fallo o linga. Il toro Nandi è la sua cavalcatura.

      8, 9. (a) In che modo uno studioso indù dissente dalla teoria di Marshall? (b) Quali contraccuse vengono mosse a proposito di certi oggetti sacri dell’induismo e del “cristianesimo”? (c) Su che cosa si basano gli scritti sacri dell’induismo?

      8 Lo studioso indù Swami Sankarananda dissente dall’interpretazione di Marshall, affermando che in origine le pietre sacre, alcune conosciute come Sivalinga, erano simboli che rappresentavano “il fuoco del cielo o il sole e il fuoco del sole, i raggi”. (The Rigvedic Culture of the Pre-Historic Indus) Egli sostiene che “il culto del sesso . . . non ebbe origine come culto religioso. È un sottoprodotto. È un decadimento dell’originale. È la gente che abbassa al proprio livello l’ideale, troppo elevato perché essa lo comprenda”. Per controbattere la critica occidentale rivolta all’induismo dice che, sulla base della venerazione cristiana della croce, simbolo fallico pagano, “i cristiani . . . sono i seguaci di un culto del sesso”.

      9 Nel corso del tempo credenze, miti e leggende dell’India furono messi per iscritto, e oggi formano gli scritti sacri dell’induismo. Benché vasta, questa letteratura sacra non tenta di proporre una dottrina induistica unificata.

      Gli scritti sacri dell’induismo

      10. Quali sono alcuni fra gli scritti più antichi dell’induismo?

      10 Gli scritti più antichi sono i Veda, una raccolta di preghiere e inni suddivisa in Rigveda, Samaveda, Yajurveda e Atharvaveda. Furono compilati nel corso di diversi secoli e completati verso il 900 a.E.V. I Veda furono integrati più tardi da altri scritti, fra cui i Brahmana e le Upanisad.

      11. (a) Qual è la differenza tra i Brahmana e le Upanisad? (b) Quali dottrine sono esposte nelle Upanisad?

      11 I Brahmana stabiliscono come eseguire i riti e i sacrifici, sia domestici che pubblici, e ne descrivono nei particolari il profondo significato. Furono messi per iscritto a partire dal 300 a.E.V. o più tardi. Le Upanisad (letteralmente “sedute intorno al maestro”), note anche col nome di Vedanta e scritte intorno al 600-300 a.E.V., sono testi dottrinali che dichiarano la ragione di ogni pensiero e azione secondo la filosofia indù. In questi scritti furono esposte la dottrina del samsara (trasmigrazione dell’anima) e quella del karma (o karman, la credenza secondo cui le azioni compiute in una precedente esistenza determinano la propria condizione attuale nella vita).

      12. Chi era Rama, e dove si trova la sua storia?

      12 Un altro insieme di scritti sono i Purana, lunghe storie allegoriche contenenti molti miti indù intorno a dèi e dee come pure a eroi indù. Questa vasta raccolta di scritti indù comprende anche le epopee Ramayana e Mahabharata. Nella prima è narrata la storia del “principe Rama . . . il più illustre di tutti i personaggi contenuti nella letteratura sacra”, secondo A. Parthasarathy. Il Ramayana, risalente forse al IV secolo a.E.V., gode di vastissima popolarità fra gli indù. Narra la storia dell’eroe Rama o Ramachandra, dagli indù considerato un figlio, padre e marito modello. Si ritiene sia il settimo avatara (incarnazione) di Viṣṇu, e spesso il suo nome è invocato come saluto.

      13, 14. (a) Secondo una fonte indù, cos’è la Bhagavad-gita? (b) Che cosa significano i termini Sruti e Smriti, e che cos’è il Manu Smriti?

      13 Secondo Bhaktivedanta Swami Prabhupāda, fondatore dell’Associazione Internazionale per la Coscienza di Krishna, “la Bhagavad-gītā [parte del Mahabharata] insegna la più alta moralità. . . . La Bhagavad-gītā costituisce dunque la suprema via di religione e di moralità. . . . è in essa, nel suo insegnamento finale, che risiede l’apice della moralità e della religione: abbandonarsi a Kṛṣṇa [Krishna]”. — BG, pagina 371.

      14 La Bhagavad-gita (Canto del Beato), considerata da alcuni “il gioiello della saggezza spirituale indiana”, è scritta in forma di dialogo, il quale ha luogo sul campo di battaglia “tra il Signore Śrī Kṛṣṇa [Krishna], la Suprema Persona della Divinità, e Arjuna, Suo intimo amico e discepolo, che Egli istruisce nella scienza della realizzazione del proprio io”. Comunque la Bhagavad-gita è solo una parte della vastissima raccolta di libri sacri indù. Alcuni di questi scritti (Veda, Brahmana e Upanisad) sono considerati Sruti, “uditi”, ovvero “rivelazione”, scritti sacri direttamente rivelati. Altri, come i poemi epici e i Purana, sono Smriti, “ricordati”, ovvero “tradizione”, compilati quindi da autori umani, benché derivati da una rivelazione. Un esempio è il Manu Smriti, che espone la legge religiosa e sociale indù, oltre a spiegare le ragioni del sistema delle caste. Quali sono alcune credenze risultanti da questi scritti indù?

      Dottrine e condotta: ahimsa e varna

      15. (a) Definite il concetto di ahimsa, e spiegate come lo applicano i giainisti. (b) Che idea aveva Gandhi dell’ahimsa? (c) In che modo i sikh differiscono dagli induisti e dai giainisti?

      15 Nell’induismo, come in altre religioni, ci sono certi concetti basilari che influenzano il modo di pensare e la condotta quotidiana. Notevole è quello dell’ahimsa (in sanscrito, ahinsa), o non violenza, per la quale era famoso Mohandas Gandhi (1869-1948), chiamato il Mahatma. (Vedi pagina 113). In base a questa filosofia, ci si aspetta che gli indù non uccidano o si astengano dal nuocere ad altre creature, una delle ragioni questa per cui venerano certi animali come vacche, serpenti e scimmie. Gli esponenti più rigidi di questa dottrina dell’ahimsa e del rispetto della vita sono i seguaci del giainismo (fondato nel VI secolo a.E.V.), che vanno in giro scalzi e portano persino una mascherina per non ingoiare accidentalmente nessun insetto. (Vedi pagina 104 e la foto a pagina 108). All’altro estremo, i sikh sono famosi per la loro tradizione guerriera, e Singh, che significa leone, è un appellativo molto diffuso fra loro. — Vedi pagine 100-101.

      16. (a) La maggioranza degli indù come considera il sistema delle caste? (b) Cosa disse Gandhi del sistema delle caste?

      16 Un aspetto dell’induismo universalmente noto è quello del sistema delle caste, detto varna, che fa una rigida suddivisione della società in classi. (Vedi pagina 113). Non si può fare a meno di notare che la società indù è ancora stratificata da questo sistema, nonostante esso sia respinto da buddisti e giainisti. Ad ogni modo, come la discriminazione razziale persiste negli Stati Uniti e altrove, così pure il sistema delle caste è profondamente impresso nell’animo degli indiani. In un certo senso è una forma di distinzione di classe che, in maniera analoga seppure in minor misura, si può ancora trovare in seno alla società inglese e in altri paesi. (Giacomo 2:1-9) Così in India ciascuno viene al mondo entro un rigido sistema castale e non c’è quasi nessuna via d’uscita. Inoltre di norma l’indù non cerca una via d’uscita. Per lui quella è la sua sorte predeterminata, inevitabile, il risultato delle azioni compiute durante un’esistenza precedente, o karma. Ma come ebbe origine il sistema delle caste? Ancora una volta dobbiamo rivolgerci alla mitologia indù.

      17, 18. Secondo la mitologia indù, come iniziò il sistema delle caste?

      17 Secondo la mitologia indù, c’erano in origine quattro caste principali basate sulle parti del corpo di Puruṣa, l’uomo primordiale padre dell’umanità. Gli inni del Rigveda dichiarano:

      “Quando ebbero smembrato l’Uomo [Puruṣa], come ne distribuirono le parti?

      Che cosa divenne la sua bocca? Che cosa divennero le braccia? Le cosce, i piedi, che nome ricevettero?

      “La sua bocca divenne il Brahmano [la casta superiore], il Guerriero [rajanya] fu il prodotto delle braccia,

      le sue cosce furono l’Artigiano [vaisya], dai piedi nacque il Servitore [sudra]”. — Dizionario delle mitologie e delle religioni, di Yves Bonnefoy, edizione italiana a cura di I. Sordi, BUR, 1989, pagina 361.

      18 Pertanto, si pensava, i brahmani o sacerdoti, la casta più elevata, traevano origine dalla bocca di Puruṣa, la sua parte più alta. La classe politica, cioè guerrieri e re (kshatriya o rajanya), veniva dalle sue braccia. La classe dei commercianti e dei contadini, chiamata vaisya, o vaishya, derivava dalle sue cosce. Una casta inferiore, i sudra, o shudra, gli addetti ai lavori servili, proveniva dalla parte più bassa del suo corpo, i piedi.

      19. Quali altre caste vennero all’esistenza?

      19 Nel corso dei secoli si crearono caste ancora più basse, i fuori casta e intoccabili o, come venivano affettuosamente chiamati dal Mahatma Ghandi, gli harijan, “persone appartenenti al dio Viṣṇu”. Benché l’intoccabilità sia illegale in India dal 1948, gli intoccabili conducono tuttora un’esistenza grama.

      20. Quali sono altri aspetti del sistema castale?

      20 Col passar del tempo le caste si sono moltiplicate in corrispondenza di quasi ogni tipo di professione e artigianato in seno alla società indiana. Questo antico sistema castale, che mantiene ogni uomo o donna al proprio posto nella società, è in realtà anche un ordinamento razziale e “comprende distinti tipi razziali che variano da quella nota come stirpe aria [di pelle chiara] alla stirpe predravidica [di pelle più scura]”. Varna, o casta, significa “colore”. “Le prime tre caste erano arie, la gente più bella; la quarta casta, che comprendeva le popolazioni aborigene di pelle scura, era non aria”. (Myths and Legends Series—India, di Donald A. Mackenzie) È una realtà della vita in India il fatto che il sistema castale, sancito dalla dottrina religiosa del karma, condanna in perpetuo milioni di persone a vivere nella miseria e a subire ingiustizie.

      Il frustrante ciclo delle esistenze

      21. Secondo il Garuda Purana, come influisce il karma sul destino di una persona?

      21 Un’altra credenza o dottrina fondamentale che influisce sull’etica e sul comportamento degli induisti, nonché una delle più essenziali, è quella del karma. È il principio secondo cui ogni azione produce le sue conseguenze, positive o negative; esso determina ciascuna esistenza dell’anima trasmigrata o reincarnata. Il Garuda Purana spiega:

      “Ogni uomo è il creatore del proprio destino, e anche durante la sua vita intrauterina la forza morale delle opere della sua esistenza precedente influisce su di lui. Che si trovi confinato in una roccaforte su un monte o stia navigando dolcemente sulle onde del mare, che stia al sicuro tra le braccia della madre o sia da lei sollevato da terra, l’uomo non può sfuggire agli effetti delle sue azioni precedenti. . . . Qualunque cosa debba capitare a un uomo in qualsiasi particolare era o tempo, di sicuro lo coglierà allora e in quel giorno”.

      Il Garuda Purana prosegue dicendo:

      “La conoscenza acquisita da un uomo nella sua nascita precedente, la ricchezza donata in beneficenza durante la sua esistenza precedente, e le opere da lui compiute nella sua precedente incarnazione, precedono la sua anima nel soggiorno d’essa”.

      22. (a) Qual è la differenza tra l’alternativa offerta dall’induismo all’anima dopo la morte e quella offerta dalla cristianità? (b) Qual è l’insegnamento biblico circa l’anima?

      22 Su cosa si impernia questa credenza? Non ci può essere dottrina del karma senza anima immortale, ed è nel karma che la concezione induistica dell’anima differisce da quella della cristianità. Gli induisti credono che ogni anima umana, jīva o prān,b passi attraverso molte reincarnazioni e forse un “inferno”. Deve sforzarsi di riunirsi con la “Suprema Realtà”, pure detta Brahman (da non confondere col dio indù Brahma). Le dottrine della cristianità, invece, offrono all’anima come alternativa il cielo, l’inferno, il purgatorio o il limbo, a seconda della convinzione religiosa della persona. — Ecclesiaste 9:5, 6, 10; Salmo 146:4.

      23. Come influisce il karma sulla concezione induistica della vita? (Confronta Galati 6:7-10).

      23 A motivo del karma gli indù hanno la tendenza ad essere fatalisti. Essi credono che il ceto sociale a cui uno appartiene e la sua condizione attuale, non importa se buona o cattiva, siano il prodotto di un’esistenza precedente e pertanto meritati. L’indù può cercar di tenere una condotta migliore perché l’esistenza successiva possa essere più sopportabile. Quindi è più disposto ad accettare la propria sorte di quanto non lo sia un occidentale. Per l’indù tutto è il risultato della legge di causa ed effetto in relazione con la sua esistenza precedente. È il principio secondo cui si raccoglie ciò che si è seminato durante una presunta esistenza anteriore. Tutto ciò naturalmente si basa sulla premessa che l’uomo abbia un’anima immortale che passa in un’altra vita, per diventare o un uomo, o un animale o un vegetale.

      24. Cos’è il moksha, e come credono gli indù che si consegua?

      24 Qual è dunque il fine ultimo della fede indù? Raggiungere il moksha, che significa liberazione dall’inesorabile ruota delle rinascite e delle diverse esistenze. È quindi un’evasione dall’esistenza corporea, ma non per il corpo, bensì per l’“anima”. “Poiché il moksha, o liberazione dalla lunga serie di incarnazioni, è l’aspirazione di ogni indù, il massimo avvenimento della sua vita è in realtà la sua morte”, afferma un commentatore. Si può raggiungere il moksha seguendo le diverse marga o vie. (Vedi pagina 110). È incredibile quanto questa dottrina religiosa dipenda dall’antico concetto babilonico dell’anima immortale!

      25. In che modo la concezione induistica della vita differisce dal punto di vista biblico?

      25 Eppure, secondo la Bibbia, questo atteggiamento di sdegno e disprezzo per la vita materiale è diametralmente opposto all’originale proposito di Geova Dio per l’umanità. Quando egli creò la prima coppia di esseri umani, li destinò a un’esistenza terrena felice e gioiosa. Il racconto biblico narra:

      “E Dio creava l’uomo a sua immagine, lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Inoltre, Dio li benedisse e Dio disse loro: ‘Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra e soggiogatela, e tenete sottoposti i pesci del mare e le creature volatili dei cieli e ogni creatura vivente che si muove sopra la terra’. . . . Dio vide poi tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, era molto buono”. (Genesi 1:27-31)

      La Bibbia predice un’imminente era di pace e giustizia per la terra, un’era in cui ogni famiglia avrà il proprio alloggio decente, e salute e vita perfette saranno il destino eterno dell’uomo. — Isaia 65:17-25; 2 Pietro 3:13; Rivelazione (Apocalisse) 21:1-4.

      26. A quale domanda si deve ora rispondere?

      26 Sorge ora la domanda: Quali dèi deve propiziarsi un induista per conseguire un buon karma?

      Il pantheon indù

      27, 28. (a) Quali divinità formano la Trimurti indù? (b) Chi sono le loro spose o consorti? (c) Menzionate alcuni altri dèi e dee indù.

      27 Anche se l’induismo vanta milioni di divinità, nella pratica effettiva ci sono certi dèi preferiti, intorno ai quali si raggruppano le varie sette all’interno dell’induismo. Tre delle divinità più preminenti sono comprese in quella che gli indù chiamano Trimurti, una trinità o triade di dèi. — Per altre divinità indù, vedi le pagine 116-17.

      28 La triade consiste di Brahma il creatore, Viṣṇu il preservatore e Śiva il distruttore, e ciascuno ha almeno una sposa o consorte. Brahma è unito a Sarasvati, la dea della conoscenza. La sposa di Viṣṇu è Lakṣmī, mentre la prima moglie di Śiva fu Satī, che commise suicidio. Fu la prima donna che si gettò sul fuoco sacrificale, divenendo così la prima “sati”. Seguendo il suo esempio mitologico, migliaia di vedove indù nel corso dei secoli si sono sacrificate sul rogo funebre del marito, anche se ora questa usanza è illegale. Śiva ha anche un’altra sposa cui vengono dati svariati nomi e titoli. Nella sua forma benevola essa è Parvati e Uma, nonché Gauri, la Splendente. Nella veste di Durga o Kali è una dea terrifica.

      29. Com’è considerato Brahma dagli indù? (Confronta Atti 17:22-31).

      29 Brahma, pur essendo una figura centrale nella mitologia indù, non occupa un posto di rilievo nel culto praticato dal comune induista. Infatti a lui sono dedicati pochissimi templi, benché sia chiamato Brahma il Creatore. Comunque, la mitologia indù attribuisce il compito di creare l’universo materiale a un essere supremo, principio o essenza, detto Brahman e identificato con la sillaba sacra OM o AUM. Tutti e tre i componenti della triade sono considerati parte di quell’“Essere”, e tutti gli altri dèi sono visti come manifestazioni diverse. Che si adori un dio o un altro come supremo, quindi, si ritiene che quella divinità abbracci tutto. Perciò, anche se venerano apertamente milioni di dèi, quasi tutti gli indù riconoscono un unico vero Dio, che può assumere molte forme: maschili, femminili, o perfino animali. Per tale ragione gli eruditi indù ci tengono a precisare che l’induismo è in effetti monoteistico, non politeistico. Il pensiero vedico posteriore, comunque, respinge il concetto di un essere supremo, sostituendolo con un principio divino o realtà divina impersonale.

      30. Quali sono alcuni avatara di Viṣṇu?

      30 Viṣṇu, una benevola divinità solare e cosmica, è la figura centrale del culto praticato dai seguaci del visnuismo. Egli appare sotto forma di dieci avatara, o incarnazioni, fra cui Rama, Krishna e il Budda.c Un altro avatara è Viṣṇu Narayana, “rappresentato in forma umana sdraiato dormiente sopra le spire del serpente Śeṣa o Ananta, mentre galleggia sulle acque cosmiche con la sua sposa, la dea Lakṣmī, seduta ai suoi piedi e il dio Brahma che sorge da un loto, il quale spunta dall’ombelico di Viṣṇu”. — The Encyclopedia of World Faiths.

      31. Che genere di dio è Śiva?

      31 Śiva, comunemente chiamato anche Mahesha (signore supremo) e Mahadeva (grande dio), è la seconda divinità dell’induismo, e il culto a lui reso si chiama śivaismo. È descritto come “il grande asceta, il maestro yogin che siede immerso in profonda meditazione sulle pendici dell’Himalaya, con il corpo imbrattato di cenere e i capelli attorcigliati sul capo”. È anche famoso per “il suo erotismo, come portatore di fertilità e signore supremo della creazione, Mahadeva”. (The Encyclopedia of World Faiths) Il culto di Śiva viene praticato mediante il linga, emblema di carattere fallico. — Vedi le foto a pagina 99.

      32. (a) Quali forme assume la dea Kali? (b) Quale parola inglese deriva dal culto d’essa?

      32 Come molte altre religioni del mondo, l’induismo ha la sua dea suprema, che può essere sia attraente che terrifica. Nella sua forma più gradevole è denominata Parvati e Uma. La sua forma truce è assunta da Durga o Kali, una dea assetata di sangue che si compiace di sacrifici cruenti. In qualità di dea-madre, Kali Ma (Madre-Terra nera), è la divinità principale dello śaktismo. Viene rappresentata a torso nudo e adorna di cadaveri, serpenti e teschi. Vittime umane strangolate le venivano offerte un tempo da una setta a lei devota, i thug, parola che è entrata nel vocabolario inglese col significato di criminale.

      L’induismo e il Gange

      33. Perché il Gange è sacro per gli indù?

      33 Il pantheon dell’induismo sarebbe incompleto se non menzionassimo il suo fiume più sacro, il Gange. Gran parte della mitologia indù ha relazione col Gange, o Ganga Ma (Madre Ganga), come lo chiamano gli indù devoti. (Vedi cartina a pagina 123). Essi recitano una preghiera che comprende 108 diversi nomi del fiume. Perché i fedeli indù hanno tanta venerazione per il Gange? Perché è strettamente collegato con la loro quotidiana sopravvivenza e con la loro mitologia antica. Credono che un tempo esistesse come Via Lattea nei cieli. Come divenne quindi un fiume?

      34. Secondo la mitologia indù, qual è una spiegazione di come venne all’esistenza il Gange?

      34 A parte qualche variante, quasi tutti gli indù spiegano la cosa in questo modo: il maragià Sagara aveva 60.000 figli che furono inceneriti da Kapila, una forma di Viṣṇu. Le loro anime sarebbero state condannate all’inferno a meno che la dea Ganga non fosse scesa dal cielo per purificarli e liberarli dalla maledizione. Bhagirathi, un pronipote di Sagara, intercedette presso Brahma perché permettesse alla sacra Ganga di scendere sulla terra. Ma essa, prosegue un racconto, ribatté: “‘Se scenderò come un torrente pieno d’impeto manderò in frantumi le fondamenta della terra’. Perciò Bhagirathi, dopo aver fatto penitenza per mille anni, si recò dal dio Shiva, il più grande di tutti gli asceti, e lo persuase ad ergersi sopra la terra fra le rocce e i ghiacci dell’Himalaya. Shiva si attorcigliò i capelli sul capo e permise a Ganga di tuonare e rimbombare scendendo dal cielo lungo le ciocche dei suoi capelli che assorbirono dolcemente il pericoloso impatto sulla terra. Cosí Ganga gocciolò lentamente sulla terra e scese giù dai monti attraverso le pianure, recando acqua e quindi vita al suolo arido”. — Dall’oceano al cielo, di Edmund Hillary, traduzione di L. Serra, dall’Oglio, 1980, pagina 16.

      35. I seguaci di Viṣṇu come spiegano l’esistenza del fiume?

      35 I seguaci di Viṣṇu hanno una versione alquanto diversa di come venne all’esistenza il Gange. È contenuta in un antico testo, il Viṣṇu Purana, che dichiara:

      “Da questa regione [la sacra dimora di Viṣṇu] procede il Gange, che toglie tutti i peccati . . . sgorga dall’unghia dell’alluce sinistro di Viṣṇu”.

      Oppure, come dicono in sanscrito i seguaci di Viṣṇu riferendosi a Ganga, “Visnu-padabja-sambhuta”, che significa “Nata dal piede di loto di Viṣṇu”.

      36. Quale potere credono gli indù che abbiano le acque del Gange?

      36 Gli indù credono che il Gange abbia il potere di liberare, purificare, mondare e guarire i credenti. Il Viṣṇu Purana afferma:

      “I santi, che si purificano bagnandosi nelle acque di questo fiume, e la cui mente è devota a Kesava [Viṣṇu], ottengono la liberazione finale. Il fiume sacro, quando se ne sente parlare, quando viene desiderato, visto, toccato, ci si bagna in esso, o si inneggia ad esso, giorno per giorno purifica tutti gli esseri. E coloro che, pur trovandosi distanti, . . . invocano ‘Ganga e Ganga’ sono sgravati dai peccati commessi durante le tre esistenze precedenti”.

      Il Brahmandapurana afferma:

      “Quelli che si bagnano devotamente una volta nelle pure correnti del Gange ottengono la Sua protezione per la propria discendenza da centinaia di migliaia di pericoli. I mali accumulati attraverso generazioni vengono distrutti. Basta bagnarsi nel Gange per essere immediatamente purificati”.

      37, 38. Perché milioni di indù affluiscono al Gange?

      37 Gli indiani affluiscono al fiume per compiere la cerimonia rituale (puja), che consiste nell’offrire fiori, cantilenare preghiere e farsi applicare sulla fronte da un sacerdote un puntino di pasta rossa o gialla (tilak). Quindi entrano in acqua e fanno il bagno. Molti bevono anche l’acqua nonostante sia fortemente inquinata da liquami, sostanze chimiche e cadaveri. Eppure l’attrattiva spirituale del Gange è tale che l’aspirazione di milioni di indiani è quella di bagnarsi almeno una volta nel loro ‘fiume sacro’, inquinato o no.

      38 Altri portano la salma del loro caro defunto a bruciare su roghi presso le sponde del fiume, per poi spargerne le ceneri nell’acqua. Essi credono che questo garantisca la beatitudine eterna all’anima del defunto. Chi è troppo povero per pagarsi un rogo funebre si limita ad avvolgere il cadavere in un sudario e a gettarlo nel fiume, dove viene assalito dagli uccelli necrofagi o semplicemente si decompone. Questo ci porta alla domanda: Oltre a ciò che abbiamo già trattato, cosa insegna l’induismo circa la vita oltre la morte?

      L’induismo e l’anima

      39, 40. Cosa dice dell’anima un commentatore indù?

      39 La Bhagavad-gita risponde così:

      “All’istante della morte, l’anima prende un nuovo corpo, così naturalmente come essa è passata, nel precedente, dall’infanzia alla giovinezza, poi alla vecchiaia”. — BG, II.13.

      40 Un commento indù a questo verso dice: “Ogni essere è un’anima spirituale, distinta da tutte le altre. A ogni istante essa cambia corpo e si manifesta nella forma di un bambino, di un adolescente, poi di un adulto e infine di un vecchio. Attraverso queste trasformazioni del corpo, l’anima rimane sempre la stessa, non subisce alcun cambiamento. Infine, alla morte dell’involucro carnale in cui è situata, l’anima trasmigra in un altro. Sapendo con sicurezza che l’anima si rivestirà di un altro corpo, materiale o spirituale, per una nuova vita, Arjuna non ha valide ragioni di lamentarsi [della morte]”. — BG, pagina 26.

      41. Secondo la Bibbia, quale distinzione si deve fare per quanto riguarda l’anima?

      41 Notate che il commentario dichiara che ogni essere è un’anima. Questa affermazione concorda con ciò che la Bibbia dice in Genesi 2:7:

      “E Geova Dio formava l’uomo dalla polvere del suolo e gli soffiava nelle narici l’alito della vita, e l’uomo divenne un’anima vivente”.

      Ma bisogna fare un’importante distinzione: L’uomo è in se stesso un’anima vivente con tutte le sue funzioni e le sue facoltà, oppure ha un’anima distinta dalle sue funzioni fisiche? L’uomo è un’anima o ha un’anima? La seguente citazione chiarisce il concetto indù.

      42. Come differiscono l’induismo e la Bibbia in quanto alla concezione dell’anima?

      42 Al capitolo II, verso 17, la Bhagavad-gita dichiara:

      “Non può essere annientato ciò che pervade il corpo intero. Nulla può distruggere l’anima imperitura”.

      Questo verso è così spiegato:

      “Ogni corpo è dunque l’involucro carnale dell’anima, che è percepibile attraverso la coscienza individuale, sua manifestazione esteriore”. — BG, pagina 29.

      Pertanto, mentre la Bibbia afferma che l’uomo è un’anima, la dottrina induistica afferma che egli ha un’anima. E fra questi due concetti c’è una differenza abissale, che incide profondamente sugli insegnamenti che da essi derivano. — Levitico 24:17, 18.

      43. (a) Qual è l’origine della dottrina dell’immortalità dell’anima? (b) Quali conseguenze ha tale dottrina?

      43 La dottrina dell’immortalità dell’anima fu attinta in ultima analisi alle acque stagnanti di conoscenza religiosa dell’antica Babilonia. Da tale dottrina conseguono logicamente le idee relative alla ‘vita dopo la morte’ che caratterizzano gli insegnamenti di tante religioni: reincarnazione, cielo, inferno, purgatorio, limbo, e così via. Per gli indù il cielo e l’inferno sono luoghi intermedi in cui l’anima attende la successiva reincarnazione. Di particolare interesse è il concetto induistico dell’inferno.

      Dottrina induista dell’inferno

      44. Come sappiamo che l’induismo insegna l’esistenza di un inferno come luogo di pena cosciente?

      44 Un verso della Bhagavad-gita afferma:

      “Quando si distruggono le leggi familiari, o Janārdana, è inevitabile che gli uomini dimorino nell’inferno”. — I.44, Harvard Oriental Series, Volume 38, 1952.

      Un commentario dice: “Coloro che sono molto peccaminosi nella loro vita terrena devono subire diversi tipi di punizione su pianeti infernali”. C’è comunque una leggera differenza rispetto al tormento eterno nell’inferno di fuoco della cristianità: “Questa punizione . . . non è eterna”. In che consiste allora esattamente l’inferno induista?

      45. Come vengono descritti i tormenti dell’inferno indù?

      45 Quella che segue è una descrizione della sorte che tocca al peccatore, tratta dal Markandeya Purana:

      “Quindi gli inviati di Yama [dio dei morti] immediatamente lo legano con terribili capestri e lo trascinano a meridione, tremante per la vergata. Poi è trascinato dagli inviati di Yama, che emanano spaventose, infauste grida attraverso plaghe irte di [piante di] Kusa, spini, formicai, aghi e pietre, con lingue di fuoco che si levano qua e là, cosparse di fossi, dove il sole arde e i suoi raggi sferzano. Trascinato da quegli spaventosi inviati e divorato da centinaia di sciacalli, il peccatore va alla casa di Yama attraverso un varco pauroso. . . .

      “Quando il suo corpo è bruciato prova un’arsura terribile; e quando il suo corpo è morso o tagliato prova grande dolore.

      “Essendo il suo corpo distrutto in tal modo, una creatura, nonostante cammini verso un altro corpo, soffre perenni sventure a motivo delle proprie azioni sfavorevoli. . . .

      “Poi, per essere lavato dei suoi peccati, viene portato in un altro inferno simile. Dopo avere attraversato tutti gli inferni il peccatore assume una vita animale. Poi, passando per vite di vermi, insetti e mosche, animali da preda, moscerini, elefanti, alberi, cavalli, mucche e attraverso altre vite peccaminose e miserabili, egli, venendo alla specie umana, nasce gobbo, o brutto o nano o Chandala Pukkasa”.

      46, 47. Cosa dice la Bibbia della condizione dei morti, e quali conclusioni possiamo trarre?

      46 Confrontate quanto precede con ciò che la Bibbia dice dei morti:

      “Poiché i viventi sono consci che moriranno; ma in quanto ai morti, non sono consci di nulla, né hanno più alcun salario, perché il ricordo d’essi è stato dimenticato. Inoltre, il loro amore e il loro odio e la loro gelosia son già periti, ed essi non hanno più alcuna porzione a tempo indefinito in nessuna cosa che si deve fare sotto il sole. Tutto ciò che la tua mano trova da fare, fallo con la tua medesima potenza, poiché non c’è lavoro né disegno né conoscenza né sapienza nello Sceol, il luogo al quale vai”. — Ecclesiaste 9:5, 6, 10.

      47 Naturalmente, se come la Bibbia dice l’uomo non ha un’anima, ma è un’anima, ne consegue che non c’è nessuna esistenza cosciente dopo la morte. Non c’è beatitudine e nemmeno sofferenza. Scompaiono tutte le illogiche complicazioni dovute all’“aldilà”.d

      Un rivale dell’induismo

      48, 49. (a) Riepilogando, quali sono alcuni insegnamenti indù? (b) Perché alcuni hanno messo in dubbio la validità dell’induismo? (c) Chi fu uno che mise in discussione il pensiero indù?

      48 Da questo breve esame abbiamo visto che l’induismo è una religione politeistica basata sul monoteismo: la fede nel Brahman, l’Essere supremo, principio o essenza, simboleggiato dalla sillaba OM o AUM, che assume molti aspetti o manifestazioni. È inoltre una religione che insegna la tolleranza e incoraggia a trattare benevolmente gli animali.

      49 D’altra parte, alcuni elementi della dottrina indù, quali il karma e le ingiustizie del sistema castale, nonché l’idolatria e i miti contrastanti, hanno indotto alcune persone riflessive a dubitare della validità di questa fede. Fra tali persone ci fu Siddhārtha Gautama, che nacque nell’India nordorientale verso il 560 a.E.V. Egli fondò una nuova fede che non attecchì in India ma fiorì altrove, come verrà spiegato nel prossimo capitolo. Quella nuova fede era il buddismo.

      [Note in calce]

      a Il termine “induismo” è stato coniato dagli europei.

      b Il termine sanscrito di solito tradotto “anima” è ātma, o ātman, del quale però “spirito” è una traduzione più accurata. — Vedi A Dictionary of Hinduism—Its Mythology, Folklore and Development 1500 B.C.–A.D. 1500, pagina 31, e l’opuscolo Victory Over Death—Is It Possible for You?, edito nel 1986 dalla Watchtower Bible and Tract Society of New York, Inc.

      c Un decimo avatara, ancora a venire, è quello detto Kalki, “raffigurato come uno splendido giovane che cavalca un magnifico cavallo bianco e brandisce una spada fiammeggiante che semina ovunque morte e distruzione”. “La sua venuta ristabilirà la giustizia sulla terra, e ripristinerà un’era di purezza e innocenza”. — Religions of India; A Dictionary of Hinduism. — Confronta Rivelazione 19:11-16.

      d L’insegnamento biblico della risurrezione dei morti non ha alcuna relazione con la dottrina dell’anima immortale. Vedi il Capitolo 10.

      [Riquadro/Immagini alle pagine 100 e 101]

      Sikhismo: un culto riformato

      Il sikhismo, simboleggiato da tre sciabole e un cerchio, è la religione di oltre 17 milioni di persone, per lo più abitanti del Punjab. Il Tempio d’Oro sikh, sito nel mezzo di un lago artificiale, sorge ad Amritsar, la città santa dei sikh. Questi ultimi sono facilmente riconoscibili per il loro turbante blu, bianco o nero: portarlo è una parte essenziale della loro pratica religiosa, come lo è lasciarsi crescere i capelli.

      Il termine hindi sikh significa “discepolo”. I sikh sono discepoli del loro fondatore, il guru Nānak, e seguono gli insegnamenti di dieci guru (Nānak più nove successori) i cui scritti sono raccolti nel libro sacro sikh, il Granth Sahib (o Adi Granth). Il sikhismo fu fondato agli inizi del XVI secolo, quando Nānak si propose di prendere il meglio da induismo e islamismo così da fonderli in un’unica religione.

      La missione di Nānak si può sintetizzare in una frase: “Poiché c’è un solo Dio, ed Egli è nostro Padre, dobbiamo quindi essere tutti fratelli”. Come i musulmani, i sikh credono in un solo Dio e vietano l’uso di idoli. (Salmo 115:4-9; Matteo 23:8, 9) Seguono la tradizione indù della credenza in un’anima immortale, nella reincarnazione e nel karma. Il luogo per il culto sikh si chiama gurdwara. — Confronta Salmo 103:12, 13; Atti 24:15.

      Uno dei grandi comandamenti di Nānak era: “Ricorda sempre Dio, ripeti il Suo Nome”. Dio è definito il “Vero”, ma non gli si attribuisce nessun nome. (Salmo 83:16-18) Un altro comandamento era: “Dividi ciò che guadagni con i meno fortunati”. In conformità a ciò, in ogni tempio sikh c’è un langar, o cucina aperta a tutti, in cui persone di ogni genere possono mangiare gratuitamente. Vi sono disponibili anche stanze in cui i viaggiatori possono trascorrere la notte. — Giacomo 2:14-17.

      L’ultimo guru, Gobind Singh (1666-1708), fondò una confraternita di sikh chiamata Khalsa, che osserva le cosiddette cinque K: kesh, capelli lunghi, che simboleggiano la spiritualità; kangha, un pettine per fermare i capelli, che simboleggia l’ordine e la disciplina; kirpan, una sciabola, che rappresenta dignità, coraggio e abnegazione; kara, un braccialetto d’acciaio, che simboleggia l’unità con Dio; kachh, mutande tipo bermuda, che denotano modestia e vengono indossate come segno di freno morale. — Vedi The Encyclopedia of World Faiths, pagina 269.

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      Tempio d’Oro dei sikh ad Amritsar, nel Punjab (India)

      [Immagini]

      Il turbante blu denota una mente aperta come il cielo, nella quale non c’è posto per il pregiudizio

      Il turbante bianco sta a indicare una persona santa che conduce una vita esemplare

      Il turbante nero rammenta la persecuzione inglese di cui i sikh furono oggetto nel 1919

      Altri colori sono questione di gusto personale

      [Immagine]

      Nel corso di una cerimonia, un sacerdote sikh narra la storia delle armi sacre

      [Riquadro/Immagini a pagina 104]

      Giainismo: rinuncia e non violenza

      Questa religione, col suo antico simbolo indiano della svastica, fu fondata nel VI secolo a.E.V. dal ricco principe indiano Nataputta Vardhamāna, meglio conosciuto come Vardhamana Mahāvīra (titolo che significa “Grande Uomo” o “Grande Eroe”). Egli si diede a una vita di rinuncia e ascetismo. Nell’intento di conseguire la conoscenza, si mise a girovagare nudo “per i villaggi e le pianure dell’India centrale alla ricerca della liberazione dal ciclo nascita-morte-rinascita”. (Man’s Religions, di John B. Noss) Credeva che la salvezza dell’anima si potesse raggiungere solo attraverso un’estrema rinuncia e autodisciplina e un rigoroso rispetto dell’ahimsa, non violenza nei confronti di tutte le creature. Nel perseguire l’ahimsa arrivò al punto di portare con sé una scopa morbida con cui allontanare qualsiasi insetto potesse incontrare nel proprio cammino. Il rispetto che aveva per la vita doveva inoltre salvaguardare la purezza e l’integrità della sua stessa anima.

      Oggi i suoi seguaci, nello sforzo di migliorare il loro karma, hanno un analogo tenore di vita improntato alla rinuncia e al rispetto di tutte le creature. Di nuovo vediamo il potente effetto esercitato sulla vita degli uomini dalla credenza nell’immortalità dell’anima umana.

      Oggi questa fede conta meno di quattro milioni di seguaci, la maggior parte dei quali sono in India, nella regione di Bombay e nel Gujarat.

      [Immagine]

      Un giaina compie atti di culto ai piedi della gigantesca statua (alta 17 metri) del santo Gomateswara, nel Karnataka (India)

      [Riquadro/Immagini alle pagine 106 e 107]

      Piccolo glossario di termini indù

      ahimsa (in sanscrito, ahinsa): non violenza; non uccidere o non nuocere a niente e a nessuno. Base del vegetarianismo indù e del rispetto per gli animali

      āśrama: santuario o luogo in cui insegna un guru (guida spirituale)

      ātman: spirito; associato con ciò che è imperituro. Spesso erroneamente tradotto anima. Vedi jīva

      avatara: manifestazione o incarnazione di una divinità indù

      bhakti: devozione a una divinità che porta alla salvezza

      bindi: puntino rosso portato sulla fronte dalle donne sposate

      brahman: membro della casta sacerdotale, la più elevata nel sistema castale; Brahman è inoltre l’Assoluta Realtà. Vedi pagina 116

      dharma: la legge fondamentale di tutte le cose; ciò che determina la giustezza o l’erroneità delle azioni

      ghat: scalinata o pontile sulla riva di un fiume

      guru: maestro o guida spirituale

      harijan: membro della casta degli intoccabili; significa “gente di Dio”, nome affettuoso dato loro dal Mahatma Gandhi

      japa: pratica devota consistente nella ripetizione di uno dei nomi di Dio; per tenere il conto si usa il mala, un rosario di 108 grani

      jīva (o prān, prāni): l’anima personale o sé

      karma (karman): il principio secondo cui ogni azione comporta conseguenze positive o negative per la successiva vita dell’anima trasmigrata

      kshatriya: la classe dei professionisti, politici e guerrieri, la seconda nel sistema castale

      mahant: santone o maestro

      mahatma: santo indù, da maha, grande, e ātman, spirito

      mantra: formula sacra, che si crede abbia potere magico, usata nell’iniziazione a una setta e ripetuta nelle preghiere e nelle formule magiche

      maya: il mondo inteso come illusione

      moksha, o mukti: liberazione dal ciclo delle rinascite; termine del viaggio dell’anima. Altro nome per Nirvana, l’unione dell’individuo con l’Entità Suprema, Brahman

      OM, AUM: sillaba mistica che rappresenta Brahman, usata nella meditazione; il suono è ritenuto una vibrazione mistica; usato come mantra religioso

      paramatman: lo Spirito del Mondo, l’ātman universale, o Brahman

      puja: culto

      sadhu: santone; asceta o yogi

      samsara: trasmigrazione di un’anima eterna, imperitura

      Śakti: il potere femminile o sposa di un dio, in particolare la consorte di Śiva

      sraddha: importanti riti compiuti per rendere omaggio ad antenati e aiutare le anime dei defunti a raggiungere il moksha

      sudra: operai, la più bassa delle quattro caste principali

      swami: insegnante o livello superiore di guida spirituale

      tilak: segno sulla fronte che simboleggia che si ha nella mente il ricordo del Signore in tutte le proprie attività

      Trimurti: triade indù di Brahma, Viṣṇu e Śiva

      Upanisad: antichi poemi sacri dell’induismo. Pure noti come Vedanta, completamento dei Veda

      vaisya: la classe dei commercianti e dei contadini; terzo gruppo del sistema castale

      Veda: i più antichi poemi sacri dell’induismo

      yoga: dalla radice yuj, che significa congiungere o aggiogare; si riferisce all’unione dell’individuo con l’essere divino universale. Popolare come disciplina di meditazione che implica regole della posizione del corpo e della regolazione del respiro. L’induismo riconosce almeno quattro vie principali di yoga. Vedi pagina 110

      [Immagini]

      Da sinistra: mahant indù; sadhu, in piedi in meditazione; guru del Nepal

      [Riquadro a pagina 110]

      Quattro vie per raggiungere il moksha

      La fede induista offre almeno quattro vie per raggiungere il moksha, o liberazione dell’anima. Sono chiamate yoga o marga, sentieri del moksha.

      1. Karma-yoga: “La via dell’azione, o karma-yoga, la disciplina dell’azione. Fondamentalmente karma-marga significa osservanza del dharma a seconda del proprio posto nella vita. Tutti sono tenuti ad adempiere certi doveri, come l’ahimsa e l’astensione dall’alcool e dalla carne, ma lo specifico dharma di ciascun individuo dipende dalla casta cui la persona appartiene e dalle sue circostanze”. — Great Asian Religions.

      Questo karma si produce esclusivamente entro i limiti della casta. La purezza castale viene mantenuta sia non sposandosi che non mangiando fuori della propria casta, che è stata determinata dal karma dell’individuo in un’esistenza precedente. Pertanto l’appartenenza a una certa casta non è considerata un’ingiustizia, ma un retaggio che viene da una precedente incarnazione. Nella filosofia induista uomini e donne non sono tutti uguali. Sono divisi in base alla casta e al sesso e, in effetti, al colore della pelle. Di solito più la pelle è chiara più elevata è la casta.

      2. Jnana-yoga: “La via della conoscenza, o jnana-yoga, la disciplina della conoscenza. A differenza della via dell’azione, o karma-marga, con le sue prescrizioni relative a ogni aspetto della vita, il jnana-marga fornisce un mezzo filosofico e psicologico per conoscere se stessi e l’universo. Essere, non fare, è il segreto del jnana-marga. [Il corsivo è nostro]. Ciò che più conta, questa via rende possibile ai suoi adepti il moksha in questa vita”. (Ibid.) Esso implica lo yoga introspettivo nonché il distacco dal mondo e un modo di vivere austero. È l’espressione dell’autocontrollo e della rinuncia.

      3. Bhakti-yoga: “La forma più popolare nell’odierna tradizione indù. Questa è la via della devozione, bhakti-marga. Rispetto al karma-marga . . . questo sentiero è più facile, più spontaneo, e possono seguirlo persone di qualsiasi casta, sesso o età. . . . Consente il libero fluire dei sentimenti e dei desideri umani anziché doverli dominare mediante l’ascetismo yogico . . . Consiste esclusivamente nella devozione a esseri divini”. E tradizionalmente ce ne sono 330 milioni da venerare. Secondo questa tradizione, conoscere significa amare. Infatti bhakti significa “attaccamento affettivo per il dio di propria scelta”. — Ibid.

      4. Raja-yoga: Metodo consistente in “speciali posizioni del corpo, tecniche di respirazione e ripetizione ritmica delle corrette formule per la meditazione”. (Man’s Religions) Ha otto gradi.

      [Riquadro/Immagine a pagina 113]

      Il Mahatma Gandhi e il sistema delle caste

      “La non violenza è il primo articolo della mia fede. È anche l’ultimo del mio credo”. — Mahatma Gandhi, 23 marzo 1922.

      Il Mahatma Gandhi, famoso per la sua politica della non violenza il cui obiettivo era aiutare l’India a ottenere l’indipendenza dalla Gran Bretagna (accordata nel 1947), lottò anche per migliorare la sorte di milioni di indù suoi connazionali. Il professore indiano M. P. Rege spiega: “Egli asserì che l’ahimsa (non violenza) è il valore morale fondamentale, da lui interpretato come interesse per la dignità e il benessere di ogni persona. Respinse l’autorità delle scritture indù quando il loro insegnamento era contrario all’ahimsa, si impegnò coraggiosamente a sradicare l’intoccabilità e il sistema castale gerarchico, e promosse la parità delle donne in tutte le sfere della vita”.

      Che ne pensava Gandhi della sorte degli intoccabili? In una lettera a Jawaharlal Nehru, datata 2 maggio 1933, egli scrisse: “Il movimento degli harijan [intoccabili] è troppo vasto per uno sforzo puramente intellettuale. Non c’è nulla di così cattivo al mondo. E tuttavia non posso abbandonare la religione e quindi l’induismo. La vita mi diverrebbe un peso senza l’induismo. Amo il cristianesimo, l’Islam e molte altre fedi attraverso l’induismo. . . . Ma d’altronde non riesco a tollerarlo con l’intoccabilità”. — The Essential Gandhi.

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      Il Mahatma Gandhi (1869-1948), rispettato leader indù e insegnante dell’ahimsa

      [Riquadro/Immagini alle pagine 116 e 117]

      Induismo: dèi e dee del suo pantheon

      Aditi: madre degli dèi; dea-cielo; dea dell’Infinito

      Agni: dio del fuoco

      Brahma: il Dio creatore, il principio della creazione nell’universo. Uno degli dèi della Trimurti (triade)

      Brahman: suprema e onnipresente essenza del cosmo, rappresentato dal suono OM o AUM. (Vedi il simbolo qui sopra). Detto anche Atman. Per alcuni indù il Brahman è un impersonale Principio Divino o Assoluta Realtà

      Budda: Gautama, fondatore del buddismo; gli induisti lo considerano un’incarnazione (avatara) di Viṣṇu

      Durga: sposa o Śakti di Śiva e identificata con Kali

      Gaṇeśa: dio dalla testa di elefante, figlio di Śiva, Signore degli Ostacoli, dio della buona sorte. Chiamato anche Ganapati e Gajanana

      Ganga: dea, una delle spose di Śiva e personificazione del fiume Gange

      Hanuman: dio-scimmia e devoto seguace di Rama

      Himalaya: dimora delle nevi, padre di Parvati

      Kali: consorte nera (Śakti) di Śiva e dea sanguinaria della distruzione. Spesso raffigurata con un’enorme lingua rossa pendente

      Krishna: ottava incarnazione di Viṣṇu, portatore di gioia e divinità della Bhagavad-gita. Le sue amanti erano le gopi o pastorelle

      Lakṣmī: dea della bellezza e della fortuna; consorte di Viṣṇu

      Manasa: dea dei serpenti

      Manu: padre della razza umana; scampato alla distruzione del diluvio mediante un grosso pesce

      Mitra: dio della luce. Noto presso i romani col nome di Mithra

      Nandi: il toro, veicolo o cavalcatura di Śiva

      Nataraja: Śiva danzatore, attorniato da un cerchio di fiamme

      Parvati o Uma: dea consorte di Śiva. Assume anche l’aspetto di dea Durga o Kali

      Prajapati: Creatore dell’universo, Signore delle Creature, padre degli dèi, dei demoni e di tutte le altre creature. Chiamato in seguito Brahma

      Puruṣa: uomo cosmico. Le quattro caste principali furono originate dal suo corpo

      Radha: consorte di Krishna

      Rama, Ramachandra: la settima incarnazione del dio Viṣṇu. L’epopea Ramayana narra le imprese di Rama e della moglie Sita

      Sarasvati: dea della conoscenza e consorte di Brahma il Creatore

      Saṣṭhī: dea che protegge le donne e i bambini durante il parto

      Śiva: dio della fertilità, della morte e della distruzione; un componente della Trimurti. Simboleggiato dal tridente e dal fallo

      Soma: sia un dio che una bevanda rituale, l’elisir della vita

      Viṣṇu: dio preservatore della vita; terzo componente della Trimurti

      [Fonte]

      (Basato su Mythology—An Illustrated Encyclopedia)

      [Immagini]

      Da sinistra in alto, in senso orario: Nataraja (Śiva danzante), Sarasvati, Krishna, Durga (Kali)

      [Riquadro a pagina 120]

      Leggenda indù del diluvio

      “La mattina portarono a Manu [padre dell’umanità e primo legislatore] dell’acqua per lavarsi . . . Mentre faceva le sue abluzioni, gli capitò tra le mani un pesciolino [Viṣṇu nella sua incarnazione di Matsya].

      “Esso gli diede questo comando: ‘Allevami, e io ti salverò!’ ‘Da che cosa mi salverai?’ ‘Un diluvio spazzerà via tutte queste creature: da esso io ti salverò!’ ‘Come devo allevarti?’”

      Il pesce istruì Manu su come averne cura. “Allora esso disse: ‘In tale e tale anno verrà quel diluvio. Presta dunque attenzione (al mio consiglio) costruendo una nave; e quando l’acqua del diluvio sarà salita dovrai entrare nella nave, ed io ti salverò da esso’”.

      Manu seguì le istruzioni del pesce, e durante il diluvio il pesce tirò la nave fino alla “montagna del nord. Quindi disse: ‘Ti ho salvato. Assicura la nave a un albero; ma non farti isolare dall’acqua mentre sei sulla montagna. Non appena l’acqua si sarà ritirata, puoi gradualmente scendere!’” — Satapatha-Brahmana; confronta Genesi 6:9–8:22.

      [Cartina/Immagini a pagina 123]

      (Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

      Il corso del Gange si allunga per oltre 2.400 chilometri dall’Himalaya a Calcutta e al suo delta nel Bangladesh

      INDIA

      Calcutta

      Gange

      [Immagini]

      Ganga Ma, sulla testa di Śiva, scende attraverso i suoi capelli

      Pellegrini indù presso un ghat si bagnano nel Gange a Varanasi, o Benares

      [Immagine a pagina 96]

      Gaṇeśa, un dio con la testa di elefante, figlio di Śiva e Parvati, è il dio indù della buona sorte

      [Immagini a pagina 99]

      Linga (simboli fallici) venerati dagli indù. Śiva (dio della fertilità) raffigurato dentro un linga, e come linga foggiato a colonna policefala a quattro facce

      [Immagine a pagina 108]

      Monache giainiste con la mascherina (mukha-vastrika), che impedisce agli insetti di entrare in bocca ed essere uccisi

      [Immagine a pagina 115]

      Culto del serpente, praticato soprattutto nel Bengala. Manasa è la dea dei serpenti

      [Immagine a pagina 118]

      Viṣṇu, con la sposa Lakṣmī, sulle spire del serpente Ananta e col Brahma a quattro teste su un loto che nasce dall’ombelico di Viṣṇu

  • Buddismo: Ricerca di illuminazione senza Dio
    L’uomo alla ricerca di Dio
    • Capitolo 6

      Buddismo: Ricerca di illuminazione senza Dio

      1. (a) Come si è manifestato il buddismo nella società occidentale? (b) Quali sono le cause di questa diffusione in Occidente?

      NON molto conosciuto fuori dell’Asia all’inizio del secolo, oggi il buddismo ha assunto il ruolo di una religione cosmopolitica. Infatti per molti occidentali è una sorpresa scoprire che il buddismo fiorisce proprio nella zona in cui vivono. In gran parte questo si è verificato a seguito del movimento internazionale di profughi. Comunità asiatiche piuttosto numerose si sono stabilite nell’Europa occidentale, nel Nordamerica, in Australia e altrove. Mentre in numero sempre crescente mettono radici nel loro nuovo paese, questi immigranti portano con sé anche la loro religione. Intanto sempre più persone in Occidente vengono per la prima volta a contatto col buddismo. Questo, insieme al lassismo e alla decadenza spirituale delle chiese tradizionali, ha indotto alcuni a convertirsi alla “nuova” religione. — 2 Timoteo 3:1, 5.

      2. Dove si trovano oggi i seguaci del buddismo?

      2 Pertanto attualmente in tutto il mondo il buddismo vanta circa 300 milioni di aderenti, dei quali intorno ai 200.000 nell’Europa occidentale e altrettanti nell’America Settentrionale, 500.000 nell’America Latina e 300.000 nell’Unione Sovietica. (1989 Britannica Book of the Year) La maggioranza dei seguaci del buddismo, comunque, si trova ancora nei paesi asiatici, quali Srī Lanka, Myanmar (Birmania), Thailandia, Giappone, Corea e Cina. Ma chi era il Budda? Come ebbe inizio questa religione? Quali sono le dottrine e le pratiche del buddismo?

      Il problema di una fonte attendibile

      3. Quale materiale documentario è disponibile sulla vita del Budda?

      3 “Quel che sappiamo della vita del Budda si basa principalmente sulle testimonianze dei testi canonici, dei quali i più esaurienti e completi sono quelli scritti in pali, antica lingua indiana”, dice un libro di storia delle religioni. (World Religions—From Ancient History to the Present) Ciò significa che non esiste materiale documentario dell’epoca da cui ricavare dati precisi su Siddhārtha Gautama, il fondatore di questa religione, vissuto nell’India settentrionale nel VI secolo a.E.V. Questo naturalmente presenta un problema. Più serio, comunque, è il problema relativo a quando e come furono redatti i “testi canonici”.

      4. Come fu preservata dapprima l’autentica dottrina del Budda?

      4 La tradizione buddista sostiene che subito dopo la morte di Gautama fu convocato un concilio di 500 monaci per decidere quale fosse l’autentica dottrina del Maestro. Se questo concilio ebbe veramente luogo o no è un argomento molto dibattuto fra gli studiosi e gli storici buddisti. Ad ogni modo, il punto importante che dovremmo notare è che persino i testi buddistici riconoscono che la dottrina autentica per la quale si optò non fu affidata alla scrittura, ma alla memoria dei discepoli. L’effettiva redazione dei testi sacri doveva ancora attendere parecchio.

      5. Quando furono messi per iscritto i testi in lingua pali?

      5 Secondo certe cronache di Ceylon (Srī Lanka) dei secoli IV e VI E.V., i più antichi di questi “testi canonici” pali furono messi per iscritto durante il regno del re Vattagamani Abhaya nel I secolo a.E.V. Altre narrazioni della vita del Budda non comparvero per iscritto che forse nel I o addirittura nel V secolo E.V., quasi mille anni dopo la sua epoca.

      6. Quali critiche sono state espresse in merito ai “testi canonici”? (Confronta 2 Timoteo 3:16, 17).

      6 Pertanto, osserva un dizionario delle religioni, “le ‘biografie’ sono sia di origine tarda che piene zeppe di materiale mitico e leggendario, e i testi canonici più antichi sono il prodotto di un lungo processo di trasmissione orale che dovette includere revisioni e molte aggiunte”. (Abingdon Dictionary of Living Religions) Addirittura uno studioso “sostenne che nemmeno una parola della dottrina fissata per iscritto si può attribuire con assoluta certezza a Gautama in persona”. Sono giustificate queste critiche?

      Il concepimento e la nascita del Budda

      7. Secondo certi testi buddisti, in quali circostanze fu concepito il Budda da sua madre?

      7 Considerate i seguenti brani tratti dai Jataka, parte del canone pali, e dal Buddhacarita, un testo sanscrito del II secolo E.V. sulla vita del Budda. Ecco innanzi tutto il racconto di come sua madre, la regina Maha-Maya, lo concepì in sogno.

      “I quattro angeli guardiani vennero e, sollevatala insieme al suo letto, la trasportarono sui monti dell’Himalaya. . . . Poi vennero le mogli degli angeli guardiani e la portarono al lago Anotatta, e la immersero per togliere ogni macchia umana. . . . Poco distante c’era il Monte d’Argento, e in esso un castello d’oro. Lì essi prepararono un letto divino con la testata rivolta a oriente, e ve la adagiarono. A questo punto il futuro Budda era divenuto un superbo elefante bianco . . . Egli ascese il Monte d’Argento, poi . . . girò tre volte da destra intorno al letto di sua madre, e colpendola sul fianco destro parve penetrare nel suo grembo. In tal modo avvenne il concepimento, nel fantastico spettacolo di mezza estate”.

      8. Cosa fu predetto riguardo al futuro del Budda?

      8 Quando la regina narrò il sogno al re suo consorte, questi radunò 64 eminenti sacerdoti indù, diede loro cibo e abiti e chiese un’interpretazione. Ecco cosa risposero:

      “Non essere ansioso, o nobile sovrano! . . . Avrai un figlio. Ed egli, se continuerà a vivere in famiglia, diventerà un monarca dell’universo; ma se lascerà la famiglia e rinuncerà al mondo, diventerà un Budda, ed eliminerà da questo mondo le nubi del peccato e della follia”.

      9. Quali fatti straordinari si dice che seguirono la dichiarazione riguardante il futuro del Budda?

      9 Dopo ciò, si dice, ebbero luogo 32 miracoli:

      “Tutti i diecimila mondi d’un tratto tremarono, fremettero e sobbalzarono. . . . Le fiamme si spensero in tutti gli inferni; . . . fra gli uomini cessarono i malanni; . . . tutti gli strumenti musicali emisero le loro note senza che alcuno li suonasse; . . . nell’immenso oceano l’acqua divenne dolce; . . . tutti i diecimila mondi divennero un insieme di magnifiche ghirlande, le più belle che ci fossero”.

      10. Com’è descritta la nascita del Budda nei testi sacri buddisti?

      10 Quindi ebbe luogo l’insolita nascita del Budda in un boschetto di alberi sal chiamato parco di Lumbini. Quando la regina desiderò afferrare un ramoscello dell’albero più alto che ci fosse nel boschetto, l’albero la favorì chinandosi alla portata della sua mano. Tenendosi al ramo e stando in piedi, essa partorì.

      “Egli venne fuori dal grembo materno come un predicatore che scende dal suo seggio, o come un uomo che scende una scala, le mani e i piedi stesi, per niente macchiato da impurità derivante dal seno di sua madre. . . .”

      “Appena vista la luce, il [futuro Budda] pianta fermamente i piedi a terra, fa sette lunghi passi verso il nord, un bianco baldacchino ripara il suo capo, ed esclama con voce impareggiabile dopo essersi rivolto ai quattro punti dell’orizzonte: In tutto il mondo sono il primo, il migliore e il più importante; questa è la mia ultima nascita, non nascerò mai più”. — Splendori delle antiche religioni, di J. Finegan, pagina 257.

      11. A quale conclusione sono giunti alcuni studiosi per quanto riguarda i racconti della vita del Budda contenuti nei testi sacri?

      11 Vi sono anche storie altrettanto elaborate che riguardano la sua infanzia, i suoi incontri con giovani ammiratrici, le sue peregrinazioni, e praticamente ogni episodio della sua vita. Forse non sorprende che per la maggioranza degli studiosi tutti questi racconti altro non sono che miti e leggende. Un funzionario del British Museum afferma persino che, vista la “grande quantità di leggende e miracoli, . . . è impossibile ricostruire l’esistenza storica del Budda”.

      12, 13. (a) Qual è il racconto tradizionale della vita del Budda? (b) In quale tempo è generalmente fissata la data di nascita del Budda? (Confronta Luca 1:1-4).

      12 Malgrado questi miti, è largamente diffuso un racconto tradizionale della vita del Budda. Un testo moderno pubblicato a Colombo (Srī Lanka) fa questa narrazione semplificata:

      “Nel giorno della luna piena di maggio del 623 a.C. nacque nel distretto del Nepal un principe indiano dei Sakya di nome Siddhattha Gotama.a Suo padre fu il re Suddhodana e sua madre la regina Mahā Māyā, che morì pochi giorni dopo averlo dato alla luce. Il bambino fu affidato alla matrigna, Mahā Pajāpati Gotamī.

      “A sedici anni sposò sua cugina, la bella principessa Yasodharā.

      “Per tredici anni circa dopo il suo felice matrimonio visse a corte nel lusso e nella beata ignoranza delle traversie della vita all’esterno del suo palazzo.

      “Nel corso del tempo gli si rivelò gradualmente la verità. All’età di 29 anni, quando ci fu la svolta decisiva della sua vita, ebbe un figlio, Rāhula. Egli considerò questo figliolo un ostacolo, perché si rese conto che tutti senza eccezione erano soggetti a nascita, infermità e morte. Comprendendo così l’universalità del dolore, decise di trovare una panacea per questo malessere comune a tutta l’umanità.

      “Quindi rinunciò ai piaceri di corte, una notte abbandonò il palazzo . . . si tagliò i capelli, indossò il semplice abito dell’asceta e si mise in cerca della Verità”. — A Manual of Buddhism.

      13 Questo schema biografico essenziale, come si può notare, è in netto contrasto con i racconti fantastici contenuti nei “testi canonici”. E, a parte l’anno di nascita, viene generalmente accettato.

      L’illuminazione: come avvenne

      14. Quale svolta ci fu nella vita di Gautama?

      14 In che consisté la summenzionata “svolta decisiva della sua vita”? Ebbe luogo quando per la prima volta in vita sua vide un malato, un vecchio e un morto. Questa esperienza lo indusse a riflettere tormentosamente sul significato della vita: Perché gli uomini nascevano solo per soffrire, invecchiare e morire? Si narra che dopo ciò vide un santone che aveva rinunciato al mondo per andare alla ricerca della verità. Questo spinse Gautama ad abbandonare la famiglia, i beni e il proprio casato principesco e a trascorrere i successivi sei anni nella ricerca della risposta presso maestri e guru indù, ma inutilmente. Dai racconti apprendiamo che praticò la meditazione, il digiuno, lo yoga e si sottopose a straordinarie privazioni, eppure non raggiunse nessuna pace spirituale o illuminazione.

      15. Come conseguì infine Gautama la sua presunta illuminazione?

      15 Infine si avvide che questa vita di estreme rinunce era inutile quanto la vita dissipata che aveva condotto in precedenza. Adottò a questo punto ciò che chiamò la Via Media, evitando i due estremi della sua condotta. Avendo deciso che la risposta doveva trovarsi nella sua propria coscienza, sedette in meditazione sotto un pipal, o fico delle pagode. Resistendo agli assalti e alle tentazioni del diavolo Mara, proseguì risoluto la sua meditazione per quattro settimane (alcuni dicono per sette settimane) finché, come si crede, non trascese ogni conoscenza e non ottenne l’illuminazione.

      16. (a) Cosa divenne Gautama? (b) Quali diverse concezioni esistono del Budda?

      16 Fu in tal modo che, secondo la terminologia buddista, Gautama divenne il Budda, ovvero lo Svegliato, l’Illuminato. Aveva raggiunto la meta suprema, il Nirvana, la condizione di perfetta pace e di illuminazione, libero dal desiderio e dalla sofferenza. È denominato anche Sakyamuni (saggio della tribù sakya), e più volte egli parlò di sé come del Tathagata (colui che è giunto [a insegnare]). A questo riguardo però vi sono concezioni diverse a seconda della setta buddista. Alcuni lo considerano esclusivamente un uomo che trovò il sentiero dell’illuminazione per se stesso e lo insegnò ai suoi adepti. Altri lo ritengono l’ultimo di una serie di Budda venuti nel mondo a predicare o ravvivare il dharma (pali: Dhamma), la dottrina o via del Budda. Altri ancora lo considerano un bodhisattva, uno che aveva ottenuto l’illuminazione ma aveva rimandato a entrare nel Nirvana per poter aiutare altri nella loro ricerca dell’illuminazione. In ogni caso questo stadio, l’Illuminazione, è di capitale importanza per tutte le scuole buddistiche.

      L’Illuminazione: che cos’è?

      17. (a) Dove e a chi fece il Budda la sua prima predica? (b) Esponete in breve le Quattro Nobili Verità.

      17 Avendo ottenuto l’illuminazione, e superata qualche esitazione iniziale, il Budda cominciò a insegnare ad altri la sua nuova verità, il suo dharma. Fece la sua prima predica, e forse la più importante, a cinque bhikku — discepoli o monaci — presso la città di Benares, in un parco di cervi. In quella predica insegnò che per essere salvati bisogna evitare sia la dedizione ai piaceri che l’ascetismo e seguire la Via Media. Bisogna poi capire e osservare le Quattro Nobili Verità (vedi pagina accanto), che in sintesi sono:

      (1) La vita è dolore.

      (2) Il dolore nasce dal desiderio o brama.

      (3) L’estinzione del desiderio significa fine del dolore.

      (4) L’estinzione del desiderio si raggiunge seguendo l’Ottuplice Sentiero, esercitando il controllo sul proprio modo di agire, pensare e credere.

      18. Cosa disse il Budda circa la fonte della sua illuminazione? (Confronta Giobbe 28:20, 21, 28; Salmo 111:10).

      18 Questa predica sulla Via Media e sulle Quattro Nobili Verità racchiude l’essenza dell’Illuminazione ed è considerata l’epitome di tutta la dottrina del Budda. (Nota il contrasto con Matteo 6:25-34; 1 Timoteo 6:17-19; Giacomo 4:1-3; 1 Giovanni 2:15-17). Gautama non pretese che questa predica fosse ispirata, ma la attribuì a se stesso con le parole “scoperta dal Tathagata”. Si dice che in punto di morte il Budda abbia detto ai suoi discepoli: “Ricercate la salvezza solo nella verità; non cercare rifugio in altri che in te stesso”. Pertanto, secondo il Budda, l’illuminazione viene non da Dio, ma attraverso il proprio impegno personale nello sviluppare retto pensiero e rette azioni.

      19. Perché a quel tempo il messaggio del Budda fu bene accolto?

      19 Non è difficile capire perché questa dottrina fu bene accolta dalla società indiana dell’epoca. Essa condannava da un lato l’avidità e le corrotte pratiche religiose promosse dai brahmani indù, la casta sacerdotale, e dall’altro l’austero ascetismo dei giainisti nonché altri culti mistici. Sopprimeva anche i sacrifici e i riti, le miriadi di dèi e dee e l’opprimente sistema delle caste che dominava e asserviva sotto ogni aspetto l’esistenza degli individui. In breve, essa prometteva liberazione a chiunque fosse disposto a seguire la via del Budda.

      Il buddismo si propaga

      20. (a) Quali sono le “Tre Gemme” del buddismo? (b) Quanto fu estesa la campagna di predicazione del Budda?

      20 Accettata la dottrina del Budda, i cinque bhikku formarono il primo sangha, o ordine monastico. Si completarono così le “Tre Gemme” (Triratna) del buddismo, cioè il Budda, il dharma e il sangha, che si supponeva aiutassero gli uomini a intraprendere la via dell’illuminazione. Ormai pronto, Gautama Budda andò predicando in tutto il bacino del Gange. Persone di ogni ceto e condizione sociale andavano ad ascoltarlo, e divenivano sue seguaci. Quando morì, all’età di 80 anni, si era ormai guadagnato fama e rispetto. Si narra che le ultime parole che rivolse ai suoi discepoli furono: “La dissoluzione è insita in tutte le cose composite. Attendete con diligenza alla vostra salvezza”.

      21. (a) Chi contribuì notevolmente all’espansione del buddismo? (b) Quale fu l’esito dei suoi sforzi?

      21 Nel III secolo a.E.V., circa 200 anni dopo la morte del Budda, fece la sua comparsa il massimo promotore del buddismo, l’imperatore Aśoka, che aveva assoggettato quasi tutta l’India. Rattristato dalle stragi e dagli sconvolgimenti provocati dalle sue conquiste, si convertì al buddismo e diede ad esso l’appoggio dello Stato. Eresse monumenti religiosi, convocò concili ed esortò i sudditi a vivere secondo i precetti del Budda. Aśoka inviò anche missionari buddisti in ogni parte dell’India e a Ceylon (Srī Lanka), in Siria, Egitto e Grecia. Principalmente grazie agli sforzi di Aśoka, da setta indiana il buddismo crebbe fino a divenire una religione cosmopolitica. A buon diritto egli è stato considerato da alcuni il secondo fondatore del buddismo.

      22. Come si consolidò il buddismo in tutta l’Asia?

      22 Da Ceylon il buddismo si diffuse verso oriente in Birmania (Myanmar), in Thailandia e in altre parti dell’Indocina. A nord il buddismo si propagò nel Kashmir e nell’Asia centrale. Di lì, e non più tardi del I secolo E.V., monaci buddisti attraversarono monti e deserti inospitali e introdussero in Cina la loro religione. Dalla Cina il passo fu breve e il buddismo penetrò in Corea e in Giappone. Fu introdotto anche nel Tibet, col quale l’India confina a nord. Dalla sua fusione con credenze locali nacque il lamaismo, che ha dominato la vita religiosa e politica di quella regione. Già nel VI o VII secolo E.V. il buddismo si era ben consolidato in tutto il Sud-Est asiatico e in Estremo Oriente. Ma cosa accadeva in India?

      23. Che ne fu del buddismo in India?

      23 Mentre in altri paesi il buddismo estendeva la sua influenza, in India si andava spegnendo. Interamente presi dai loro studi filosofici e metafisici, i monaci cominciarono a perdere il contatto con i loro seguaci laici. Inoltre, privo ormai della protezione reale e avendo adottato idee e pratiche induistiche, il buddismo in India andò ancor più in fretta verso il tracollo. Perfino i luoghi sacri del buddismo, come Lumbini, dove Gautama era nato, e Bodh Gayā, dove aveva ottenuto l’“illuminazione”, caddero in rovina. Nel XIII secolo il buddismo era praticamente scomparso dall’India, il suo paese di origine.

      24, 25. Nel nostro secolo quali altri eventi si sono verificati in seno al buddismo?

      24 Durante il XX secolo il buddismo ha di nuovo cambiato volto. Sconvolgimenti politici in Cina, Mongolia, Tibet e nei paesi del Sud-Est asiatico gli hanno inferto un colpo micidiale. Migliaia di monasteri e templi sono stati distrutti e centinaia di migliaia di monaci e suore cacciati via, imprigionati o perfino uccisi. Ciò nonostante in quei paesi il buddismo esercita tuttora un forte influsso sul pensiero e sulle usanze della gente.

      25 In Europa e nell’America Settentrionale l’idea buddistica di cercare la “verità” nel proprio io sembra attrarre molti, e la relativa pratica della meditazione diventa un mezzo di evasione dalla caotica vita occidentale. Interessanti sono le parole di Tenzin Gyatso, il Dalai Lama del Tibet che vive in esilio, citate nella prefazione del libro Living Buddhism: “Forse oggi un ruolo del buddismo può essere quello di ricordare agli occidentali la dimensione spirituale della loro vita”.

      Le diverse correnti del buddismo

      26. In quali diverse correnti è diviso il buddismo?

      26 Nonostante di solito si parli del buddismo come di un’unica religione, in realtà esso è scisso in svariate scuole, ciascuna con le sue proprie dottrine, pratiche e scritture, secondo le diverse interpretazioni della natura del Budda e delle sue dottrine. A loro volta queste scuole si dividono in numerosi gruppi e sette, molti dei quali subiscono il forte influsso delle culture e delle tradizioni locali.

      27, 28. Come descrivereste il buddismo theravada? (Confronta Filippesi 2:12; Giovanni 17:15, 16).

      27 La scuola detta Theravada (Via degli Anziani), o Hinayana (Piccolo Veicolo), fiorisce in Srī Lanka, Myanmar (Birmania), Thailandia, Cambogia e Laos. Secondo alcuni questa è la scuola conservatrice. Essa dà risalto alla saggezza e al fatto di provvedere da sé alla propria salvezza rinunciando al mondo e facendo vita monastica, dedita alla meditazione e allo studio.

      28 In alcuni di questi paesi è comune vedere gruppi di giovani con la testa rasata che, scalzi e in abiti color zafferano, vanno alla questua con le loro ciotole per l’elemosina, per ricevere la loro porzione di cibo quotidiano dai fedeli laici, il cui compito è quello di sostenerli. È usanza che gli uomini trascorrano almeno parte della loro vita in un monastero. L’ideale supremo della vita monastica è diventare un arhat, cioè uno che ha raggiunto la perfezione spirituale e la liberazione dal dolore e dalla sofferenza dovuti al ciclo delle rinascite. Il Budda ha indicato la via; sta a ciascuno seguirla.

      29. Quali sono le caratteristiche del buddismo mahayana? (Confronta 1 Timoteo 2:3, 4; Giovanni 3:16).

      29 La scuola chiamata Mahayana (Grande Veicolo) prevale in Cina, Corea, Giappone e Vietnam. Ha questo nome perché dà risalto all’insegnamento del Budda secondo cui “la verità e la via della salvezza è per tutti, sia che uno viva in una caverna, in un monastero o in una casa . . . Non è solo per coloro che rinunciano al mondo”. Il concetto fondamentale del Mahayana è che l’amore e la compassione del Budda sono così grandi che egli non precluderebbe a nessuno la salvezza. Esso insegna che, poiché in tutti noi c’è la natura del Budda, ognuno è in grado di diventare un Budda, un illuminato o un bodhisattva. L’illuminazione si ottiene non mediante una rigida autodisciplina, ma mediante la fede nel Budda e la compassione per tutti gli esseri viventi. È ovvio che ciò esercita una maggiore attrattiva sulle masse dotate di spirito pratico. Tuttavia questo atteggiamento più liberale ha prodotto una grande fioritura di gruppi e culti.

      30. A quale meta aspirano i devoti del buddismo “Terra Pura”? (Confronta Matteo 6:7, 8; 1 Re 18:26, 29).

      30 Tra le molte sette mahayana sviluppatesi in Cina e in Giappone vi sono le scuole buddiste Terra Pura e Zen. La prima incentra il suo credo sulla fede nel potere salvifico del Budda Amida, che promise ai suoi seguaci una rinascita nella Terra Pura, o Paradiso dell’Occidente, un paese di gioia e delizie abitato da dèi e uomini. Di lì è facile raggiungere il Nirvana. Ripetendo la preghiera “ripongo fede nel Budda Amida”, anche migliaia di volte al giorno, il credente si purifica per ottenere l’illuminazione o la rinascita nel Paradiso dell’Occidente.

      31. Quali sono le caratteristiche del buddismo zen? (Confronta Filippesi 4:8).

      31 Il buddismo zen (scuola Ch’an in Cina) prende nome dalla pratica della meditazione. I termini ch’an (cinese) e zen (giapponese) sono varianti del termine sanscrito dhyāna, che significa “meditazione”. Questa disciplina insegna che studio, opere buone e riti sono di poco valore. Si può conseguire l’illuminazione semplicemente meditando su misteri imponderabili come: ‘Quando si battono le mani, che suono fa una mano sola?’, e: ‘Cosa troviamo dove non c’è nulla?’ La natura mistica del buddismo zen trova espressione in arti raffinate quali sistemazione dei fiori, calligrafia, disegno a inchiostro, poesia, giardinaggio e altre, tutte accolte con favore in Occidente. Attualmente si trovano centri di meditazione zen in molti paesi occidentali.

      32. Come viene praticato il buddismo tibetano?

      32 C’è infine il buddismo tibetano o lamaismo. Questa forma di buddismo è talvolta chiamata Mantrayana (Veicolo Mantra) per il cospicuo uso di mantra, una serie di sillabe con o senza significato, recitate a lungo e meccanicamente. Anziché dar risalto alla saggezza o alla compassione, questa forma di buddismo dà importanza all’impiego, nel culto, di riti, preghiere, magia e spiritismo. Le preghiere sono ripetute migliaia di volte al giorno col sussidio di rosari e mulinelli delle preghiere. I complessi rituali si possono imparare solo venendo istruiti oralmente dai lama, o capi monastici, fra i quali i più conosciuti sono il Dalai Lama e il Panchen Lama. Quando un lama muore, si ricerca il bambino in cui si pensa che il lama si sia reincarnato per essere il successivo capo spirituale. Con lo stesso termine, comunque, sono designati anche tutti i monaci in generale, i quali, secondo una stima, un tempo erano circa un quinto di tutta la popolazione del Tibet. Alcuni lama sono stati anche insegnanti, medici, proprietari terrieri e personaggi politici.

      33. In che modo le scissioni esistenti nel buddismo sono simili a quelle della cristianità? (Confronta 1 Corinti 1:10).

      33 Queste principali correnti del buddismo sono a loro volta suddivise in molti gruppi o sette. Alcune sono devote a un particolare capo, come Nichiren in Giappone, il quale insegnò che solo il Sutra del Loto mahayana contiene la dottrina definitiva del Budda, e Nun Ch’in-Hai a Taiwan, che ha molto seguito tra le masse. Sotto questo aspetto il buddismo non è molto diverso dalla cristianità con le sue svariate denominazioni e sette. Infatti non è difficile incontrare persone che, pur asserendo di essere buddiste, partecipano a pratiche del taoismo, dello scintoismo, del culto degli antenati, e anche a quelle della cristianità.b Tutte queste sette buddiste asseriscono di basare le loro credenze e le loro pratiche sulla dottrina del Budda.

      I Tre Canestri e altre scritture buddiste

      34. Cosa dobbiamo tener presente quando consideriamo le dottrine del buddismo?

      34 La dottrina attribuita al Budda fu trasmessa oralmente e si cominciò a metterla per iscritto solo secoli dopo che egli era scomparso dalla scena del mondo. Pertanto essa rappresenta tutt’al più ciò che i suoi seguaci in generazioni successive pensarono che egli avesse detto e fatto. Ciò è ulteriormente complicato dal fatto che, a quel tempo, il buddismo si era già frammentato in numerose scuole. Pertanto i vari testi presentano versioni assai diverse del buddismo.

      35. Quali sono i testi sacri buddisti più antichi?

      35 I testi buddisti più antichi furono scritti in pali, ritenuto affine alla lingua parlata dal Budda, verso il I secolo a.E.V. Sono accettati dalla scuola Theravada come testi autentici. Consistono di 31 libri organizzati in tre raccolte chiamate Tipitaka (sanscrito: Tripitaka), che significa “Tre Canestri”, o “Tre Raccolte”. Il Vinaya-pitaka (canestro della disciplina) tratta principalmente norme e regole riguardanti i monaci e le suore. Il Sutta-pitaka (canestro delle prediche) contiene i discorsi, le parabole e i proverbi pronunciati dal Budda e dai suoi principali discepoli. Infine, l’Abhidhamma-pitaka (canestro della dottrina superiore) consiste di commentari sulle dottrine buddiste.

      36. Cosa caratterizza le scritture buddiste mahayana?

      36 Gli scritti della scuola Mahayana invece sono redatti per la maggior parte in sanscrito, cinese e tibetano, e sono voluminosi. I soli testi cinesi consistono di oltre 5.000 volumi. Contengono molti concetti che non si trovavano negli scritti più antichi, come storie di numerosi Budda, tanti quanti sono i granelli di sabbia del Gange, vissuti, si dice, innumerevoli milioni di anni, e ciascuno a capo del suo proprio mondo buddistico. Uno scrittore non esagera affermando che questi testi sono “caratterizzati da varietà, stravagante immaginazione, personalità pittoresche e ripetizioni in eccesso”.

      37. Quali problemi hanno causato gli scritti mahayana? (Confronta Filippesi 2:2, 3).

      37 È inutile dire che pochi sono in grado di capire simili testi altamente astratti. Di conseguenza, questi sviluppi più recenti hanno portato il buddismo molto lontano da ciò che il Budda intendeva in origine. Secondo il Vinaya-pitaka, il Budda voleva che la sua dottrina fosse capita non solo dagli intellettuali, ma da ogni sorta di persone. A tal fine egli insisteva che le sue idee venissero insegnate nella lingua del popolo comune, non nella lingua religiosa dell’induismo, una lingua morta. Quindi, all’obiezione sollevata dai buddisti del Theravada secondo cui questi libri non sarebbero canonici, i seguaci del Mahayana rispondono che Gautama Budda insegnò dapprima ai semplici e agli ignoranti, mentre ai saggi e agli istruiti rivelò la dottrina scritta in seguito nei libri mahayana.

      Il ciclo del karma e del samsara

      38. (a) Fate un confronto tra gli insegnamenti buddisti e quelli indù. (b) Qual è il concetto buddista dell’anima in teoria e in pratica?

      38 Anche se il buddismo costituì in parte una liberazione dalle catene dell’induismo, i suoi concetti basilari sono pur sempre un retaggio delle dottrine indù del karma e del samsara. Il buddismo, quale fu insegnato in origine dal Budda, differisce dall’induismo in quanto nega l’esistenza di un’anima immortale, ma descrive l’individuo come “una combinazione di forze o energie fisiche e mentali”.c Ciò nonostante le sue dottrine sono sempre imperniate sull’idea che tutti gli uomini passino da una vita all’altra attraverso innumerevoli rinascite (samsara) e che soffrano per le conseguenze delle azioni passate e presenti (karma). Anche se il suo messaggio di illuminazione e liberazione da questo ciclo può sembrare attraente, alcuni chiedono: Ha un fondamento valido? Che prova c’è che tutte le sofferenze siano il risultato delle azioni compiute in una vita precedente? E, soprattutto, che prova c’è che esista una vita precedente?

      39. Come spiega un testo buddista la legge del karma?

      39 Una spiegazione della legge del karma dice:

      “Il kamma [pali, corrispondente a karma] in se stesso è una legge. Ma non ne consegue che debba esserci un legislatore. Le comuni leggi della natura, come quella della gravitazione, non richiedono un legislatore. Neppure la legge del kamma presuppone un legislatore. Opera nel suo campo senza l’intervento di un potere decisionale esterno e indipendente”. — A Manual of Buddhism.

      40. (a) Cosa indica l’esistenza di leggi naturali? (b) Cosa dice la Bibbia parlando di causa ed effetto?

      40 È sensato questo ragionamento? È vero che le leggi della natura non presuppongono un legislatore? Wernher von Braun, esperto in campo missilistico, in un’occasione affermò: “Le leggi naturali dell’universo sono così precise che non abbiamo nessuna difficoltà a costruire una nave spaziale per andare sulla luna e possiamo calcolare i tempi di volo con la precisione di una frazione di secondo. Queste leggi devono essere state stabilite da qualcuno”. Anche la Bibbia parla della legge di causalità, e dice: “Dio non è da beffeggiare. Poiché qualunque cosa l’uomo semini, questa pure mieterà”. (Galati 6:7) Anziché dire che questa legge non richiede un legislatore, indica che “Dio non è da beffeggiare”, sottolineando che questa legge fu messa in moto dal suo Fattore, Geova.

      41. (a) Che confronto si può fare tra la legge del karma e le leggi giudiziarie? (b) Rilevate la differenza tra il karma e la promessa della Bibbia.

      41 La Bibbia dice inoltre che “il salario che il peccato paga è la morte”, e che “colui che è morto è stato assolto dal suo peccato”. Persino le corti di giustizia riconoscono che nessuno dev’essere giudicato due volte per lo stesso reato. Perché, allora, una persona che con la morte ha già scontato i suoi peccati dovrebbe tornare in vita per poi subire nuovamente le conseguenze delle sue azioni passate? Inoltre, non sapendo per quali azioni passate viene punito, come può uno pentirsi e migliorare? Si può chiamare giustizia questa? È coerente con la misericordia, che si dice fosse la qualità preponderante del Budda? Al contrario la Bibbia, dopo aver affermato che “il salario che il peccato paga è la morte”, prosegue dicendo: “Ma il dono che dà Dio è la vita eterna mediante Cristo Gesù nostro Signore”. Sì, essa promette che Dio eliminerà ogni genere di corruzione, il peccato e la morte, e recherà libertà e perfezione a beneficio di tutto il genere umano. — Romani 6:7, 23; 8:21; Isaia 25:8.

      42. Come spiega la rinascita un erudito buddista?

      42 In quanto alla rinascita, ecco una spiegazione data dall’erudito buddista Walpola Rahula:

      “Un essere altro non è che una combinazione di forze o energie fisiche e mentali. Ciò che chiamiamo morte è il totale non-funzionamento del corpo fisico. Tutte queste forze ed energie cessano completamente con il non-funzionamento del corpo? Il buddismo dice: ‘No’. Volontà, volizione, desiderio, sete di esistere, di continuare, di divenire, è una forza potentissima che muove intere vite, intere esistenze, che muove persino il mondo intero. Questa è la forza più grande, la massima energia che c’è nel mondo. Secondo il buddismo questa forza non cessa con il non-funzionamento del corpo, che è la morte, ma continua a manifestarsi in un’altra forma, dando luogo a una nuova esistenza che è chiamata rinascita”.

      43. (a) Biologicamente, come viene determinata la costituzione genetica dell’individuo? (b) Quale “prova” viene presentata a volte a sostegno della rinascita? (c) Tale “prova” della rinascita è in armonia con l’esperienza comune?

      43 Nell’istante del concepimento la persona eredita metà dei geni da un genitore e metà dall’altro. Non vi è quindi nessuna possibilità che sia al 100 per cento come qualcun altro esistito in precedenza. In realtà il processo della rinascita non può essere avvalorato da nessun principio scientifico noto. Spesso coloro che credono nella dottrina della rinascita citano come prova l’esperienza di persone che asseriscono di ricordare visi, avvenimenti e luoghi mai visti in precedenza. È logico? Se diciamo che quando uno è in grado di descrivere cose dei tempi passati dev’essere vissuto in quell’epoca, dobbiamo anche poter dire che quando uno è in grado di predire il futuro — e ci sono molti che asseriscono di farlo — dev’essere vissuto nel futuro. È ovvio che le cose non stanno così.

      44. Paragonate l’insegnamento biblico riguardante lo “spirito” con la dottrina buddista della rinascita.

      44 Oltre 400 anni prima del Budda, la Bibbia parlava di una forza vitale. Descrivendo cosa accade quando si muore, essa dice: “Quindi la polvere torna alla terra proprio come era e lo spirito stesso torna al vero Dio che l’ha dato”. (Ecclesiaste 12:7) La parola “spirito” traduce il termine ebraico rùach, cioè la forza vitale che anima tutte le creature viventi, sia umane che animali. (Ecclesiaste 3:18-22) Comunque, la differenza sostanziale sta nel fatto che rùach è una forza impersonale; non ha volontà propria né conserva la personalità o alcuna caratteristica del defunto. Non va da una persona all’altra alla morte, ma “torna al vero Dio che l’ha dato”. In altre parole, le prospettive di vita futura della persona — la speranza di una risurrezione — sono interamente nelle mani di Dio. — Giovanni 5:28, 29; Atti 17:31.

      Nirvana: raggiungere l’irraggiungibile?

      45. Qual è il concetto buddista del Nirvana?

      45 Questo ci porta alla dottrina del Budda circa l’illuminazione e la salvezza. In termini buddistici, il concetto basilare di salvezza è liberazione dalle leggi del karma e del samsara, nonché il raggiungimento del Nirvana. E che cos’è il Nirvana? I testi buddisti dicono che è impossibile descriverlo o spiegarlo, ma che lo si può solo sperimentare. Non è un cielo in cui si vada dopo la morte, ma qualcosa il cui raggiungimento è alla portata di tutti, già qui sulla terra. La parola stessa si dice significhi “spegnimento, estinzione”. Pertanto alcuni definiscono il Nirvana l’estinzione di tutte le passioni e i desideri; un’esistenza libera da ogni sensazione, come dolore, timore, bisogno, amore o odio; una condizione di eterna pace, riposo e immutabilità. In sostanza, si dice sia la cessazione dell’esistenza individuale.

      46, 47. (a) Secondo la dottrina buddista, da chi ha origine la salvezza? (b) Perché questo concetto buddista della salvezza è contrario all’esperienza comune?

      46 Il Budda insegnò che l’illuminazione e la salvezza — la perfezione del Nirvana — vengono non da qualche Dio o forza esterna, ma dal di dentro della persona attraverso il suo proprio sforzo per produrre buone opere e retti pensieri. Questo fa sorgere la domanda: Può qualcosa di perfetto venire da qualcosa di imperfetto? Non ci insegna la nostra comune esperienza che, come disse il profeta ebreo Geremia, “non appartiene all’uomo terreno la sua via. Non appartiene all’uomo che cammina nemmeno di dirigere il suo passo”? (Geremia 10:23) Se nessuno è in grado di avere il completo dominio delle proprie azioni, neppure nelle semplici cose di tutti i giorni, è logico pensare che si possa ottenere la salvezza eterna esclusivamente con i propri sforzi? — Salmo 146:3, 4.

      47 Proprio come un uomo che affonda nelle sabbie mobili difficilmente può liberarsene da solo, così tutta l’umanità è presa nella trappola del peccato e della morte, e nessuno è capace di districarsi da sé da questa penosa situazione. (Romani 5:12) Eppure il Budda insegnò che la salvezza dipende esclusivamente dai propri sforzi. La sua ultima esortazione nel congedarsi dai discepoli fu: “Contate su voi stessi e non contate su alcun aiuto esterno; tenetevi stretti alla verità come a una lampada; ricercate la salvezza solo nella verità; non cercare rifugio in altri che in te stesso”.

      Illuminazione o disillusione?

      48. (a) Come descrive un libro l’effetto prodotto da complicati concetti buddisti come quello del Nirvana? (b) Qual è stato in alcune zone il risultato del recente interesse per le dottrine buddiste?

      48 Che effetto ha questa dottrina? Incoraggia i suoi credenti a coltivare vera fede e devozione? Un’opera riferisce che in alcuni paesi buddisti persino “i monaci prestano poca attenzione ai Sublimi della loro religione. Il raggiungimento del Nirvāna è in genere ritenuto un’ambizione disperatamente irrealistica, e la meditazione viene praticata di rado. A parte lo studio saltuario del Tipitaka, [i monaci] si dedicano a esercitare un’influenza benevola e armoniosa sulla società”. (Living Buddhism) Sullo stesso tono, commentando la recente reviviscenza di interesse per le dottrine buddiste, un’enciclopedia osserva: “Più lo studio del buddismo diventa specializzato, più si allontana dal suo obiettivo originale: guidare il popolo. Sotto questo aspetto la recente tendenza nello studio rigoroso del buddismo non implica necessariamente il risveglio di una fede viva. Piuttosto bisogna notare che, quando una religione diventa oggetto di complicata erudizione metafisica, la sua vera vitalità come fede si va perdendo”. — World Encyclopedia (giapponese).

      49. Cos’è diventato per molti il buddismo?

      49 Il concetto fondamentale del buddismo è che conoscenza e intuizione conducono all’illuminazione e alla salvezza. Ma le complesse dottrine delle varie scuole buddiste hanno prodotto soltanto la summenzionata situazione “disperatamente irrealistica”, oltre la portata della maggior parte dei credenti. Il buddismo per loro si riduce a fare il bene e a seguire alcune cerimonie e semplici precetti. Non affronta i grandi interrogativi dell’esistenza, quali: Da dove veniamo? Perché siamo al mondo? E quale futuro attende l’uomo e la terra?

      50. Quale domanda sorge tenendo conto delle esperienze di alcuni buddisti sinceri? (Confronta Colossesi 2:8).

      50 Alcuni buddisti sinceri hanno riconosciuto quanta confusione e disillusione derivano dalle complicate dottrine e dai gravosi rituali del buddismo così com’è praticato oggi. Gli sforzi umanitari compiuti in alcuni paesi da gruppi e associazioni buddiste possono aver recato a molti sollievo dal dolore e dalla sofferenza. Ma come fonte di vera illuminazione e liberazione per tutti, il buddismo ha tenuto fede alla sua promessa?

      Illuminazione senza Dio?

      51. (a) Cosa narra un aneddoto per quanto riguarda le dottrine del Budda? (b) Quale notevole lacuna è palese nelle dottrine del Budda? (Confronta 2 Cronache 16:9; Salmo 46:1; 145:18).

      51 Alcuni racconti della vita del Budda narrano che in un’occasione lui e i suoi discepoli si trovavano in una foresta. Egli raccolse una manciata di foglie e disse ai suoi discepoli: “Ciò che vi ho insegnato può paragonarsi alle foglie che tengo in mano, ciò che non vi ho insegnato può paragonarsi a tutte le foglie che sono nella foresta”. Naturalmente era sottinteso che il Budda aveva insegnato solo una parte di ciò che sapeva. C’è comunque una notevole lacuna: Gautama Budda non ebbe pressoché nulla da dire intorno a Dio; né pretese mai di essere Dio. Si narra infatti che ai suoi discepoli abbia detto: “Se c’è un Dio, è inconcepibile che si preoccupi delle mie faccende quotidiane”, e “non esistono dèi che possano o vogliano aiutare l’uomo”.

      52. (a) Che concetto ha il buddismo di Dio? (b) Cos’ha ignorato il buddismo?

      52 Sotto questo aspetto, nella ricerca del vero Dio da parte dell’uomo il buddismo ha un ruolo irrilevante. Come osserva un’enciclopedia, “il buddismo originario pare non tenesse affatto conto del problema di Dio, e di certo non insegnò la fede in Dio né la ritenne necessaria”. (The Encyclopedia of World Faiths) Poiché dà importanza al raggiungimento della salvezza personale, mediante la ricerca interiore dell’illuminazione nella propria mente o coscienza, il buddismo è in effetti agnostico, per non dire ateo. (Vedi pagina 145). Nel tentativo di liberarsi dalle pastoie dell’induismo con le sue superstizioni e la sua sconcertante schiera di dèi mitici, il buddismo è andato all’estremo opposto. Ha ignorato il fondamentale concetto di un Essere Supremo, mediante la cui volontà ogni cosa esiste e svolge le sue funzioni. — Atti 17:24, 25.

      53. Che si può dire della ricerca di illuminazione senza Dio? (Confronta Proverbi 9:10; Geremia 8:9).

      53 Il risultato di questo pensiero egocentrico e indipendente è un vero e proprio labirinto di leggende, tradizioni, dottrine complesse e interpretazioni sviluppate nel corso dei secoli dalle numerose scuole e sette. Ciò che mirava a offrire una soluzione semplice dei complessi problemi della vita ha prodotto un sistema religioso e filosofico che va oltre la comprensione della maggioranza delle persone. Il comune seguace del buddismo invece si preoccupa soltanto di adorare idoli e reliquie, dèi e demoni, spiriti e antenati, e di compiere molti altri riti e pratiche che hanno poco a che fare con ciò che Gautama Budda insegnò. È evidente che la ricerca di illuminazione senza Dio non approda a nulla.

      54. Gli insegnamenti di quali altri pensatori religiosi orientali verranno ora presi in esame?

      54 Verso la stessa epoca in cui Gautama Budda cercava la via dell’illuminazione, in un’altra parte del continente asiatico vivevano due filosofi le cui idee finirono per influenzare milioni di persone. Erano Lao-tzu (Lao-tse) e Confucio, i due saggi venerati da generazioni di cinesi e da altri. Cosa insegnarono, e come influirono sulla ricerca di Dio da parte dell’uomo? È ciò che tratteremo nel prossimo capitolo.

      [Note in calce]

      a Questa è la traslitterazione del suo nome in pali. La traslitterazione del nome in sanscrito è Siddhārtha Gautama. La sua data di nascita è secondo alcuni il 560 a.E.V., secondo altri il 563 o il 567. Quasi tutti gli esperti accettano la data del 560 o perlomeno collocano la sua nascita nel VI secolo a.E.V.

      b Molti buddisti in Giappone celebrano con gran pompa il “Natale”.

      c Le dottrine buddiste, come quella dell’anatta (non io), negano l’esistenza di un’anima immutabile o eterna. Tuttavia oggi quasi tutti i buddisti, particolarmente in Estremo Oriente, credono nella trasmigrazione di un’anima immortale. Ne sono una chiara prova il loro culto degli antenati e la credenza del tormento in un inferno dopo la morte.

      [Riquadro a pagina 139]

      Le Quattro Nobili Verità del Budda

      Il Budda espose il fondamento della sua dottrina in ciò che chiamò le Quattro Nobili Verità. Qui citiamo un brano del Dhamma-cakkha-pavattana-sutta (Il fondamento del regno di giustizia) riportato in Storia delle Religioni, I edizione, 1939, Volume 1, pagina 481:

      ▪ “E questa è, o monaci, la nobile verità circa il dolore: nascita è dolore, vecchiaia è dolore, malattia è dolore, morte è dolore; dolore è lo star insieme con persona non cara, dolore l’essere diviso da persona cara; dolore è non ottenere ciò che si desidera . . .

      ▪ “E questa è, o monaci, la nobile verità circa l’origine del dolore: essa è quella sete che è causa della rinascita, che è legata a piacere e a desiderio, e va in cerca qua e là del piacere che l’appaghi: la sete, cioè, del piacere dei sensi, la sete di esistenza, la sete di annientamento.

      ▪ “E questa è, o monaci, la nobile verità della soppressione del dolore: essa è la soppressione di questo desiderio per mezzo dell’assoluto distacco da passione: essa è l’abbandono, il ripudio, la cacciata, il non ricovero di questo desiderio.

      ▪ “E questa è, o monaci, la nobile verità della via che conduce alla soppressione del dolore: essa è appunto il nobile ottuplice sentiero: retta fede, retto proposito, retta parola, retta azione, retto contegno di vita, retto sforzo, retto pensiero, retta concezione di spirito”.

      [Riquadro a pagina 145]

      Il buddismo e Dio

      “Il buddismo insegna la via della perfetta bontà e saggezza senza un Dio personale; la conoscenza più elevata senza una ‘rivelazione’; . . . la possibilità di redenzione senza un redentore intermediario, una salvezza in cui ciascuno è il salvatore di se stesso”. — The Message of Buddhism, del Bhikkhu Subhadra, citato nel libro What Is Buddhism?

      Allora i buddisti sono atei? Il suddetto libro [pubblicato dalla Loggia buddista di Londra] risponde: “Se per ateo intendete chi rifiuta il concetto di un Dio personale, lo siamo”. Quindi prosegue: “Una mente che cresce può facilmente assimilare l’idea di un Universo guidato da una Legge precisa, così come può [assimilare] il concetto di un Personaggio distante che essa non può mai vedere, il quale dimora non si sa dove, e che in un tempo imprecisato creò dal nulla un Universo permeato di ostilità, ingiustizia, disuguaglianza sociale e interminabili sofferenze e lotte”.

      Pertanto, in teoria, il buddismo non sostiene la credenza in Dio o in un Creatore. Tuttavia oggi troviamo templi e stupa buddisti praticamente in ogni paese in cui è praticato il buddismo, e immagini e reliquie di vari Budda e bodhisattva sono oggetto di preghiere, offerte e devozione da parte dei buddisti devoti. Il Budda, che non pretese mai di essere Dio, è diventato un dio nel vero senso della parola.

      [Cartina a pagina 142]

      (Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

      Nel VII secolo E.V. dall’India il buddismo si era propagato in tutta l’Asia orientale

      INDIA

      Benares

      Bodh Gayā

      III SECOLO a.E.V. SRĪ LANKA

      I SECOLO a.E.V. KASHMIR

      ASIA CENTRALE

      I SECOLO E.V. CINA

      MYANMAR

      THAILANDIA

      CAMBOGIA

      GIAVA

      IV SECOLO E.V. COREA

      VI SECOLO E.V. GIAPPONE

      VII SECOLO E.V. TIBET

      [Immagini a pagina 131]

      Lo stile dei templi buddisti varia da una nazione all’altra

      Chengteh (Cina settentrionale)

      Kōfu (Giappone)

      New York (USA)

      Chiang Mai (Thailandia)

      [Immagine a pagina 133]

      Sogno di Maya, in un rilievo del Gandhara (Pakistan). Il futuro Budda è raffigurato come un elefante bianco circondato da un’aureola che penetra nel fianco destro della regina Maya per fecondarla

      [Immagini a pagina 134]

      Monaci e devoti buddisti in un tempio a New York (USA)

      [Immagini a pagina 141]

      Immagini del Budda in positure stilizzate

      nel Nirvana

      predicante

      in meditazione

      in tentazione

      [Immagine a pagina 147]

      Processione per l’anniversario della nascita del Budda, a Tokyo (Giappone). L’elefante bianco in fondo simboleggia il Budda

      [Immagini a pagina 150]

      Pagine del Sutra del Loto (X secolo) in cinese: descrivono il potere che ha il bodhisattva Kuan-yin di salvare dal fuoco e dall’acqua. Il bodhisattva Kshitigarbha, a destra, era popolare in Corea nel XIV secolo

      [Immagine a pagina 155]

      Tormenti dell’“inferno” raffigurati in un rotolo buddista di Kyoto (Giappone)

      [Immagini a pagina 157]

      Oggi i buddisti compiono atti di culto dinanzi a (da sinistra in alto, in senso orario): un linga a Bangkok (Thailandia); la reliquia del Dente di Budda a Kandy (Srī Lanka); immagini del Budda a Singapore e a New York

      [Immagini a pagina 158]

      Donna buddista che prega dinanzi all’altare della famiglia, e bambini che partecipano ad atti di culto in un tempio

  • Taoismo e confucianesimo: Ricerca della via del cielo
    L’uomo alla ricerca di Dio
    • Capitolo 7

      Taoismo e confucianesimo: Ricerca della via del cielo

      Taoismo, confucianesimo e buddismo sono le tre religioni principali in Cina e nell’Estremo Oriente. A differenza del buddismo, però, il taoismo e il confucianesimo non sono diventati religioni universali, ma sono rimasti basilarmente in Cina e ovunque la cultura cinese si sia affermata. Anche se non sono disponibili cifre ufficiali del numero attuale dei loro seguaci in Cina, messi insieme il taoismo e il confucianesimo hanno dominato negli ultimi 2.000 anni la vita religiosa di quasi un quarto della popolazione mondiale.

      1. (Compresa l’introduzione). (a) Dove sono praticati il taoismo e il confucianesimo, e che diffusione hanno? (b) A quale epoca risaliamo ora per esaminare queste dottrine?

      ‘CHE cento fiori sboccino; che cento scuole competano’. Questo detto, reso famoso da Mao Tse-tung della Repubblica Popolare della Cina in un suo discorso del 1956, parafrasava in effetti l’espressione usata dagli studiosi cinesi per descrivere l’epoca della storia cinese che andò dal V al III secolo a.E.V., chiamata periodo degli Stati combattenti. A quel tempo la potente dinastia Chou (ca. 1122-256 a.E.V.) era decaduta a un sistema di stati feudali disgregati e perennemente in lotta tra loro, con grandi disagi per il popolo.

      2. (a) Cosa portò alle “cento scuole” di pensiero? (b) Cos’è rimasto delle “cento scuole”?

      2 L’agitazione e le sofferenze provocate dalle guerre indebolirono seriamente l’autorità della classe dirigente tradizionale. Il popolo non si accontentava più di sottostare ai capricci e agli inganni dell’aristocrazia e di sopportare in silenzio le conseguenze. Il risultato fu che idee e aspirazioni a lungo soffocate sbocciarono d’un tratto come “cento fiori”. Svariate scuole di pensiero proposero le loro idee circa governo, legge, ordine sociale, comportamento ed etica e in campi quali agricoltura, musica e letteratura quali mezzi per riportare la vita a una certa normalità. Divennero note come le “cento scuole”. La maggior parte d’esse non produssero effetti durevoli. Due scuole comunque si distinsero al punto tale da influire sulla vita in Cina per oltre 2.000 anni. Si trattava di quelle che divennero poi famose col nome di taoismo e confucianesimo.

      Tao: che cos’è?

      3. (a) In che consiste il concetto cinese del Tao? (b) Anziché un Creatore, cosa credevano i cinesi che fosse la causa prima? (Confronta Ebrei 3:4).

      3 Per capire perché il taoismo e il confucianesimo finirono per esercitare un’influenza così profonda e durevole sul popolo cinese, come pure sugli abitanti del Giappone, della Corea e di altre nazioni vicine, è necessario avere qualche idea del fondamentale concetto cinese del Tao (in cinese si pronuncia dao). La parola in sé significa “via, strada o sentiero”. In senso lato può significare anche “metodo, principio o dottrina”. Per i cinesi l’armonia e l’ordine che essi percepivano nell’universo erano manifestazioni del Tao, una specie di legislazione o volontà divina che esiste nell’universo e lo regola. In altre parole, anziché in un Dio Creatore che governa l’universo, credevano in una provvidenza, in una volontà del cielo, o semplicemente nel cielo stesso come causa prima.

      4. Come applicavano i cinesi il concetto del Tao alle vicende umane? (Confronta Proverbi 3:5, 6).

      4 Applicando il concetto del Tao alle vicende umane, i cinesi credevano che ci fosse un modo naturale e corretto di fare ogni cosa e che tutto e tutti avessero il proprio posto e la propria funzione. Credevano, ad esempio, che se il governante assolveva il suo compito trattando con giustizia il popolo e attendendo ai riti sacrificali che spettavano al cielo, potevano esserci pace e prosperità per la nazione. In modo analogo, se i sudditi erano disposti a perseguire la via, o Tao, e a seguirla, tutto poteva essere armonioso, pacifico ed efficiente. Ma nel caso avessero agito contrariamente ad essa o vi si fossero opposti, il risultato sarebbe stato il caos e il disastro.

      5. (a) Com’è inteso il Tao dal taoismo? (b) Com’è inteso il Tao dal confucianesimo? (c) A quali domande si deve rispondere?

      5 Questa idea di seguire il Tao e di non interferire col suo corso è un elemento centrale del pensiero filosofico e religioso cinese. Si può dire che taoismo e confucianesimo sono due espressioni diverse dello stesso concetto. Il taoismo segue un orientamento mistico e, nella sua forma originaria, raccomanda inazione, tranquillità e passività, l’evasione dalla società e il ritorno alla natura. Il suo principio base è che tutto riesce bene se ci si rilassa, se non si fa nulla e si lascia che la natura segua il suo corso. Il confucianesimo, invece, segue un orientamento pragmatico. Insegna che l’ordine sociale verrà mantenuto se ciascuno svolge il ruolo che gli spetta e fa il suo dovere. A tal fine esso codifica tutte le relazioni umane e sociali — governante-suddito, padre-figlio, marito-moglie, e via dicendo — e fornisce regole per ognuna di esse. Questo, naturalmente, fa sorgere le seguenti domande: Come vennero all’esistenza questi due sistemi? Chi ne furono i fondatori? Come vengono attuati oggi? E come hanno influito sulla ricerca di Dio da parte dell’uomo?

      Il taoismo: un inizio filosofico

      6. (a) Cosa si sa del fondatore del taoismo? (b) Come mai il fondatore del taoismo divenne noto col nome di Lao-tzu?

      6 Ai suoi esordi il taoismo era più una filosofia che una religione. Il suo fondatore, Lao-tzu, era scontento del caos e delle agitazioni sociali che caratterizzavano la sua epoca e cercò sollievo ritirandosi dalla società e tornando alla natura. Di lui come persona non si sa molto; si dice sia vissuto nel VI secolo a.E.V., ma anche questa informazione non è sicura. Era abitualmente chiamato Lao-tzu, o Lao-tse, che significa “Vecchio Maestro” o “Vecchio”, perché, come narra la leggenda, sua madre lo portò in grembo così a lungo che quando nacque aveva già i capelli bianchi.

      7. Cosa apprendiamo su Lao-tzu dalle “Memorie storiche”?

      7 Le uniche notizie ufficiali su Lao-tzu sono contenute nello Shih Chi (Memorie storiche), di Ssu-ma Ch’ien, uno stimato storico di corte del II e I secolo a.E.V. Secondo questa fonte, il vero nome di Lao-tzu era Li Erh. Egli era conservatore degli archivi imperiali di Loyang, nella Cina centrale. Ma ancor più significative sono queste informazioni su Lao-tzu ivi contenute:

      “Lao Tzu trascorse la maggior parte della sua vita nel [paese di] Chou. Avendo previsto la decadenza di Chou, partì e andò alla frontiera. L’ufficiale doganale, Yin Hsi, disse: ‘Signore, poiché vi compiacete di ritirarvi, vi prego di scrivere un libro per me’. Allora Lao Tzu scrisse un libro in due parti, di oltre cinquemila parole, in cui discusse i concetti della Via [Tao] e del Potere [Te]. Poi partì, e nessuno sa dove morì”.

      8. (a) Quale libro viene attribuito a Lao-tzu? (b) Perché questo libro è soggetto a svariate interpretazioni?

      8 Molti studiosi dubitano dell’autenticità di questo racconto. Ad ogni modo il libro attribuito a Lao-tzu è noto col nome di Tao Te Ching (generalmente tradotto “Libro della Via e della Virtù-Potere”, o “del principio e della sua efficienza”) ed è considerato il principale testo del taoismo. È scritto in versi concisi ed enigmatici, alcuni dei quali contengono solo tre o quattro parole. Per questa ragione, e dato che il significato di certi caratteri è cambiato considerevolmente dal tempo di Lao-tzu, il libro è soggetto a svariate interpretazioni.

      Un’idea del “Tao Te Ching”

      9. Lao-tzu come descrisse il Tao nel Tao Te Ching?

      9 Nel Tao Te Ching Lao-tzu espose il Tao, il principio fondamentale della natura, e lo applicò a ogni campo dell’attività umana. Citiamo qui alcuni brani dall’opera Storia delle Religioni (Volume V, pagine 581, 584, 586) che ci danno un’idea del Tao Te Ching. Riguardo al Tao, dice quanto segue:

      “Vi è un essere completo,

      Che esisteva prima del cielo e della terra. . . .

      Lo si può considerare come la madre dell’universo.

      Io però non so il suo nome;

      Lo chiamerò principio (tao)”. — Capitolo 25.

      “Il principio (tao) li produsse [gli esseri],

      L’efficienza (té) li nutrì.

      Le cose dettero loro la forma,

      Il prestigio li completò.

      Perciò non c’è un essere che non onori il principio [Tao]

      e non apprezzi l’efficienza [Te]”. — Capitolo 51.

      10. (a) Qual è il fine del taoismo? (b) Come viene applicato alla condotta umana questo concetto taoistico?

      10 Cosa possiamo dedurre da questi brani enigmatici? Che per i taoisti il Tao è una misteriosa forza cosmica da cui dipende l’esistenza dell’universo fisico. Il fine del taoismo è ricercare il Tao, staccarsi dal mondo e conformarsi alla natura. Questo concetto si riflette anche nel modo in cui i taoisti considerano la condotta umana. Ecco come il Tao Te Ching esprime questo ideale:

      “Se lo riempi, [Troverai] che era meglio fermarsi prima.

      Se lo temperi a punta, Non potrai proteggerlo sempre.

      Se la sala è piena di oro e di giada, Non ci sarà nessuno che voglia custodirla.

      Le ricchezze e gli onori portano all’orgoglio: Di là viene la propria rovina.

      Finito il lavoro, tìrati indietro.

      Tale è la via del Cielo”. — Capitolo 9.

      11. Come si può descrivere l’ideale taoista?

      11 Questi pochi esempi dimostrano che, almeno all’inizio, il taoismo era basilarmente una scuola filosofica. A causa delle ingiustizie, delle sofferenze, delle devastazioni e della futilità derivanti dal dominio spietato del sistema feudale di quel tempo, i taoisti credevano che per trovare pace e armonia bisognava tornare alla tradizione degli antichi, al tempo in cui non c’erano né re né ministri a dominare il popolo. Il loro ideale era vivere una tranquilla vita di campagna a contatto con la natura. — Proverbi 28:15; 29:2.

      Il secondo saggio del taoismo

      12. (a) Chi era Chuang Chou? (b) Cosa aggiunse egli alla dottrina originaria di Lao-tzu?

      12 La filosofia di Lao-tzu fu ulteriormente sviluppata da Chuang Chou, o Chuang-tzu, che significa “Maestro Chuang” (369-286 a.E.V.), considerato il più eminente continuatore di Lao-tzu. Nel suo libro, Chuang-tzu, egli non solo elaborò il Tao, ma spiegò anche i concetti di yin e yang, già sviluppati nello I Ching. (Vedi pagina 83). A suo avviso, nulla è veramente permanente o assoluto, ma tutto è in uno stato di continuo mutamento fra due opposti. Nel capitolo intitolato “Acqua autunnale” scrisse:

      “Nell’universo nulla è permanente, poiché ogni cosa vive solo quel tanto fino alla morte. Solo il Tao, non avendo né principio né fine, dura per sempre. . . . La vita può paragonarsi a un agile destriero che galoppa velocemente: cambia di frequente e di continuo, a ogni frazione di secondo. Cosa dovresti fare? Cosa non dovresti fare? In realtà, non importa”.

      13. (a) In seguito all’elaborazione di Chuang-tzu, qual è la concezione taoistica della vita? (b) Per quale sogno Chuang-tzu viene maggiormente ricordato?

      13 In base a questa filosofia dell’inerzia, il pensiero taoistico è che non ha senso fare alcunché per interferire nel corso naturale delle cose. Prima o poi tutto tornerà allo stato opposto. Non importa quanto sia insostenibile una situazione, presto migliorerà. Non importa quanto sia piacevole una situazione, presto avrà termine. (Nota il contrasto con Ecclesiaste 5:18, 19). Questa concezione filosofica della vita è esemplificata da un sogno di Chuang-tzu, caro alla tradizione popolare:

      “Una volta Chuang Chou sognò di essere una farfalla, una farfalla volteggiante qua e là, felice e libera. Egli non sapeva di essere Chuang Chou. Improvvisamente egli si svegliò e si trovò ad essere là, proprio lui, Chuang Chou, senz’ombra di dubbio. Ma egli non sapeva se era Chuang Chou che aveva sognato d’essere una farfalla, o se era una farfalla che sognava d’essere Chuang Chou”. — Storia delle Religioni, Volume V, pagina 503, nota in calce.

      14. Quali campi riflettono l’influenza del taoismo?

      14 Questa filosofia ha un riflesso nello stile sviluppato dai poeti e dai pittori cinesi delle generazioni successive. (Vedi pagina 171). Il taoismo comunque non sarebbe rimasto a lungo una filosofia passiva.

      Da filosofia a religione

      15. (a) La passione per la natura portò i taoisti a quale idea? (b) Quali affermazioni contenute nel Tao Te Ching concorsero a questa idea?

      15 Nel loro tentativo di accordarsi con la natura, i taoisti finirono per essere ossessionati dalla sua immutabilità e dalla sua capacità di ricupero. Congetturarono che forse vivendo in armonia col Tao, o via della natura, si potessero in qualche modo carpire i segreti della natura e diventare immuni dal danno fisico, dalle malattie e perfino dalla morte. Benché Lao-tzu non si fosse posto questo problema, brani del Tao Te Ching sembravano suggerire questa idea. Ad esempio, il capitolo 16 dice: “(Se conosce) il Tao, egli permane; e non sarà in pericolo fino alla fine della sua vita”. — Op. cit., pagina 560.

      16. In che modo gli scritti di Chuang-tzu accrebbero le credenze magiche del taoismo?

      16 Anche Chuang-tzu contribuì ad approfondire tali speculazioni. Ad esempio, in un dialogo contenuto nel Chuang-tzu un personaggio mitico chiede a un altro: “Tu sei vecchio, eppure hai la carnagione di un bambino. Come mai?” Quest’ultimo risponde: “Ho imparato il Tao”. Riguardo ad un altro filosofo taoista, Chuang-tzu scrisse: “Ora Lie-tse era capace di cavalcare il vento. Lietamente portato dalla fresca brezza, proseguì il suo viaggio per quindici giorni prima di fare ritorno. Fra i mortali che raggiungono la felicità, questo è un uomo raro”.

      17. A quali pratiche taoistiche portarono le precedenti speculazioni, e con quale risultato? (Confronta Romani 6:23; 8:6, 13).

      17 Storie di questo genere accesero l’immaginazione dei taoisti, che cominciarono a sperimentare meditazione e pratiche dietetiche e respiratorie che si supponeva potessero ritardare il decadimento fisico e la morte. Ben presto cominciarono a circolare leggende su immortali capaci di volare sulle nubi e di apparire e scomparire a piacere, vissuti su montagne sacre o su isole remote per un incalcolabile numero di anni nutrendosi di rugiada o frutti magici. La storia cinese riferisce che nel 219 a.E.V. l’imperatore di Ch’in, Shih Huang-ti, inviò una flotta con a bordo 3.000 ragazzi e ragazze alla ricerca della leggendaria isola di P’eng-lai, dimora degli immortali, perché riportassero in patria il filtro dell’immortalità. Inutile dirlo, essi non fecero ritorno con l’elisir, ma la tradizione dice che popolarono le isole conosciute in seguito come Giappone.

      18. (a) Le ‘pillole dell’immortalità’ furono il frutto di quale idea taoista? (b) Quali altre pratiche magiche vennero sviluppate dal taoismo?

      18 Durante la dinastia Han (206 a.E.V.–220 E.V.) fu dato grande impulso alle pratiche magiche del taoismo. Si narra che l’imperatore Wu Ti, pur promuovendo il confucianesimo come dottrina di Stato ufficiale, fosse molto attratto dall’idea taoista dell’immortalità del corpo. Fu particolarmente affascinato dalla preparazione di ‘pillole dell’immortalità’ mediante pratiche alchimistiche. Nella concezione taoistica, la vita nasce dall’interazione di due forze opposte, yin e yang (femminile e maschile). Pertanto, fondendo insieme piombo (oscuro, yin) e mercurio (chiaro, yang), gli alchimisti imitavano il processo della natura e pensavano così di ottenere la pillola dell’immortalità. I taoisti svilupparono anche esercizi tipo yoga, tecniche della respirazione, regimi dietetici e pratiche sessuali che si credeva accrescessero l’energia vitale e prolungassero la vita della persona. Tra gli oggetti di cui facevano uso c’erano talismani magici che si diceva rendessero la persona invisibile e invulnerabile oppure capace di camminare sull’acqua o di librarsi nello spazio. Apponevano inoltre sigilli magici, di solito contenenti il simbolo yin-yang, sugli edifici e sugli ingressi per tenere lontani spiriti maligni e animali selvaggi.

      19. In che modo il taoismo divenne una religione organizzata?

      19 Nel II secolo E.V. il taoismo divenne una religione organizzata. Un certo Chang Ling, o Chang Tao-ling, fondò una società segreta taoista nella Cina occidentale e praticò guarigioni magiche e l’alchimia. Poiché a ciascun membro veniva imposta una tassa-obolo di cinque tou di riso, il suo movimento prese il nome di “taoismo dei cinque tou di riso” (wu-tou-mi tao).a Giacché asseriva di avere ricevuto una rivelazione personale da Lao-tzu, Chang divenne il primo “maestro celeste”. Si dice che infine, riuscito a preparare l’elisir di lunga vita, ascese vivo al cielo, cavalcando una tigre, dal monte Lung-hu (monte del Drago-tigre) nella provincia del Kiangsi. Con Chang Tao-ling ebbe inizio una successione secolare di “maestri celesti” taoisti, ciascuno dei quali era ritenuto una reincarnazione di Chang.

      L’incontro col buddismo

      20. Come cercò il taoismo di contrapporsi all’influenza del buddismo?

      20 Nel VII secolo, durante la dinastia T’ang (618-907 E.V.), il buddismo si stava facendo strada nella vita religiosa cinese. Per contrapporsi a questa avanzata, il taoismo si raccomandò come religione cinese indigena. Lao-tzu fu deificato e gli scritti taoisti vennero canonizzati. Si costruirono templi, monasteri e conventi, e vennero fondati ordini monastici maschili e femminili, più o meno alla maniera buddista. Oltre a ciò, il taoismo accolse nel suo pantheon numerosi dèi, dee, fate e immortali del folclore cinese, quali gli Otto Immortali (Pa Hsien), il dio del focolare domestico (Tsao Shen), gli dèi protettori della città (Ch’eng Huang) e i guardiani della porta (Men Shen). Ne risultò un amalgama di elementi buddisti, superstizioni tradizionali, spiritismo e culto degli antenati. — 1 Corinti 8:5.

      21. Infine in che cosa si trasformò il taoismo, e come?

      21 Nel corso del tempo il taoismo degenerò pian piano in un sistema impregnato di idolatria e superstizioni. Ognuno si limitava ad adorare nei templi locali i propri dèi e dee preferiti e a invocarne la protezione dal male e l’aiuto per ottenere la prosperità terrena. I sacerdoti si facevano pagare per celebrare funerali, scegliere luoghi propizi per tombe, case e negozi, comunicare con i morti, allontanare spiriti maligni e spettri, celebrare feste e compiere diverse altre cerimonie. In tal modo ciò che era cominciato come scuola mistico-filosofica aveva finito per diventare una religione sprofondata nella credenza di spiriti immortali, inferno di fuoco e semidèi, concetti attinti alle acque stagnanti di false dottrine dell’antica Babilonia.

      Un altro famoso saggio cinese

      22. Quale scuola di pensiero prevalse in Cina, e quali domande dobbiamo prendere in esame?

      22 Dopo aver descritto la nascita, lo sviluppo e la decadenza del taoismo, non dovremmo dimenticare che esso fu solo una delle “cento scuole” che fiorirono in Cina durante il periodo degli Stati combattenti. Un’altra scuola che infine si distinse, anzi, prevalse, fu il confucianesimo. Ma perché il confucianesimo acquistò tale preminenza? Di tutti i saggi cinesi, senza dubbio Confucio è il più conosciuto fuori della Cina. Ma chi era, e che cosa insegnò?

      23. Quali dettagli biografici su Confucio sono contenuti nelle “Memorie storiche”?

      23 Per avere informazioni su Confucio, rivolgiamoci di nuovo allo Shih Chi (Memorie storiche) di Ssu-ma Ch’ien. In contrasto col breve profilo di Lao-tzu, vi troviamo un’estesa biografia di Confucio. Citiamo alcuni dettagli biografici da una traduzione (inglese) fatta dallo studioso cinese Lin Yutang:

      “Confucio nacque nella città di Tsou, nella contea di Ch’angping, nel paese di Lu. . . . [Sua madre] pregò presso il colle di Nich’iu, e nel ventiduesimo anno del duca Hsiang di Lu (551 a.C.) generò Confucio in risposta alla sua preghiera. Alla nascita egli aveva sulla testa una protuberanza piuttosto vistosa, e per questo motivo fu chiamato ‘Ch’iu’ (cioè “collina”). Il suo soprannome era Chung-ni, e il suo cognome K’ung”.b

      24. Cosa si sa della giovinezza di Confucio?

      24 Poco tempo dopo la sua nascita il padre morì, ma la madre, benché povera, riuscì a dargli un’istruzione adeguata. Crescendo, il ragazzo divenne appassionato di storia, poesia e musica. Secondo i Dialoghi, uno dei Quattro libri confuciani, all’età di 15 anni si dedicò agli studi accademici. A 17 anni ricoprì un modesto incarico amministrativo nel suo stato natale di Lu.

      25. Che effetto ebbe su Confucio la morte della madre? (Confronta Ecclesiaste 9:5, 6; Giovanni 11:33, 35).

      25 A quanto pare le sue condizioni finanziarie migliorarono, così a 19 anni si sposò e l’anno dopo ebbe un figlio. Aveva circa 25 anni quando sua madre morì, e questo dovette incidere notevolmente su di lui. Essendo un meticoloso osservante delle tradizioni degli antichi, Confucio si ritirò dalla vita pubblica e pianse sulla tomba della madre per 27 mesi, dando in tal modo ai cinesi un classico esempio di pietà filiale.

      Confucio, il maestro

      26. Quale professione intraprese Confucio dopo la morte della madre?

      26 Dopo ciò abbandonò la famiglia e intraprese la carriera di maestro itinerante. Fra le discipline da lui insegnate c’erano musica, poesia, letteratura, educazione civica, etica e scienze, almeno quel tanto che si conosceva allora. Dovette acquistare una certa fama, poiché si dice che ci fu un tempo in cui ebbe addirittura 3.000 studenti.

      27. Cosa si sa di Confucio come insegnante? (Confronta Matteo 6:26, 28; 9:16, 17; Luca 12:54-57; Giovanni 4:35-38).

      27 In Oriente Confucio è venerato più che altro come maestro. Infatti l’epitaffio posto sulla sua tomba a Ch’ü-fou, nella provincia dello Shantung, lo chiama semplicemente: “Antico, Venerabile Maestro”. Uno scrittore occidentale descrive così il suo metodo didattico: “Andava ‘da un posto all’altro accompagnato da coloro che assimilavano i suoi princìpi di vita’. Quando dovevano percorrere molta strada, egli viaggiava su un carro trainato da un bue. L’andatura lenta dell’animale permetteva ai suoi allievi di seguire a piedi, ed è evidente che spesso il tema dei suoi discorsi si richiamava a quanto accadeva lungo il cammino”. È interessante che Gesù, in un’epoca successiva e indipendentemente da lui, seguì un metodo simile.

      28. Secondo lo scrittore cinese Lin Yutang, cosa fece di Confucio un maestro rispettato?

      28 A fare di Confucio un maestro rispettato fra gli orientali fu senza dubbio il fatto che era egli stesso un bravo studente, in special modo di storia e di etica. “La gente era attratta da Confucio non tanto perché era l’uomo più saggio del suo tempo, ma perché era lo studioso più colto, l’unico a quel tempo che potesse insegnare loro in merito ai testi antichi e all’erudizione del passato”, scrisse Lin Yutang. Indicando questo amore per la cultura come probabile motivo determinante per cui il confucianesimo trionfò sulle altre scuole di pensiero, Lin riassunse la cosa in questo modo: “Gli insegnanti confuciani avevano qualcosa di specifico da insegnare e gli allievi confuciani avevano qualcosa di specifico da imparare, cioè la cultura storica, mentre le altre scuole erano costrette a fare semplicemente sfoggio delle proprie opinioni”.

      “C’è il Cielo che mi conosce!”

      29. (a) Qual era la vera ambizione di Confucio? (b) Come cercò di ottenere ciò a cui ambiva, e con quale risultato?

      29 Benché avesse successo come maestro, Confucio non considerava l’insegnamento la sua missione. Pensava che le sue dottrine etico-morali avrebbero potuto salvare il mondo travagliato del suo tempo se solo i governanti le avessero applicate impiegando lui o i suoi allievi nelle loro amministrazioni. A tal fine lui e un gruppetto di suoi intimi discepoli lasciarono il suo stato natale di Lu e viaggiarono da uno stato all’altro in cerca del governante saggio disposto ad adottare le sue idee in quanto a governo e ordine sociale. Il risultato? Lo Shih Chi dichiara: “Infine egli partì da Lu, fu abbandonato in Ch’i, scacciato da Sung e da Wei, visse in povertà tra Ch’en e Ts’ai”. Dopo 14 anni di vagabondaggi, fece ritorno a Lu, deluso ma non ridotto alla disperazione.

      30. Su quali opere letterarie si basa il confucianesimo?

      30 Per il resto dei suoi giorni si dedicò agli studi letterari e all’insegnamento. (Vedi pagina 177). Pur lamentando senza dubbio la sua scarsa notorietà, disse: “Io non mormoro contro il Cielo. Non brontolo contro l’uomo. Compio i miei studi qui sulla terra, e sono in contatto col Cielo. C’è il Cielo che mi conosce!” Morì infine nel 479 a.E.V., all’età di 73 anni.

      L’essenza del pensiero confuciano

      31. Quale insegnò Confucio che fosse la via per conseguire l’ordine sociale?

      31 Benché Confucio eccellesse come studioso e insegnante, la sua influenza non fu affatto ristretta agli ambienti scolastici. Infatti Confucio non aveva solo la mira di insegnare regole di comportamento o norme morali, ma anche di ristabilire pace e ordine nella società, all’epoca dilaniata da continue guerre feudali. Confucio insegnò che, per conseguire questo obiettivo, ognuno, dall’imperatore al popolano, doveva imparare quale ruolo gli competeva nella società e vivere conformemente.

      32, 33. (a) In che consisteva il concetto confuciano del li? (b) Secondo Confucio, quale risultato si sarebbe avuto praticando il li?

      32 Nel confucianesimo questo concetto è chiamato li, che significa condotta appropriata, cortesia, l’ordine delle cose e, per estensione, riti, cerimonie e riverenza. In risposta alla domanda “Che cos’è questo grande li?”, Confucio spiegò:

      “Di tutte le cose che regolano la vita del popolo, li è la più grande. Senza li non sappiamo come praticare una corretta adorazione degli spiriti dell’universo; né come stabilire la giusta posizione del re e dei ministri, del governante e dei governati, e degli anziani e dei giovani; né come stabilire le relazioni morali tra i sessi, tra genitori e figli e tra fratelli; né come distinguere le relazioni familiari ai vari livelli. Ecco perché il gentiluomo tiene il li in così alta considerazione”.

      33 Pertanto, li è la norma di comportamento che regola tutti i rapporti umani del vero gentiluomo (chün-tzu, tradotto anche “uomo superiore”). Se ognuno si sforza in tal senso, “tutto si perfeziona nella famiglia, nello stato e nel mondo”, disse Confucio, ed è allora che si compie il Tao, o via del cielo. Ma come si deve esprimere il li? Questo ci porta a un altro concetto fondamentale del confucianesimo: jen (si pronuncia ren), umanità o benevolenza.

      34. Qual è il concetto confuciano del jen, e di che utilità è per risolvere i mali sociali?

      34 Mentre “li” dà risalto al freno imposto da regole estrinseche, “jen” ha a che fare con la natura umana, con l’intimo della persona. Il concetto confuciano, in particolar modo come viene espresso da Mencio, il principale discepolo di Confucio, è che la natura umana è essenzialmente buona. Perciò la soluzione di tutti i mali sociali sta nel coltivare se stessi, cosa che inizia con l’istruzione e la conoscenza. Nel capitolo introduttivo della Grande Dottrina si legge:

      “Una volta ottenuta la vera conoscenza, i pensieri sono sinceri; quando i pensieri sono sinceri, il cuore è corretto . . . ; quando il cuore è corretto, la personalità è coltivata; quando è coltivata la personalità, la famiglia è regolata; quando la famiglia è regolata, la nazione è disciplinata; quando la nazione è disciplinata, c’è pace in questo mondo. Dall’imperatore all’uomo comune, ognuno deve tener conto del fatto che coltivare la propria personalità sta alla base di tutto”.

      35. (a) Come si possono riassumere i princìpi del li e del jen? (b) Come si riflette tutto questo nella concezione cinese della vita?

      35 Così vediamo che secondo Confucio osservando il li gli uomini terranno un comportamento corretto in ogni occasione, e coltivando il jen tratteranno chiunque in modo amabile. Il risultato, in teoria, sarà armonia e pace nella società. L’ideale confuciano, basato sui princìpi del li e del jen, si può così riassumere:

      “Benignità nel padre, pietà filiale nel figlio

      Dignità nel fratello maggiore, umiltà e rispetto

      nel minore

      Comportamento virtuoso nel marito, ubbidienza

      nella moglie

      Comprensione negli anziani, deferenza nei giovani

      Benevolenza nei governanti, lealtà nei ministri e nei sudditi”.

      Tutto questo aiuta a spiegare perché quasi tutti i cinesi, e anche altri orientali, danno tanta importanza ai vincoli familiari, all’operosità, all’istruzione e al conoscere e rispettare il proprio posto. Nel bene e nel male, questi concetti confuciani sono stati profondamente inculcati per secoli nella coscienza cinese.

      Il confucianesimo diventa culto di Stato

      36. Come raggiunse il confucianesimo la posizione di culto di Stato?

      36 Col fiorire del confucianesimo ebbe termine il periodo delle “cento scuole”. Gli imperatori della dinastia Han trovarono nella dottrina confuciana della lealtà al governante proprio la formula di cui avevano bisogno per consolidare la loro corona. Sotto l’imperatore Wu Ti, al quale abbiamo già fatto riferimento in relazione al taoismo, il confucianesimo fu elevato alla dignità di culto di Stato. Solo coloro che erano versati nei classici confuciani venivano scelti come funzionari di Stato, e chiunque sperasse di ottenere un impiego governativo doveva superare esami a carattere nazionale basati sui classici confuciani. I riti e le cerimonie confuciane divennero la religione della casa reale.

      37. (a) In che modo il confucianesimo divenne una religione? (b) Perché in realtà il confucianesimo è più che una semplice filosofia?

      37 Questo evolversi degli eventi contribuì molto a elevare la posizione di Confucio nella società cinese. Gli imperatori Han diedero inizio alla tradizione di offrire sacrifici presso la tomba di Confucio, al quale vennero conferiti titoli onorifici. Poi, nel 630 E.V., l’imperatore T’ai Tsung della dinastia T’ang decretò che in ogni provincia e contea dell’impero si erigesse un tempio di Stato a Confucio e che vi si offrissero regolarmente sacrifici. A tutti gli effetti, Confucio fu elevato al rango di dio, e il confucianesimo divenne una religione difficilmente distinguibile dal taoismo o dal buddismo. — Vedi pagina 175.

      Il retaggio della saggezza orientale

      38. (a) Che ne è stato del taoismo e del confucianesimo dal 1911? (b) Ma cosa si può dire ancor oggi dei concetti fondamentali di queste religioni?

      38 Da che nel 1911 in Cina ha avuto fine il governo dinastico, il confucianesimo e il taoismo sono stati sottoposti a molte critiche, perfino a persecuzioni. Il taoismo fu screditato a motivo delle sue pratiche magiche e superstiziose. E il confucianesimo fu giudicato feudale, accusato di promuovere una mentalità servile per tenere in soggezione il popolo, e in particolare le donne. Nonostante queste denunce ufficiali, comunque, i concetti fondamentali di queste religioni sono così profondamente radicati nel pensiero cinese da avere tuttora una forte presa su gran parte della popolazione.

      39. Cosa dice una notizia giornalistica delle pratiche religiose superstiziose in Cina?

      39 Ad esempio nel 1987, sotto l’intestazione “Riti religiosi cinesi rari a Pechino ma fiorenti nelle regioni costiere”, il giornale canadese Globe and Mail riferiva che dopo circa 40 anni di regime ateo in Cina, riti funebri, cerimonie nei templi e molte pratiche superstiziose sono ancora comuni nelle zone rurali. “Quasi tutti i villaggi hanno un maestro dell’arte del feng-shui, di solito un componente anziano della comunità che sa interpretare le forze del vento (feng) e dell’acqua (shui) per stabilire di ogni cosa qual è la collocazione più propizia, sia che si tratti della tomba avita, di una casa nuova o dei mobili di un soggiorno”, dice la notizia.

      40. Quali pratiche superstiziose si notano a Taiwan?

      40 Altrove troviamo il taoismo e il confucianesimo ovunque sia ancora vivente la cultura tradizionale cinese. A Taiwan c’è un uomo che asserisce di essere discendente di Chang Tao-ling e mantiene in qualità di “maestro celeste” la direzione del taoismo col potere di ordinare sacerdoti (detti Tao Shih). La popolare dea Matsu, sotto il titolo di “Madre Santa del Cielo”, è venerata come santa patrona dell’isola, dei naviganti e dei pescatori. La gente del popolo è per lo più intenta a fare offerte e sacrifici agli spiriti dei fiumi, dei monti e delle stelle, alle divinità protettrici di tutti i mestieri, e agli dèi della salute, della fortuna e della ricchezza.c

      41. In quali modi è perpetuato oggi il confucianesimo come religione?

      41 Che dire del confucianesimo? Il suo ruolo come religione è stato ridotto a quello di monumento nazionale. In Cina a Ch’ü-fou, in cui ebbe i natali Confucio, lo Stato mantiene come attrazioni turistiche il Tempio di Confucio e i terreni appartenuti alla sua famiglia. Lì, secondo una rivista (China Reconstructs), vengono allestiti spettacoli che “fanno rivivere una cerimonia cultuale in onore di Confucio”. E a Singapore, Taiwan, Hong Kong, e in altre località dell’Asia orientale, si celebra ancora l’anniversario della sua nascita.

      42. Come mai il taoismo e il confucianesimo sono guide deludenti nella ricerca del vero Dio?

      42 Nel confucianesimo e nel taoismo vediamo quanto in definitiva sia deludente nella ricerca del vero Dio un sistema basato sulla sapienza e sul ragionamento umani, non importa quanto siano logici e bene intenzionati. Perché? Perché trascura un elemento essenziale, cioè la volontà e le norme di un Dio personale. Il confucianesimo indirizza alla natura umana come forza motivante per fare il bene, e il taoismo indirizza alla natura stessa. Ma questa è fiducia mal riposta, perché equivale ad adorare cose create anziché il Creatore. — Salmo 62:9; 146:3, 4; Geremia 17:5.

      43. In che modo le tradizioni religiose hanno ostacolato i cinesi in generale nella ricerca del vero Dio?

      43 D’altra parte, le tradizioni del culto degli antenati e degli idoli, la riverenza verso un cielo cosmico e la venerazione di spiriti della natura, come pure i relativi riti e cerimonie, sono ormai così radicati nel pensiero cinese che vengono tacitamente accettati come verità. Spesso è molto difficile parlare a un cinese di un Dio personale o di un Creatore perché il concetto gli è del tutto estraneo. — Romani 1:20-25.

      44. (a) Come reagiscono le menti ragionevoli alle meraviglie del mondo della natura? (b) Cosa siamo incoraggiati a fare?

      44 Non si può negare che la natura abbonda di grandiosi prodigi e di sapienza e che noi uomini siamo dotati delle meravigliose facoltà della ragione e della coscienza. Ma, come è stato fatto notare nel capitolo sul buddismo, le meraviglie che vediamo nel mondo della natura hanno indotto le menti ragionevoli a concludere che deve esserci un Progettista, un Creatore. (Vedi pagine 151-2). Stando così le cose, quindi, non è logico che dovremmo sforzarci di trovare il Creatore? Questo è infatti ciò che Egli ci invita a fare: “Alzate gli occhi in alto e vedete. Chi ha creato queste cose? Colui che ne fa uscire l’esercito perfino a numero, che tutte chiama perfino per nome”. (Isaia 40:26) Così facendo non solo potremo conoscere chi è il Creatore, cioè Geova Dio, ma anche cosa egli ha in serbo per il nostro futuro.

      45. Quale altra religione orientale prenderemo ora in esame?

      45 Oltre al buddismo, al confucianesimo e al taoismo, che hanno giocato un ruolo primario nella vita religiosa degli orientali, c’è un’altra religione, propria del popolo giapponese: lo scintoismo. Sotto quali aspetti è diversa? Quali sono le sue origini? Ha condotto gli uomini al vero Dio? Lo tratteremo nel prossimo capitolo.

      [Note in calce]

      a Il tou è una misura di capacità per aridi equivalente a circa 10 litri.

      b Il nome “Confucio” deriva dalla traslitterazione latina Confucius del cinese K’ung-fu-tzu, che significa “Maestro K’ung”. Sacerdoti gesuiti giunti in Cina nel XVI secolo coniarono il nome latinizzato quando raccomandarono al papa di Roma la canonizzazione di Confucio quale “santo” della Chiesa Cattolica Romana.

      c Un gruppo taoista a Taiwan, chiamato T’ien Tao (Via del Cielo), asserisce di essere un amalgama di cinque grandi religioni: taoismo, confucianesimo, buddismo, cristianesimo e islamismo.

      [Riquadro a pagina 162]

      Pronuncia delle parole cinesi

      In questo libro, per essere coerenti con la maggior parte delle opere letterarie, si è seguito il sistema Wade-Giles di traslitterazione del cinese. Qui di seguito è indicata la trascrizione fonetica in italiano:

      ch g (dolce), come in Tao Te Ching (ging)

      ch’ c (dolce), come nella dinastia Ch’in (cin)

      hs sc(i), come in Ta Hsüeh (sciu-eh), Grande Dottrina

      j r, come in jen (ren), benevolenza

      k g (dura), come nella dea buddista Kuan-yin (guan-yin)

      k’ k, come in K’ung-fu-tzu (kung-fu-tzu), o Confucio

      t d, come in Tao (dao), la Via

      t’ t, come nella dinastia T’ang (tang)

      [Riquadro a pagina 175]

      Confucianesimo: filosofia o religione?

      Siccome Confucio ebbe pochissimo da dire su Dio, molti considerano il confucianesimo unicamente una filosofia e non una religione. Eppure quanto egli disse e fece dimostrò che era religioso. Ciò è reso evidente da due particolari. Primo, egli nutriva riverente timore di una suprema forza spirituale cosmica, ciò che i cinesi chiamano T’ien, Cielo, che egli considerava la fonte di ogni virtù e bontà morale e la cui volontà, egli credeva, dirige tutte le cose. Secondo, attribuiva grande importanza all’osservanza meticolosa dei riti e delle cerimonie relativi al culto del cielo e degli spiriti degli antenati estinti.

      Anche se Confucio non propugnò mai queste idee come forma di religione, per generazioni esse sono state il contenuto di ciò che i cinesi hanno inteso per religione.

      [Riquadro/Immagini a pagina 177]

      I Quattro libri e i Cinque classici confuciani

      I Quattro libri

      1. Grande Dottrina (Ta Hsüeh), l’essenza dell’educazione del gentiluomo, il primo testo che si studiava a scuola nella vecchia Cina

      2. Dottrina del Mezzo (Chung Yung), trattato sullo sviluppo della natura umana attraverso la moderazione

      3. Discorsi e Dialoghi (Lun Yü), raccolta delle massime di Confucio, considerata il testo base del pensiero confuciano

      4. Libro di Mencio (Meng-tzu), scritti e massime del più grande discepolo di Confucio, Meng-tzu, o Mencio

      I Cinque classici

      1. Libro delle Odi (Shih Ching), 305 componimenti lirici che fanno un quadro della vita quotidiana all’inizio dell’epoca Chou (1000-600 a.E.V.)

      2. Libro della Storia (Shu Ching), che abbraccia 17 secoli di storia cinese a partire dalla dinastia Shang (1766-1122 a.E.V.)

      3. Libro dei Mutamenti (I Ching), manuale di divinazione, basato sull’interpretazione delle 64 combinazioni possibili di sei linee spezzate o intere

      4. Raccolta di Riti (Li Chi), raccolta di regole su cerimonie e rituali

      5. Annali di Primavera e di Autunno (Ch’un Ch’iu), cronaca dello stato di Lu, patria di Confucio, che abbraccia il periodo 721-478 a.E.V.

      [Immagini]

      I Cinque classici, in alto, e, a sinistra, un brano della Grande Dottrina (uno dei Quattro libri), l’opera citata a pagina 181

      [Immagine a pagina 163]

      Tao: ‘la via da seguire’

      [Immagine a pagina 165]

      Lao-tzu, il filosofo del taoismo, in groppa a un bufalo

      [Immagine a pagina 166]

      Tempio taoista dedicato a Matsu, “Madre Santa del Cielo”, a Taiwan

      [Immagine a pagina 171]

      Montagne brumose, acque tranquille, alberi con le chiome al vento e studiosi solitari — temi frequenti nella paesaggistica cinese — rispecchiano l’ideale taoista di vivere in armonia con la natura

      [Immagini a pagina 173]

      A sinistra, antica statua lignea taoista del dio della Longevità con gli Otto Immortali.

      A destra, sacerdote taoista in paramenti sacri che officia a un funerale

      [Immagine a pagina 179]

      Confucio, il massimo saggio cinese, viene onorato come maestro di etica e di morale

      [Immagine a pagina 181]

      Manifestazioni celebrative e musiche nel Sung Kyun Kwan, centro educativo confuciano del XIV secolo a Seoul (Corea), perpetuano i riti confuciani

      [Immagini a pagina 182]

      Sia egli buddista, taoista o confuciano, il cinese tipico, da sinistra, compie riti domestici in onore degli antenati, adora il dio della ricchezza e offre sacrifici nei templi nei giorni festivi

  • Scintoismo: Ricerca di Dio in Giappone
    L’uomo alla ricerca di Dio
    • Capitolo 8

      Scintoismo: Ricerca di Dio in Giappone

      “Poiché mio padre era un sacerdote scintoista, ci era stato insegnato a offrire sul kamidana [santuario di famiglia nelle case scintoiste] ogni mattina, prima di colazione, un bicchiere d’acqua e una ciotola di riso cotto al vapore. Compiuto questo atto religioso, prendevamo la ciotola e mangiavamo il riso. Così facendo avevo fiducia che gli dèi ci avrebbero protetto.

      “Quando acquistammo una casa, consultammo un indovino sciamano per essere più che sicuri che la nuova casa fosse situata in un luogo propizio rispetto a quella vecchia. Lui ci avvertì riguardo a tre porte dei demoni e ci disse che dovevamo compiere il rito di purificazione prescritto da mio padre. Così una volta al mese purificavamo quelle stanze col sale”. — Mayumi T.

      1. (Compresa l’introduzione). Principalmente dove è praticato lo scintoismo, e cosa comporta esso per alcuni suoi seguaci?

      LO SCINTOISMO, o shintō, è una religione prevalentemente giapponese. Secondo un’enciclopedia delle religioni giapponesi (Nihon Shukyo Jiten), “lo sviluppo dello scintoismo è quasi identico a quello della cultura etnica giapponese, ed è una cultura religiosa che non è mai stata praticata separatamente da questa etnia”. Ma l’influenza economica e culturale esercitata dai giapponesi è ormai così estesa che dovrebbe interessarci sapere quali fattori religiosi hanno plasmato la storia del Giappone e la personalità giapponese.

      2. Fino a che punto lo scintoismo influisce sulla vita dei giapponesi?

      2 Benché lo scintoismo vanti oltre 91.000.000 di aderenti in Giappone, ovvero circa tre quarti della popolazione del paese, un sondaggio ha rivelato che solo 2.000.000 di persone, cioè il 3 per cento della popolazione adulta, professa in effetti di credere nello scintoismo. Comunque, Sugata Masaaki, studioso di scintoismo, dice: “Lo scintoismo fa così intimamente parte della vita quotidiana giapponese che la gente è a malapena consapevole della sua esistenza. Per i giapponesi, più che una religione è una parte permanente e impercettibile dell’ambiente che li circonda, come l’aria che respirano”. Anche coloro che si dicono apatici nei confronti della religione sono soliti acquistare amuleti scintoisti contro gli incidenti stradali, celebrare il matrimonio secondo la tradizione scintoista e profondere denaro nelle feste scintoiste annuali.

      Come ebbe inizio?

      3, 4. Quando e come la religione giapponese divenne nota come shintō?

      3 Il nome “shintō”, da cui “scintoismo”, fu coniato nel VI secolo E.V. per differenziare la religione indigena dal buddismo, che andava introducendosi in Giappone. “Naturalmente ‘la religione dei giapponesi’ . . . esisteva prima dell’introduzione del buddismo”, spiega Sachiya Hiro, studioso di religioni giapponesi, “ma era una religione subconscia, consistente di ‘usi e costumi’. Con l’introduzione del buddismo, però, la popolazione prese coscienza del fatto che quelle usanze costituivano una religione giapponese, diversa dal buddismo, che era una religione straniera”. Come si sviluppò questa religione giapponese?

      4 È difficile individuare con precisione la data in cui emerse lo scintoismo originario, o “religione dei giapponesi”. Con l’avvento dell’arte di coltivare il riso in risaie, “la risicoltura necessitava di comunità bene organizzate e stabili”, spiega un’enciclopedia, “e così si svilupparono i riti agrari che ebbero poi un ruolo tanto importante nello scintoismo”. (Kodansha Encyclopedia of Japan) Quelle antiche popolazioni concepirono e venerarono numerosi dèi della natura.

      5. (a) Qual è la concezione scintoista dei morti? (b) Facendo un confronto, cosa dichiara la Bibbia circa i morti?

      5 A questa venerazione si aggiunse il timore delle anime dei defunti, che portò a riti intesi a placarle. Questo si trasformò poi in culto degli spiriti degli antenati. Secondo la fede scintoista, l’anima del “trapassato” conserva la sua personalità ed è contaminata dall’impurità della morte. Quando i superstiti celebrano riti commemorativi, l’anima viene purificata finché tutto il male è stato eliminato, e assume un carattere pacifico e benevolo. Dopo un certo tempo lo spirito dell’avo assurge alla posizione di divinità ancestrale o tutelare. Vediamo così che quella dell’anima immortale è la credenza base di un’altra religione ancora, e condiziona gli atteggiamenti e il comportamento dei credenti. — Salmo 146:4; Ecclesiaste 9:5, 6, 10.

      6, 7. (a) Che idea avevano gli scintoisti dei loro dèi? (b) Cos’è lo shintai, e che importanza ha nello scintoismo? (Confronta Esodo 20:4, 5; Levitico 26:1; 1 Corinti 8:5, 6).

      6 Si riteneva che gli dèi della natura e gli dèi ancestrali fossero spiriti che “vagavano” nell’aria popolandola. Durante le feste la gente invocava gli dèi perché discendessero nei siti appositamente santificati per l’occasione. Si pensava che gli dèi prendessero temporanea dimora negli shintai, oggetti di culto quali alberi, pietre, specchi e spade. Gli indovini sciamani presiedevano a queste cerimonie per far discendere gli dèi.

      7 Col passar del tempo questi shintai o “corpi divini”, che venivano temporaneamente purificati in occasione delle feste, assunsero una forma più permanente. I devoti costruirono santuari per gli dèi benevoli, quelli che pareva li beneficassero. Dapprima essi non facevano immagini scolpite degli dèi, ma adoravano lo shintai, in cui si diceva risiedessero gli spiriti degli dèi. Persino un’intera montagna, come il Fuji, poteva servire da shintai. A lungo andare finirono per esserci così tanti dèi che i giapponesi coniarono l’espressione yaoyorozu-no-kami, che letteralmente significa “otto milioni di dèi” (“kami” significa “dèi” o “divinità”). Ora questa espressione è usata col senso di “miriadi di dèi”, visto che il loro numero nella religione scintoista continua ad aumentare.

      8. (a) Secondo il mito scintoista, come fu generata Amaterasu Omikami e come fu costretta a brillare? (b) In che modo Amaterasu Omikami divenne la divinità nazionale, e che legame avevano con lei gli imperatori?

      8 Via via che i riti scintoisti si concentravano intorno ai santuari, ciascun clan ne aveva uno dedicato alla propria divinità tutelare. Ma allorché la famiglia imperiale unificò la nazione nel VII secolo E.V., elevò la propria dea del sole, Amaterasu Omikami, alla posizione di divinità nazionale e figura centrale degli dèi scintoisti. (Vedi pagina 191). Col passar del tempo fu presentato il mito secondo cui l’imperatore era un diretto discendente della dea del sole. Per rafforzare tale credenza, nell’VIII secolo E.V. furono redatti due importanti scritti scintoisti, il Kojiki e il Nihon shoki (o Nihongi). Con i loro miti che esaltavano la discendenza divina della famiglia imperiale, questi libri permisero di sancire la supremazia degli imperatori.

      Una religione di feste e di riti

      9. (a) Perché uno studioso definisce lo scintoismo la religione dei “senza”? (b) Quanto è rigoroso lo scintoismo per ciò che concerne le dottrine? (Confronta Giovanni 4:22-24).

      9 Questi due libri di mitologia scintoista, comunque, non venivano considerati scritture ispirate. È interessante il fatto che lo scintoismo non ha un fondatore noto e neppure una Bibbia. “Lo scintoismo è una religione fatta di ‘senza’”, spiega lo studioso scintoista Shouichi Saeki: “senza specifiche dottrine e senza una dettagliata teologia, in pratica senza nessun precetto da osservare. . . . Benché io sia stato allevato in una famiglia che aderisce tradizionalmente allo scintoismo, non ricordo che mi sia mai stata impartita una seria istruzione religiosa”. (Il corsivo è nostro). Per gli scintoisti, dottrine, precetti, e a volte anche l’oggetto del loro culto, non hanno importanza. “Spesso”, dice un ricercatore scintoista, “perfino nello stesso santuario il dio ivi custodito veniva scambiato con un altro, e talvolta i devoti che andavano lì a pregare quegli dèi non si accorgevano neppure del cambiamento”.

      10. Cos’è di capitale importanza per gli scintoisti?

      10 Cos’è allora di capitale importanza per gli scintoisti? “In origine”, dice un libro di cultura giapponese, “lo scintoismo giudicava ‘buone’ le azioni che promuovevano l’armonia e il benessere di una piccola comunità e ‘cattive’ quelle che li ostacolavano”. L’armonia con gli dèi, con la natura e con la comunità era la cosa ritenuta di sommo valore. Tutto ciò che infrangeva la pacifica armonia della comunità era cattivo, a prescindere dal suo valore morale.

      11. Che ruolo hanno le feste nel culto scintoista e nella vita quotidiana dei suoi aderenti?

      11 Poiché lo scintoismo non ha nessun insegnamento o dottrina formale, è attraverso riti e feste che promuove l’armonia della comunità. “Nello scintoismo”, spiega l’enciclopedia Nihon Shukyo Jiten, “la cosa più importante è se celebriamo o no le feste”. (Vedi pagina 193). La partecipazione collettiva alle feste consacrate agli dèi ancestrali contribuiva a rafforzare lo spirito comunitario dei lavoratori delle risaie. Le feste più importanti avevano ed hanno tuttora relazione con la risicoltura. In primavera gli abitanti del villaggio invitano il “dio della risaia” a discendere nel loro villaggio, e pregano per sollecitare un raccolto abbondante. In autunno ringraziano i loro dèi per i prodotti della terra. Durante le feste portano in processione i loro dèi su un mikoshi, o palanchino sacro, e tengono un pasto di comunione con i loro dèi in cui si consumano vino di riso (sakè) e vari cibi.

      12. Che genere di riti purificatori vengono eseguiti nello scintoismo, e che scopo hanno?

      12 Per essere in comunione con gli dèi, però, gli scintoisti credono che si debba essere purificati da ogni impurità morale e da ogni peccato. È qui che entrano in gioco i riti. Ci sono due modi per purificare una persona o un oggetto. Uno è l’o-harai e l’altro è il misogi. L’o-harai è eseguito da un prete scintoista, che scuote sull’oggetto o sulla persona da purificare un ramo di sakaki (un sempreverde) al quale sono legati pezzetti di carta o lino, mentre il misogi si compie per mezzo dell’acqua. Questi riti purificatori sono così essenziali per la religione scintoista che un giapponese competente in materia afferma: “Si può tranquillamente dire che senza questi riti lo scintoismo [come religione] non può reggersi”.

      Adattabilità dello scintoismo

      13, 14. Come si è adattato lo scintoismo ad altre religioni?

      13 Feste e riti hanno continuato a far parte dello scintoismo nonostante la trasformazione subita da questa religione nel corso degli anni. Quale trasformazione? Un ricercatore scintoista paragona i cambiamenti avvenuti nello scintoismo ai vestiti di una bambola. Quando fu introdotto il buddismo, lo scintoismo mise la veste della dottrina buddista. Quando il popolo ebbe bisogno di norme morali, indossò il confucianesimo. Lo scintoismo è stato estremamente adattabile.

      14 Il sincretismo, cioè il confluire di elementi di una religione in un’altra, avvenne molto presto nella storia dello scintoismo. Benché il confucianesimo e il taoismo, che in Giappone sono chiamati la “via del yin e del yang”, si fossero infiltrati nella religione scintoista, il principale ingrediente che si fuse con lo scintoismo fu il buddismo.

      15, 16. (a) Come reagirono gli scintoisti al buddismo? (b) Come ebbe luogo la fusione scinto-buddista?

      15 Quando il buddismo fu introdotto attraverso la Cina e la Corea, i giapponesi diedero alle loro pratiche religiose tradizionali il nome di shintō, o “via degli dèi”. Comunque, con l’avvento di questa nuova religione, il Giappone fu diviso sulla questione se accettare o no il buddismo. Lo schieramento di tendenza buddista insisteva: ‘Tutti i paesi vicini adorano in quel modo. Perché il Giappone dovrebbe essere diverso?’ La fazione contraria argomentava: ‘Se adoriamo gli dèi dei nostri vicini, provocheremo l’ira dei nostri dèi’. Il contrasto durò decenni, ma infine prevalsero i sostenitori del buddismo. Alla fine del VI secolo E.V., quando il principe Shōtoku abbracciò il buddismo, la nuova religione aveva ormai attecchito.

      16 Man mano che si diffondeva nelle comunità rurali, il buddismo si trovava di fronte alle divinità locali scintoiste la cui esistenza era fortemente radicata nella vita quotidiana della gente. Per coesistere le due religioni dovevano venire a un compromesso. Gli asceti di montagna buddisti contribuirono a fondere le due religioni. Poiché le montagne erano viste come dimore delle divinità scintoiste, l’ascetismo praticato dai monaci sui monti fece nascere l’idea di unire buddismo e scintoismo, il che portò fra l’altro alla costruzione dei jinguji o “templi-santuario”.a La fusione delle due religioni ebbe luogo man mano che il buddismo prendeva l’iniziativa di formulare teorie religiose.

      17. (a) Qual è il significato di kamikaze? (b) Che relazione aveva il kamikaze con l’idea che il Giappone fosse una nazione divina?

      17 Intanto metteva radice la convinzione che il Giappone era una nazione divina. Quando nel XIII secolo i mongoli attaccarono il Giappone, nacque la credenza del kamikaze, letteralmente “vento divino”. Due volte i mongoli attaccarono l’isola di Kyushu con flotte gigantesche, e due volte furono ricacciati dalle tempeste. I giapponesi attribuirono queste tempeste, o venti (kaze), ai loro dèi scintoisti (kami), che in seguito a questo fatto furono tenuti in maggiore onore.

      18. Come rivaleggiò lo scintoismo con altre religioni?

      18 Man mano che la fiducia nelle divinità scintoiste cresceva, queste venivano viste come gli dèi originari, mentre i Budda (“illuminati”) e i bodhisattva (futuri Budda che aiutano altri a raggiungere l’illuminazione; vedi pagine 136-8, 144-5) erano considerati solo temporanee manifestazioni locali della divinità. Come risultato di questo conflitto tra scintoismo e buddismo si svilupparono varie scuole scintoiste. Alcune davano risalto al buddismo, altre esaltavano il pantheon scintoista, e altre ancora attinsero a una nuova forma di confucianesimo per abbellire le loro dottrine.

      Culto dell’imperatore e scintoismo di Stato

      19. (a) A cosa miravano gli scintoisti della Restaurazione? (b) Quale pensiero fu il frutto degli insegnamenti di Norinaga Motoori? (c) Dio cosa ci invita a fare?

      19 Dopo molti anni di compromessi, i teologi scintoisti risolsero che la loro religione era stata contaminata dal pensiero religioso cinese. Insisterono quindi su un ritorno all’Antica Via giapponese. Sorse una nuova corrente scintoista detta “Scuola di Restaurazione Scintoista”, di cui Norinaga Motoori (si pronuncia Motòori), uno studioso del XVIII secolo, fu uno dei teologi più preminenti. Ricercando le origini della cultura giapponese, Motoori studiò i classici, in particolare gli scritti scintoisti detti Kojiki. Egli sostenne la superiorità della dea-sole Amaterasu Omikami, ma attribuì la causa dei fenomeni della natura in maniera vaga agli dèi. Inoltre, secondo la sua dottrina, la provvidenza divina è imprevedibile, ed è irrispettoso da parte degli uomini cercare di capirla. Il suo pensiero era: non fare domande e sii sottomesso alla provvidenza divina. — Isaia 1:18.

      20, 21. (a) In che modo un teologo scintoista cercò di purificare lo scintoismo dagli elementi “cinesi”? (b) La filosofia di Hirata fece nascere quale movimento?

      20 Un allievo di Norinaga, Atsutane Hirata, sviluppò l’idea del maestro e cercò di purificare lo scintoismo da ogni elemento “cinese”. Cosa fece Hirata? Fuse lo scintoismo con la teologia “cristiana” apostata! Paragonò Ame-no-minaka-nushi-no-kami, dio citato nel Kojiki, al Dio del “cristianesimo” e descrisse questo Signore Celeste Centrale come avente due dèi subordinati, “la grande Forza generatrice (Takami-musubi) e la Forza generatrice divina (Kami-musubi), che sembra rappresentino il principio maschile e quello femminile”. (Religions in Japan) Sì, assunse dal cattolicesimo romano la dottrina di un dio trino, anche se questa non è mai diventata la dottrina centrale dello scintoismo. Ad ogni modo, questa fusione del cosiddetto cristianesimo con lo scintoismo compiuta da Hirata innestò infine la forma di monoteismo della cristianità nel pensiero scintoista. — Isaia 40:25, 26.

      21 La teologia di Hirata pose le basi del movimento per “onorare l’imperatore”, che portò al rovesciamento dei dittatori militari feudali, gli shogun, e alla restaurazione dell’impero nel 1868. Con l’istituzione del regime imperiale, i discepoli di Hirata vennero nominati commissari governativi del culto scintoista, e promossero un movimento volto a fare dello scintoismo la religione di Stato. Sotto la nuova costituzione l’imperatore, ritenuto un diretto discendente della dea-sole Amaterasu Omikami, fu considerato “sacro e inviolabile”. Egli divenne così il dio supremo dello scintoismo di Stato. — Salmo 146:3-5.

      Lo “scritto sacro” scintoista

      22, 23. (a) Quali due decreti furono promulgati dall’imperatore? (b) Perché quei decreti erano ritenuti sacri?

      22 Nonostante lo scintoismo avesse già le sue fonti scritte, il Kojiki, il Nihongi e l’Engi-shiki (Yengishiki), raccolte di antichi racconti, rituali e preghiere, lo scintoismo di Stato aveva bisogno di un libro sacro. Nel 1882 l’imperatore Meiji emanò il Rescritto Imperiale ai Soldati e ai Marinai. Poiché veniva dall’imperatore, era considerato dai giapponesi uno scritto sacro, e divenne il testo usato dagli uomini delle forze armate per la meditazione quotidiana. Esso sottolineava che il dovere dei sudditi di adempiere gli obblighi nei confronti dell’imperatore divino era supremo rispetto a qualsiasi altro.

      23 A questo scritto sacro ne fu aggiunto un altro quando, il 30 ottobre 1890, l’imperatore promulgò il Rescritto Imperiale sull’Istruzione. Esso “non solo enunciava i fondamenti dell’istruzione scolastica, ma divenne in sostanza la sacra scrittura dello scintoismo di Stato”, spiega Shigeyoshi Murakami, un ricercatore dello scintoismo di Stato. Il rescritto affermava esplicitamente che nella relazione “storica” tra i mitici antenati imperiali e i loro sudditi era riposta la fonte dell’istruzione. I giapponesi come consideravano questi decreti?

      24. (a) Fate un esempio di come il popolo considerava i rescritti imperiali. (b) In che modo lo scintoismo di Stato portò al culto dell’imperatore?

      24 “Quando ero ragazza, [a scuola] il vicepreside prendeva una scatola di legno e, tenendola all’altezza degli occhi, la portava con riverenza sulla cattedra”, ricorda Asano Koshino. “Il preside prendeva la scatola dalle sue mani e ne estraeva il rotolo contenente il Rescritto Imperiale sull’Istruzione. Durante la lettura del rescritto noi dovevamo rimanere a capo chino finché non sentivamo le parole conclusive: ‘Il Nome di Sua Maestà e il Suo sigillo’. Lo sentimmo così tante volte che lo imparammo a memoria”. Fino al 1945, e attraverso un metodo didattico basato sulla mitologia, all’intera nazione fu inculcata la completa dedizione all’imperatore. Lo scintoismo di Stato fu assunto come una super-religione, e le altre 13 sette scintoiste che insegnavano dottrine diverse furono declassate alla categoria di scintoismo delle Sette.

      La missione religiosa del Giappone: conquistare il mondo

      25. Com’era considerato l’imperatore dal popolo giapponese?

      25 Lo scintoismo di Stato aveva inoltre il suo idolo. “Ogni mattina battevo le mani in direzione del sole, simbolo della dea Amaterasu Omikami, e poi guardando a est verso il Palazzo Imperiale adoravo l’imperatore”, ricorda Masato, un vecchio giapponese. L’imperatore veniva adorato come dio dai suoi sudditi. Era considerato la persona suprema sia politicamente che religiosamente a motivo della sua discendenza dalla dea del sole. Un professore giapponese affermò: “L’Imperatore è dio rivelato in forma umana. È la Divinità manifesta”.

      26. Quale dottrina derivò dalla venerazione dell’imperatore?

      26 Di conseguenza si sviluppò la dottrina secondo cui “il fulcro di questo mondo fenomenico è il paese del Mikado [dell’imperatore]. Da questo fulcro dobbiamo espandere in tutto il mondo questo Grande Spirito. . . . L’espansione mondiale del Grande Giappone e l’elevazione del mondo intero alla dignità di paese degli Dèi è l’urgente impresa del momento ed è, inoltre, il nostro obiettivo eterno e immutabile”. (The Political Philosophy of Modern Shinto, di D. C. Holtom) Non vi era certo nessuna separazione tra Chiesa e Stato!

      27. In che modo i militaristi strumentalizzarono il culto dell’imperatore giapponese?

      27 In un suo libro, John B. Noss fa questo commento: “Le forze armate giapponesi non tardarono a valersi di questo concetto. Quando parlavano di guerra, non mancavano di menzionare che la conquista era la missione santa del Giappone. Di certo in queste parole possiamo vedere il risultato logico di un nazionalismo ispirato da tutti i valori di un’etica religiosa”. (Man’s Religions) Quale tragedia si stava preparando per i giapponesi e per altri popoli, dovuta soprattutto al mito scintoista della divinità dell’imperatore e alla mescolanza di religione e nazionalismo!

      28. Che ruolo ebbe lo scintoismo nello sforzo bellico nipponico?

      28 Sotto lo scintoismo di Stato e il suo sistema imperiale i giapponesi generalmente non avevano altra scelta che adorare l’imperatore. Il precetto di Norinaga Motoori di ‘non fare domande, ma sottomettersi alla provvidenza divina’ permeava e dominava il pensiero giapponese. Nel 1941 l’intera nazione fu mobilitata nello sforzo bellico della seconda guerra mondiale sotto il vessillo dello scintoismo di Stato e in nome della consacrazione all’“uomo-dio vivente”. ‘Il Giappone è una nazione divina’, pensavano i suoi abitanti, ‘e il kamikaze, il vento divino, soffierà quando ci sarà una crisi’. I soldati e le loro famiglie pregavano i loro dèi protettori per il buon esito della guerra.

      29. Cosa fece perdere la fede a molti dopo la seconda guerra mondiale?

      29 Quando nel 1945 la nazione “divina” fu sconfitta sotto il duplice colpo inferto dall’annientamento atomico di Hiroshima e di gran parte di Nagasaki, lo scintoismo fu messo gravemente in crisi. Da un giorno all’altro Hirohito, il presunto sovrano divino invincibile, divenne un semplice imperatore umano sconfitto. La fede dei giapponesi fu distrutta. Il kamikaze aveva piantato in asso la nazione. La già citata enciclopedia giapponese afferma: “Un motivo era la delusione della nazione per essere stata tradita. . . . Peggio ancora, il mondo scintoista non offriva nessuna spiegazione religiosa esauriente e soddisfacente dei dubbi sorti in seguito alla [sconfitta]. Perciò la generale tendenza cui ciò diede luogo fu la reazione religiosamente immatura che ‘non esiste nessun dio e nessun Budda’”. — Nihon Shukyo Jiten.

      La via che porta alla vera armonia

      30. (a) Che lezione si può imparare dalle vicende dello scintoismo durante la seconda guerra mondiale? (b) Perché è essenziale che usiamo la facoltà di ragionare per quanto riguarda la nostra adorazione?

      30 La direzione seguita dallo scintoismo di Stato sottolinea la necessità di investigare di persona le credenze tradizionali a cui si aderisce. Può darsi che sostenendo il militarismo gli scintoisti cercassero di perseguire una “via dell’armonia” con i loro compatrioti giapponesi. Ciò, naturalmente, non contribuì all’armonia mondiale, ed essendo stati uccisi in battaglia i loro padri di famiglia e i loro giovani, non portò neppure l’armonia nel loro paese. Prima di dedicare a qualcuno la nostra vita, dobbiamo accertarci a chi e a quale causa ci stiamo votando. “Vi supplico”, disse un insegnante cristiano ad alcuni romani che un tempo erano dediti al culto dell’imperatore, “di presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, accettevole a Dio, sacro servizio con la vostra facoltà di ragionare”. Come i cristiani di Roma dovevano usare la propria facoltà di ragionare per stabilire a chi dedicarsi, così è essenziale che noi usiamo la nostra facoltà di ragionare per determinare chi dovremmo adorare. — Romani 12:1, 2.

      31. (a) Cosa è bastato a gran parte dei credenti scintoisti? (b) A quale domanda si deve rispondere?

      31 Per gli scintoisti in generale il fattore importante nella loro religione non era la precisa identificazione di un dio. “Per la gente comune”, dice Hidenori Tsuji, insegnante di storia della religione giapponese, “dèi o Budda non facevano nessuna differenza. Che fossero dèi o Budda, finché esaudivano le suppliche rivolte loro per ottenere un buon raccolto, la guarigione fisica e l’incolumità della famiglia, al popolo bastava”. Ma questo li condusse al vero Dio e al suo beneplacito? La storia risponde chiaramente.

      32. Cosa tratterà il prossimo capitolo?

      32 Nella loro ricerca di un dio gli scintoisti, basando le proprie credenze sulla mitologia, trasformarono un semplice uomo, l’imperatore, in un dio, il cosiddetto discendente della dea-sole Amaterasu Omikami. Tuttavia, migliaia di anni prima che lo scintoismo avesse inizio, il vero Dio si era rivelato in Mesopotamia a un uomo di fede, un semita. Il prossimo capitolo tratterà questo significativo avvenimento e i suoi effetti.

      [Nota in calce]

      a In Giappone gli edifici religiosi scintoisti sono considerati santuari, mentre quelli buddisti templi.

      [Riquadro a pagina 191]

      La dea-sole nel mito scintoista

      Il mito scintoista narra che nel lontano passato il dio Izanagi “si lavò l’occhio sinistro, e così generò la grande dea Amaterasu, dea del Sole”. In seguito Susanoo, dio delle pianure del mare, spaventò talmente Amaterasu che questa “si nascose in una caverna rocciosa del Cielo, e ne chiuse l’ingresso con un macigno. Il mondo piombò nelle tenebre”. Allora gli dèi escogitarono un piano per far uscire Amaterasu dalla grotta. Radunarono galli che con il loro canto annunciano l’alba e fecero un grande specchio. Sugli alberi di sakaki appesero gioielli e stoffe. Poi la dea Ama no Uzume si mise a danzare e a battere i piedi su un mastello. Nel parossismo della danza si denudò, e gli dèi scoppiarono a ridere. Tutta quella baldoria incuriosì Amaterasu, che socchiuse la porta e guardando fuori scorse la propria immagine nello specchio. Questo la indusse a uscire dalla grotta, al che il dio della Forza la afferrò per la mano e la portò allo scoperto. “Ancora una volta il mondo fu illuminato dai raggi della dea del Sole”. — New Larousse Encyclopedia of Mythology. — Confronta Genesi 1:3-5, 14-19; Salmo 74:16, 17; 104:19-23.

      [Riquadro a pagina 193]

      Shintō: una religione di feste

      L’anno giapponese è ricco di feste religiose, o matsuri. Segue un elenco di alcune fra le più importanti:

      ▪ Sho-gatsu, o Festa dell’anno nuovo, 1-3 gennaio.

      ▪ Setsubun, lancio di fave fuori e dentro le case, mentre si grida: “I demoni fuori, la fortuna dentro”; 3 febbraio.

      ▪ Hina matsuri, o Festa delle bambole, in onore delle bambine; si tiene il 3 marzo. Su un palco sono esposte delle bambole, che rappresentano l’antica famiglia imperiale.

      ▪ Festa dei fanciulli, il 5 maggio; sulle aste svolazzano i koi-nobori (bandiere che simboleggiano la forza).

      ▪ Tsukimi, in segno di ammirazione per la luna piena di mezzo autunno; vengono offerti piccoli dolci rotondi di riso e primizie dei raccolti.

      ▪ Kanname-sai, o offerta del riso del nuovo raccolto da parte dell’imperatore, in ottobre.

      ▪ Niiname-sai, celebrata dalla famiglia imperiale a novembre, quando il riso del nuovo raccolto viene assaggiato dall’imperatore, che presiede come capo sacerdote dello scintoismo imperiale.

      ▪ Shichi-go-san, che significa “sette-cinque-tre”, celebrata dalle famiglie scintoiste il 15 novembre. Il settimo, il quinto e il terzo anno di età sono considerati importanti anni di transizione; i bambini in pittoreschi kimono visitano il santuario della famiglia.

      ▪ Vengono celebrate anche molte feste buddiste, tra cui l’anniversario della nascita del Budda l’8 aprile, e la festa di Obon, il 15 luglio, al termine della quale migliaia di lanterne vengono abbandonate a galleggiare sul mare o sui fiumi, “affinché guidino gli spiriti degli antenati che tornano nell’altro mondo”.

      [Immagine a pagina 188]

      Una devota scintoista fa richiesta di grazie agli dèi

      [Immagine a pagina 189]

      Shintō, “via degli dèi”

      [Immagine a pagina 190]

      Un’intera montagna, come il Fuji, può essere considerata shintai, o oggetto di culto

      [Immagini a pagina 195]

      Scintoisti che trasportano un mikoshi, o palanchino sacro, e, in alto, altri che celebrano la Festa dell’Aoi a Kyoto, adorni di foglie di malvone (aoi)

      [Immagine a pagina 196]

      Si crede che lo scuotimento di pezzetti di carta o lino legati a un ramo di sempreverde serva a purificare uomini e oggetti e assicuri loro l’incolumità

      [Immagini a pagina 197]

      Il giapponese non vede nessuna contraddizione nel pregare sia dinanzi a un santuario scintoista, a sinistra, che dinanzi a un altare buddista

      [Immagine a pagina 198]

      L’imperatore Hirohito (sulla pedana) veniva adorato come discendente della dea del sole

      [Immagine a pagina 203]

      Una giovane affigge al santuario un ema, o tavoletta di legno contenente una preghiera, da lei acquistato

  • Ebraismo: Ricerca di Dio attraverso le Scritture e la tradizione
    L’uomo alla ricerca di Dio
    • Capitolo 9

      Ebraismo: Ricerca di Dio attraverso le Scritture e la tradizione

      1, 2. (a) Chi sono stati alcuni ebrei famosi che hanno influito sulla storia e sulla cultura? (b) Quale domanda potrebbero fare alcuni?

      MOSÈ, Gesù, Mahler, Marx, Freud e Einstein: cos’avevano in comune tutti questi personaggi? Erano tutti ebrei e, in maniera diversa, tutti hanno influito sulla storia e sulla cultura dell’umanità. Non c’è dubbio che gli ebrei si sono distinti nel corso di migliaia di anni. La Bibbia stessa ne è una prova.

      2 A differenza di altre religioni e civiltà antiche, l’ebraismo si fonda sulla storia, non sulla mitologia. Tuttavia alcuni chiederanno: Gli ebrei sono una piccola minoranza, circa 18 milioni in un mondo di oltre 5 miliardi di persone; perché dovremmo interessarci della loro religione, l’ebraismo?

      Perché l’ebraismo ci dovrebbe interessare

      3, 4. (a) Di che consistono le Scritture Ebraiche? (b) Quali sono alcune ragioni per cui dovremmo prendere in esame la religione ebraica e le sue origini?

      3 Una ragione è che le origini della religione ebraica rimontano a circa 4.000 anni fa e altre grandi religioni sono debitrici alle sue Scritture in misura più o meno grande. (Vedi pagina 220). Il cristianesimo, fondato da Gesù (ebraico: Yeshùa‛), un ebreo del I secolo, trae le sue radici dalle Scritture Ebraiche. E basta leggere un po’ il Corano per notare che anche l’Islām deve molto a quelle scritture. (Corano, sura II, 50-58; XXXII, 23, 24, LB) Perciò, esaminando la religione ebraica, andiamo anche alle origini di centinaia di altre religioni e sette.

      4 Una seconda e importantissima ragione è che la religione ebraica ci fornisce un elemento chiave nella ricerca del vero Dio da parte dell’uomo. Secondo le Scritture Ebraiche, Abramo, il capostipite degli ebrei, adorava già il vero Dio circa 4.000 anni fa.a Quindi è ragionevole chiedersi: Come si formarono il popolo ebraico e la sua fede? — Genesi 17:18.

      Qual è l’origine degli ebrei?

      5, 6. Qual è in breve la storia dell’origine degli ebrei?

      5 Genericamente parlando, il popolo ebraico discende da un antico ramo di lingua ebraica della razza semitica. (Genesi 10:1, 21-32; 1 Cronache 1:17-28, 34; 2:1, 2) Circa 4.000 anni fa il loro capostipite Abramo emigrò dalla prospera metropoli di Ur dei caldei, nella regione di Sumer, al paese di Canaan, del quale Dio aveva detto: “Ai tuoi discendenti darò questa terra”.b (Genesi 11:31–12:7) In Genesi 14:13 [NM] viene chiamato “Abramo l’ebreo”, ma in seguito il suo nome fu cambiato in Abraamo. (Genesi 17:4-6) Partendo da lui gli ebrei tracciano una linea di discendenza che passa attraverso suo figlio Isacco e suo nipote Giacobbe, il cui nome fu cambiato in Israele. (Genesi 32:27-29) Israele ebbe 12 figli, i quali fondarono 12 tribù. Una di esse fu Giuda, dal cui nome derivò poi la parola “Giudei”. — 2 Re 16:6.

      6 Col passar del tempo il termine “Giudei” si applicò, come il termine “Ebrei”, a tutti gli israeliti, non solo ai discendenti di Giuda. (Ester 3:6; 9:20, Con; ATE) Dato che le registrazioni genealogiche ebraiche furono distrutte nel 70 E.V. quando i romani rasero al suolo Gerusalemme, oggi nessun ebreo può stabilire con precisione da quale tribù discende. Comunque, attraverso i millenni l’antica religione ebraica si è sviluppata e trasformata. Attualmente l’ebraismo è praticato da milioni di ebrei nella Repubblica d’Israele e nella Diaspora (dispersione in tutto il mondo). Qual è il fondamento di questa religione?

      Mosè, la Legge e una nazione

      7. Quale giuramento fece Dio ad Abraamo, e perché?

      7 Nel 1943 a.E.V.c Dio scelse Abramo perché fosse suo speciale servitore, e in seguito gli fece un giuramento solenne a motivo della fedeltà mostrata essendo stato disposto a offrire suo figlio Isacco in sacrificio, anche se quel sacrificio non fu mai compiuto. (Genesi 12:1-3; 22:1-14) In quel giuramento Dio si espresse così: “Giuro per Me stesso — parola del Signore [ebraico: יהוה, YHWH] — che essendoti così comportato e non avendomi negato il tuo unico figlio, ti benedirò, renderò numerosa la tua discendenza come le stelle del cielo . . . e nella tua stirpe [“seme”, NM] saranno benedette tutte le nazioni della terra, come ricompensa di aver tu obbedito alla Mia parola”. Questa dichiarazione giurata fu ripetuta al figlio e al nipote di Abraamo, e fu poi confermata alla tribù di Giuda e alla linea di discendenza di Davide. Questo concetto rigorosamente monoteistico di un Dio personale che aveva un rapporto diretto con uomini non trovava uguali in quel mondo antico, e costituì il fondamento della religione ebraica. — Genesi 22:15-18; 26:3-5; 28:13-15; Salmo 89:4, 5, 29, 30, 36, 37 (Salmo 89:3, 4, 28, 29, 35, 36, NM).

      8. Chi era Mosè, e quale ruolo svolse in Israele?

      8 Per realizzare le promesse che aveva fatto ad Abraamo, Dio pose le basi per la formazione di una nazione stabilendo un patto speciale con i discendenti di Abraamo. Questo patto fu concluso mediante Mosè, il grande condottiero ebreo e mediatore fra Dio e Israele. Chi era Mosè, e perché è così importante per gli ebrei? Dal racconto biblico di Esodo apprendiamo che nacque in Egitto (1593 a.E.V.) da genitori israeliti che erano lì schiavi e oppressi insieme al resto di Israele. Egli fu colui ‘col quale il Signore trattò faccia a faccia’ per condurre il Suo popolo alla libertà in Canaan, la Terra Promessa. (Deuteronomio 6:23; 34:10) Mosè assolse il ruolo essenziale di mediatore del patto della Legge stretto da Dio con Israele, di cui fu anche profeta, giudice, condottiero e storico. — Esodo 2:1–3:22.

      9, 10. (a) In che consisteva la Legge che fu trasmessa mediante Mosè? (b) I Dieci Comandamenti abbracciavano quali aspetti della vita? (c) Quale obbligo imponeva a Israele il patto della Legge?

      9 La Legge che Israele accettò era costituita dalle Dieci Parole o Comandamenti e da oltre 600 leggi, un vero e proprio codice completo contenente direttive e guida per la condotta quotidiana. (Vedi pagina 211). Abbracciava il sacro e il profano: sia i requisiti morali e fisici che l’adorazione di Dio.

      10 Questo patto della Legge, o costituzione religiosa, diede corpo e sostanza alla fede dei patriarchi. Il risultato fu che i discendenti di Abraamo divennero una nazione dedicata al servizio di Dio. Così la religione ebraica cominciò a prendere nettamente forma, e gli ebrei divennero una nazione organizzata per rendere adorazione e servizio al loro Dio. In Esodo 19:5, 6 Dio promise loro: “Se voi ubbidirete alla Mia voce e manterrete il Mio patto, . . . sarete per Me un reame di sacerdoti, una nazione consacrata”. In tal modo gli israeliti sarebbero diventati un ‘popolo prescelto’ che Dio avrebbe impiegato per i suoi propositi. L’adempimento delle promesse del patto era però subordinato alla condizione “Se voi ubbidirete”. Quella nazione dedicata aveva ora degli obblighi verso il suo Dio. Pertanto, in un’epoca successiva (nell’VIII secolo a.E.V.), Dio poté dire agli ebrei: “Voi siete i Miei testimoni, dice il Signore [ebraico: יהוה, YHWH], . . . il Mio servo che Io ho prescelto”. — Isaia 43:10, 12.

      Una nazione dotata di sacerdoti, profeti e re

      11. Come si formarono il sacerdozio e il regno?

      11 Mentre la nazione d’Israele era ancora nel deserto, diretta verso la Terra Promessa, fu istituito un sacerdozio nella linea di discendenza di Aaronne, fratello di Mosè. Una grande tenda trasportabile, o tabernacolo, divenne per gli israeliti il centro dell’adorazione e dei sacrifici. (Esodo, capitoli 26-28) Venne il tempo in cui la nazione di Israele giunse nella Terra Promessa, Canaan, e la conquistò, proprio come Dio aveva comandato. (Giosuè 1:2-6) Infine fu istituito un regno terreno, e nel 1077 a.E.V. Davide, della tribù di Giuda, divenne re. Sotto il suo governo sia il regno che il sacerdozio furono saldamente stabiliti in un nuovo centro nazionale, Gerusalemme. — 1 Samuele 8:7.

      12. Quale promessa aveva fatto Dio a Davide?

      12 Dopo la morte di Davide, suo figlio Salomone costruì a Gerusalemme un magnifico tempio, che prese il posto del tabernacolo. Poiché Dio aveva stretto con Davide un patto in base al quale il regno sarebbe rimasto per sempre nella sua linea di discendenza, era sottinteso che un Re unto, il Messia, sarebbe venuto un giorno dalla stirpe di Davide. La profezia indicava che mediante questo Re messianico, o “seme”, Israele e tutte le nazioni avrebbero avuto un governo perfetto. (Genesi 22:18, NM) Questa speranza divenne radicata, e la natura messianica della religione ebraica assunse un aspetto ben definito. — 2 Samuele 7:8-16; Salmo 72:1-20; Isaia 11:1-10; Zaccaria 9:9, 10.

      13. Chi impiegò Dio per riportare Israele sulla giusta strada? Fate un esempio.

      13 Comunque gli ebrei si lasciarono influenzare dalla falsa religione dei cananei e di altre nazioni circostanti. Di conseguenza infransero la loro relazione di patto con Dio. Per correggerli e riportarli sulla via giusta, Geova inviò una serie di profeti che recarono i suoi messaggi alla nazione. In tal modo la profezia divenne un altro aspetto peculiare della religione degli ebrei, ed essa costituisce gran parte delle Scritture Ebraiche. Infatti 18 libri delle Scritture Ebraiche si intitolano con nomi di profeti. — Isaia 1:4-17.

      14. In che modo gli avvenimenti diedero ragione ai profeti di Israele?

      14 Fra questi profeti si distinsero Isaia, Geremia ed Ezechiele, i quali avvertirono dell’imminente punizione che Geova avrebbe inflitto alla nazione per il suo culto idolatrico. Questa punizione giunse nel 607 a.E.V. quando, a causa dell’apostasia d’Israele, Geova permise che Babilonia, la potenza mondiale allora dominante, distruggesse Gerusalemme e il suo tempio e portasse la nazione in cattività. Fu così dimostrata l’esattezza di ciò che i profeti avevano predetto, e i 70 anni dell’esilio di Israele durante gran parte del VI secolo a.E.V. appartengono alla storia documentata. — 2 Cronache 36:20, 21; Geremia 25:11, 12; Daniele 9:2.

      15. (a) Come si affermò fra gli ebrei una nuova forma di culto? (b) Che effetto ebbero le sinagoghe sull’adorazione praticata a Gerusalemme?

      15 Nel 539 a.E.V. Ciro il Persiano sconfisse Babilonia e permise agli ebrei di ripopolare il loro paese e ricostruire il tempio a Gerusalemme. Un rimanente aderì, ma la maggior parte degli ebrei rimase sotto l’influenza della società babilonese. In seguito gli ebrei subirono l’influsso della cultura persiana. Sorsero quindi colonie ebraiche nel Medio Oriente e in tutta l’area mediterranea. In ciascuna comunità venne all’esistenza una nuova forma di culto che si imperniava sulla sinagoga, centro di riunione per gli ebrei di ciascuna città. Naturalmente questa disposizione sminuì l’importanza del tempio ricostruito a Gerusalemme. Gli ebrei così dispersi formavano ora veramente il popolo della Diaspora. — Esdra 2:64, 65.

      L’ebraismo emerge con una veste ellenica

      16, 17. (a) Nel IV secolo a.E.V. quale nuova influenza dilagò nel mondo mediterraneo? (b) Quali personaggi ebbero una parte importante nel diffondere la cultura greca, e come? (c) Come emerse quindi l’ebraismo sulla scena mondiale?

      16 Nel IV secolo a.E.V. la comunità ebraica, soggetta a continui mutamenti, fu sommersa dal progressivo avanzare di una cultura non ebraica che stava dilagando nel mondo mediterraneo e oltre. Questa ondata veniva dalla Grecia, e l’ebraismo ne emerse con una veste ellenica.

      17 Nel 332 a.E.V. il generale greco Alessandro Magno conquistò il Medio Oriente con una campagna lampo e fu bene accolto dagli ebrei quando entrò a Gerusalemme.d I successori di Alessandro andarono avanti col suo piano di ellenizzazione, impregnando tutto l’impero della lingua, della cultura e della filosofia greca. In tal modo la cultura greca e quella ebraica subirono un processo di fusione che avrebbe prodotto effetti sorprendenti.

      18. (a) Perché fu necessaria la traduzione greca dei Settanta delle Scritture Ebraiche? (b) Quale aspetto della cultura greca influì particolarmente sugli ebrei?

      18 Gli ebrei della Diaspora cominciarono a parlare greco anziché ebraico. Così al principio del III secolo a.E.V. fu iniziata la prima traduzione greca delle Scritture Ebraiche, che prese il nome di Settanta; per mezzo d’essa molti gentili o non ebrei finirono per rispettare la religione ebraica e acquistare familiarità con essa, e alcuni perfino si convertirono.e Gli ebrei, dal canto loro, stavano prendendo dimestichezza col pensiero greco e addirittura alcuni divennero filosofi, qualcosa di interamente nuovo per gli ebrei. Un esempio è Filone di Alessandria, del I secolo E.V., che cercò di spiegare l’ebraismo attraverso la filosofia greca, come se le due cose esprimessero le stesse verità fondamentali.

      19. Come descrive uno scrittore ebreo il periodo in cui si realizzò la fusione della cultura ebraica con quella greca?

      19 Riassumendo questo periodo di scambi tra le due culture, quella greca e quella ebraica, lo scrittore ebreo Max Dimont dice: “Arricchiti del pensiero platonico, della logica aristotelica e della scienza euclidea, gli studiosi ebrei si accostarono alla Torà con nuovi strumenti. . . . Cominciarono a sovrapporre la ragione greca alla rivelazione ebraica”. Gli avvenimenti che si sarebbero verificati sotto il dominio di Roma, la quale assorbì l’impero greco e poi Gerusalemme nel 63 a.E.V., dovevano preparare il terreno a cambiamenti ancor più significativi.

      L’ebraismo sotto il dominio romano

      20. Qual era nel I secolo E.V. la situazione religiosa fra gli ebrei?

      20 L’ebraismo del I secolo della nostra era si trovava in una fase del tutto particolare. Max Dimont afferma che era in bilico tra “lo spirito della Grecia e la spada di Roma”. Nella popolazione ebraica c’erano grandi attese a causa dell’oppressione politica e delle interpretazioni delle profezie messianiche, specie quelle di Daniele. Gli ebrei erano divisi in fazioni. I farisei ponevano l’accento sulla legge orale (vedi pagina 221) anziché sui sacrifici nel tempio. I sadducei insistevano sull’importanza del tempio e del sacerdozio. C’erano poi gli esseni, gli zeloti e gli erodiani. Erano tutti in disaccordo fra loro sia sotto il profilo religioso che filosofico. I capi giudaici, chiamati rabbi (maestri, insegnanti), a motivo della loro conoscenza della Legge acquistarono un forte ascendente e formarono una nuova categoria di capi spirituali.

      21. Quali avvenimenti influirono drasticamente sugli ebrei dei primi due secoli dell’era volgare?

      21 Nell’ebraismo comunque le divisioni, sia interne che esterne, permasero, specie nel paese d’Israele. Infine scoppiò apertamente la rivolta contro Roma, e nel 70 E.V. gli eserciti romani assediarono Gerusalemme, devastarono la città, incendiarono il tempio e dispersero gli abitanti. Per finire, Gerusalemme fu totalmente interdetta ai giudei. Senza un tempio, senza un territorio, con i suoi seguaci dispersi in tutto l’impero romano, per sopravvivere l’ebraismo aveva bisogno di una nuova espressione religiosa.

      22. (a) Come influì sull’ebraismo la scomparsa del tempio di Gerusalemme? (b) Gli ebrei come suddividono la Bibbia? (c) Cos’è il Talmud, e come si sviluppò?

      22 Con la distruzione del tempio i sadducei scomparvero, e la legge orale di cui i farisei erano stati i promotori divenne il fulcro di un nuovo ebraismo, quello rabbinico. Uno studio più intenso, la preghiera e opere di devozione religiosa rimpiazzarono i sacrifici nel tempio e i pellegrinaggi. Così l’ebraismo poteva essere praticato ovunque, in qualsiasi tempo e in qualunque ambiente culturale. I rabbini misero per iscritto questa legge orale, oltre a redigere commentari ad essa, e poi commentari ai commentari, e il tutto assunse il nome di Talmud. — Vedi pagine 220-1.

      23. Sotto l’influsso del pensiero greco, a cosa si finì per dare più importanza?

      23 Quale fu l’effetto di questi svariati influssi? Lo scrittore Max Dimont afferma che, nonostante i farisei tenessero viva la fiaccola dell’ideologia e della religione ebraica, “quella fiaccola era stata accesa dai filosofi greci”. (Jews, God and History) In gran parte il Talmud era estremamente legalistico, mentre gli esempi e le spiegazioni in esso contenuti rispecchiavano l’evidente influsso della filosofia greca. Ad esempio, concetti religiosi greci, come quello dell’anima immortale, erano espressi con termini ebraici. In verità, durante quella nuova era rabbinica la venerazione per il Talmud — ormai un miscuglio di filosofia legalistica e greca — crebbe a tal punto fra gli ebrei che nel Medioevo esso finì per essere riverito da loro più della Bibbia stessa.

      L’ebraismo nel Medioevo

      24. (a) Quali due importanti comunità emersero tra gli ebrei durante il Medioevo? (b) Come influirono sull’ebraismo?

      24 Durante il Medioevo (tra il 500 e il 1500 circa) emersero due diverse comunità ebraiche: gli ebrei sefarditi, che fiorirono in Spagna sotto il dominio musulmano, e gli ebrei ashkenaziti nell’Europa centrale e orientale. Entrambe le comunità produssero studiosi rabbinici i cui scritti e i cui pensieri costituiscono fino ad oggi la base dell’interpretazione religiosa giudaica. È interessante notare che molte usanze e pratiche religiose comuni nell’ebraismo moderno nacquero in effetti durante il Medioevo. — Vedi pagina 231.

      25. Quale fu infine la reazione della Chiesa Cattolica nei confronti degli ebrei in Europa?

      25 Nel XII secolo ebbe inizio un’ondata di espulsioni degli ebrei da vari paesi. Lo scrittore israeliano Abba Eban, nel suo libro Storia del popolo ebraico (traduzione di A. D’Anna, Mondadori, 1971, pagina 172), spiega: “In ogni paese che . . . era caduto sotto l’unilaterale influenza della Chiesa cattolica, la storia è la stessa: una tremenda degradazione, torture, stragi, e infine l’espulsione”. Da ultimo nel 1492 la Spagna, tornata sotto il dominio cattolico, seguì quella scia e ordinò la cacciata di tutti gli ebrei dal suo territorio. Così alla fine del XV secolo gli ebrei erano stati espulsi da quasi tutta l’Europa occidentale, costretti a fuggire nell’Europa orientale e nei paesi intorno al Mediterraneo.

      26. (a) Cosa finì per deludere gli ebrei? (b) Quali importanti movimenti iniziarono a svilupparsi fra gli ebrei?

      26 Durante quei secoli di oppressione e persecuzione sorsero fra gli ebrei in diverse parti del mondo molti sedicenti Messia, i quali furono più o meno accettati, ma finirono tutti per deludere. Nel XVII secolo si resero necessarie nuove iniziative per infondere negli ebrei rinnovato vigore e farli uscire da quel periodo buio. A metà del XVIII secolo comparve ciò che sembrava una risposta alla disperazione in cui era caduto il popolo ebraico. Era il hasidismo (vedi pagina 226), un insieme di misticismo e di estasi religiosa espressi attraverso la devozione e l’attività quotidiane. Per contro, verso lo stesso periodo, il filosofo Moses Mendelssohn, un ebreo tedesco, offriva un’altra soluzione, la Haskala (la Luce), un movimento di tipo illuministico che avrebbe portato a ciò che storicamente viene considerato l’“ebraismo moderno”.

      Dall’“illuminismo” al sionismo

      27. (a) Come influì Moses Mendelssohn sugli atteggiamenti ebraici? (b) Perché molti ebrei smisero di sperare in un Messia personale?

      27 Secondo Moses Mendelssohn (1729-86), gli ebrei sarebbero stati accettati se si fossero emancipati dalle restrizioni del Talmud e conformati alla cultura occidentale. Ai suoi giorni egli divenne uno degli ebrei più rispettati dal mondo non ebraico. Comunque, nuove esplosioni di violento antisemitismo nel XIX secolo, specie nella “cristiana” Russia, delusero i seguaci del movimento, e allora molti concentrarono i loro sforzi sulla ricerca di un rifugio politico per gli ebrei. Respinsero l’idea di un Messia personale che avrebbe ricondotto gli ebrei in Israele e cominciarono a lavorare per costituire con altri mezzi uno Stato ebraico. Questo divenne poi il concetto del sionismo: “la secolarizzazione del . . . messianismo ebraico”, come lo definisce una fonte autorevole.

      28. Quali avvenimenti del XX secolo hanno influito sugli atteggiamenti ebraici?

      28 L’Olocausto, il massacro di circa sei milioni di ebrei europei ad opera dei nazisti (1935-45), diede al sionismo la spinta finale e gli fece guadagnare un largo consenso in tutto il mondo. Il sogno sionista si avverò nel 1948 con la costituzione dello Stato di Israele. Questo ci porta all’ebraismo dei nostri giorni e alla domanda: In che cosa credono gli ebrei moderni?

      Dio è uno

      29. (a) Cos’è in parole semplici l’ebraismo moderno? (b) Com’è espressa l’identità ebraica? (c) Quali sono alcune feste e usanze ebraiche?

      29 In sintesi, l’ebraismo è la religione di un popolo. Perciò il convertito, oltre ad abbracciare la religione ebraica, diventa parte del popolo ebraico. L’ebraismo è una religione monoteistica nel senso più stretto del termine e sostiene che Dio interviene nella storia umana, specie in relazione agli ebrei. Il culto ebraico comprende diverse feste annuali e svariate usanze. (Vedi pagine 230-1). Non ci sono credi o dogmi accettati da tutti gli ebrei, tuttavia la professione di fede dell’unicità di Dio espressa nello Shemà, una preghiera basata su Deuteronomio 6:4, costituisce una parte essenziale del culto sinagogale: “Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno”.

      30. (a) Qual è il concetto ebraico di Dio? (b) In che modo l’idea che gli ebrei hanno di Dio è in conflitto con quella della cristianità?

      30 Questa fede in un Dio unico fu trasmessa al cristianesimo e all’Islām. Secondo il rabbino J. H. Hertz, “questa sublime asserzione di assoluto monoteismo era una dichiarazione di guerra contro ogni genere di politeismo . . . Parimenti, lo Shemà esclude la trinità del credo cristiano essendo una profanazione dell’Unità di Dio”.f Ma ora vediamo qual è la credenza ebraica sul soggetto della vita futura.

      Morte, anima e risurrezione

      31. (a) Come si infiltrò nella fede ebraica la dottrina dell’immortalità dell’anima? (b) Quale dilemma causò la dottrina dell’immortalità dell’anima?

      31 Una credenza fondamentale dell’ebraismo moderno è che l’uomo ha un’anima immortale che sopravvive alla morte del corpo. Ma viene essa dalla Bibbia? Un’enciclopedia ebraica fa questa franca ammissione: “Fu probabilmente sotto l’influsso greco che la dottrina dell’immortalità dell’anima si infiltrò nell’ebraismo”. (Encyclopaedia Judaica) Questo diede luogo però a un dilemma dottrinale, come afferma la stessa fonte: “Di per sé le due credenze, quella della risurrezione e quella dell’immortalità dell’anima, sono contraddittorie. L’una riguarda una risurrezione collettiva alla fine dei giorni, vale a dire che i morti che dormono nella terra sorgeranno dalla tomba, mentre l’altra riguarda la condizione dell’anima dopo la morte del corpo”. Come fu risolto il problema dalla teologia giudaica? “Si sostenne che quando l’individuo moriva la sua anima continuava a vivere in un altro reame (questo diede origine a tutte le credenze riguardanti il cielo e l’inferno) mentre il suo corpo giaceva nella tomba in attesa della risurrezione fisica di tutti i morti qui sulla terra”.

      32. Cosa dice la Bibbia riguardo ai morti?

      32 Il docente universitario Arthur Hertzberg scrive: “Nella Bibbia [ebraica] stessa il teatro dell’esistenza dell’uomo è questo mondo. Essa non contiene nessuna dottrina riguardante cielo e inferno, piuttosto sviluppa il concetto di una risurrezione finale dei morti alla fine dei giorni”. Questa è una spiegazione semplice e accurata del concetto biblico, cioè che “i morti non sanno nulla . . . poiché non c’è opera, non c’è ragionamento, non c’è conoscenza, non c’è sapienza là nello Sheol [la comune tomba del genere umano], dove tu te ne andrai”. — Ecclesiaste 9:5, 10; Daniele 12:1, 2; Isaia 26:19.

      33. Com’era considerata in origine dagli ebrei la dottrina della risurrezione?

      33 Secondo la succitata enciclopedia ebraica, “nel periodo rabbinico la dottrina della risurrezione dei morti è considerata una dottrina fondamentale dell’ebraismo” e “dev’essere distinta dalla credenza . . . nell’immortalità dell’anima”.g Oggi, comunque, mentre l’immortalità dell’anima è accettata da tutte le correnti dell’ebraismo, la risurrezione dei morti non lo è.

      34. In contrasto con il punto di vista biblico, in che modo il Talmud descrive l’anima? Quali commenti fanno scrittori successivi?

      34 In contrasto con la Bibbia, il Talmud, influenzato dall’ellenismo, è pieno di spiegazioni, storie e perfino descrizioni dell’anima immortale. La successiva letteratura mistica ebraica, la Cabala, arriva addirittura ad insegnare la reincarnazione (trasmigrazione delle anime), che in realtà è un’antica dottrina indù. (Vedi Capitolo 5). Oggi in Israele viene estesamente accettata come dottrina ebraica, ed ha anche un ruolo importante nel credo e nella letteratura hasidica. Per esempio, nel suo libro I racconti dei Chassidim, Martin Buber include un racconto sull’anima proveniente dalla scuola di Elimelech, un rabbino di Lisensk: “Quando Rabbi Abramo Jehoshua il Giorno del Perdono [dell’espiazione] ripeteva la descrizione del servizio del grande sacerdote nel Santissimo e arrivava al punto dove è detto: ‘E così disse,’ ogni volta non diceva queste parole, ma diceva: ‘E così dissi.’ Poiché non aveva dimenticato il tempo in cui la sua anima era in un gran sacerdote a Gerusalemme”. — Traduzione di G. Bemporad, Garzanti, 1979, pagina 438.

      35. (a) Quale posizione ha assunto l’ebraismo riformato nei confronti della dottrina dell’anima immortale? (b) Qual è il chiaro insegnamento biblico circa l’anima?

      35 L’ebraismo riformato è arrivato al punto di rigettare la credenza nella risurrezione. Ha eliminato la parola dai suoi libri di preghiere, e riconosce solo la credenza dell’anima immortale. È senz’altro più chiaro il concetto biblico, espresso in Genesi 2:7: “Il SIGNORE Dio formava l’uomo dalla polvere del suolo, e soffiava nelle sue narici l’alito della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente”. (JP) La combinazione del corpo con lo spirito, o energia vitale, costituisce “un’anima vivente”.h (Genesi 2:7; 7:22; Salmo 146:4) Viceversa, quando il peccatore umano muore, l’anima muore. (Ezechiele 18:4, 20) Così alla morte l’uomo cessa di avere qualsiasi esistenza cosciente. La sua forza vitale torna a Dio che l’aveva data. (Ecclesiaste 3:19; 9:5, 10; 12:7) La speranza per i morti realmente fondata sulla Bibbia è la risurrezione, in ebraico techiyàth hammethìm, “ravvivamento dei morti”.

      36, 37. Cosa credevano gli ebrei fedeli dei tempi biblici circa la vita futura?

      36 Benché questa conclusione possa sorprendere persino molti ebrei, la risurrezione è stata la vera speranza degli adoratori del vero Dio per migliaia d’anni. Circa 3.500 anni fa il fedele e sofferente Giobbe parlò di un tempo futuro in cui Dio lo avrebbe destato dallo Sceol, la tomba. (Giobbe 14:14, 15) Al profeta Daniele fu pure assicurato che sarebbe stato destato “alla fine dei giorni”. — Daniele 12:2, 13.

      37 Nelle Scritture non c’è alcuna base per affermare che quei fedeli ebrei credessero di possedere un’anima immortale che sarebbe vissuta in un aldilà. È chiaro che avevano motivo sufficiente per credere che il Sovrano Signore, che numera e governa le stelle dell’universo, avrebbe ricordato anche loro al tempo della risurrezione. Erano stati fedeli a lui e al suo nome, ed egli sarebbe stato fedele verso di loro. — Salmo 18:26 (25, NM); 147:4; Isaia 25:7, 8; 40:25, 26.

      L’ebraismo e il nome di Dio

      38. (a) Cos’è accaduto nel corso dei secoli per quanto riguarda l’uso del nome di Dio? (b) Che base ha il nome di Dio?

      38 L’ebraismo insegna che il nome di Dio, pur esistendo in forma scritta, è troppo sacro per essere pronunciato.i Di conseguenza, nel corso dei passati 2.000 anni la corretta pronuncia è andata perduta. Tuttavia non è sempre stato questo l’atteggiamento degli ebrei. Circa 3.500 anni fa Dio parlò a Mosè dicendo: “Annunzia ai figli d’Israele che è il Signore [ebraico: יהוה, YHWH] dei vostri padri, Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe che m’invia a voi. Questo è il Mio nome in perpetuo, questo il modo di designarmi attraverso le generazioni”. (Esodo 3:15; Salmo 135:13, Con) Qual era questo nome e il modo di designare Dio? La nota in calce nella traduzione biblica Tanakh (inglese) dichiara: “Il nome YHWH (tradizionalmente letto Adonai, “il SIGNORE”) si collega qui con la radice hayah, ‘essere’”. Pertanto qui abbiamo il sacro nome di Dio, il Tetragramma, le quattro consonanti ebraiche YHWH (Yahweh) da cui, attraverso la forma latinizzata Jehovah, deriva quella italiana GEOVA, conosciuta da secoli.

      39. (a) Perché il nome divino è importante? (b) Perché gli ebrei smisero di pronunciare il nome divino?

      39 La storia mostra che gli ebrei hanno sempre attribuito grande importanza al nome personale di Dio, anche se l’enfasi che si dà al suo uso è drasticamente cambiata rispetto al passato. Il dott. A. Cohen afferma: “Una venerazione speciale circondava il ‘Nome distintivo’ (Shem Hamephorash) della Divinità, quale era stato rivelato al popolo d’Israele, cioè il tetragramma JHVH”. (Il Talmud, traduzione di A. Toaff, Laterza, 1986, pagine 50-1) Il nome divino era venerato perché rappresentava e distingueva la persona stessa di Dio. Dopo tutto, fu Dio stesso ad annunciare il suo nome e a dire ai suoi adoratori di usarlo. Questo è sottolineato dal fatto che il nome compare nella Bibbia ebraica 6.828 volte. Gli ebrei devoti, però, pensano sia irriguardoso pronunciare il nome personale di Dio.j

      40. Cosa affermano alcune autorevoli fonti ebraiche riguardo all’uso del nome divino?

      40 Riguardo all’antica proibizione rabbinica (non biblica) di pronunciare il nome divino, il rabbino A. Marmorstein scrisse: “C’era un tempo in cui questa proibizione [di usare il nome divino] era del tutto sconosciuta agli ebrei . . . Né in Egitto, né in Babilonia, gli ebrei conoscevano od osservavano una legge che proibisse l’uso del nome di Dio, il Tetragramma, nella comune conversazione o nei saluti. Ma dal III secolo a.E.V. fino al III secolo E.V. tale proibizione vigeva ed era in parte osservata”. (The Old Rabbinic Doctrine of God) Non solo l’uso del nome era permesso in epoca anteriore, ma, come dice il dott. Cohen, “ci fu un tempo in cui si sostenne che anche i laici potessero usare liberamente e apertamente il Nome divino. . . . Si è supposto che questa raccomandazione fosse ispirata dal desiderio di distinguere l’ebreo dal [non ebreo]”. — Op. cit., pagina 52.

      41. Secondo un rabbino, quali influenze portarono alla proibizione dell’uso del nome di Dio?

      41 Cosa portò allora alla proibizione dell’uso del nome divino? Il dott. Marmorstein risponde: “L’opposizione ellenistica [di influsso greco] alla religione degli ebrei e l’apostasia dei sacerdoti e dei nobili introdussero e stabilirono la regola di non pronunciare il Tetragramma nel Santuario [tempio di Gerusalemme]”. Nel loro zelo eccessivo di evitare di nominare il nome di Dio invano, ne soppressero completamente l’uso nella conversazione e resero difficile, se non impossibile, identificare il vero Dio. Sotto la doppia pressione dell’opposizione religiosa e dell’apostasia, il nome divino cadde in disuso fra gli ebrei.

      42. Cosa mostra il racconto biblico circa l’uso del nome divino?

      42 Comunque, spiega il dott. Cohen, “sembra che nel periodo biblico non si avesse alcuno scrupolo ad usarlo nel linguaggio corrente”. (Op. cit., pagina 51) Il patriarca Abraamo ‘invocò il nome del Signore’. (Genesi 12:8) Quasi tutti gli scrittori della Bibbia ebraica usarono liberamente ma con rispetto il nome divino fino alla stesura di Malachia, nel V secolo a.E.V. — Rut 1:8, 9, 17, NM.

      43. (a) Cosa è più che evidente per quanto riguarda l’uso ebraico del nome divino? (b) Qual è stata una conseguenza indiretta del fatto che gli ebrei smisero di usare il nome divino?

      43 È più che evidente che gli antichi ebrei usavano e pronunciavano il nome divino. Marmorstein ammette per quanto riguarda il cambiamento avvenuto in seguito: “In questo tempo, infatti, nella prima metà del III secolo [a.E.V.], si registra un grande cambiamento nell’uso del nome di Dio, che diede luogo a molti cambiamenti nella cultura teologica e filosofica ebraica, dei quali si risentono ancor oggi gli effetti”. Una delle conseguenze della sparizione del nome divino è che il concetto di un Dio anonimo contribuì a creare un vuoto teologico nel quale si sviluppò più facilmente la dottrina trinitaria della cristianità.k — Esodo 15:1-3.

      44. Quali sono alcune altre conseguenze dovute all’eliminazione del nome di Dio?

      44 Il rifiuto di usare il nome divino sminuisce l’adorazione del vero Dio. Un commentatore disse: “Purtroppo, quando si parla di Dio come del ‘Signore’, la frase, benché accurata, è fredda e insignificante . . . Bisogna ricordare che traducendo YHWH o Adonai ‘il Signore’, si introduce in molti brani del Vecchio Testamento una nota di astrazione, di formalità e di distacco che è completamente estranea al testo originale”. (The Knowledge of God in Ancient Israel) Com’è triste vedere che il sublime e significativo nome Yahweh, o Geova, manca in molte traduzioni bibliche quando invece compare chiaramente migliaia di volte nel testo originale ebraico! — Isaia 43:10-12.

      Gli ebrei aspettano ancora il Messia?

      45. Qual è la base biblica per credere in un Messia?

      45 Vi sono numerose profezie nelle Scritture Ebraiche da cui, oltre 2.000 anni fa, gli ebrei derivavano la loro speranza messianica. Secondo Samuele 7:11-16 indicava che il Messia sarebbe stato della discendenza di Davide. Isaia 11:1-10 profetizzava che avrebbe recato giustizia e pace a tutta l’umanità. Daniele 9:24-27 permetteva di calcolare il tempo in cui il Messia sarebbe comparso e sarebbe stato stroncato nella morte.

      46, 47. (a) Che genere di Messia attendevano gli ebrei che si trovavano sotto la dominazione romana? (b) Quale cambiamento ha avuto luogo nelle aspirazioni ebraiche relative al Messia?

      46 Come spiega l’Encyclopaedia Judaica, nel I secolo l’attesa messianica era grande. Ci si aspettava che il Messia fosse ‘un discendente di Davide dotato di doni carismatici, che gli ebrei del periodo romano credevano sarebbe stato suscitato da Dio per spezzare il giogo dei pagani e regnare in un ristabilito regno d’Israele’. Comunque, il Messia militante che gli ebrei attendevano non era affatto in vista.

      47 Un’altra enciclopedia fa notare però che la speranza messianica fu essenziale per la coesione del popolo ebraico durante le sue numerose e durissime prove: “L’ebraismo deve senz’altro la sua sopravvivenza, in considerevole misura, alla sua fede salda nella promessa e nel futuro messianici”. (The New Encyclopædia Britannica) Ma con l’avanzare dell’ebraismo moderno tra il XVIII e il XIX secolo, molti ebrei smisero di aspettare passivamente il Messia. Infine, in seguito all’Olocausto nazista, molti persero la pazienza e la speranza. Cominciarono a considerare un peso il messaggio messianico e così lo reinterpretarono come nient’altro che una nuova era di prosperità e di pace. Da allora, pur essendoci delle eccezioni, difficilmente si può dire che gli ebrei nel loro insieme stiano aspettando un Messia personale.

      48. Quali domande possono ragionevolmente sorgere riguardo all’ebraismo?

      48 Questa trasformazione in una religione non messianica fa sorgere serie domande. L’ebraismo è stato in errore per migliaia d’anni credendo che il Messia fosse una persona? Quale forma di ebraismo aiuterà l’individuo nella sua ricerca di Dio? L’ebraismo antico contornato di filosofia greca? O forse una delle forme di ebraismo non messianiche che si sono sviluppate durante gli scorsi 200 anni? Oppure c’è un’altra via ancora che con fedeltà e accuratezza mantiene viva la speranza messianica?

      49. Quale invito è rivolto agli ebrei sinceri?

      49 Con queste domande in mente, incoraggiamo gli ebrei sinceri a riesaminare il soggetto del Messia, investigando le asserzioni riguardanti Gesù il Nazareno non come lo rappresenta la cristianità, ma come lo presentano gli scrittori ebrei delle Scritture Greche. C’è un’enorme differenza. Le religioni della cristianità hanno contribuito al rigetto di Gesù da parte degli ebrei con la loro dottrina non biblica della Trinità, che è ovviamente inaccettabile per qualsiasi ebreo che abbia a cuore il puro insegnamento secondo cui “il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno”. (Deuteronomio 6:4) Vi invitiamo perciò a leggere con mente aperta il prossimo capitolo per conoscere il Gesù delle Scritture Greche.

      [Note in calce]

      a Confronta Genesi 5:22-24, Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture con riferimenti, seconda nota in calce al versetto 22.

      b Salvo diversa indicazione, tutte le citazioni contenute in questo capitolo sono tratte dall’Antico Testamento, Bibbia rabbinica (ATE), Marietti, 1964-78.

      c La cronologia qui esposta è basata sul testo biblico. (Vedi il libro “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile”, edito in Italia dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, Studio 3, “Come si misurano gli avvenimenti nel corso del tempo”).

      d Lo storico ebreo del I secolo Yoseph ben Mattityahu (Giuseppe Flavio) narra che quando Alessandro arrivò a Gerusalemme, i giudei gli aprirono le porte della città e gli mostrarono la profezia contenuta nel libro di Daniele, scritta oltre 200 anni prima, che descriveva chiaramente le conquiste di Alessandro chiamandolo “re della Grecia”. — Antichità giudaiche, Libro XI, Capitolo VIII 5; Daniele 8:5-8, 21.

      e Durante il periodo dei Maccabei (Asmonei, dal 165 al 63 a.E.V.), capi giudaici come Giovanni Ircano imposero perfino la conversione in massa all’ebraismo mediante le loro conquiste. È interessante il fatto che, all’inizio dell’era volgare, il 10 per cento del mondo mediterraneo era ebraico. Questa cifra indica chiaramente quanto fu efficace il proselitismo giudaico.

      f Secondo la New Encyclopædia Britannica, “il credo trinitario . . . differenzia il cristianesimo dalle altre due religioni classiche monoteistiche [ebraismo e Islām]”. La Trinità fu elaborata dalla chiesa nonostante “la Bibbia dei cristiani non contenga nessuna dichiarazione riguardo a Dio che sia particolarmente trinitaria”.

      g Oltre che dalla Bibbia, la fonte più autorevole, la risurrezione veniva insegnata come articolo di fede dalla Mishnah (Sanhedrin 10:1) ed era inclusa nel credo di Maimonide come l’ultimo di 13 articoli di fede. Fino al XX secolo negarla era considerato un’eresia.

      h “La Bibbia non dice che abbiamo un’anima. ‘Nefesh’ è la persona stessa, il suo bisogno di cibo, il sangue che scorre nelle sue vene, il suo stesso essere”. — H. M. Orlinsky, del Hebrew Union College.

      i Vedi Esodo 6:3 nella versione biblica Tanakh, dove il Tetragramma ebraico compare nel testo inglese. Vedi anche Salmo 83:19 [18, NM] nella Bibbia Concordata, dove ricorre il nome Iavè.

      j L’Encyclopaedia Judaica dice: “Si evita di pronunciare il nome YHWH . . . a causa del fatto che si è mal compreso il Terzo Comandamento (Eso. 20:7; Deut. 5:11), ritenendo che significhi ‘non devi nominare il nome di YHWH tuo Dio invano’, mentre in realtà significa ‘non devi giurare falsamente nel nome di YHWH tuo Dio’”. — Vedi anche Esodo 20:7, nota in calce, ATE.

      k George Howard, professore di religione e di ebraico all’Università della Georgia (USA), afferma: “Col passar del tempo queste due figure [Dio e Cristo] furono unite sempre più strettamente finché divenne quasi impossibile distinguerle. Quindi può darsi che l’eliminazione del Tetragramma abbia contribuito in maniera significativa ai dibattiti cristologici e trinitari posteriori, che piagarono la chiesa dei primi secoli. Ad ogni modo, l’eliminazione del Tetragramma creò probabilmente un clima teologico diverso da quello che esisteva nel periodo neotestamentario del I secolo”. — Biblical Archaeology Review, marzo 1978.

      [Testo in evidenza a pagina 217]

      Si formarono due comunità: la sefardita e la ashkenazita

      [Riquadro/Immagine a pagina 211]

      Dieci Comandamenti per l’adorazione e la condotta

      Milioni di persone hanno sentito parlare dei Dieci Comandamenti, ma poche li hanno mai letti. Perciò riportiamo di seguito la parte principale del testo.

      ▪ “Non avrai altri dèi al Mio cospetto.

      ▪ “Non ti farai alcuna scultura né immagine qualsiasi di tutto quanto esiste in cielo al di sopra o in terra al di sotto o nelle acque al di sotto della terra. Non ti prostrare loro e non adorarli . . . [In epoca così arcaica, nel 1513 a.E.V., questo comando col suo rifiuto dell’idolatria era unico nel suo genere].

      ▪ “Non pronunziare il nome del Signore [ebraico: יהוה] Dio tuo invano. . . .

      ▪ “Ricordati del giorno di Sabato per santificarlo. . . . il Signore ha benedetto il giorno del Sabato e lo ha santificato.

      ▪ “Onora tuo padre e tua madre . . .

      ▪ “Non uccidere.

      ▪ “Non commettere adulterio.

      ▪ “Non rubare.

      ▪ “Non fare falsa testimonianza contro il tuo prossimo.

      ▪ “Non desiderare la casa del tuo prossimo [né] la moglie di lui né il suo schiavo e la sua schiava né il suo bue né il suo asino né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo”. — Esodo 20:3-17.

      Solo i primi quattro comandamenti riguardavano direttamente il credo religioso e l’adorazione, mentre gli altri mostravano la connessione tra la giusta condotta e un’appropriata relazione con il Creatore.

      [Immagine]

      Nonostante l’incomparabile legge ricevuta da Dio, Israele imitò il culto del vitello praticato dai suoi vicini pagani (Vitello d’oro, Biblos)

      [Riquadro/Immagini alle pagine 220 e 221]

      Gli scritti sacri degli ebrei

      Gli scritti sacri ebraici cominciarono con ciò che è chiamato “Tanak”. Questo termine deriva dalle tre divisioni del canone ebraico della Bibbia in lingua ebraica: Torah (la Legge), Nevi’im (i Profeti) e Kethuvim (gli Scritti, o Agiografi), le cui lettere iniziali formano la sigla TaNaK. Questi libri furono redatti in ebraico e aramaico tra il XVI e il V secolo a.E.V.

      Gli ebrei credono che furono scritti sotto gradi di ispirazione diversi e decrescenti. Perciò li elencano in questo ordine di importanza:

      Torah: I cinque libri di Mosè, o Pentateuco (dalla parola greca per “cinque rotoli”), la Legge, che consiste di Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Comunque il termine “Torah” (Torà) può essere usato anche in riferimento alla Bibbia ebraica nel suo insieme come pure alla legge orale e al Talmud (vedi pagina accanto).

      Nevi’im: I Profeti, che vanno da Giosuè a tutti i profeti maggiori, Isaia, Geremia ed Ezechiele, e a tutti i 12 profeti “minori”, da Osea a Malachia.

      Kethuvim: Gli Scritti o Agiografi, che consistono delle opere poetiche, Salmi, Proverbi, Giobbe, Cantico dei Cantici e Lamentazioni (Echà). Vi sono inclusi anche Rut, Ecclesiaste, Ester, Daniele, Esdra, Neemia e Primo e Secondo Cronache.

      Il Talmud

      Dal punto di vista dei gentili o non ebrei, la Bibbia ebraica (“Tanak”) è la parte più importante degli scritti ebraici. Ma la veduta ebraica è diversa. Molti ebrei converrebbero con questo commento di Adin Steinsaltz, un rabbino: “Se la Bibbia è la pietra angolare dell’ebraismo, il Talmud ne è il pilastro centrale, che si innalza dalle fondamenta e sostiene l’intero edificio spirituale e intellettuale . . . Nessun’altra opera ha mai avuto un’influenza simile sulla teoria e la pratica della vita ebraica”. (The Essential Talmud) Cos’è dunque il Talmud?

      Gli ebrei ortodossi credono che Dio non solo abbia dato a Mosè sul monte Sinai la legge scritta, o Torà, ma che gli abbia anche rivelato specifiche spiegazioni su come applicare quella Legge, le quali dovevano essere trasmesse a voce. Questa fu chiamata legge orale. Perciò il Talmud è il compendio scritto, con commenti e spiegazioni posteriori, di quella legge orale, redatto da rabbini tra il II secolo E.V. e il Medioevo.

      Il Talmud si divide di solito in due parti principali:

      La Mishnah: Raccolta di commenti che integrano la Legge scritturale, basati sulle spiegazioni di rabbini chiamati Tannaim (maestri). La stesura avvenne tra la fine del II e l’inizio del III secolo E.V.

      La Gemara (Ghemarà, in origine chiamata Talmud): Raccolta di commenti alla Mishnah da parte di rabbini di un periodo successivo (dal III al VI secolo E.V.).

      Oltre a queste due sezioni principali, il Talmud può anche includere commenti alla Ghemarà fatti da rabbini fino al Medioevo. Tra questi si distinsero i rabbini Rashi (Shelomoh ben Yishaq, 1040-1105), che rese molto più comprensibile il difficile linguaggio del Talmud, e Rambam (Mosheh ben Maymon, meglio conosciuto come Maimonide, 1135-1204), che rielaborò il Talmud facendone un compendio (“Mishneh Torah”) e rendendolo così accessibile a tutti gli ebrei.

      [Immagini]

      Sotto, antica Torà, dalla cosiddetta Tomba di Ester, in Iran; a destra, inno di lode in ebraico e yiddish basato su versetti scritturali

      [Riquadro/Immagini alle pagine 226 e 227]

      Ebraismo, religione dalle molte voci

      Esistono importanti differenze tra le varie correnti dell’ebraismo. Tradizionalmente l’ebraismo pone l’accento sulla pratica cultuale. Discussioni su questa materia anziché sulle credenze hanno causato serie tensioni fra gli ebrei e hanno portato alla formazione di tre principali movimenti in seno all’ebraismo.

      EBRAISMO ORTODOSSO: Questo movimento non solo accetta che la Bibbia ebraica (Tanak) è Scrittura ispirata, ma crede anche che Mosè abbia ricevuto la legge orale da Dio sul monte Sinai insieme alla legge scritta. Gli ebrei ortodossi osservano scrupolosamente i comandamenti di entrambe le leggi. Credono che il Messia debba ancora venire e condurre Israele a un’età aurea. A motivo delle divergenze di opinione all’interno del gruppo ortodosso, sono emerse varie correnti. Un esempio è il hasidismo.

      Hasidim (chassidim, che significa “i pii”): Questo gruppo, considerato ultraortodosso, fu fondato nell’Europa orientale da Israel ben Eliezer, noto come Baʽal Shem Tov (“Signore del Buon Nome”), verso la metà del XVIII secolo. Professano una dottrina che dà risalto alla musica e alla danza, da cui deriva una gioia mistica. Molte loro credenze, compresa la reincarnazione, si basano sulla letteratura mistica ebraica conosciuta col nome di Kabbala (Cabala). Sono guidati da rebbe (parola yiddish che significa rabbini), o zaddikim, considerati dai loro discepoli uomini estremamente giusti o santi.

      Oggi i hasidim si trovano soprattutto negli Stati Uniti e in Israele. Indossano un abito particolare, generalmente nero, di stile europeo orientale dei secoli XVIII-XIX, per cui non passano inosservati, specie in un ambiente cittadino moderno. Attualmente sono divisi in sette al seguito di diversi rebbe preminenti. Un gruppo molto attivo è quello di Lubavitch, che svolge una vigorosa opera di proselitismo fra gli ebrei. Alcuni gruppi credono che solo il Messia abbia il diritto di ricostituire Israele come nazione di ebrei e sono quindi contrari allo Stato secolare di Israele.

      EBRAISMO RIFORMATO (chiamato anche “liberale” o “progressista”): Questo movimento sorse nell’Europa occidentale all’inizio del XIX secolo. Si fonda sulle idee di Moses Mendelssohn, intellettuale ebreo del XVIII secolo, il quale credeva che gli ebrei avrebbero dovuto assimilare la cultura occidentale anziché separarsi dai gentili. Gli ebrei riformati negano che la Torà sia verità rivelata da Dio. Considerano obsolete le leggi ebraiche riguardanti dieta, purezza e abbigliamento. Credono in ciò che essi definiscono un’“era messianica di fratellanza universale”. Negli ultimi anni sono tornati a un ebraismo più tradizionale.

      EBRAISMO CONSERVATORE: Ebbe inizio in Germania nel 1845 come diramazione dell’ebraismo riformato, che si riteneva avesse rigettato troppe pratiche ebraiche tradizionali. L’ebraismo conservatore non accetta che la legge orale sia stata data a Mosè da Dio, ma ritiene che i rabbini, cercando di adattare l’ebraismo a una nuova era, abbiano inventato la Torà orale. Gli ebrei conservatori si sottomettono ai precetti biblici e alla legge rabbinica se questi “sono consoni alle esigenze moderne della vita ebraica”. (The Book of Jewish Knowledge) Usano l’ebraico e l’inglese nella liturgia e osservano rigide leggi dietetiche (kashruth). Agli uomini e alle donne è permesso sedere insieme durante il culto, cosa che non è permessa dagli ortodossi.

      [Immagini]

      A sinistra, ebrei presso il Muro del pianto a Gerusalemme e, sopra, un ebreo orante sullo sfondo di Gerusalemme

      [Riquadro/Immagini alle pagine 230 e 231]

      Alcune importanti feste e usanze ebraiche

      La maggioranza delle feste ebraiche si basano sulla Bibbia e, in genere, o sono feste stagionali a carattere agricolo o hanno relazione con avvenimenti storici.

      ▪ Shabbat (Sabato): Si ritiene che il settimo giorno della settimana ebraica (dal tramonto del venerdì al tramonto del sabato) santifichi la settimana, e la speciale osservanza di questo giorno è una parte essenziale del culto. Gli ebrei partecipano al servizio sinagogale che consiste nella lettura della Torà e nella preghiera. — Esodo 20:8-11.

      ▪ Yom kippur: Giorno dell’espiazione, festa solenne caratterizzata dal digiuno e dall’esame di coscienza. È l’ultimo di dieci giorni penitenziali che iniziano con Rosh Hashanah, il Capodanno ebraico, che cade a settembre secondo il calendario secolare ebraico. — Levitico 16:29-31; 23:26-32.

      ▪ Sukkot (in alto a destra): Festa delle capanne, o dei tabernacoli, o della raccolta. Celebra la raccolta e il termine della parte principale dell’anno agricolo. Si tiene in ottobre. — Levitico 23:34-43; Numeri 29:12-38; Deuteronomio 16:13-15.

      ▪ Hanukkah (Chanukkàh): Festa della dedicazione. Festa popolare che si tiene a dicembre e commemora la liberazione degli ebrei dalla dominazione siro-greca per opera dei Maccabei e la ridedicazione del tempio di Gerusalemme avvenuta nel dicembre 165 a.E.V. Di solito è famosa per l’accensione di candele per la durata di otto giorni.

      ▪ Purim: Festa delle sorti. Si celebra verso la fine di febbraio o ai primi di marzo a ricordo della liberazione degli ebrei in Persia (V secolo a.E.V.) da Aman e dal complotto da lui ordito per sterminarli. — Ester 9:20-28.

      ▪ Pesach: Pasqua. Istituita per commemorare la liberazione di Israele dalla schiavitù in Egitto (1513 a.E.V.). È la massima e la più antica festa ebraica. Si tiene il 14 nisan (calendario ebraico), che cade di solito tra la fine di marzo e i primi di aprile. Ciascuna famiglia ebraica si raduna per celebrare la cena pasquale, o Sèder. Durante i successivi sette giorni non si può mangiare nulla di lievitato. Questo periodo è chiamato Festa degli azzimi (matzot). — Esodo 12:14-20, 24-27.

      Alcune usanze ebraiche

      ▪ Circoncisione: Praticata ai maschietti ebrei; è una cerimonia importante che si compie quando il neonato ha otto giorni. È chiamata anche Patto di Abraamo, poiché la circoncisione fu il segno del patto che Dio fece con lui. Anche i maschi che si convertono all’ebraismo devono circoncidersi. — Genesi 17:9-14.

      ▪ Bar mitzvah (sotto): Altro rito ebraico fondamentale, che letteralmente significa “figlio del comandamento”, “espressione che denota il raggiungimento della maturità sia religiosa che legale nonché l’occasione in cui i ragazzi che hanno compiuto 13 anni e un giorno acquisiscono formalmente questa condizione”. Divenne un’usanza ebraica solo nel XV secolo E.V. — Encyclopaedia Judaica.

      ▪ Mezuzah (sopra): Una casa abitata da ebrei di solito è facilmente riconoscibile dalla mezuzah, o capsula contenente un rotolino, applicata sullo stipite della porta a destra di chi entra. In pratica la mezuzah è una striscetta di pergamena su cui sono trascritti i brani di Deuteronomio 6:4-9 e 11:13-21. Questa, arrotolata e conservata in una capsula, viene applicata ad ogni porta di ciascuna stanza abitata.

      ▪ Yarmulke (zucchetto per i maschi): “Gli ebrei ortodossi . . . considerano il coprirsi la testa, sia fuori che dentro la sinagoga, un segno di lealtà alla tradizione ebraica”. (Encyclopaedia Judaica) In nessun punto della Tanak si parla di coprirsi la testa durante il culto, quindi il Talmud ne fa menzione come di un’usanza facoltativa. Le donne ebree hasidiche o portano sempre un copricapo o si rapano e mettono la parrucca.

      [Immagine a pagina 206]

      Già circa 4.000 anni fa Abramo (Abraamo), il capostipite degli ebrei, adorava Geova Dio

      [Immagine a pagina 208]

      La stella di Davide: un simbolo non biblico di Israele e dell’ebraismo

      [Immagine a pagina 215]

      Un copista ebreo al lavoro

      [Immagine a pagina 222]

      Una famiglia ebraica hasidica mentre celebra il sabato

      [Immagine a pagina 233]

      Ebrei devoti che portano legati sulla fronte e al braccio i filatteri, astucci contenenti strisce di pergamena su cui sono scritte delle preghiere

  • Cristianesimo: Era Gesù la via di Dio?
    L’uomo alla ricerca di Dio
    • Capitolo 10

      Cristianesimo: Era Gesù la via di Dio?

      Fin qui, a eccezione del capitolo sull’ebraismo, abbiamo preso in esame alcune grandi religioni che in larga misura si fondano sulla mitologia. Ora esamineremo un’altra religione che asserisce di avvicinare l’uomo a Dio: il cristianesimo. Su cosa si fonda il cristianesimo, su miti o su fatti storici?

      1. (a) Perché la storia della cristianità fa sorgere in alcuni seri dubbi sul cristianesimo? (b) Quale distinzione facciamo tra cristianità e cristianesimo?

      LA STORIA della cristianità,a fatta di guerre, inquisizioni, crociate e ipocrisia religiosa, non ha favorito la causa del cristianesimo. Musulmani devoti e altri indicano la corruzione e la decadenza morale del mondo “cristiano” occidentale come una ragione per rigettare il cristianesimo. In effetti le nazioni cosiddette cristiane hanno perso l’orientamento morale e hanno fatto naufragio sugli scogli della mancanza di fede, dell’avidità e dell’intemperanza.

      2, 3. (a) Che contrasto c’è fra la condotta dei primi cristiani e quella degli appartenenti all’odierna cristianità? (b) Quali sono alcune domande cui si deve rispondere?

      2 Che le norme del cristianesimo originario fossero diverse dagli odierni costumi licenziosi è attestato dalla professoressa Elaine Pagels, che in un suo libro afferma: “Molti cristiani dei primi quattro secoli andavano fieri della loro continenza sessuale; si astenevano dalla poligamia e spesso anche dal divorzio, che la tradizione ebraica permetteva; e ripudiavano le pratiche sessuali extraconiugali comunemente accettate dai loro contemporanei pagani, pratiche che includevano la prostituzione e l’omosessualità”. — Adam, Eve, and the Serpent.

      3 Pertanto è giusto chiedersi: La storia della cristianità e la sua attuale condizione morale rispecchiano esattamente gli insegnamenti di Gesù Cristo? Che genere di uomo fu Gesù? Contribuì ad avvicinare maggiormente gli uomini a Dio? Era lui il promesso Messia della profezia ebraica? Queste sono alcune domande che prenderemo in considerazione in questo capitolo.

      Gesù: quali erano le sue credenziali?

      4. Nel nostro studio, quale chiara differenza abbiamo notato tra il cristianesimo e le sue origini da un lato e le grandi religioni dall’altro?

      4 In precedenti capitoli abbiamo visto come la mitologia ha giocato un ruolo primario in quasi tutte le grandi religioni del mondo. Ma quando, nel capitolo precedente, siamo passati alle origini dell’ebraismo non abbiamo iniziato con un mito, bensì con la realtà storica di Abraamo, dei suoi antenati e dei suoi discendenti. Trattando il cristianesimo e il suo fondatore, Gesù, iniziamo parimenti non con la mitologia, ma con un personaggio storico. — Vedi pagina 237.

      5. (a) Quali sono tre credenziali possedute da Gesù comprovanti che egli era il promesso “seme” di Abraamo? (b) Chi scrisse le Scritture Greche Cristiane?

      5 Il primo versetto delle Scritture Greche Cristiane, comunemente note come Nuovo Testamento (vedi pagina 241), dichiara: “Libro della storia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abraamo”. (Matteo 1:1) Questa asserzione fatta da Matteo, un ebreo ex esattore di tasse e intimo discepolo e biografo di Gesù, è forse infondata? No. I successivi 15 versetti enumerano i discendenti di Abraamo fino a Giacobbe, che “generò Giuseppe, il marito di Maria, dalla quale nacque Gesù, che è chiamato Cristo”. Perciò Gesù fu realmente un discendente di Abraamo, Giuda e Davide, e come tale possedeva tre delle credenziali del predetto “seme” di Genesi 3:15 e “seme” di Abraamo. — Genesi 22:18; 49:10; 1 Cronache 17:11.

      6, 7. Perché il luogo di nascita di Gesù era importante?

      6 Un’altra credenziale del Seme messianico sarebbe stata il luogo di nascita. Dove nacque Gesù? Matteo narra che Gesù ‘nacque a Betleem di Giudea ai giorni del re Erode’. (Matteo 2:1) Il racconto del medico Luca conferma questo fatto, dicendo riguardo al futuro padre putativo di Gesù: “Anche Giuseppe salì dalla Galilea, dalla città di Nazaret, per recarsi in Giudea, nella città di Davide, che si chiama Betleem, perché era della casa e della famiglia di Davide, per essere registrato con Maria, che gli era stata data in matrimonio come promesso, la quale era ora incinta”. — Luca 2:4, 5.

      7 Perché era importante che Gesù nascesse a Betleem anziché a Nazaret o in qualsiasi altra città? A motivo di una profezia pronunciata nell’VIII secolo a.E.V. dal profeta ebreo Michea: “E tu, o Betleem Efrata, quella troppo piccola per essere fra le migliaia di Giuda, da te mi uscirà colui che deve divenire il dominatore in Israele, la cui origine è dai primi tempi, dai giorni del tempo indefinito”. (Michea 5:2) Pertanto, con il suo luogo di nascita, Gesù possedeva un’altra credenziale per essere il promesso Seme e Messia. — Giovanni 7:42.

      8. Quali sono alcune profezie adempiute da Gesù?

      8 In effetti Gesù adempì molte altre profezie contenute nelle Scritture Ebraiche, dimostrando così di avere tutte le credenziali per essere il Messia promesso. Potete accertarvi di alcune di esse consultando la Bibbia. (Vedi pagina 245).b Ma esaminiamo ora brevemente il messaggio di Gesù e il suo ministero.

      La vita di Gesù indica la via

      9. (a) In che modo Gesù iniziò il suo ministero pubblico? (b) Come sappiamo che Gesù aveva l’approvazione di Dio?

      9 Il racconto biblico ci narra che Gesù fu allevato come ogni altro giovane ebreo del suo tempo, e come tale frequentava la sinagoga locale e il tempio di Gerusalemme. (Luca 2:41-52) Raggiunta l’età di 30 anni, iniziò il suo ministero pubblico. Prima andò da suo cugino Giovanni, che battezzava i giudei nel fiume Giordano in simbolo di pentimento. Il racconto di Luca spiega: “Or quando tutto il popolo era battezzato, fu battezzato anche Gesù e, mentre pregava, il cielo si aprì e lo spirito santo in forma corporea come una colomba scese su di lui, e dal cielo venne una voce: ‘Tu sei mio Figlio, il diletto; io ti ho approvato’”. — Luca 3:21-23; Giovanni 1:32-34.

      10, 11. (a) Quali erano alcune caratteristiche dei metodi di predicazione e insegnamento seguiti da Gesù? (b) Come mostrò Gesù l’importanza del nome del Padre suo?

      10 Al tempo stabilito Gesù intraprese il suo ministero quale unto Figlio di Dio. Andò in tutta la Galilea e la Giudea predicando il messaggio del Regno di Dio e compiendo miracoli, come quello di sanare i malati. Non accettava nessun compenso e non cercò di arricchirsi né di esaltare se stesso. Anzi, disse che c’è più felicità nel dare che nel ricevere. Inoltre insegnò ai suoi discepoli come predicare. — Matteo 8:20; 10:7-13; Atti 20:35.

      11 Quando analizziamo il messaggio di Gesù e i metodi da lui seguiti, notiamo una netta differenza tra il suo modo di fare e quello di molti predicatori della cristianità. Egli non manipolava le masse facendo leva sulle emozioni o intimidendole con la minaccia di tormenti nell’inferno. Piuttosto Gesù si servì della semplice logica e di parabole o illustrazioni, tratte dalla vita di tutti i giorni, per fare appello al cuore e alla mente. Il suo famoso Sermone del Monte è un notevole esempio dei suoi insegnamenti e dei metodi da lui seguiti. Di quel sermone fa parte la preghiera modello insegnata da Gesù, nella quale egli dà una chiara indicazione degli interessi prioritari del cristiano mettendo al primo posto la santificazione del nome di Dio. (Vedi pagine 258-9). — Matteo 5:1–7:29; 13:3-53; Luca 6:17-49.

      12. (a) In che modo Gesù manifestò amore con i suoi insegnamenti e col suo comportamento? (b) Quanto sarebbe diverso il mondo se venisse praticato davvero l’amore cristiano?

      12 Trattando con i suoi seguaci e col pubblico in generale, Gesù manifestò amore e compassione. (Marco 6:30-34) Mentre predicava il messaggio del Regno di Dio, egli stesso esercitava amore e umiltà. Perciò, nelle ultime ore della sua vita, poté dire ai suoi discepoli: “Vi do un nuovo comandamento, che vi amiate gli uni gli altri; come vi ho amati io, che anche voi vi amiate gli uni gli altri. Da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore fra voi”. (Giovanni 13:34, 35) Quindi l’essenza del cristianesimo all’opera è l’amore disposto al sacrificio e basato sul principio. (Matteo 22:37-40) In pratica questo significa che il cristiano dovrebbe amare anche i suoi nemici, pur odiando le loro opere malvage. (Luca 6:27-31) Fermatevi un attimo a riflettere. Come sarebbe diverso il mondo se tutti praticassero veramente questa forma di amore! — Romani 12:17-21; 13:8-10.

      13. Sotto quale aspetto l’insegnamento di Gesù era diverso da quello di Confucio, di Lao-tzu e del Budda?

      13 Tuttavia, ciò che Gesù insegnò era assai più che un’etica o una filosofia come quelle insegnate da Confucio e da Lao-tzu. Inoltre Gesù non insegnò, come invece fece il Budda, che ci si può salvare con i propri sforzi seguendo il sentiero della conoscenza e dell’illuminazione. Egli piuttosto indicò Dio quale fonte della salvezza, dicendo: “Poiché Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque esercita fede in lui non sia distrutto ma abbia vita eterna. Poiché Dio ha mandato suo Figlio nel mondo non per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”. — Giovanni 3:16, 17.

      14. Perché Gesù poté dire: “Io sono la via e la verità e la vita”?

      14 Manifestando l’amore del Padre con le sue stesse parole e azioni, Gesù avvicinò le persone a Dio. Questa è una ragione per cui poté dire: “Io sono la via e la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. . . . Chi ha visto me ha visto anche il Padre. Come mai dici: ‘Mostraci il Padre’? Non credi che io sono unito al Padre e che il Padre è unito a me? Le cose che vi dico non le dico da me stesso; ma il Padre che rimane unito a me fa le sue opere. . . . Avete udito che vi ho detto: Vado via e torno da voi. Se mi amaste, vi rallegrereste che me ne vado al Padre, perché il Padre è maggiore di me”. (Giovanni 14:6-28) Sì, Gesù era “la via e la verità e la vita” perché riconduceva quegli ebrei al Padre suo, il loro vero Dio, Geova. Perciò, con Gesù la ricerca di Dio da parte dell’uomo acquistò d’un tratto impulso perché Dio, nel suo eccelso amore, lo aveva mandato sulla terra come un faro di luce e di verità per indirizzare gli uomini al Padre. — Giovanni 1:9-14; 6:44; 8:31, 32.

      15. (a) Cosa dobbiamo fare per trovare Dio? (b) Qui sulla terra quali prove ci sono dell’amore di Dio?

      15 Sulla base del ministero e delle opere di Gesù, il missionario Paolo poté dire in seguito ai greci di Atene: “E [Dio] ha fatto da un solo uomo ogni nazione degli uomini, perché dimorino sull’intera superficie della terra, e ha decretato i tempi fissati e i limiti stabiliti della dimora degli uomini, perché cerchino Dio, se possono andare come a tastoni e realmente trovarlo, benché, in effetti, non sia lontano da ciascuno di noi. Poiché mediante lui abbiamo la vita e ci muoviamo ed esistiamo”. (Atti 17:26-28) Sì, Dio si può trovare se si è disposti a fare lo sforzo di cercarlo. (Matteo 7:7, 8) Dio ha reso manifesti se stesso e il suo amore dotando questa terra della capacità di sostenere una varietà di forme di vita all’apparenza senza fine. Egli provvede il necessario a tutti gli uomini, siano essi giusti o ingiusti. Ha anche dato all’umanità la Sua Parola scritta, la Bibbia, e ha mandato suo Figlio come sacrificio di redenzione.c Inoltre Dio provvede agli uomini l’aiuto di cui hanno bisogno per trovare la Sua via. — Matteo 5:43-45; Atti 14:16, 17; Romani 3:23-26.

      16, 17. Come dev’essere manifestato il vero amore cristiano?

      16 Naturalmente l’amore cristiano dev’essere manifestato non solo con le parole, ma, ciò che più conta, con le azioni. Per questa ragione l’apostolo Paolo scrisse: “L’amore è longanime e benigno. L’amore non è geloso, non si vanta, non si gonfia, non si comporta indecentemente, non cerca i propri interessi, non si irrita. Non tiene conto del male. Non si rallegra dell’ingiustizia, ma si rallegra della verità. Copre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. L’amore non viene mai meno”. — 1 Corinti 13:4-8.

      17 Gesù inoltre rese chiaro quanto sia importante proclamare il Regno dei cieli, il governo di Dio sugli uomini ubbidienti. — Matteo 10:7; Marco 13:10.

      Ogni cristiano è un evangelizzatore

      18. (a) A cosa dava risalto il Sermone del Monte pronunciato da Gesù? (b) Quale responsabilità ha ogni cristiano? (c) In che modo Gesù preparò i suoi discepoli per il ministero, e quale messaggio dovevano predicare?

      18 Nel suo Sermone del Monte Gesù, parlando alle folle, mise in risalto la responsabilità dei suoi uditori di illuminare altri con le loro parole e le loro azioni. Disse: “Voi siete la luce del mondo. Una città non può essere nascosta quando è situata sopra un monte. Non si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, ed essa risplende su tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre eccellenti opere e diano gloria al Padre vostro che è nei cieli”. (Matteo 5:14-16) Gesù addestrò i suoi discepoli affinché sapessero in che modo predicare e insegnare durante i loro viaggi come ministri itineranti. E quale doveva essere il loro messaggio? Quello che Gesù stesso predicava, il Regno di Dio, che avrebbe governato la terra con giustizia. Infatti in un’occasione Gesù spiegò: “Anche ad altre città devo dichiarare la buona notizia del regno di Dio, perché per questo sono stato mandato”. (Luca 4:43; 8:1; 10:1-12) Asserì anche che parte del segno che avrebbe identificato gli ultimi giorni sarebbe stata: “Questa buona notizia del regno sarà predicata in tutta la terra abitata, in testimonianza a tutte le nazioni; e allora verrà la fine”. — Matteo 24:3-14.

      19, 20. (a) Perché il vero cristianesimo è sempre stato una religione attiva, di predicatori? (b) A quali fondamentali domande si deve ora rispondere?

      19 Nel 33 E.V., prima di ascendere infine al cielo, il risuscitato Gesù diede queste istruzioni ai suoi discepoli: “Ogni autorità mi è stata data in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli di persone di tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello spirito santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni fino al termine del sistema di cose”. (Matteo 28:18-20) Questo è un motivo per cui il cristianesimo fu sin dall’inizio una religione attiva, che faceva convertiti e suscitava l’ira e la gelosia dei seguaci delle religioni allora predominanti, quella greca e quella romana, basate sulla mitologia. La persecuzione di Paolo a Efeso ne fu un chiaro esempio. — Atti 19:23-41.

      20 Ora sorgono le domande: Cosa offriva il messaggio del Regno di Dio quanto ai morti? Quale speranza per i morti predicò Cristo? Offriva forse ai suoi credenti la salvezza delle loro “anime imperiture” dalle “pene dell’inferno”, o che cosa? — Matteo 4:17.

      Speranza di vita eterna

      21, 22. (a) A che cosa paragonò Gesù la condizione del defunto Lazzaro, e perché? (b) Quale speranza nutriva Marta per il suo fratello morto?

      21 Forse si può discernere meglio la speranza predicata da Gesù esaminando ciò che egli disse e fece quando il suo amico Lazzaro morì. Come considerò Gesù tale morte? Avviandosi alla casa di Lazzaro, egli disse ai suoi discepoli: “Lazzaro, il nostro amico, è andato a riposare, ma io vado a svegliarlo dal sonno”. (Giovanni 11:11) Gesù paragonò al sonno la condizione in cui si trovava il defunto Lazzaro. Quando dormiamo profondamente non siamo consapevoli di nulla, e questo concorda con l’espressione ebraica contenuta in Ecclesiaste 9:5: “Poiché i viventi sono consci che moriranno; ma in quanto ai morti, non sono consci di nulla”.

      22 Notiamo che, benché Lazzaro fosse morto da quattro giorni, Gesù non disse nulla del fatto che l’anima di Lazzaro fosse in cielo, all’inferno o nel purgatorio! Quando arrivò a Betania e Marta, sorella di Lazzaro, gli andò incontro, Gesù le disse: “Tuo fratello sorgerà”. Cosa rispose lei? Disse forse che egli era già in cielo? Marta rispose: “So che sorgerà nella risurrezione, nell’ultimo giorno”. Ciò mostra chiaramente che a quel tempo la speranza degli ebrei era la risurrezione, un ritorno alla vita qui sulla terra. — Giovanni 11:23, 24, 38, 39.

      23. Quale miracolo compì Gesù, e con quale effetto sugli astanti?

      23 Gesù replicò: “Io sono la risurrezione e la vita. Chi esercita fede in me, benché muoia, tornerà in vita; e chiunque vive ed esercita fede in me non morirà mai. Credi tu questo?” (Giovanni 11:25, 26) Per dar prova di ciò, Gesù si recò alla spelonca in cui Lazzaro era stato sepolto e lo richiamò in vita sotto gli occhi delle sue sorelle, Maria e Marta, e dei vicini. Il racconto continua: “Perciò molti dei giudei che erano venuti da Maria, visto ciò che egli aveva fatto, riposero fede in lui . . . Quindi la folla che era con lui quando aveva chiamato Lazzaro fuori della tomba commemorativa e lo aveva destato dai morti rendeva testimonianza”. (Giovanni 11:45; 12:17) Avevano visto il miracolo coi propri occhi, e credettero e testimoniarono che era un fatto reale. Anche gli oppositori religiosi di Gesù dovettero credere a quell’avvenimento, perché dalla narrazione apprendiamo che i capi sacerdoti e i farisei complottarono per ucciderlo, ‘poiché compiva molti segni’. — Giovanni 11:30-53.

      24. (a) Dov’era stato Lazzaro per quattro giorni? (b) Cosa dice la Bibbia circa l’immortalità?

      24 Dov’era andato Lazzaro in quei quattro giorni? Da nessuna parte. Era rimasto inconscio, addormentato nella tomba in attesa della risurrezione. Gesù gli fece il grande dono di riportarlo miracolosamente in vita. Ma secondo la narrazione di Giovanni, Lazzaro non disse nulla circa l’essere stato in cielo, all’inferno o nel purgatorio durante quei quattro giorni. Perché no? Per il semplice fatto che non aveva un’anima immortale che potesse andare in luoghi del genere.d — Giobbe 36:14; Ezechiele 18:4.

      25. (a) Quando la Bibbia parla di vita eterna, a cosa si riferisce? (b) Da che cosa dipende la venuta del promesso Regno di Dio?

      25 Pertanto, quando parlava di vita eterna, Gesù si riferiva o a tale vita nei cieli come creature spirituali immortali che, così trasformate, avrebbero regnato con lui nel suo Regno, o alla vita eterna come uomini su una terra paradisiaca sotto il dominio di quel Regno.e (Luca 23:43; Giovanni 17:3) Secondo la sua promessa Dio, dimorando in senso simbolico sulla terra col genere umano ubbidiente, riverserà sulla terra abbondanti benedizioni. Tutto ciò, naturalmente, dipende dal fatto se Gesù fu veramente mandato e approvato da Dio. — Luca 22:28-30; Tito 1:1, 2; Rivelazione 21:1-4.

      L’approvazione di Dio: realtà, non mito

      26. Quale fatto notevole accadde in presenza dei discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni?

      26 Come sappiamo che Gesù aveva l’approvazione di Dio? In primo luogo, quando Gesù fu battezzato si udì una voce dal cielo dire: “Questo è mio Figlio, il diletto, che io ho approvato”. (Matteo 3:17) In seguito fu data conferma di questa approvazione dinanzi ad altri testimoni. I discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni, ex pescatori della Galilea, avevano accompagnato Gesù su un monte elevato (probabilmente il monte Ermon, che raggiunge l’altitudine di 2.814 metri). Lì, sotto i loro occhi, ebbe luogo qualcosa di eccezionale: “E [Gesù] fu trasfigurato davanti a loro, e la sua faccia risplendé come il sole, e le sue vesti divennero brillanti come la luce. Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. . . . Ecco, una nube luminosa li coprì con la sua ombra, ed ecco, una voce dalla nube che diceva: ‘Questo è mio Figlio, il diletto, che io ho approvato; ascoltatelo’. Udendo ciò, i discepoli caddero sulle loro facce ed ebbero moltissimo timore”. — Matteo 17:1-6; Luca 9:28-36.

      27. (a) Che effetto ebbe la trasfigurazione sui discepoli? (b) Come sappiamo che Gesù non era un mito?

      27 Questa conferma udibile e visibile data da Dio servì a rafforzare moltissimo la fede di Pietro, poiché egli in seguito scrisse: “No, non fu seguendo false storie [greco: mỳthois, miti] inventate artificiosamente che vi facemmo conoscere la potenza e la presenza del nostro Signore Gesù Cristo, ma essendo divenuti testimoni oculari della sua magnificenza. Poiché egli ricevette da Dio Padre onore e gloria, quando dalla magnifica gloria gli furono rivolte queste parole: ‘Questo è mio Figlio, il mio diletto, che io ho approvato’. Sì, queste parole udimmo rivolgere dal cielo mentre eravamo con lui sul monte santo”. (2 Pietro 1:16-18) I discepoli ebrei Pietro, Giacomo e Giovanni videro effettivamente il miracolo della trasfigurazione di Gesù e udirono la voce di Dio che dal cielo esprimeva approvazione. La loro fede si basava su un fatto reale da loro visto e udito, non su mitologia né su “favole giudaiche”. (Vedi pagina 237). — Matteo 17:9; Tito 1:13, 14.f

      La morte di Gesù e un altro miracolo

      28. Come venne falsamente accusato Gesù nel 33 E.V.?

      28 Nel 33 E.V. Gesù fu arrestato e processato dalle autorità religiose giudaiche, falsamente accusato di bestemmia per essersi detto Figlio di Dio. (Matteo 26:3, 4, 59-67) Poiché evidentemente quei giudei preferivano che fosse l’autorità secolare romana a metterlo a morte, lo mandarono da Pilato e di nuovo lo accusarono falsamente, questa volta di aver proibito di pagare le tasse a Cesare e di aver detto che egli stesso era un re. — Marco 12:14-17; Luca 23:1-11; Giovanni 18:28-31.

      29. Come morì Gesù?

      29 Dopo che Gesù era stato mandato da un governante all’altro, il governatore romano Ponzio Pilato, dietro l’insistenza della folla istigata dai capi religiosi, scelse la via più facile e condannò Gesù a morte. Di conseguenza Gesù fece una morte ignominiosa su un palo, e il suo corpo fu deposto in una tomba. Ma entro tre giorni ebbe luogo un avvenimento che trasformò gli afflitti discepoli di Gesù in credenti pieni di gioia ed evangelizzatori zelanti. — Giovanni 19:16-22; Galati 3:13.

      30. Quali misure presero i capi religiosi per impedire un imbroglio?

      30 I capi religiosi, temendo che i seguaci di Gesù avrebbero fatto ricorso a qualche inganno, andarono da Pilato con questa richiesta: “‘Signore, ci siamo ricordati che quell’impostore mentre era ancora in vita disse: “Dopo tre giorni sarò destato”. Comanda dunque che il sepolcro sia reso sicuro fino al terzo giorno, affinché i suoi discepoli non vengano a rubarlo e non dicano al popolo: “È stato destato dai morti!” e quest’ultima impostura sia peggiore della prima’. Pilato disse loro: ‘Avete una guardia. Andate, rendetelo sicuro come sapete’. Ed essi andarono e resero il sepolcro sicuro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia”. (Matteo 27:62-66) Fu efficace questa misura di sicurezza?

      31. Che accadde quando alcune donne fedeli si recarono alla tomba di Gesù?

      31 Il terzo giorno dalla morte di Gesù, tre donne si recarono alla tomba per spalmare il corpo di unguento profumato. Ma cosa trovarono? “E il primo giorno della settimana vennero molto presto alla tomba commemorativa, quando era sorto il sole. E dicevano l’una all’altra: ‘Chi ci rotolerà la pietra dalla porta della tomba commemorativa?’ Ma alzati gli occhi, videro che la pietra era stata rotolata, benché fosse molto grande. Quando entrarono nella tomba commemorativa, videro un giovane seduto a destra, vestito di una lunga veste bianca, e rimasero attonite. Egli disse loro: ‘Smettete di essere attonite. Voi cercate Gesù il Nazareno, che fu messo al palo. Egli è stato destato, non è qui. Vedete il luogo dove lo posero. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli va davanti a voi in Galilea; là lo vedrete, come vi disse”’”. (Marco 16:1-7; Luca 24:1-12) Nonostante la guardia speciale messa dai capi religiosi, Gesù era stato risuscitato dal Padre suo. Si tratta di un mito o di un fatto storico?

      32. Per quali validi motivi Paolo credeva che Gesù era stato risuscitato?

      32 Circa 22 anni dopo questo avvenimento Paolo, ex persecutore dei cristiani, scrisse e spiegò come era giunto a credere che Cristo era stato risuscitato: “Poiché vi ho trasmesso, fra le prime cose, ciò che anch’io ho ricevuto, che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture; e che fu sepolto, sì, che è stato destato il terzo giorno secondo le Scritture; e che apparve a Cefa, quindi ai dodici. Apparve poi a più di cinquecento fratelli in una volta, la maggioranza dei quali rimangono fino al presente, mentre alcuni si sono addormentati nella morte. Apparve poi a Giacomo, quindi a tutti gli apostoli”. (1 Corinti 15:3-7) Sì, era sulla base di fatti concreti che Paolo rischiava la vita per la causa del risuscitato Gesù, e quei fatti includevano l’attestazione di circa 500 testimoni oculari che avevano visto il risuscitato Gesù in persona! (Romani 1:1-4) Paolo sapeva che Gesù era stato risuscitato, e aveva una ragione ancor più vigorosa per affermarlo, come spiegò più avanti: “Ma, ultimo di tutti, apparve anche a me come a uno nato prematuramente”. — 1 Corinti 15:8, 9; Atti 9:1-19.

      33. Perché i primi cristiani erano disposti ad essere martirizzati per la loro fede?

      33 I primi cristiani erano disposti a morire da martiri nelle arene romane. Perché? Perché sapevano che la loro fede si basava su realtà storiche, non su miti. Era una realtà il fatto che Gesù era il Cristo, o Messia, promesso nella profezia e che era stato mandato sulla terra da Dio, aveva ricevuto l’approvazione di Dio, era morto su un palo come Figlio di Dio che aveva mantenuto l’integrità, ed era stato risuscitato dai morti. — 1 Pietro 1:3, 4.

      34. Secondo l’apostolo Paolo, perché la risurrezione di Gesù è così essenziale alla fede cristiana?

      34 Vi raccomandiamo di leggere l’intero capitolo 15 della prima lettera di Paolo ai Corinti per capire cosa credeva Paolo riguardo alla risurrezione e perché essa è essenziale alla fede cristiana. La sostanza del suo messaggio è espressa in queste parole: “Comunque, Cristo è stato ora destato dai morti, primizia di quelli che si sono addormentati nella morte. Poiché siccome la morte è per mezzo di un uomo [Adamo], anche la risurrezione dei morti è per mezzo di un uomo. Poiché come in Adamo tutti muoiono, così anche nel Cristo tutti saranno resi viventi”. — 1 Corinti 15:20-22.

      35. Quali benedizioni ha promesso Dio di recare alla terra e al genere umano? (Isaia 65:17-25)

      35 La risurrezione di Cristo Gesù quindi ha come obiettivo di recare alla fine benefìci a tutto il genere umano.g Ha anche aperto a Gesù la via perché adempia infine il resto delle profezie messianiche. Il suo giusto dominio deve presto estendersi dai cieli invisibili a una terra purificata. Poi ci sarà ciò che la Bibbia descrive come “un nuovo cielo e una nuova terra” in cui Dio “asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e la morte non ci sarà più, né ci sarà più cordoglio né grido né dolore. Le cose precedenti [saranno] passate”. — Rivelazione 21:1-4.

      Apostasia e persecuzione erano previste

      36. Che accadde alla Pentecoste del 33 E.V., e con quale risultato?

      36 Poco dopo la morte e la risurrezione di Gesù ebbe luogo un altro miracolo che diede forza e impulso alla predicazione compiuta da quei primi cristiani. Il giorno di Pentecoste del 33 E.V. Dio versò dal cielo il suo spirito santo, o forza attiva, su circa 120 cristiani riuniti insieme a Gerusalemme. Il risultato? “E divennero loro visibili lingue come di fuoco che si distribuirono, posandosi una su ciascuno di loro, e furono tutti pieni di spirito santo e cominciarono a parlare diverse lingue, come lo spirito concedeva loro di esprimersi”. (Atti 2:3, 4) Gli ebrei di lingua straniera che per quell’occasione si trovavano a Gerusalemme si stupirono udendo quegli ebrei galilei, ritenuti ignoranti, parlare lingue straniere. Di conseguenza molti credettero. Il messaggio cristiano si propagò come un incendio allorché quei nuovi credenti ebrei tornarono ai loro paesi d’origine. — Atti 2:5-21.

      37. Come reagirono alcuni governanti romani alla nuova religione cristiana?

      37 Ma presto si addensarono all’orizzonte nubi tempestose. I romani temevano questa religione nuova e apparentemente atea che non aveva idoli. Cominciando con l’imperatore Nerone, perseguitarono crudelmente i cristiani durante i primi tre secoli della nostra era.h Molti cristiani furono condannati a morire nelle arene per soddisfare la sadica sete di sangue degli imperatori e della plebe che accorrevano a vedere i prigionieri gettati in pasto alle belve.

      38. Quale situazione era stato predetto che avrebbe turbato la pace della primitiva congregazione cristiana?

      38 Un altro fattore che destava preoccupazione in quei primi tempi del cristianesimo era qualcosa che gli apostoli avevano profetizzato. Per esempio, Pietro affermò: “Comunque, ci furono anche falsi profeti fra il popolo, come pure fra voi ci saranno falsi maestri. Questi introdurranno quietamente distruttive sette e rinnegheranno anche il proprietario che li ha comprati, recando su se stessi subitanea distruzione”. (2 Pietro 2:1-3) L’apostasia! Si trattava di un abbandono della vera adorazione, di un compromesso con le tendenze religiose del mondo romano di allora, saturo di filosofia e pensiero greco. Come si verificò? Il prossimo capitolo risponderà a questa e ad altre domande attinenti. — Atti 20:30; 2 Timoteo 2:16-18; 2 Tessalonicesi 2:3.

      [Note in calce]

      a Col termine “cristianità” ci riferiamo alla sfera di attività settaria dominata dalle religioni che si proclamano cristiane. Con “cristianesimo” si intende la maniera originale di adorare Dio e di accostarsi a lui insegnata da Gesù Cristo.

      b Vedi anche Perspicacia nello studio delle Scritture, edito in Italia nel 1990 dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, Volume 2, alla voce “Messia”.

      c La dottrina biblica del riscatto e l’importanza d’esso verranno chiarite nel Capitolo 15.

      d L’espressione “anima immortale” non compare in nessun luogo nella Bibbia. Le parole greche tradotte “immortale” e “immortalità” ricorrono solo tre volte e si riferiscono al rivestire o acquistare un nuovo corpo spirituale, non a qualcosa di innato. Ciò si applica a Cristo e ai cristiani unti che devono regnare con lui nel suo Regno celeste. — 1 Corinti 15:53, 54; 1 Timoteo 6:16; Romani 8:17; Efesini 3:6; Rivelazione (Apocalisse) 7:4; 14:1-5.

      e Per una trattazione più dettagliata di tale dominio del Regno, vedi il Capitolo 15.

      f In questa visione “Mosè” ed “Elia” simboleggiavano la Legge e i Profeti che si adempirono in Gesù. Per una spiegazione più dettagliata, vedi Perspicacia nello studio delle Scritture, 1990, Volume 2, alla voce “Trasfigurazione”.

      g Per una trattazione dettagliata della risurrezione di Gesù, vedi il libro La Bibbia: Parola di Dio o dell’uomo?, edito in Italia nel 1989 dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, pagine 78-86.

      h Il biografo romano Svetonio (ca. 69-140 E.V.) scrisse che, sotto Nerone, “[venivano] puniti di morte i cristiani, seguaci d’una nuova e malefica sètta”. — Le vite di dodici Cesari, VI, 16.

      [Riquadro/Immagine a pagina 237]

      Gesù fu un mito?

      “La storia della vita del fondatore del cristianesimo è il prodotto della sofferenza, della fantasia, della speranza umana, un mito paragonabile alle leggende di Krishna, Osiride, Attis, Adone, Dioniso e Mitra?”, chiede lo storico Will Durant. Egli risponde che nel I secolo la negazione dell’esistenza di Cristo “sembra che non sia stata formulata mai neppure dai piú aspri oppositori (giudei o gentili) del cristianesimo nascente”. — Storia della Civiltà, Parte III, Cesare e Cristo, traduzione di A. Mattioli, pagine 713, 715.

      Lo storico romano Svetonio (ca. 69-140 E.V.), nella sua storia Le vite di dodici Cesari, parlando dell’imperatore Claudio afferma: “I Giudei per le istigazioni di Cristo [“Chresto” nel testo latino] continuamente tumultuanti espulse da Roma”. (V, 25) Questo avvenne verso l’anno 52 E.V. (Confronta Atti 18:1, 2). Si noti che Svetonio non esprime alcun dubbio circa l’esistenza di Cristo. Sulla base di questo fatto concreto e nonostante la persecuzione che metteva in pericolo la loro vita, i primi cristiani furono molto attivi nel proclamare la loro fede. È molto improbabile che avrebbero rischiato la vita per un mito. La morte e la risurrezione di Gesù avevano avuto luogo ai loro giorni, e alcuni di loro erano stati testimoni oculari di quegli avvenimenti.

      Lo storico Durant trae questa conclusione: “Che pochi uomini semplici possano aver inventato in una sola generazione una personalità cosí possente e affascinante, un’etica cosí nobile e cosí ispirata a umana fratellanza sarebbe un miracolo ancor piú clamoroso di quelli ricordati nei Vangeli”. — Op. cit., pagina 718.

      [Immagine]

      Gesù predicò e compì miracoli in questa regione della Galilea, nella Palestina antica

      [Riquadro/Immagine a pagina 241]

      Chi scrisse la Bibbia?

      La Bibbia cristiana consiste dei 39 libri delle Scritture Ebraiche (vedi pagina 220), da molti chiamate Vecchio Testamento, e dei 27 libri delle Scritture Greche Cristiane, di solito chiamate Nuovo Testamento.i Quindi la Bibbia è una biblioteca in miniatura contenente 66 libri scritti da circa 40 uomini nel corso di 1.600 anni di storia (dal 1513 a.E.V. al 98 E.V.).

      Le Scritture Greche includono quattro Vangeli, o narrazioni della vita di Gesù e della buona notizia che egli predicò. Due di questi furono scritti da diretti seguaci di Cristo, Matteo, un esattore di tasse, e Giovanni, un pescatore. Gli altri furono scritti da due fra i primi credenti, Marco e il medico Luca. (Colossesi 4:14) Ai Vangeli seguono gli Atti degli Apostoli, resoconto dell’attività missionaria dei primi cristiani compilato da Luca. Vi sono poi 14 lettere indirizzate dall’apostolo Paolo a singoli cristiani e a congregazioni, seguite da lettere di Giacomo, Pietro, Giovanni e Giuda. L’ultimo libro è Rivelazione (Apocalisse), scritto da Giovanni.

      Che tante persone di cultura diversa e vissute in epoche e ambienti diversi abbiano potuto comporre un libro così armonioso è una vigorosa prova del fatto che la Bibbia non è il semplice prodotto dell’intelligenza umana, ma è ispirata da Dio. La Bibbia stessa dichiara: “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio [letteralmente, “alitata da Dio”, NM, nota in calce] e utile per insegnare”. Perciò le Scritture furono scritte sotto l’influenza dello spirito santo o forza attiva di Dio. — 2 Timoteo 3:16, 17.

      [Immagine]

      Questa iscrizione latina mutila in cui compare il nome di Ponzio Pilato (seconda riga: “IVS PILATVS”) conferma che egli era un personaggio autorevole in Palestina, come dichiara la Bibbia

      [Nota in calce]

      i La Bibbia cattolica include alcuni altri libri che formano gli Apocrifi e che non sono considerati canonici né dagli ebrei né dai protestanti.

      [Riquadro a pagina 245]

      Il Messia nella profezia biblica

      Profezia Avvenimento Adempimento

      Gen. 49:10 Nato dalla Matt. 1:2-16;

      tribù di Giuda Luca 3:23-33

      Sal. 132:11; Della famiglia Matt. 1:1, 6-16; 9:27;

      Isa. 9:7 di Davide Atti 13:22, 23

      figlio di Iesse

      Mic. 5:2 Nato a Betleem Luca 2:4-11; Giov. 7:42

      Isa. 7:14 Nato da una vergine Matt. 1:18-23;

      Luca 1:30-35

      Osea 11:1 Chiamato fuori d’Egitto Matt. 2:15

      Isa. 61:1, 2 Incaricato di Luca 4:18-21

      una missione

      Isa. 53:4 Portò le nostre Matt. 8:16, 17

      infermità

      Sal. 69:9 Pieno di zelo per Matt. 21:12, 13;

      la casa di Geova Giov. 2:13-17

      Isa. 53:1 Non fu creduto Giov. 12:37, 38;

      Rom. 10:11, 16

      Zacc. 9:9; Acclamato come re e Matt. 21:1-9;

      Sal. 118:26 come colui che viene Mar. 11:7-11

      nel nome di Geova

      Isa. 28:16; Rigettato, ma diventa Matt. 21:42, 45, 46;

      Sal. 118:22, 23 la principale pietra Atti 3:14; 4:11;

      angolare 1 Piet. 2:7

      Sal. 41:9; Un apostolo lo tradisce Matt. 26:47-50;

      109:8 Giov. 13:18, 26-30

      Zacc. 11:12 Tradito per 30 Matt. 26:15; 27:3-10;

      pezzi d’argento Mar. 14:10, 11

      Isa. 53:8 Processato e condannato Matt. 26:57-68;

      27:1, 2, 11-26

      Isa. 53:7 Tace di fronte agli Matt. 27:12-14;

      accusatori Mar. 14:61; 15:4, 5

      Sal. 69:4 Odiato senza ragione Luca 23:13-25;

      Giov. 15:24, 25

      Isa. 50:6; Percosso, sputacchiato Matt. 26:67; 27:26, 30;

      Mic. 5:1 Giov. 19:3

      Sal. 22:18 Vesti tirate a sorte Matt. 27:35;

      Giov. 19:23, 24

      Isa. 53:12 Annoverato fra Matt. 26:55, 56;

      i peccatori 27:38; Luca 22:37

      Sal. 69:21 Gli vengono dati Matt. 27:34, 48;

      aceto e fiele Mar. 15:23, 36

      Sal. 22:1 Abbandonato da Dio Matt. 27:46; Mar. 15:34

      Sal. 34:20; Nessun osso rotto Giov. 19:33, 36

      Eso. 12:46

      Isa. 53:5; Trafitto Matt. 27:49;

      Zacc. 12:10 Giov. 19:34, 37;

      Riv. (Apoc.) 1:7

      Isa. 53:5, 8, Muore di una morte Matt. 20:28;

      11, 12 di sacrificio per Giov. 1:29;

      togliere i peccati Rom. 3:24; 4:25

      Isa. 53:9 Sepolto col ricco Matt. 27:57-60;

      Giov. 19:38-42

      Giona 1:17; Nella tomba per Matt. 12:39, 40;

      2:10 parte di tre giorni, 16:21; 17:23;

      poi risuscitato 27:64

      [Riquadro/Immagine alle pagine 258 e 259]

      Gesù e il nome di Dio

      Insegnando ai suoi discepoli a pregare, Gesù disse: “Voi dovete dunque pregare così: ‘Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Si compia la tua volontà, come in cielo, anche sulla terra’”. — Matteo 6:9, 10.

      Gesù sapeva che il nome del Padre suo è di vitale importanza e lo mise in evidenza. Perciò ai suoi nemici religiosi disse: “Io sono venuto nel nome del Padre mio, ma voi non mi ricevete; se qualcun altro arrivasse nel suo proprio nome, quello ricevereste. . . . Ve l’ho detto, e non credete. Le opere che faccio nel nome del Padre mio, queste rendono testimonianza di me”. — Giovanni 5:43; 10:25; Marco 12:29, 30.

      In preghiera Gesù disse al Padre suo: “‘Padre, glorifica il tuo nome’. Perciò una voce venne dal cielo: ‘L’ho glorificato e lo glorificherò di nuovo’”.

      In una successiva occasione Gesù pregò: “Ho reso manifesto il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi, e tu li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, affinché l’amore col quale mi hai amato sia in loro e io unito a loro”. — Giovanni 12:28; 17:6, 26.

      Essendo ebreo, Gesù doveva avere dimestichezza col nome del Padre suo, Geova, o Yahweh, poiché conosceva il brano scritturale che dice: “‘Voi siete i miei testimoni’, è l’espressione di Geova, ‘pure il mio servitore che io ho scelto, affinché conosciate e abbiate fede in me, e affinché comprendiate che io sono lo stesso. Prima di me non fu formato nessun dio, e dopo di me continuò a non essercene nessuno. . . . Voi siete dunque i miei testimoni’, è l’espressione di Geova, ‘e io sono Dio’”. — Isaia 43:10, 12.

      Quindi gli ebrei, come nazione, erano stati scelti per essere testimoni di Geova. Essendo ebreo, anche Gesù era un testimone di Geova. — Rivelazione (Apocalisse) 3:14.

      A quanto pare già nel I secolo la maggioranza degli ebrei non pronunciava più il rivelato nome di Dio. Esistono comunque dei manoscritti che dimostrano come i primi cristiani che usavano la traduzione greca delle Scritture Ebraiche detta dei Settanta potevano incontrare nel testo greco il Tetragramma ebraico. George Howard, professore di religione e di ebraico, afferma: “Quando la Settanta che la chiesa neotestamentaria usava e citava conteneva il nome divino in caratteri ebraici, gli scrittori del Nuovo Testamento inclusero senza dubbio il Tetragramma nelle loro citazioni. Ma quando [in seguito] il nome divino in ebraico fu sostituito con altri termini greci nella Settanta, fu eliminato anche dalle citazioni della Settanta nel Nuovo Testamento”.

      Howard arguisce quindi che i cristiani del I secolo avranno senz’altro compreso chiaramente versetti come Matteo 22:44, in cui Gesù citò ai suoi nemici le Scritture Ebraiche. Howard dice: “La chiesa del I secolo leggeva probabilmente ‘YHWH ha detto al mio Signore’” anziché la versione successiva: “‘Il Signore ha detto al mio Signore’, . . . che è sia ambigua che imprecisa”. — Salmo 110:1.

      Che Gesù usasse il nome divino è confermato dall’accusa fatta secoli dopo la sua morte dagli ebrei, accusa secondo cui, se egli compiva miracoli, era “solo perché si era impadronito del nome ‘segreto’ di Dio”. — The Book of Jewish Knowledge.

      Senza dubbio Gesù conosceva l’impareggiabile nome di Dio. Nonostante la tradizione allora seguita dagli ebrei, Gesù deve avere sicuramente usato il nome divino. Egli non permise che le tradizioni degli uomini prevalessero sulla legge di Dio. — Marco 7:9-13; Giovanni 1:1-3, 18; Colossesi 1:15, 16.

      [Immagine]

      Frammento papiraceo (I secolo a.E.V.) recante il nome ebraico di Dio nel testo greco della Settanta

      [Immagini a pagina 238]

      Nel suo insegnamento Gesù si servì di numerose illustrazioni, tra cui semina, raccolta, attività di pesca, trovare una perla, greggi misti e una vigna (Matteo 13:3-47; 25:32)

      [Immagine a pagina 243]

      Mediante la potenza di Dio, Gesù compì molti miracoli, tra cui quello di placare una tempesta

      [Immagine a pagina 246]

      Il Tetragramma, le quattro consonanti YHWH (Geova)

      [Immagine a pagina 251]

      Il racconto della risurrezione di Lazzaro non menziona, né fa pensare, che egli avesse un’anima immortale

      [Immagine a pagina 253]

      Pietro, Giacomo e Giovanni sapevano che l’approvazione di Dio nei confronti di Gesù non era un mito: era qualcosa che avevano visto e udito alla trasfigurazione

  • Apostasia: Ostacolata la via di Dio
    L’uomo alla ricerca di Dio
    • Capitolo 11

      Apostasia: Ostacolata la via di Dio

      1, 2. (a) Perché i primi 400 anni di storia della cristianità sono importanti? (b) Quale verità espresse Gesù riguardo al fare una scelta?

      PERCHÉ i primi 400 anni di storia della cristianità sono tanto importanti? Per lo stesso motivo per cui lo sono i primissimi anni di vita di un bambino: perché sono gli anni formativi, in cui vengono poste le basi della futura personalità dell’individuo. Cosa rivelano i primi secoli della cristianità?

      2 Prima di rispondere a questa domanda, rammentiamo una verità espressa da Gesù Cristo: “Entrate per la porta stretta; perché ampia e spaziosa è la strada che conduce alla distruzione, e molti sono quelli che vi entrano; mentre stretta è la porta e angusta la strada che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano”. La strada dell’opportunismo è larga; quella dei giusti princìpi è stretta. — Matteo 7:13, 14.

      3. Quali due linee di condotta era possibile intraprendere sin da quando il cristianesimo ebbe inizio?

      3 Sin da quando il cristianesimo ebbe inizio, a coloro che abbracciavano questa fede impopolare si aprivano due vie: o attenersi agli insegnamenti e ai princìpi di Cristo, che non ammettono compromessi, e alle Scritture, o lasciarsi attrarre dalla via larga e comoda del compromesso col mondo di quel tempo. Come vedremo, quei primi quattro secoli di storia mostrano quale via scelse infine la maggioranza.

      La seduzione della filosofia

      4. Secondo lo storico Durant, che influenza ebbe la Roma pagana sulla chiesa primitiva?

      4 Lo storico Will Durant spiega: “La Chiesa non si limitò semplicemente ad adottare alcuni costumi religiosi o forme comuni alla Roma precristiana [pagana]: la stola e gli altri vestimenti dei sacerdoti pagani, l’uso dell’incenso e dell’acqua santa per le purificazioni, l’accensione di candele e di un lume perpetuo davanti all’altare, il culto dei santi, l’architettura della Basilica, la legge romana come base della legge canonica, il titolo di Pontifex Maximus al Sommo Pontefice e nel IV sec. la lingua latina . . . Presto i vescovi più che i prefetti romani furono la fonte dell’ordine e del potere nelle città: i metropolitani o arcivescovi sostennero, quando non soppiantarono i governatori delle province: e il sinodo dei vescovi si sostituì all’assemblea provinciale. La Chiesa romana seguì le orme dello Stato romano”. — Storia della Civiltà, Parte III, Cesare e Cristo, traduzione di A. Mattioli, pagina 780.

      5. In che modo lo spirito di compromesso col mondo pagano di Roma è in contrasto con gli scritti cristiani primitivi?

      5 Questo spirito di compromesso col mondo romano è in netto contrasto con gli insegnamenti di Cristo e degli apostoli. (Vedi pagina 262). L’apostolo Pietro raccomandò: “Diletti, . . . desto le vostre chiare facoltà di pensare alla maniera di un rammemoratore, affinché ricordiate le parole dette in precedenza dai santi profeti e il comandamento del Signore e Salvatore per mezzo dei vostri apostoli. Voi, perciò, diletti, avendo questa anticipata conoscenza, state in guardia, affinché non siate trascinati con loro dall’errore di persone che sfidano la legge e non cadiate dalla vostra propria saldezza”. Paolo diede questo chiaro consiglio: “Non siate inegualmente aggiogati con gli increduli. Poiché quale associazione hanno la giustizia e l’illegalità? O quale partecipazione ha la luce con le tenebre? . . . ‘“Perciò uscite di mezzo a loro e separatevi”, dice Geova, “e cessate di toccare la cosa impura”’; ‘“e io vi accoglierò”’”. — 2 Pietro 3:1, 2, 17; 2 Corinti 6:14-17; Rivelazione (Apocalisse) 18:2-5.

      6, 7. (a) In che modo i “padri” della chiesa dei primi secoli furono influenzati dalla filosofia greca? (b) Quali dottrine in particolare tradivano l’influsso greco? (c) Quale avvertimento diede Paolo contro la filosofia?

      6 Nonostante questa chiara ammonizione, i cristiani apostati del II secolo adottarono tutto l’apparato della religione pagana di Roma. Si allontanarono dalle pure origini bibliche e assunsero invece da Roma abiti e titoli pagani, e si imbevvero di filosofia greca. Il prof. Wolfson della Harvard University spiega che nel II secolo ci fu nel cristianesimo un grande afflusso di “gentili preparati nel campo filosofico”. Questi ammiravano la sapienza dei greci e credevano di trovare somiglianze tra la filosofia greca e gli insegnamenti delle Scritture. Wolfson continua: “Talvolta il tenore delle loro svariate espressioni è che la filosofia è lo speciale dono fatto da Dio ai greci sotto forma di ragione umana come lo sono le Scritture per gli ebrei sotto forma di rivelazione diretta”. E prosegue: “I Padri della Chiesa . . . si accinsero al loro lavoro sistematico per mostrare come, sotto il linguaggio semplice in cui le Scritture amano esprimersi, si nascondono le dottrine dei filosofi espresse negli oscuri termini tecnici coniati presso l’Accademia, il Liceo e la Stoa [scuole filosofiche greche]”. — The Crucible of Christianity.

      7 Questo atteggiamento diede alla filosofia e alla terminologia greca ampio modo di infiltrarsi nelle dottrine della cristianità, specie nel campo della dottrina trinitaria e in quello della credenza in un’anima immortale. Wolfson afferma: “I Padri [della chiesa] cominciarono a cercare nella vasta terminologia greca due termini tecnici adatti, dei quali uno sarebbe servito a definire la realtà della distinzione di ciascun componente della Trinità come singola entità e l’altro sarebbe servito a definire la loro sostanziale unità”. Tuttavia dovettero ammettere che “la concezione di un Dio trino è un mistero che non si può sciogliere con la ragione umana”. Per contro, l’apostolo Paolo aveva riconosciuto chiaramente il pericolo di tale contaminazione e ‘pervertimento della buona notizia’ quando ai cristiani galati e colossesi scrisse: “State attenti che qualcuno non vi porti via come sua preda per mezzo della filosofia [greco: filosofìas] e di un vuoto inganno secondo la tradizione degli uomini, secondo le cose elementari del mondo e non secondo Cristo”. — Galati 1:7-9; Colossesi 2:8; 1 Corinti 1:22, 23.

      Annullata la risurrezione

      8. In quale enigma si è dibattuto l’uomo, e come hanno cercato di risolverlo quasi tutte le religioni?

      8 Come abbiamo visto fin qui in questo libro, l’uomo è sempre stato alle prese con l’enigma della sua breve e limitata esistenza che termina con la morte. Lo scrittore tedesco Gerhard Herm asserì infatti che “la religione è, fra le altre cose, un mezzo per aiutare gli uomini ad accettare la realtà della morte, con la promessa o di una vita migliore nell’oltretomba, o di una rinascita, o di entrambe”. (The Celts—The People Who Came Out of the Darkness) Praticamente ogni religione dipende dalla credenza che l’anima umana sia immortale e che dopo la morte essa vada in un aldilà o che trasmigri in un’altra creatura.

      9. A quale conclusione giunse il letterato spagnolo Miguel de Unamuno parlando di ciò che Gesù credeva riguardo alla risurrezione?

      9 Anche tutte le religioni della cristianità oggi seguono generalmente questa credenza. Miguel de Unamuno, insigne letterato spagnolo del nostro secolo, scrisse riguardo a Gesù: “Egli credeva piuttosto nella risurrezione della carne [come nel caso di Lazzaro (vedi pagine 249-51)], alla maniera giudaica, non nell’immortalità dell’anima, alla maniera platonica [greca]. . . . Se ne possono trovare le prove in qualsiasi onesto libro di esegesi”. Poi concluse: “L’immortalità dell’anima . . . è un dogma filosofico pagano”. (La agonía del cristianismo) Questo “dogma filosofico pagano” si infiltrò nella dottrina della cristianità benché ovviamente non fosse il pensiero di Cristo. — Matteo 10:28; Giovanni 5:28, 29; 11:23, 24.

      10. Cosa derivò logicamente dalla credenza in un’anima immortale?

      10 Il sottile influsso della filosofia greca fu un fattore determinante nell’apostasia che seguì alla morte degli apostoli. La dottrina greca dell’immortalità dell’anima comportava la necessità di dare all’anima varie destinazioni: cielo, inferno, purgatorio, paradiso, limbo.a Manipolando queste dottrine divenne facile a una classe sacerdotale tenere le masse in sottomissione e nel timore dell’aldilà e spillare loro doni e offerte. Questo ci porta a un’altra domanda: Come ebbe origine la classe sacerdotale separata del clero della cristianità? — Giovanni 8:44; 1 Timoteo 4:1, 2.

      Come si formò la classe clericale

      11, 12. (a) Quale altro segno di apostasia si manifestò? (b) Che ruolo svolgevano gli apostoli e gli anziani di Gerusalemme?

      11 Un altro segno di apostasia fu l’abbandono del ministero generale di tutti i cristiani, quale era stato insegnato da Gesù e dagli apostoli, per passare al sacerdozio esclusivo e alla gerarchia sviluppatisi nella cristianità. (Matteo 5:14-16; Romani 10:13-15; 1 Pietro 3:15) Nel I secolo, dopo la morte di Gesù, i suoi apostoli insieme ad altri anziani cristiani spiritualmente qualificati di Gerusalemme avevano il compito di consigliare e guidare la congregazione cristiana. Nessuno esercitava superiorità sugli altri. — Galati 2:9.

      12 Nel 49 E.V. si rese necessario che si radunassero a Gerusalemme per risolvere certe questioni che influivano sui cristiani in generale. La Bibbia narra che, dopo aver discusso apertamente la cosa, “parve bene agli apostoli e agli anziani [presbỳteroi] insieme all’intera congregazione di inviare ad Antiochia con Paolo e Barnaba uomini eletti fra loro, . . . e per mano loro scrissero: ‘Gli apostoli e i fratelli anziani a quei fratelli di Antiochia e di Siria e di Cilicia che sono delle nazioni: Salute!’” Evidentemente gli apostoli e gli anziani fungevano da organismo direttivo per le congregazioni cristiane assai sparse. — Atti 15:22, 23.

      13. (a) Quale disposizione esisteva per provvedere una diretta sorveglianza di ciascuna congregazione cristiana nel I secolo? (b) Quali erano i requisiti per essere anziani di congregazione?

      13 Dal momento che quel corpo direttivo a Gerusalemme costituiva la primitiva disposizione cristiana per provvedere a tutti i cristiani una sorveglianza generale, quale sistema avevano per impartire direttiva in ciascuna congregazione, a livello locale? La lettera di Paolo a Timoteo precisa che le congregazioni avevano sorveglianti (greco: epìskopos, da cui deriva l’aggettivo “episcopale”) che erano anziani spirituali (presbỳteroi), uomini che, a motivo della loro condotta e della loro spiritualità, erano qualificati per insegnare ai loro conservi cristiani. (1 Timoteo 3:1-7; 5:17) Nel I secolo questi uomini non costituivano una classe clericale separata. Non indossavano nessun abito distintivo. Ciò che li distingueva era la loro spiritualità. Infatti ciascuna congregazione aveva un corpo di anziani (sorveglianti), non un governo monarchico con a capo un solo uomo. — Atti 20:17; Filippesi 1:1.

      14. (a) Come i sorveglianti cristiani vennero infine rimpiazzati dai vescovi della cristianità? (b) Chi fra i vescovi lottò per ottenere il primato?

      14 Fu solo col passar del tempo che la parola epìskoposb (sorvegliante, soprintendente) si trasformò in “vescovo”, col significato di sacerdote che ha giurisdizione sugli altri componenti del clero della sua diocesi. Il gesuita spagnolo Bernardino Llorca spiega: “Primo, non si faceva sufficiente distinzione tra vescovi e presbiteri, e ci si atteneva solo al significato dei termini: vescovo equivale a soprintendente; presbitero equivale ad anziano. . . . Ma a poco a poco la distinzione divenne più netta, essendo denominati vescovi i soprintendenti più importanti, che possedevano la suprema autorità sacerdotale e la facoltà di imporre le mani e conferire il sacerdozio”. (Historia de la Iglesia Católica) Difatti i vescovi cominciarono a esercitare le proprie funzioni nell’ambito di una specie di sistema monarchico, in particolare dall’inizio del IV secolo. Fu stabilita una gerarchia, o complesso di autorità ecclesiastiche, e con l’andar del tempo il vescovo di Roma, che asseriva di essere successore di Pietro, fu riconosciuto da molti quale vescovo supremo e papa.

      15. Che abisso c’è fra l’organo direttivo dei primi cristiani e quello della cristianità?

      15 Oggi la posizione di vescovo nelle diverse chiese della cristianità è una posizione di prestigio e di potere, in genere ben rimunerata e spesso pari a quella dell’élite del paese. Ma c’è un’enorme differenza tra questa esaltata posizione di preminenza e la semplicità dell’organizzazione sotto Cristo e gli anziani, o sorveglianti, delle congregazioni cristiane del I secolo. E che dovremmo dire dell’abisso tra Pietro e i suoi cosiddetti successori, che vivono circondati da magnificenza regale in Vaticano? — Luca 9:58; 1 Pietro 5:1-3.

      Potere e prestigio papale

      16, 17. (a) Come sappiamo che la primitiva congregazione di Roma non era governata da un vescovo o un papa? (b) Come entrò in uso il titolo “papa”?

      16 Fra le congregazioni del I secolo che accettavano la direttiva degli apostoli e degli anziani di Gerusalemme c’era quella di Roma, dove la verità cristiana era arrivata probabilmente qualche tempo dopo la Pentecoste del 33 E.V. (Atti 2:10) Come ogni altra congregazione cristiana del tempo, essa aveva degli anziani che fungevano da corpo di sorveglianti fra i quali nessuno deteneva il primato. Di sicuro nessuno di quei primi sorveglianti della congregazione di Roma era considerato vescovo o papa dai contemporanei, poiché l’episcopato monarchico a Roma non si era ancora sviluppato. È difficile stabilire quando esattamente ebbe inizio l’episcopato monarchico, cioè nelle mani di un solo uomo. Le prove indicano che cominciò a svilupparsi nel II secolo. — Romani 16:3-16; Filippesi 1:1.

      17 Il titolo “papa” (dal greco pàpas, padre) non era in uso durante i primi due secoli. L’ex gesuita Michael Walsh spiega: “A quanto pare la prima volta che un Vescovo di Roma venne chiamato ‘Papa’ fu nel III secolo, e il titolo fu conferito a Papa Callisto . . . Alla fine del V secolo di solito con ‘Papa’ si intendeva il Vescovo di Roma e nessun altro. Fu solo nell’XI secolo, comunque, che un Papa poté insistere che il titolo si applicasse solo a lui”. — An Illustrated History of the Popes.

      18. (a) Chi fu uno dei primi vescovi di Roma a imporre la propria autorità? (b) Su cosa si basa il preteso primato del papa? (c) Qual è il corretto intendimento di Matteo 16:18, 19?

      18 Tra i primi vescovi di Roma che imposero la propria autorità ci fu Leone I (papa, 440-61). Michael Walsh spiega inoltre: “Leone si appropriò il titolo un tempo pagano di Pontifex Maximus, tuttora usato dai papi, e portato, fin verso la fine del IV secolo, dagli imperatori romani”. Nel far questo Leone I si basò sull’interpretazione cattolica delle parole di Gesù riportate in Matteo 16:18, 19. (Vedi pagina 268). Egli “dichiarò che siccome San Pietro era stato il primo fra gli Apostoli, alla chiesa di San Pietro si doveva accordare il primato fra le chiese”. (Man’s Religions) Con questa mossa Leone I rese evidente che, mentre l’imperatore deteneva il potere temporale a Costantinopoli in Oriente, lui esercitava il potere spirituale da Roma in Occidente. Un altro esempio dell’esercizio di questo potere si ebbe nell’anno 800 quando papa Leone III incoronò Carlo Magno imperatore del Sacro Romano Impero.

      19, 20. (a) Come viene considerato il papa nel nostro tempo? (b) Quali sono alcuni titoli ufficiali del papa? (c) Che contrasto si può notare tra il comportamento dei papi e quello di Pietro?

      19 Dal 1929 i governi secolari riconoscono al papa di Roma il carattere di capo di Stato, con sovranità territoriale sulla Città del Vaticano. Pertanto la Chiesa Cattolica Romana, a differenza di tutte le altre organizzazioni religiose, può inviare ai governi del mondo i suoi rappresentanti diplomatici o nunzi. (Giovanni 18:36) Al papa sono conferiti molti titoli onorifici, tra i quali Vicario di Gesù Cristo, Successore del Principe degli Apostoli, Sommo Pontefice della Chiesa Universale, Patriarca d’Occidente, Primate d’Italia, Sovrano della Città del Vaticano. È accompagnato con pompa e cerimonie. Gli vengono tributati gli onori riservati ai capi di Stato. Per contro notate come reagì Pietro, il supposto primo papa e vescovo di Roma, quando il centurione romano Cornelio cadde ai suoi piedi per rendergli omaggio: “Pietro lo fece levare, dicendo: ‘Alzati; anch’io sono un uomo’”. — Atti 10:25, 26; Matteo 23:8-12.

      20 Sorge ora la domanda: Come conseguì la chiesa apostata di quei primi secoli tanto potere e prestigio? Come fu che la semplicità e l’umiltà di Cristo e dei primi cristiani si convertirono nell’alterigia e nel fasto della cristianità?

      Le fondamenta della cristianità

      21, 22. Quale grande cambiamento si suppone fosse avvenuto nella vita di Costantino, e come lo strumentalizzò?

      21 La svolta decisiva per questa nuova religione dell’impero romano si ebbe nel 313 E.V., data della cosiddetta conversione dell’imperatore Costantino al “cristianesimo”. Come ebbe luogo questa conversione? Nel 306 Costantino succedette al padre e infine, insieme a Licinio, divenne capo dell’impero romano. Su di lui influirono la devozione di sua madre per il cristianesimo e la sua stessa fede nella protezione divina. Alla vigilia della battaglia del Ponte Milvio presso Roma nel 312, asserì di aver ricevuto in sogno il comando di far incidere sugli scudi dei suoi soldati il monogramma “cristiano”, le lettere greche chi e rho, le prime due lettere del nome di Cristo in greco.c Dotati di questo ‘talismano divino’, gli eserciti di Costantino sconfissero il nemico, Massenzio.

      22 Poco tempo dopo aver vinto la battaglia, Costantino asserì di essere divenuto credente, anche se non ricevette il battesimo che appena prima della sua morte, circa 24 anni dopo. Il passo successivo fu quello di guadagnare l’appoggio dei professanti cristiani dell’impero con l’“adozione delle [lettere greche] Chi-Rho [carattere greco in originale] come emblema . . . Il Chi-Rho era stato comunque già usato come monogramma [incrocio di lettere] in contesti sia pagani che cristiani”. — The Crucible of Christianity, a cura di Arnold Toynbee.

      23. (a) Secondo un commentatore, quando ebbe inizio la cristianità? (b) Perché possiamo dire che Cristo non fondò la cristianità?

      23 In tal modo furono poste le basi della cristianità, come spiegò in un suo libro il commentatore televisivo inglese Malcolm Muggeridge: “La cristianità ebbe inizio con l’imperatore Costantino”. Comunque egli fece anche questa arguta osservazione: “Si potrebbe anche dire che Cristo stesso soppresse la cristianità ancor prima che avesse inizio quando dichiarò che il suo regno non era di questo mondo: una delle sue dichiarazioni, questa, di più grande portata e fra le più importanti”. (The End of Christendom) Anche una delle più estesamente ignorate dai capi religiosi e politici della cristianità. — Giovanni 18:36.

      24. Con la “conversione” di Costantino quale cambiamento ebbe luogo nella chiesa?

      24 Con l’appoggio di Costantino la religione della cristianità divenne la religione ufficiale dello stato romano. Elaine Pagels, docente di religione, spiega: “I vescovi cristiani, in precedenza oggetto di arresti, torture ed esecuzioni capitali, allora vennero esentati dalle tasse, ricevettero doni dal tesoro imperiale, prestigio e perfino autorità a corte; le loro chiese acquistarono altre ricchezze, potere e preminenza”. Erano diventati amici dell’imperatore, amici del mondo romano. — Giacomo 4:4.

      Costantino, l’eresia e l’ortodossia

      25. (a) All’epoca di Costantino quale disputa teologica infuriava? (b) Prima del IV secolo come veniva compresa la relazione esistente tra Cristo e il Padre?

      25 Perché la “conversione” di Costantino fu così significativa? Perché in qualità di imperatore aveva grande ascendente sugli affari della chiesa “cristiana” dottrinalmente divisa, e desiderava l’unità del suo impero. A quel tempo infuriava un’aspra disputa tra i vescovi di lingua greca e quelli di lingua latina sulla “relazione tra la ‘Parola’, o ‘Figlio’ di ‘Dio’, che si era incarnata in Gesù, e ‘Dio’ stesso, ora chiamato ‘il Padre’, essendo stato il suo nome, Yahweh, generalmente dimenticato”. (The Columbia History of the World) Alcuni erano a favore del punto di vista sostenuto dalla Bibbia secondo cui Cristo, il Lògos, era stato creato ed era quindi subordinato al Padre. (Matteo 24:36; Giovanni 14:28; 1 Corinti 15:25-28) Fra questi c’era Ario, un prete di Alessandria d’Egitto. Infatti R. P. C. Hanson, professore di teologia, afferma: “Prima dello scoppio della controversia ariana [nel IV secolo] non c’è nessun teologo nella Chiesa Orientale né in quella Occidentale che non consideri in qualche modo il Figlio subordinato al Padre”. — The Search for the Christian Doctrine of God.

      26. All’inizio del IV secolo quale situazione esisteva per quanto riguarda la dottrina della Trinità?

      26 Altri consideravano un’eresia questa tesi della subordinazione di Cristo e propendevano più per l’adorazione di Gesù come “Dio incarnato”. Tuttavia il prof. Hanson afferma che il periodo storico in questione (IV secolo) “non fu contrassegnato dalla difesa di una convenuta e stabilita ortodossia [trinitaria] contro gli assalti di un’aperta eresia [arianesimo]. Sull’argomento che veniva basilarmente dibattuto non esisteva fino ad allora nessuna dottrina ortodossa”. Egli prosegue: “Tutte le parti credevano di avere a loro favore l’autorità della Scrittura. Ciascuna definiva le altre non ortodosse, non tradizionali e non scritturali”. Gli schieramenti religiosi erano nettamente divisi su questa controversia teologica. — Giovanni 20:17.

      27. (a) Cosa fece Costantino per cercare di comporre la disputa sulla natura di Gesù? (b) In che misura la chiesa fu rappresentata al concilio di Nicea? (c) Il Simbolo Niceno servì a comporre la controversia sulla dottrina della Trinità che si stava elaborando?

      27 Costantino voleva l’unità nel suo reame, e nel 325 E.V. indisse un concilio dei suoi vescovi a Nicea, città situata nella parte orientale — di lingua greca — del suo impero, di là del Bosforo rispetto alla nuova città di Costantinopoli. Si dice che vi abbiano partecipato dai 250 ai 318 vescovi, solo una minoranza rispetto al loro numero complessivo, e che la maggior parte dei partecipanti provenisse dalle province di lingua greca. Non fu presente neppure il papa, Silvestro I.d Dopo accesi dibattiti, quel concilio non rappresentativo formulò il Simbolo Niceno con la sua marcata tendenza verso il pensiero trinitario. Tuttavia non decise affatto la controversia dottrinale. Non chiarì il ruolo dello spirito santo di Dio nella teologia trinitaria. La questione fu accanitamente dibattuta per decenni, e richiese altri concili e l’autorità di diversi imperatori e anche condanne all’esilio perché si raggiungesse infine un accordo. Fu una vittoria per la teologia e una sconfitta per coloro che si attenevano alle Scritture. — Romani 3:3, 4.

      28. (a) Quali sono state alcune conseguenze della dottrina della Trinità? (b) Perché la venerazione di Maria come “Madre di Dio” non ha nessun fondamento biblico?

      28 Nel corso dei secoli, come conseguenza della dottrina della Trinità l’unico vero Dio Geova è stato smarrito nel dedalo della teologia cristologica della cristianità.e La successiva conseguenza logica di quella teologia fu che, se Gesù era davvero Dio incarnato, allora Maria, madre di Gesù, era ovviamente la “Madre di Dio”. Con l’andar degli anni questo portò alla venerazione di Maria in molte forme diverse, nonostante la completa assenza di versetti biblici nei quali a Maria venga attribuito qualche ruolo importante eccetto quello di umile madre fisica di Gesù.f (Luca 1:26-38, 46-56) Col passar dei secoli la dottrina della “Madre di Dio” è stata sviluppata e abbellita dalla Chiesa Cattolica Romana, col risultato che molti cattolici venerano Maria con assai più fervore di quanto non adorino Dio.

      Scismi della cristianità

      29. Di quale svolta degli eventi avvertì Paolo?

      29 Un’altra caratteristica dell’apostasia è che genera divisione e disgregazione. L’apostolo Paolo aveva profetizzato: “So che dopo la mia partenza entreranno fra voi oppressivi lupi i quali non tratteranno il gregge con tenerezza, e che fra voi stessi sorgeranno uomini che diranno cose storte per trarsi dietro i discepoli”. Paolo aveva dato ai corinti questa chiara ammonizione: “Ora vi esorto, fratelli, per il nome del nostro Signore Gesù Cristo, a parlare tutti concordemente, e a non avere fra voi divisioni, ma ad essere perfettamente uniti nella stessa mente e nello stesso pensiero”. Nonostante l’esortazione di Paolo, apostasia e divisioni misero presto radici. — Atti 20:29, 30; 1 Corinti 1:10.

      30. Quale situazione si creò ben presto nella chiesa primitiva?

      30 Entro pochi decenni dalla morte degli apostoli si erano già manifestati scismi fra i cristiani. Will Durant afferma: “Lo stesso Celso [oppositore del cristianesimo vissuto nel II secolo] aveva osservato con sarcasmo che i Cristiani erano separati in tante fazioni, ciascuna delle quali teneva per sé. Verso il 187 Ireneo elencava venti varietà di cristianesimo; nel 384 Epifanio ne contava ottanta”. — Op. cit., pagina 778.

      31. Come si creò una notevole divisione in seno alla Chiesa Cattolica?

      31 Costantino mostrò predilezione per la parte greco-orientale del suo impero facendo costruire una nuova capitale in quella che oggi è la Turchia. La chiamò Costantinopoli (l’odierna Istanbul). Ne derivò che per secoli la Chiesa Cattolica fu divisa in due sotto il profilo linguistico e geografico: da un lato Roma, di lingua latina, a Occidente, e dall’altro Costantinopoli, di lingua greca, a Oriente.

      32, 33. (a) Quali furono altre cause di divisione nella cristianità? (b) Cosa dice la Bibbia dell’uso delle immagini nell’adorazione?

      32 Discordie e dispute intorno agli aspetti della dottrina della Trinità, non ancora perfezionata, continuavano a mettere in subbuglio la cristianità. Un altro concilio fu tenuto nel 451 a Calcedonia per definire il carattere delle “nature” di Cristo. Mentre l’Occidente accettò il simbolo redatto da questo concilio, le chiese orientali dissentirono, il che portò alla formazione della Chiesa Copta in Egitto e in Abissinia e delle chiese “giacobite” di Siria e Armenia. L’unità della Chiesa Cattolica era costantemente minacciata da divisioni su astruse questioni teologiche, soprattutto quelle riguardanti la definizione della dottrina della Trinità.

      33 Un’altra causa di divisione fu la venerazione delle immagini. Durante l’VIII secolo i vescovi orientali si ribellarono a questa idolatria e diedero inizio al cosiddetto periodo dell’iconoclastia, o distruzione delle immagini. Col tempo tornarono all’uso delle icone. — Esodo 20:4-6; Isaia 44:14-18.

      34. (a) Cosa portò a una grave spaccatura in seno alla Chiesa Cattolica? (b) Quale fu il risultato finale di questa spaccatura?

      34 Ulteriore turbamento si ebbe quando la Chiesa d’Occidente aggiunse al Simbolo Niceno la parola filioque (latino, “e dal Figlio”) per indicare che lo Spirito Santo procedeva sia dal Padre che dal Figlio. Il risultato finale di questo emendamento apportato nel VI secolo fu una spaccatura allorché “nell’876 un sinodo [di vescovi] a Costantinopoli condannò il papa sia per le sue attività politiche che per non aver corretto l’eresia dell’aggiunta del filioque. Questa azione fece parte di quello che nell’insieme fu il rifiuto da parte dell’Oriente della pretesa giurisdizione universale del papa sulla Chiesa”. (Man’s Religions) Nel 1054 il legato pontificio scomunicò il patriarca di Costantinopoli, che, a sua volta, lanciò l’anatema contro il papa. Questo scisma portò infine alla formazione delle Chiese Ortodosse Orientali: greca, russa, rumena, polacca, bulgara, serba, e altre chiese autonome.

      35. Chi erano i valdesi, e sotto quale aspetto le loro credenze differivano da quelle della Chiesa Cattolica?

      35 Stava intanto iniziando un altro movimento che avrebbe causato scompiglio nella chiesa. Nel XII secolo Pietro Valdo, un francese di Lione, “incaricò alcuni dotti di tradurre la Bibbia nella lingua d’oc [una lingua regionale] della Francia del Sud. Studiò con molto zelo la traduzione e concluse che i Cristiani dovevano vivere come gli Apostoli, senza beni propri”. (Storia della Civiltà, Parte IV, L’epoca della fede, traduzione di M. Tassoni, pagina 858) Egli diede inizio a un movimento di predicatori, che vennero denominati valdesi. Questi rigettavano il sacerdozio cattolico, le indulgenze, il purgatorio, la transustanziazione e altre pratiche e credenze tradizionali cattoliche. I valdesi si diffusero in altri paesi, e il concilio di Tolosa nel 1229 cercò di fermarli bandendo il possesso di libri biblici. Erano permessi solo i libri di liturgia e per di più solo in latino, una lingua morta. Ma il futuro aveva in serbo altre divisioni e persecuzioni religiose.

      La persecuzione degli albigesi

      36, 37. (a) Chi erano gli albigesi, e in che cosa credevano? (b) Come furono repressi gli albigesi?

      36 Nel XII secolo nel sud della Francia ebbe inizio un altro movimento ancora, quello degli albigesi (chiamati anche catari), che prendevano nome dalla città di Albi, dove avevano molti seguaci. Avevano la propria classe clericale che osservava il celibato e che esigeva il saluto con riverenza. Credevano che Gesù avesse parlato in maniera simbolica quando all’ultima cena disse del pane: “Questo è il mio corpo”. (Matteo 26:26, CEI) Rigettavano le dottrine della Trinità, della nascita dalla Vergine, dell’inferno di fuoco e del purgatorio. Mettevano quindi attivamente in dubbio le dottrine di Roma. Papa Innocenzo III decretò che gli albigesi venissero perseguitati. “Se necessario”, disse, “potete . . . sopprimerli con la spada”. — Storia della Civiltà, Parte IV, op. cit., pagina 863.

      37 Fu indetta una crociata contro gli “eretici”, e i crociati cattolici trucidarono 20.000 uomini, donne e bambini a Béziers, in Francia. Dopo molto spargimento di sangue, la pace si concluse nel 1229 con la sconfitta degli albigesi. Il concilio di Narbona “proibì ai laici di possedere una qualunque parte della Bibbia”. (Ibid., pagina 865) La radice del problema per la Chiesa Cattolica era evidentemente l’esistenza della Bibbia nella lingua del popolo.

      38. Cos’era l’Inquisizione, e come funzionava?

      38 Il successivo passo intrapreso dalla chiesa fu quello di istituire l’Inquisizione, un tribunale costituito per sopprimere l’eresia. Già uno spirito di intolleranza si era impossessato del popolo, che era superstizioso e fin troppo pronto a linciare e assassinare gli “eretici”. Le condizioni esistenti nel XIII secolo si prestavano all’abuso di potere da parte della chiesa. Comunque, “gli eretici condannati dalla Chiesa dovevano essere consegnati al ‘braccio secolare’, cioè alle autorità locali, ed essere arsi vivi”. (Ibid., pagine 866-7) Lasciando alle autorità secolari l’effettiva esecuzione delle condanne a morte, la chiesa sarebbe apparsa libera dalla colpa di sangue. Con l’Inquisizione ebbe inizio un’era di persecuzione religiosa accompagnata da abusi, denunce false e anonime, assassinii, rapine, torture e morte lenta procurata a migliaia di persone che osarono dissentire dalla chiesa. La libertà di espressione religiosa fu soffocata. C’era qualche speranza per coloro che cercavano il vero Dio? Il Capitolo 13 risponderà a questa domanda.

      39. Quale movimento religioso ebbe inizio nel VII secolo, e come?

      39 Mentre la cristianità scriveva queste pagine della sua storia, in Medio Oriente un arabo solitario si ergeva contro l’apatia e l’idolatria del suo stesso popolo. Nel VII secolo diede inizio a un movimento religioso che oggi riscuote l’ubbidienza e la sottomissione di quasi un miliardo di persone. Questo movimento è l’Islām. Il nostro prossimo capitolo tratterà la storia del suo fondatore e profeta e spiegherà alcune sue dottrine e la loro origine.

      [Note in calce]

      a Le espressioni “anima immortale”, “inferno di fuoco”, “purgatorio” e “limbo” non esistono affatto nell’ebraico e nel greco originali della Bibbia. La parola greca per “risurrezione” (anàstasis), invece, ricorre 42 volte.

      b La parola greca epìskopos letteralmente significa ‘colui che guarda sopra, che vigila su’. In latino divenne episcopus, da cui attraverso l’italiano arcaico “episcopo” deriva la parola “vescovo”.

      c Una leggenda popolare narra che Costantino vide in visione una croce con le parole latine “In hoc signo vinces” (In questo segno vincerai). Alcuni storici ritengono più probabile che fossero in greco, “En toutoi nika” (In questo vinci). La leggenda è messa in dubbio da alcuni studiosi perché contiene anacronismi.

      d Parlando di Silvestro I, un dizionario afferma: “Anche se fu papa durante quasi ventidue anni del regno di Costantino il Grande (306-337) — epoca di drammatici sviluppi per la chiesa — ebbe a quanto pare una parte insignificante nei grandi avvenimenti che stavano avendo luogo. . . . C’erano senza dubbio vescovi dei quali Costantino aveva fatto le sue persone di fiducia, e con cui concertava la sua politica ecclesiastica; ma [Silvestro] non era fra questi”. — The Oxford Dictionary of Popes.

      e Per una trattazione dettagliata della controversia trinitaria, vedi l’opuscolo di 32 pagine Dovreste credere nella Trinità?, edito in Italia nel 1989 dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova.

      f Maria, madre di Gesù, viene menzionata per nome o come sua madre in 24 diversi versetti dei quattro Vangeli e una volta in Atti. Non è menzionata in nessuna lettera apostolica.

      [Riquadro a pagina 262]

      I primi cristiani e la Roma pagana

      “Quando il movimento cristiano si manifestò nell’impero romano, i convertiti pagani venivano posti, tra l’altro, dinanzi alla sfida di cambiare la propria mentalità e il proprio comportamento. Molti pagani, i quali erano stati educati a considerare il matrimonio essenzialmente un accordo sociale ed economico, le relazioni omosessuali come qualcosa di scontato nell’educazione maschile, la prostituzione, sia maschile che femminile, qualcosa di normale e legale, e il divorzio, l’aborto, la contraccezione e l’esposizione [perché morissero] dei neonati indesiderati come questioni di utilità pratica, abbracciavano, con grande stupore dei loro familiari, il messaggio cristiano, che era contrario a queste pratiche”. — Elaine Pagels, Adam, Eve, and the Serpent.

      [Riquadro a pagina 266]

      Cristianesimo e cristianità

      Porfirio, filosofo del III secolo nato a Tiro e oppositore del cristianesimo, sollevò la domanda “se non fossero stati i seguaci di Gesù, anziché Gesù stesso, responsabili di quella particolare forma di religione cristiana. Porfirio (e Giuliano [imperatore romano del IV secolo e oppositore del cristianesimo]) indicarono, basandosi sul Nuovo Testamento, che Gesù non chiamò se stesso Dio e che predicava non se stesso, ma l’unico Dio, il Dio di tutti. Erano stati i suoi seguaci ad abbandonare il suo insegnamento e a introdurre una nuova dottrina loro propria in cui Gesù (non l’unico Dio) era l’oggetto dell’adorazione e del culto. . . . [Porfirio] toccò una questione particolarmente scottante per i pensatori cristiani: la fede cristiana si basa sulla predicazione di Gesù o sulle idee formulate dai suoi discepoli nelle generazioni successive alla sua morte?” — The Christians as the Romans Saw Them.

      [Riquadro a pagina 268]

      Pietro e il papato

      In Matteo 16:18 Gesù disse all’apostolo Pietro: “E io ti dico: Tu sei Pietro [greco: Pètros] e su questa pietra [greco: pètra] edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”. (CEI) Basandosi su questo versetto, la Chiesa Cattolica asserisce che Gesù abbia edificato la sua chiesa su Pietro, il quale, essi dicono, fu il primo di una lista ininterrotta di vescovi di Roma e successori di Pietro.

      Chi era la pietra indicata da Gesù in Matteo 16:18, Pietro o Gesù? Il contesto mostra che il tema della conversazione era l’identificazione di Gesù quale “il Cristo, il Figlio del Dio vivente”, come Pietro stesso confessò. (Matteo 16:16, CEI) È logico quindi che sarebbe stato Gesù stesso quella solida pietra di fondamento della chiesa, non Pietro, che in seguito avrebbe rinnegato Cristo tre volte. — Matteo 26:33-35, 69-75.

      Come facciamo a sapere che Cristo è la pietra di fondamento? Grazie alla testimonianza stessa di Pietro, che scrisse: “Avvicinandovi a lui come a una pietra vivente, rigettata, è vero, dagli uomini, ma presso Dio eletta, preziosa . . . Poiché è contenuto nella Scrittura: ‘Ecco, io pongo in Sion una pietra, eletta, angolare, preziosa; e chi esercita fede in essa non sarà affatto deluso’”. Anche Paolo affermò: “E siete stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, mentre Cristo Gesù stesso è la pietra angolare”. — 1 Pietro 2:4-8; Efesini 2:20.

      Non esistono prove né scritturali né storiche per suffragare la tesi secondo cui Pietro fosse considerato colui che esercitava il primato tra i suoi confratelli. Egli non ne fa nessuna menzione nelle sue lettere, e gli altri tre Vangeli — compreso quello di Marco (le cui informazioni pare siano state riferite da Pietro a Marco) — non contengono neppure la dichiarazione che Gesù fece a Pietro. — Luca 22:24-26; Atti 15:6-22; Galati 2:11-14.

      Non esistono nemmeno prove certe che Pietro sia mai stato a Roma. (1 Pietro 5:13) Quando Paolo si recò a Gerusalemme, ricevette l’appoggio di “Giacomo e Cefa [Pietro] e Giovanni, quelli che sembravano essere colonne”. Quindi a quel tempo Pietro era una di almeno tre colonne della congregazione. Non era un “papa”, né era conosciuto come tale o come “vescovo” primate di Gerusalemme. — Galati 2:7-9; Atti 28:16, 30, 31.

      [Immagine a pagina 264]

      La Trinità della cristianità: un misterioso triangolo

      [Immagini a pagina 269]

      Il Vaticano (sotto, la bandiera) invia rappresentanti diplomatici ai governi del mondo

      [Immagini a pagina 275]

      Il concilio di Nicea pose le basi di quella che sarebbe poi stata la dottrina della Trinità

      [Immagini a pagina 277]

      La venerazione della Madonna col bambino, al centro, rievoca il culto molto più antico di dee pagane: a sinistra, l’egiziana Iside col figlio Horus; a destra, la dea romana Mater Matuta

      [Immagini a pagina 278]

      Chiese ortodosse orientali: San Nicola, a Sofia (Bulgaria) e, sotto, San Vladimiro, nel New Jersey (USA)

      [Immagine a pagina 281]

      I crociati “cristiani” furono organizzati non solo per liberare Gerusalemme dall’Islām, ma anche per trucidare gli “eretici”, quali i valdesi e gli albigesi

      [Immagini a pagina 283]

      Tomás de Torquemada, monaco domenicano, fu il capo della crudele Inquisizione di Spagna, che usava strumenti di tortura per estorcere confessioni

  • Islām: La via di Dio mediante la sottomissione
    L’uomo alla ricerca di Dio
    • Capitolo 12

      Islām: La via di Dio mediante la sottomissione

      [Caratteri arabi nell’originale]

      1, 2. (a) Quali parole aprono il Corano? (b) Perché queste parole sono significative per i musulmani? (c) In quale lingua fu scritto in origine il Corano, e cosa significa Qurʼān?

      “NEL nome di Dio [Allāh], misericordioso e compassionevole”. Questa è la traduzione della frase in arabo riportata qui sopra, tratta dal Corano. Il brano continua: “La lode spetta a Dio, il Signore dei mondi, il misericordioso, il compassionevole, il padrone del giorno del Giudizio. Te noi serviamo e te noi invochiamo in aiuto. Guidaci per il retto sentiero, il sentiero di coloro che tu hai favorito, contro i quali tu non sei adirato, e che non vanno errati”. — Il Corano, sura I, 1-7.a

      2 Queste parole formano Al-Fātiḥah (“La aprente”), la prima sura o capitolo del libro sacro dei musulmani, il Corano. Giacché più di 1 componente su 6 della popolazione mondiale è musulmano e i musulmani devoti ripetono questi versetti più di una volta in ciascuna delle loro cinque preghiere quotidiane, queste devono essere tra le parole più ripetute della terra.

      3. Quale diffusione ha oggi l’Islām?

      3 Secondo una fonte, nel mondo vi sono oltre 900 milioni di musulmani, il che rende l’Islām secondo solo alla Chiesa Cattolica Romana per numero di aderenti. Fra le grandi religioni, è forse quella che cresce più in fretta, essendo il movimento musulmano in espansione in Africa e nel mondo occidentale.

      4. (a) Cosa significa “Islām”? (b) Cosa significa muslim?

      4 Islām è un termine espressivo per il musulmano, poiché significa “sottomissione”, “abbandono” o “dedizione” ad Allāh, e secondo uno storico “esprime la profonda inclinazione di coloro che hanno ascoltato la predicazione di Maometto”. “Musulmano”, in arabo muslim, significa ‘colui che pratica l’Islām’.

      5. (a) Cosa credono i musulmani riguardo all’Islām? (b) Quali analogie vi sono tra la Bibbia e il Corano?

      5 I musulmani credono che la loro fede sia il coronamento delle rivelazioni date agli ebrei e ai cristiani fedeli dell’antichità. Tuttavia i loro insegnamenti divergono dalla Bibbia su alcuni punti, nonostante che nel Corano si faccia riferimento sia alle Scritture Ebraiche che a quelle Greche.b (Vedi pagina 285). Per capire meglio la fede musulmana dobbiamo sapere come, dove e quando ebbe inizio questa religione.

      La vocazione di Maometto

      6. (a) Qual era il centro del culto arabo all’epoca di Maometto? (b) Quale tradizione esisteva riguardo alla Kaʽbah?

      6 Maomettoc nacque a La Mecca (in arabo, Makkah), nell’Arabia Saudita, verso il 570 E.V. Il padre, ʽAbd Allāh, morì prima che Maometto nascesse. La madre, Āminah, morì quando egli aveva circa sei anni. A quel tempo gli arabi praticavano una forma del culto di Allāh il cui centro era la vallata della Mecca, presso il sacrario della Kaʽbah, un semplice edificio a forma di cubo nel quale si venerava una meteorite nera. Secondo la tradizione islamica, “la Kaʽbah in origine era stata costruita da Adamo secondo un prototipo celeste e riedificata dopo il Diluvio da Abraamo e Ismaele”. (History of the Arabs, di Philip K. Hitti) Vi erano custoditi 360 idoli, uno per ciascun giorno dell’anno lunare.

      7. Quali pratiche religiose turbavano Maometto?

      7 Crescendo, Maometto contestò le pratiche religiose del suo tempo. John Noss in un suo libro (Man’s Religions) afferma: “[Maometto] era turbato dai continui litigi fra i capi coreisciti [della tribù dei Quraish, alla quale egli apparteneva] che avvenivano per dichiarati motivi di religione e d’onore. Ancor più profonda era la sua insoddisfazione per le sopravvivenze della religione araba antica, il politeismo e l’animismo idolatrici, l’immoralità praticata alle grandi riunioni religiose e alle fiere, gli sbevazzamenti, il gioco d’azzardo e le danze, tutte cose molto popolari fra i suoi contemporanei, nonché per la pratica, seguita non solo alla Mecca ma in tutta l’Arabia, di seppellire vive le neonate indesiderate”. — Sura VI, 138.

      8. In quali circostanze ebbe luogo la chiamata di Maometto alla missione profetica?

      8 Maometto aveva circa 40 anni al tempo della sua vocazione a divenire profeta. Egli era solito recarsi a meditare in solitudine in una vicina caverna su un monte, detta Ghār Ḥirāʼ, e fu in una di queste occasioni che, come asserì, ricevette la chiamata alla missione di profeta. La tradizione musulmana narra che mentre egli si trovava lì, un angelo, che fu poi identificato come Gabriele, gli comandò di recitare solennemente nel nome di Allāh. Maometto non lo fece, perciò l’angelo ‘lo afferrò con forza e lo premette tanto forte che egli non lo poté più sopportare’. Allora l’angelo gli ripeté il comando. Ancora, Maometto non reagì, per cui l’angelo ‘lo soffocò’ di nuovo. Questo si ripeté tre volte prima che Maometto si mettesse a recitare ad alta voce ciò che fu poi considerata la prima di una serie di rivelazioni che costituiscono il Corano. Secondo un’altra tradizione, l’ispirazione divina si rivelò a Maometto come il suono di una campana. — “Il Libro della rivelazione”, da Ṣaḥīḥ Al-Bukhārī.

      La rivelazione del Corano

      9. Quale si dice sia stata la prima rivelazione ricevuta da Maometto? (Confronta Rivelazione [Apocalisse] 22:18, 19).

      9 Quale si dice sia stata la prima rivelazione ricevuta da Maometto? Le fonti islamiche generalmente concordano nel dire che furono i primi cinque versetti della sura XCVI, intitolata Al-‘Alaq, “Il grumo di sangue”, che dicono:

      “Nel nome di Dio, misericordioso e compassionevole.

      Recita [Leggi], nel nome del tuo Signore, che ha creato,

      Che ha creato l’uomo da un grumo di sangue!

      Recita! Perchè il tuo Signore è il più generoso;

      Egli è colui che ha insegnato a servirsi del qalam [penna],

      Ha insegnato all’uomo ciò che non sapeva”.

      10-12. Come fu tramandato il Corano?

      10 Secondo la succitata fonte araba (“Il Libro della rivelazione”), Maometto rispose: “Non so leggere”. Per tale ragione dovette imparare a memoria le rivelazioni così da poterle ripetere e recitare. Gli arabi erano esperti nell’uso della memoria, e Maometto non era un’eccezione. Quanto tempo gli ci volle per ricevere il messaggio completo del Corano? Si ritiene comunemente che ebbe le rivelazioni in un arco di 20-23 anni, tra il 610 circa e il 632 E.V., anno della sua morte.

      11 Fonti musulmane spiegano che Maometto, ogni volta che riceveva una rivelazione, la recitava subito a quelli che gli capitavano vicino. Questi a loro volta imparavano la rivelazione a memoria e ripetendola ad alta voce la mantenevano viva. Poiché la fabbricazione della carta era sconosciuta agli arabi, le rivelazioni dettate da Maometto furono scritte da amanuensi su materiali primitivi allora disponibili, come ossa piatte di cammello, foglie di palma, legno e pergamena. Fu comunque solo dopo la morte del profeta che il Corano assunse la forma attuale, sotto la guida dei successori e compagni di Maometto. Ciò avvenne durante il governo dei primi tre califfi o capi musulmani.

      12 Il traduttore Muhammad Pickthall scrive: “Tutte le sure del Corano erano state messe per iscritto prima della morte del Profeta, e molti musulmani avevano imparato a memoria l’intero Corano. Ma le sure scritte erano disseminate fra il popolo; e quando, in una battaglia . . . furono uccisi molti di coloro che conoscevano tutto il Corano a memoria, fu fatta una raccolta completa del Corano e quindi una stesura”.

      13. (a) Quali sono tre fonti della dottrina e della norma islamiche? (b) Come considerano alcuni studiosi islamici la traduzione del Corano?

      13 La vita islamica è governata da tre autorità: il Corano, il Ḥadīth e la Sharīʽah. (Vedi pagina 291). I musulmani credono che il Corano in arabo sia la forma più pura della rivelazione, poiché, dicono, l’arabo fu la lingua usata da Dio per parlare mediante Gabriele. La sura XLIII, 2 dichiara: “Certo, noi facemmo di esso [del Corano] una recitazione araba, affinchè voi intendiate”. Pertanto qualsiasi traduzione viene considerata un annacquamento che nuoce all’integrità del testo. Infatti alcuni studiosi islamici si rifiutano di tradurre il Corano. La loro opinione è che “tradurre vuol dire sempre tradire”, e per tale ragione “i musulmani hanno sempre deprecato e talvolta proibito qualsiasi tentativo di renderlo in un’altra lingua”, asserisce J. A. Williams, docente di storia islamica.

      Espansione islamica

      14. Quale avvenimento rappresentò un momento significativo all’inizio della storia islamica?

      14 Maometto fondò la sua nuova fede a dispetto di enormi difficoltà. Gli abitanti della Mecca, nonostante fossero della sua stessa tribù, lo respinsero. Dopo essere stato per 13 anni oggetto di persecuzione e odio, egli trasferì più a nord il centro delle sue attività, a Yathrib, che prese poi il nome di al-Madīnah (Medina), la città del profeta. Questa emigrazione o ègira (hiǧra), avvenuta nel 622 E.V., rappresentò un momento significativo per la storia islamica, e quella data fu assunta in seguito come punto di partenza del calendario islamico.d

      15. Come fu che La Mecca divenne il principale centro di pellegrinaggio dell’Islām?

      15 Infine Maometto conquistò il comando quando La Mecca si arrese a lui nel gennaio 630 E.V. (8 èg.) ed egli vi instaurò il suo governo. Ora che deteneva le redini del potere secolare e religioso, fu in grado di eliminare le immagini idolatriche dalla Kaʽbah e fare di questa il punto focale dei pellegrinaggi alla Mecca, che continuano fino a questo giorno. — Vedi pagine 289, 303.

      16. Fin dove si propagò l’Islām?

      16 Entro solo pochi decenni dalla morte di Maometto, avvenuta nel 632, l’Islām si era propagato in Afghanistan e anche fino in Tunisia nell’Africa settentrionale. All’inizio dell’VIII secolo la fede coranica era penetrata in Spagna ed era giunta alla frontiera francese. Come asserì il prof. Ninian Smart, “considerata da un punto di vista umano, l’impresa compiuta da un profeta arabo vissuto nei secoli VI e VII dopo Cristo è sbalorditiva. Umanamente parlando, fu lui a dare inizio a una nuova civiltà. Ma naturalmente per il musulmano l’opera fu divina e l’impresa di Allah”. — Background to the Long Search.

      La morte di Maometto causa disunione

      17. Quale grave problema si presentò all’Islām alla morte di Maometto?

      17 La scomparsa del profeta aprì una crisi, essendo egli morto senza lasciare discendenza maschile e senza aver disposto nulla per la successione. Philip Hitti dichiara: “Quello del califfato [autorità e titolo di califfo] è quindi il problema più antico che l’Islam dovette affrontare. È tuttora una questione scottante. . . . Lo storico musulmano al-Shahrastāni [1086-1153] si espresse in questo modo: ‘Mai una controversia islamica ha causato tanto spargimento di sangue quanto quella del califfato (imāmah)’”. Come fu risolto il problema allora, nel 632? “Abu-Bakr . . . fu designato (8 giugno 632) successore di Maometto mediante una forma di elezione alla quale presero parte quei capi che erano presenti nella capitale, al-Madīnah”. — History of the Arabs.

      18, 19. Quali rivendicazioni dividono i musulmani sunniti da quelli sciiti?

      18 Il successore del profeta sarebbe stato un governante, un khalīfah o califfo. Comunque, la questione dei veri successori di Maometto divenne motivo di divisioni nelle file dell’Islām. I musulmani sunniti accettano il principio della carica elettiva anziché quello della discendenza naturale dal profeta. Perciò essi credono che i primi tre califfi, Abū Bakr (suocero di Maometto), ʽOmar (consigliere del profeta), e ʽOthmān (genero del profeta), fossero i legittimi successori di Maometto.

      19 Tale diritto è contestato dai musulmani sciiti, i quali dicono che il titolo a dirigere il mondo islamico viene trasmesso dai diretti discendenti del profeta e attraverso ʽAlī ibn Abī Ṭālib, suo cugino e genero, il primo imām (guida e successore), che sposò Fāṭimah, la figlia prediletta di Maometto. Dal loro matrimonio nacquero i nipoti di Maometto Ḥasan e Ḥusayn. Inoltre gli sciiti asseriscono “che fin dall’inizio Allah e il Suo Profeta avevano chiaramente designato Alì quale unico successore legittimo, ma che i primi tre califfi lo avevano defraudato della sua carica legittima”. (History of the Arabs) Naturalmente i musulmani sunniti sono d’altro parere.

      20. Che accadde ad ʽAlī, genero di Maometto?

      20 Che accadde ad ʽAlī? Mentre governava come quarto califfo (656-661), nacque tra lui e il governatore della Siria, Muʽāwiyah, una lotta per il potere. Ci fu uno scontro armato e poi, per evitare ulteriore spargimento di sangue musulmano, sottoposero la loro controversia ad arbitrato. Il fatto che ʽAlī avesse accettato l’arbitrato indebolì la sua posizione e alienò da lui molti suoi seguaci, tra cui i kharigiti (secessionisti), che divennero suoi nemici mortali. Nel 661 ʽAlī fu assassinato con la punta avvelenata di una sciabola da un fanatico kharigita. I due gruppi (i sunniti e gli sciiti) erano ai ferri corti. Il ramo sunnita dell’Islām scelse allora un capo fra gli Omayyadi (Ommiadi), ricchi capi meccani, estranei alla famiglia del profeta.

      21. Quali sono le vedute sciite circa i successori di Maometto?

      21 Per gli sciiti (o seguaci della Shīʽah, il partito) il vero successore era Ḥasan, primogenito di ʽAlī e nipote del profeta. Egli comunque rinunciò alla carica e fu assassinato. Suo fratello Ḥusayn divenne il nuovo imām, ma anche lui fu ucciso dalle truppe omayyadi il 10 ottobre 680. La sua morte o martirio, come è considerata dagli sciiti, ha avuto un effetto notevole sul partito di ʽAlī (Shīʽat ʽAlī) fino ai nostri giorni. Essi credono che ʽAlī fosse il vero successore di Maometto e il primo “imām [capo] salvaguardato da Dio contro l’errore e il peccato”. ʽAlī e i suoi successori erano considerati dagli sciiti insegnanti infallibili col “dono divino dell’impeccabilità”. Il gruppo sciita più numeroso crede che ci siano stati solo 12 veri imām, e che l’ultimo di questi, Muḥammad al-Muntaẓar, scomparve (nell’878 E.V.) “nella caverna della grande moschea di Sāmarra senza lasciare discendenza”. Così “egli divenne ‘l’imām nascosto (mustatir)’ o ‘atteso (muntaẓar)’. . . . A tempo debito apparirà in qualità di Mahdi (il “ben guidato”) per ristabilire il vero Islam, conquistare il mondo intero e introdurre un breve millennio prima della fine di tutte le cose”. — History of the Arabs.

      22. In che modo gli sciiti commemorano il martirio di Ḥusayn?

      22 Ogni anno gli sciiti commemorano il martirio dell’Imam Ḥusayn. Tengono processioni durante le quali alcuni si feriscono con spade e coltelli e si infliggono altri tormenti. Più di recente i musulmani sciiti hanno ricevuto molta pubblicità a motivo del loro zelo per le cause islamiche. Tuttavia essi rappresentano solo il 20 per cento circa della popolazione musulmana del mondo, essendo la maggioranza musulmani sunniti. Ma passiamo ora ad esaminare alcune dottrine dell’Islām e notiamo come influisce la fede islamica sul quotidiano modo di vivere dei musulmani.

      Dio è supremo, non Gesù

      23, 24. Che opinione avevano Maometto e i musulmani dell’ebraismo e del cristianesimo?

      23 Le tre principali religioni monoteistiche del mondo sono l’ebraismo, il cristianesimo e l’Islām. Ma già al tempo in cui comparve Maometto, verso l’inizio del VII secolo E.V., le prime due religioni, per quel che lo riguardava, si erano allontanate dal sentiero della verità. Infatti, secondo alcuni commentatori islamici, nel Corano è implicito il rifiuto degli ebrei e dei cristiani quando si afferma: “Sentiero ben diverso da quello di coloro coi quali ti sei adirato, ben diverso da quello di coloro che, errando, si sono smarriti”. (Sura I, 7, FP) Come mai?

      24 Un commentario coranico (AYA) dichiara: “La Gente del Libro si è sviata: gli ebrei infrangendo il loro Patto e diffamando Maria e Gesù . . . e i cristiani elevando Gesù l’Apostolo alla pari con Dio” mediante la dottrina trinitaria. — Sura IV, 152-174.

      25. Quali espressioni parallele troviamo nel Corano e nella Bibbia?

      25 Il principale precetto dell’Islām, estremamente semplice, è quello conosciuto come shahādah, o professione di fede, che ogni musulmano sa a memoria: “La ilāh illa Allāh; Muḥammad rasūl Allāh” (Non v’è dio fuor che Allāh; Maometto è il messaggero di Allāh). Ciò concorda con la seguente espressione del Corano: “Il vostro dio è un dio unico, non vi è altro dio se non lui, il misericordioso, il compassionevole”. (Sura II, 158) Lo stesso pensiero era stato espresso 2.000 anni prima con questo antico invito rivolto a Israele: “Ascolta, o Israele: Geova nostro Dio è un solo Geova”. (Deuteronomio 6:4) Circa 600 anni prima di Maometto, Gesù ripeté questo importantissimo comando, che si trova in Marco 12:29, e in nessun luogo asserì di essere Dio o uguale a Lui. — Marco 13:32; Giovanni 14:28; 1 Corinti 15:28.

      26. (a) Com’è considerata la Trinità dai musulmani? (b) La Trinità è biblica?

      26 Riguardo all’unicità di Dio il Corano afferma: “Credete dunque in Dio e nei Suoi apostoli. Non dite ‘Trinità’: smettetela! sarà meglio per voi: poiché Dio è un Dio unico”. (Sura IV, 171, AYA) C’è da notare comunque che il vero cristianesimo non insegna una Trinità. Questa è una dottrina di origine pagana introdotta dagli apostati della cristianità dopo la morte di Cristo e degli apostoli. — Vedi Capitolo 11.e

      Anima, risurrezione, paradiso e inferno di fuoco

      27. Cosa dice il Corano circa l’anima e la risurrezione? (Confronta Levitico 24:17, 18; Ecclesiaste 9:5, 10; Giovanni 5:28, 29).

      27 L’Islām insegna che l’uomo ha un’anima che va in un aldilà. Il Corano afferma: “Dio prende a sè le anime degli uomini, al momento della loro morte, e l’anima che non morirà, ma solo dormirà, egli la prenderà a sè, nel momento del suo sonno; tratterrà quindi quella, contro la quale egli avrà decretato la morte”. (Sura XXXIX, 43) Allo stesso tempo una sura (LXXV) è interamente dedicata alla “Risurrezione” (Qiyāmat, FP). In parte dice: “Giuro per il giorno della risurrezione . . . Pensa, forse, l’uomo che noi non riuniremo le sue ossa? . . . Egli domanda: ‘quando sarà il giorno della risurrezione?’ . . . Non sarebbe egli [Allāh], quindi, capace di vivificare i morti?” — Sura LXXV, 1, 3, 6, 40.

      28. Cosa dice il Corano circa l’inferno? (Confronta Giobbe 14:13; Geremia 19:5; 32:35; Atti 2:25-27; Romani 6:7, 23).

      28 Secondo il Corano l’anima può avere destini diversi: o un celeste giardino paradisiaco o la punizione in un inferno ardente. Nel Corano si legge: “Essi domandano: ‘quando verrà il giorno del Giudizio?’ In quel giorno, essi verranno puniti col fuoco, e verrà detto loro: ‘gustate la vostra punizione’”. (Sura LI, 12-14) “Ad essi [ai peccatori] toccherà un castigo nella vita terrena, però il castigo della vita futura sarà più grave, nè essi avranno alcun protettore contro Dio.” (Sura XIII, 34) Vien posta la domanda: “Che ci farà conoscere cosa è l’abisso? Una fiammata divampante!” (Sura CI, 10, 11, FP) Questa sorte orrenda è descritta nei particolari: “Certamente quelli che non credono nei segni nostri, li faremo ardere nel fuoco; e ogni volta che la loro pelle sarà consumata, ne daremo loro un’altra in cambio, perchè gustino il tormento; certamente Dio è potente e sapiente”. (Sura IV, 59) E la descrizione continua: “La gehenna [inferno di fuoco], in verità, sarà come un’imboscata, . . . vi rimarranno per secoli, senza gustare, in essa, freschezza alcuna, nè bevanda, se non acqua bollente e sanie [putridume, FP]”. — Sura LXXVIII, 21, 23-25.

      29. Confrontate l’insegnamento islamico e quello biblico circa l’anima e il suo destino.

      29 I musulmani credono che alla morte della persona l’anima vada nella Barzakh, o “Barriera”, “il luogo o la condizione in cui gli uomini saranno dopo la morte e prima del Giudizio”. (Sura XXIII, 99, 100, AYA, nota in calce. Vedi anche LB, pagina 615; FP, pagina 492). L’anima è lì cosciente a subire il cosiddetto “tormento della tomba” se la persona è stata malvagia, oppure a godere la felicità se è stata fedele. Ma anche i fedeli devono subire un certo tormento a motivo di qualche loro peccato compiuto in vita. Nel giorno del giudizio ciascuno riceverà il suo destino eterno, con cui termina quello stadio intermedio.f

      30. Cos’è promesso ai giusti secondo il Corano? (Confronta Isaia 65:17, 21-25; Luca 23:43; Rivelazione 21:1-5).

      30 Ai giusti invece sono promessi celesti giardini paradisiaci: “Quelli però che avranno creduto e fatto opere buone, li introdurremo in giardini, sotto i quali scorrono i fiumi, e nei quali essi rimarranno in eterno”. (Sura IV, 60) “I compagni del paradiso, in quel giorno, di una lieta occupazione gioiranno, essi e le loro spose, in mezzo alle ombre, reclinati sui fianchi, sopra letti elevati”. (Sura XXXVI, 55, 56) “Ora, noi abbiamo scritto nei Salmi, dopo che la legge era stata data, che la terra l’avrebbero ereditata i miei servi buoni”. (Sura XXI, 105) In una versione inglese del Corano (AYA), la nota in calce a questa sura rimanda il lettore a Salmo 25:13 e 37:11, 29, nonché alle parole di Gesù in Matteo 5:5. Il riferimento alle spose fa sorgere ora un’altra domanda.

      Monogamia o poligamia?

      31. Cosa dice il Corano della poligamia? (Confronta 1 Corinti 7:2; 1 Timoteo 3:2, 12).

      31 La poligamia è la norma tra i musulmani? Anche se il Corano permette la poligamia, molti musulmani hanno una sola moglie. Visto che, in seguito a sanguinose battaglie, tante donne rimanevano vedove, il Corano fece posto alla poligamia: “Se temete di non agire con equità verso gli orfani, allora, fra le donne che vi piacciono, sposatene solo due o tre o quattro; e, se voi temete ancora di essere ingiusti, sposatene una sola o ciò che le vostre destre possiedono (i. e. delle schiave)”. (Sura IV, 3) Una biografia di Maometto scritta da Ibn-Hishām menziona che Maometto sposò una vedova ricca, Cadigia (Khadījah), di 15 anni più grande di lui. Alla morte di lei egli sposò molte donne, e alla propria morte lasciò nove vedove.

      32. Cos’è la mutʽah?

      32 Un’altra forma di matrimonio nell’Islām è detta mutʽah. È definita “un contratto speciale stipulato da un uomo e una donna col quale una parte propone e l’altra acconsente al matrimonio per un determinato periodo e con una dote ben stabilita come nel contratto per un matrimonio permanente”. (Islamuna, di Muṣṭafā al-Rāfiʽī) I sunniti lo definiscono matrimonio di piacere, e gli sciiti un matrimonio cui porre termine entro un dato periodo di tempo. La stessa fonte dichiara: “I figli [nati da tale matrimonio] sono legittimi e hanno gli stessi diritti dei figli nati nell’ambito di un matrimonio permanente”. A quanto pare questa forma di matrimonio temporaneo era praticata ai giorni di Maometto, ed egli la permise. I sunniti sostengono che in seguito venne proibita, mentre gli imāmiti, il gruppo sciita più numeroso, credono sia ancora in vigore. Infatti molti lo praticano, specialmente quando un uomo sta lontano dalla propria moglie per un lungo periodo di tempo.

      Islām e vita quotidiana

      33. Quali sono i pilastri dell’Islām e i pilastri della fede?

      33 L’Islām ha cinque pilastri o precetti principali e sei credenze fondamentali. (Vedi pagine 296, 303). Uno di questi precetti prescrive che il musulmano osservante faccia cinque volte al giorno la preghiera rituale (ṣalāt) rivolto in direzione della Mecca. Nel giorno di riposo musulmano (venerdì) gli uomini, al richiamo del muezzin che risuona dal minareto, affluiscono nella moschea per la preghiera. Oggigiorno molte moschee mettono una registrazione anziché avere qualcuno che faccia l’annuncio a viva voce.

      34. Cos’è la moschea, e come viene usata?

      34 La moschea (arabo: masǧid) è il luogo di culto musulmano, dal re Fahd Bin Abdul Aziz dell’Arabia Saudita definito “il cardine della chiamata a Dio”. La moschea, egli ha detto, è “un luogo di preghiera, studio, attività legali e giudiziarie, consultazione, predicazione, guida, istruzione e preparazione. . . . La moschea è il cuore della società musulmana”. Questi luoghi di culto si trovano ora in ogni parte del mondo. Fra le più famose della storia c’è la Mezquita (Moschea) di Cordova, in Spagna, che è stata per secoli la più grande del mondo. La sezione centrale è ora occupata da una cattedrale cattolica.

      Conflitto con la cristianità e all’interno d’essa

      35. Nel passato quale situazione esisté tra l’Islām e il cattolicesimo?

      35 A partire dal VII secolo l’Islām si diffuse a ovest nell’Africa settentrionale, a est fino in Pakistan, India e Bangladesh, e giù fino in Indonesia. Nel corso di questa espansione, entrò in conflitto con una Chiesa Cattolica militante che organizzò Crociate contro i musulmani con la mira di tornare in possesso della Terra Santa. Nel 1492 la regina Isabella e il re Ferdinando di Spagna completarono la riconquista cattolica della Spagna. Musulmani ed ebrei dovevano convertirsi se non volevano essere espulsi dalla Spagna. La reciproca tolleranza esistita sotto il dominio musulmano in Spagna quindi svanì sotto l’influsso dell’Inquisizione cattolica. Tuttavia l’Islām non fu annientato e nel XX secolo ha acquistato nuovo vigore e sta avendo una grande crescita.

      36. Cosa stava accadendo in seno alla Chiesa Cattolica mentre l’Islām si andava espandendo?

      36 Mentre l’Islām si espandeva, la Chiesa Cattolica era in fermento nel tentativo di mantenere compatte le proprie file. Ma stavano per comparire sulla scena due potenti elementi decisivi, che avrebbero scosso ulteriormente l’immagine monolitica di quella chiesa. Erano la stampa e la Bibbia nella lingua del popolo. Il prossimo capitolo tratterà come la cristianità continuò a frammentarsi sotto l’effetto di questi e di altri fattori.

      [Note in calce]

      a “Corano” in arabo è Qurʼān, che significa “Recitazione [lettura ad alta voce]”. Da notare che l’arabo è la lingua originale del Corano. Salvo diversa indicazione, le citazioni qui contenute sono prese dalla versione italiana del Corano del dott. L. Bonelli. Nelle citazioni, i numeri romani si riferiscono al capitolo o sura, i numeri arabi ai versetti.

      b I musulmani credono che la Bibbia contenga rivelazioni date da Dio, ma che alcune di esse siano state in seguito falsificate.

      c Si ritiene che il vero nome originario di Maometto fosse Muḥammad.

      d Pertanto l’anno musulmano viene indicato come anno dell’ègira, con l’abbreviazione èg., o A.H. (dal latino anno Hegirae, anno della fuga), anziché d.C. (dopo Cristo) o E.V. (dell’era volgare).

      e Per ulteriori informazioni sulla Trinità e sulla Bibbia, vedi l’opuscolo Dovreste credere nella Trinità?, edito in Italia nel 1989 dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova.

      f Sul soggetto dell’anima e dell’inferno di fuoco, confronta nella Bibbia questi versetti: Genesi 2:7; Ezechiele 18:4; Atti 3:23. Vedi Ragioniamo facendo uso delle Scritture, edito in Italia dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, pagine 29-34; 195-202.

      [Riquadro a pagina 285]

      Il Corano e la Bibbia

      “Egli ha fatto scendere a te, secondo verità, il Libro che conferma ciò che egli ha fatto scendere prima di esso; ha fatto scendere il Pentateuco e il Vangelo, prima del Corano, come direzione degli uomini”. — Sura III, 2.

      “Quasi tutte le narrazioni storiche del Corano hanno qualche analogia con la Bibbia . . . Si distinguono Adamo, Noè, Abraamo (menzionato una settantina di volte in venticinque diverse sure e il cui nome fa da titolo alla sura XIV), Ismaele, Lot, Giuseppe (a cui è dedicata la sura XII), Mosè (il cui nome ricorre in trentaquattro diverse sure), Saul, Davide, Salomone, Elia, Giobbe e Giona (del quale la sura X porta il nome). La storia della creazione e del peccato di Adamo viene citata cinque volte, il diluvio otto volte e Sodoma otto volte. Difatti il Corano ha più analogia col Pentateuco che con qualsiasi altra parte della Bibbia. . . .

      “Dei personaggi del Nuovo Testamento Zaccaria, Giovanni il Battista, Gesù (ʽĪsa) e Maria sono gli unici a cui si dà risalto. . . . Uno studio comparato delle . . . narrazioni coraniche e bibliche . . . rivela che non c’è alcuna dipendenza testuale [nessuna citazione diretta]”.g — History of the Arabs.

      [Nota in calce]

      g Vedi però pagina 300, paragrafo 30, sulla Sura XXI, 105.

      [Riquadro a pagina 291]

      Le tre fonti della dottrina e della norma

      Il Corano, che si dice sia stato rivelato a Maometto dall’angelo Gabriele. Il significato del Corano e le sue parole in arabo sono considerati ispirati.

      Il Ḥadīth, o la Sunnah, “ciò che il Profeta fece, disse e approvò tacitamente (taqrīr) . . . fissato durante il II secolo [èg.] sotto forma di ḥadīth scritti. Un ḥadīth, quindi, è la narrazione di un’azione o di detti del Profeta”. Può riferirsi anche alle azioni o ai detti di uno qualunque dei “Compagni” di Maometto o dei loro “Successori”. Del ḥadīth, solo il significato è ritenuto ispirato. — History of the Arabs.

      La Sharīʽah, o legge canonica, basata sui princìpi del Corano, regola l’intera vita del musulmano sotto l’aspetto religioso, politico e sociale. “Tutte le azioni dell’individuo sono classificate in cinque categorie legali: (1) ciò che è considerato assoluto dovere (farḍ) [implica la ricompensa per avere agito o la punizione per aver mancato di agire]; (2) azioni lodevoli o meritorie (mustaḥabb) [implicano una ricompensa, ma nessuna punizione per l’omissione]; (3) azioni ammissibili (jāʼiz, mubāḥ), che sono legalmente neutrali; (4) azioni riprensibili (makrūh), che sono disapprovate ma non punibili; (5) azioni proibite (ḥarām), che, se compiute, richiedono la punizione”. — Ibid.

      [Riquadro a pagina 296]

      I sei pilastri della fede

      1. Fede in un Dio unico, Allāh (Sura XXIII, 117)

      2. Fede negli angeli (Sura II, 172)

      3. I libri divini: Torà (Pentateuco), Vangelo, Salmi, Rotoli di Abraamo, Corano

      4. Fede in molti profeti ma in un solo messaggio. Adamo fu il primo profeta. Altri sono stati Abraamo, Mosè, Gesù e “il suggello dei profeti”, Maometto (Sura IV, 135; XXXIII, 40)

      5. L’ultimo giorno, quando tutti i morti saranno destati dai sepolcri

      6. Fede nel destino, sia buono che cattivo. Non accade nulla che Dio non abbia decretato

      [Riquadro a pagina 303]

      I cinque pilastri dell’Islām

      1. Ripetizione del credo (shahādah): “Non v’è dio fuor che Allāh; Maometto è il messaggero di Allāh” (Sura XXXIII, 40)

      2. Preghiera (ṣalāt) cinque volte al giorno rivolti verso La Mecca (Sura II, 144)

      3. Elemosina (zakāh), l’obbligo di dare una percentuale del proprio reddito e del valore di una certa proprietà (Sura XXIV, 55)

      4. Digiuno (ṣawm), specialmente durante il Ramaḍān, che dura un mese (Sura II, 179-181)

      5. Pellegrinaggio (ḥaǧǧ). Ogni musulmano deve compiere un viaggio alla Mecca almeno una volta nella vita. Gli unici motivi di dispensa sono la malattia e la povertà (Sura III, 91)

      [Riquadro/Immagine alle pagine 304 e 305]

      La fede bahāʼī: ricerca di unità mondiale

      1 La fede bahāʼī (bahaismo) non è una setta dell’Islām ma una derivazione della religione bābī (babismo), un gruppo che nel 1844 in Persia (oggi Iran) si staccò dal ramo sciita dell’Islām. Il capo dei bābī era Mīrzā ʽAlī Moḥammad, di Shirāz, che si proclamò Bāb (“la Porta”) e imām-mahdī (“capo ben guidato”) discendente di Maometto. Nel 1850 fu giustiziato dalle autorità persiane. Nel 1863 Mīrzā Ḥusain ‛Alī Nūrī, personalità di spicco del gruppo bābī, “dichiarò di essere lui ‘Colui che Dio manifesterà’ e che il Bāb aveva predetto”. Assunse anche il nome di Bahāʼ Ullāh (“Gloria di Dio”) e fondò una nuova religione, la fede bahāʼī.

      2 Bahāʼ Ullāh venne bandito dalla Persia e infine messo in prigione ad Acco (l’odierna S. Giovanni d’Acri, in Israele). Lì scrisse la sua opera principale, al-Kitāb al-Aqdas (Libro Santissimo), e diede alla dottrina della fede bahāʼī una forma ben definita. Alla morte di Bahāʼ Ullāh la guida di questa religione nascente passò al figlio ʽAbdul-Bahāʼ, poi al pronipote Shoghi Effendi Rabbānī, e nel 1963 a un corpo amministrativo eletto che prese il nome di Casa Universale di Giustizia.

      3 I bahāʼī credono che Dio si sia rivelato all’uomo attraverso “Manifestazioni Divine”, tra cui Abraamo, Mosè, Krishna, Zoroastro, il Budda, Gesù, Maometto, il Bāb e Bahāʼ Ullāh. Credono che questi messaggeri siano stati provveduti per guidare l’umanità attraverso un processo evolutivo nel quale la comparsa del Bāb ha dato inizio a una nuova era per l’umanità. I bahāʼī dicono che il suo messaggio rappresenta finora la rivelazione più piena della volontà di Dio e che esso è lo strumento principale dato da Dio che renderà possibile l’unità mondiale. — 1 Timoteo 2:5, 6.

      4 Uno dei precetti fondamentali della fede bahāʼī è “che tutte le grandi religioni del mondo sono di origine divina, che i loro princìpi fondamentali sono in completa armonia”. “Differiscono solo negli aspetti non essenziali delle loro dottrine”. — 2 Corinti 6:14-18; 1 Giovanni 5:19, 20.

      5 Le credenze bahāʼī includono l’unicità di Dio, l’immortalità dell’anima e l’evoluzione (biologica, spirituale e sociale) dell’uomo. Dall’altro lato il bahaismo rigetta il concetto comune degli angeli. Nega anche la Trinità, la dottrina indù della reincarnazione, nonché la caduta dell’uomo perfetto nel peccato e il susseguente riscatto mediante il sangue di Gesù Cristo. — Romani 5:12; Matteo 20:28.

      6 La fratellanza tra gli uomini e la parità delle donne sono caratteristiche principali della fede bahāʼī. I bahāʼī praticano la monogamia. Almeno una volta al giorno recitano una delle tre preghiere rivelate da Bahāʼ Ullāh. Praticano il digiuno dall’alba al tramonto durante i 19 giorni del mese bahāʼī di ʽAlā, che cade in marzo. (Il calendario bahāʼī è formato di 19 mesi, aventi 19 giorni ciascuno, con certi giorni intercalari).

      7 La fede bahāʼī non ha tanti riti prestabiliti, e nemmeno un clero. Tutti coloro che professano la fede in Bahāʼ Ullāh e accettano le sue dottrine possono divenire membri. Questi si radunano per il culto il primo giorno di ogni mese bahāʼī.

      8 I bahāʼī ritengono di avere la missione della conquista spirituale del pianeta. Cercano di diffondere la loro fede mediante la conversazione, l’esempio, la partecipazione a programmi comunitari e mediante campagne di informazione. Credono nell’ubbidienza assoluta alle leggi del paese in cui risiedono e, nonostante votino, si astengono dal partecipare alla politica. Preferiscono il servizio militare non armato quando è possibile, ma non sono obiettori di coscienza.

      9 Come religione missionaria, il bahaismo ha visto una rapida crescita negli ultimi anni. I bahāʼī calcolano che vi siano circa 5.000.000 di credenti in tutto il mondo, anche se il numero degli effettivi aderenti adulti a questa fede supera attualmente di poco i 2.300.000.

      [Domande per lo studio]

      1, 2. Come ebbe inizio la fede bahāʼī?

      3-7. (a) Quali sono alcune credenze bahāʼī? (b) In che cosa differiscono le credenze bahāʼī dalle dottrine bibliche?

      8, 9. Qual è la missione dei bahāʼī?

      [Immagine]

      Il tempio bahāʼī presso la sede mondiale ad Haifa (Israele)

      [Immagini a pagina 286]

      Secondo la tradizione musulmana, Maometto ascese al cielo da questa roccia contenuta nella Cupola della Roccia a Gerusalemme

      [Immagini a pagina 289]

      I pellegrini musulmani alla Mecca girano sette volte intorno alla Kaʽbah e toccano o baciano la Pietra Nera, qui sotto a sinistra

      [Immagine a pagina 290]

      L’arabo è la lingua prescritta per la lettura del Corano

      [Immagini a pagina 298]

      Da sinistra in alto, in senso orario: Cupola della Roccia, a Gerusalemme; moschee in Iran, Sudafrica e Turchia

      [Immagini a pagina 303]

      La Mezquita di Cordova era un tempo la più grande moschea del mondo (ora una cattedrale cattolica ne occupa la parte centrale)

  • La Riforma: La ricerca cambia direzione
    L’uomo alla ricerca di Dio
    • Capitolo 13

      La Riforma: La ricerca cambia direzione

      1, 2. (a) Com’è descritta la Chiesa Cattolica Romana del Medioevo in un libro sulla Riforma? (b) Quali domande sorgono in merito alla situazione della Chiesa di Roma?

      “LA VERA tragedia della chiesa medievale è che mancò di avanzare con i tempi. . . . Lungi dall’essere innovatrice, lungi dall’offrire una guida spirituale, era retrograda e decadente, corrotta in ogni suo membro”. Così dice un libro sulla Riforma parlando della potente Chiesa Cattolica Romana, che aveva dominato gran parte dell’Europa dal V al XV secolo E.V. — The Story of the Reformation.

      2 Come fu che la Chiesa di Roma cadde dalla sua posizione di pieno potere e divenne ‘decadente e corrotta’? Come mai il papato, che vantava la successione apostolica, mancò perfino di provvedere “guida spirituale”? E che conseguenza ebbe questa inadempienza? Per trovare le risposte dobbiamo esaminare in breve che genere di chiesa era divenuta la Chiesa di Roma e quale ruolo svolgeva nella ricerca del vero Dio da parte dell’uomo.

      Decadenza della Chiesa

      3. (a) Qual era la condizione materiale della Chiesa romana verso la fine del XV secolo? (b) Come cercò la chiesa di conservare la sua magnificenza?

      3 Verso la fine del XV secolo la Chiesa di Roma, che aveva parrocchie, monasteri e conventi in ogni angolo del suo dominio, era divenuta la più ricca possidente d’Europa. Fonti storiche riferiscono che era padrona di metà delle terre in Francia e in Germania e di due quinti o più d’esse in Svezia e in Inghilterra. Il risultato? Lo “splendore di Roma crebbe in maniera incommensurabile durante gli ultimi anni del XV secolo e i primi del XVI, e per un certo tempo la sua rilevanza politica non fece che aumentare”, dice un’opera storica. (A History of Civilization) Tanta magnificenza comunque aveva un prezzo, e per conservarla il papato dovette trovare nuove fonti di reddito. Descrivendo i vari mezzi impiegati, lo storico Will Durant scrisse:

      “Ogni funzionario ecclesiastico doveva per il primo anno, rimettere alla curia papale — gli uffici amministrativi pontifici — metà del reddito del proprio ufficio (“annate”); in seguito, annualmente, un decimo delle entrate o una ‘decima’ fissata. I nuovi arcivescovi dovevano versare al papa una cospicua somma per il pallio — una fascia di lana bianca che rappresentava la ratifica e l’emblema della loro autorità. Alla morte di ogni cardinale, arcivescovo, vescovo o abate i possedimenti a lui attribuiti ritornavano al papato. . . . Ogni giudizio o favore ottenuto dalla curia richiedeva un dono in ringraziamento, e il giudizio era talvolta suggerito dal dono”. — Storia della Civiltà, Parte VI, La Riforma, traduzione di C. Bai Lopizzo, pagine 6, 7.

      4. Che effetto ebbero sul papato le ricchezze che affluivano nella chiesa?

      4 Le enormi somme di denaro che anno dopo anno impinguavano i forzieri papali portarono infine a grande smoderatezza e corruzione. C’era il detto che ‘nemmeno un papa può toccare la pece senza imbrattarsi le dita’, e la storia ecclesiastica di quel periodo vide ciò che uno storico definì “una successione di papi molto gaudenti”. Fra questi vi furono Sisto IV (papa, 1471-84), il quale spese somme ingenti per costruire la Cappella Sistina, che da lui prende il nome, e per arricchire i suoi numerosi nipoti; Alessandro VI (papa, 1492-1503), il famigerato Rodrigo Borgia, che riconobbe apertamente i suoi figli illegittimi e li favorì; e Giulio II (papa, 1503-13), nipote di Sisto IV, che fu più dedito alle guerre, alla politica e all’arte che ai suoi uffici ecclesiastici. Lo studioso cattolico Erasmo da Rotterdam era quindi pienamente giustificato a scrivere, nel 1518: “La curia romana ha deposto ogni vergogna”. — Durant, op. cit., pagina 553.

      5. Cosa indicavano le cronache contemporanee riguardo alla condotta morale del clero?

      5 Corruzione e immoralità non erano circoscritte al papato. Un detto popolare di quel tempo diceva: “Se vuoi rovinare tuo figlio, fallo prete”. Ciò è confermato da testimonianze dell’epoca. Secondo Durant, in Inghilterra, delle “accuse di incontinenza [sessuale] presentate nel 1499, . . . gli imputati clericali . . . ammontavano a circa il 23% del totale, sebbene il clero fosse probabilmente inferiore al 2% della popolazione. Alcuni confessori sollecitavano favori sessuali dalle penitenti. Migliaia di preti avevano concubine, in Germania quasi tutti”. (Op. cit., pagina 25) (Nota il contrasto con 1 Corinti 6:9-11; Efesini 5:5). La morale era bassa anche in altri campi. Si dice che uno spagnolo di quel tempo si fosse lamentato dicendo: “Mi accorgo che, se non fosse per il denaro, difficilmente possiamo ottenere qualcosa dai ministri di Cristo; al battesimo denaro . . . al matrimonio denaro, per la confessione denaro, no, niente estrema unzione senza denaro! Senza denaro non suonano le campane, senza denaro non si fanno le esequie in chiesa; sembra proprio che il Paradiso sia precluso a coloro che non hanno denaro”. — Confronta 1 Timoteo 6:10.

      6. Come descrisse Machiavelli la Chiesa di Roma? (Romani 2:21-24)

      6 Per riassumere la condizione della Chiesa di Roma al principio del XVI secolo citiamo le parole di Machiavelli, celebre pensatore italiano di quel periodo:

      “Se la religione della cristianità fosse stata preservata in armonia con le norme del Fondatore, lo Stato e il corpo politico del Cristianesimo sarebbero rimasti molto più uniti e felici di quanto non siano. Né può esistere maggiore prova della sua decadenza del fatto che più vicini sono i popoli alla Chiesa romana, centro della loro religione, meno religiosi sono”. — Durant, op. cit., pagina 20.

      Primi tentativi di riforma

      7. Quali deboli sforzi furono fatti dalla chiesa per prendere atto di certi abusi?

      7 La crisi all’interno della chiesa fu rilevata non solo da uomini come Erasmo e Machiavelli, ma anche dalla chiesa stessa. Furono convocati concili ecclesiastici per prendere atto di alcune lagnanze e di certi abusi, ma senza risultati durevoli. I papi, paghi del loro potere e della loro gloria, scoraggiarono qualsiasi tentativo di riforma.

      8. Che conseguenza ebbe la continua negligenza della chiesa?

      8 Se la chiesa avesse preso più seriamente il bisogno di far pulizia in casa propria, forse non ci sarebbe stata nessuna Riforma. Ma, stando così le cose, dall’interno e dall’esterno della chiesa si cominciava a invocare con insistenza una riforma. Nel Capitolo 11 abbiamo già menzionato i valdesi e gli albigesi. Pur essendo stati condannati come eretici e spietatamente soppressi, avevano destato nel popolo malcontento per gli abusi del clero cattolico e avevano acceso il desiderio di tornare alla Bibbia. Questi sentimenti trovarono espressione in alcuni dei primi riformatori.

      Proteste dall’interno della Chiesa

      9. Chi era John Wycliffe, e contro che cosa predicava?

      9 John Wycliffe (1330?-84), spesso definito il “precursore della Riforma”, era un sacerdote cattolico e professore di teologia a Oxford, in Inghilterra. Ben consapevole degli abusi della chiesa, scrisse e predicò contro questioni quali la corruzione negli ordini monastici, il censo imposto dai papi, la dottrina della transustanziazione (secondo la quale il pane e il vino impiegati nella Messa si trasformano letteralmente nel corpo e nel sangue di Gesù Cristo), la confessione e l’ingerenza della chiesa negli affari temporali.

      10. Come dimostrò Wycliffe la sua devozione per la Bibbia?

      10 Wycliffe fu particolarmente franco nel denunciare il disinteresse della chiesa per l’insegnamento della Bibbia. Una volta dichiarò: “Volesse Dio che ogni parrocchia in questo paese avesse una buona Bibbia e buone esposizioni del Vangelo, e che i preti le studiassero bene, e insegnassero veramente al popolo il Vangelo e i comandi di Dio!” A tal fine Wycliffe, negli ultimi anni della sua vita, si applicò a tradurre dal latino in inglese la versione della Bibbia nota come Vulgata. Assistito dai suoi aiutanti, in particolare da Nicola di Hereford, produsse la prima Bibbia completa in lingua inglese. Questo fu senz’altro il massimo contributo di Wycliffe alla ricerca di Dio da parte dell’uomo.

      11. (a) Cosa riuscirono a compiere i seguaci di Wycliffe? (b) Che accadde ai lollardi?

      11 Gli scritti di Wycliffe insieme a parti della Bibbia furono distribuiti in tutta l’Inghilterra da un gruppo di predicatori, che vennero denominati “poveri preti” perché andavano in giro vestiti semplicemente, scalzi e senza beni materiali. In tono derisorio furono anche chiamati lollardi, parola che deriva dal medio olandese Lollaerd, cioè “uno che bisbiglia preghiere o canti di lode”. (Brewer’s Dictionary of Phrase and Fable) “Nel giro di pochi anni le loro file si erano molto ingrossate”, si legge nel libro The Lollards. “Si calcolava che almeno un quarto della nazione era di fatto o di nome incline a questi sentimenti”. Tutto ciò, naturalmente, non passò inosservato alla chiesa. Grazie alla posizione di cui godeva negli ambienti governativi e culturali, a Wycliffe fu permesso di morire in pace l’ultimo giorno del 1384. Ai suoi seguaci le cose non andarono altrettanto bene. Sotto il regno di Enrico IV d’Inghilterra furono tacciati di eresia e molti di essi vennero imprigionati, torturati o arsi sul rogo.

      12. Chi era Jan Hus, e contro che cosa predicava?

      12 Fortemente influenzato da John Wycliffe fu il boemo (ceco) Jan Hus (1369?-1415), rettore dell’Università di Praga e anch’egli sacerdote cattolico. Come Wycliffe, Hus predicò contro la corruzione della Chiesa di Roma e insisté sull’importanza di leggere la Bibbia. Questo gli attirò subito le ire della gerarchia. Nel 1403 le autorità gli ingiunsero di smettere di predicare le idee antipapali di Wycliffe, e inoltre diedero pubblicamente alle fiamme i libri di Wycliffe. Ma Hus, per nulla intimorito, scrisse pungenti capi d’accusa contro le pratiche della chiesa, compresa la vendita delle indulgenze.a Nel 1410 fu condannato e scomunicato.

      13. (a) Qual era secondo Hus la vera chiesa? (b) Che conseguenza ebbe la fermezza di Hus?

      13 Hus fu intransigente nel sostenere la Bibbia. “Ribellarsi contro un papa che sbaglia equivale a obbedire a Cristo”, scrisse. (Durant, op. cit., pagina 216) Insegnò anche che la vera chiesa, lungi dall’essere il papa e la classe dominante di Roma, “è la totalità degli eletti e il corpo mistico di Cristo, il cui capo è Cristo; e la sposa di Cristo, la quale per il suo grande amore egli redense col proprio sangue”. (Confronta Efesini 1:22, 23; 5:25-27). A motivo di tutto ciò fu processato dinanzi al Concilio di Costanza e condannato come eretico. Dichiarando che “è meglio morire bene che vivere male”, si rifiutò di ritrattare, perciò fu arso sul rogo nel 1415. Lo stesso concilio ordinò anche che le ossa di Wycliffe fossero disseppellite e bruciate, nonostante egli fosse morto e sepolto da oltre 30 anni!

      14. (a) Chi era Girolamo Savonarola? (b) Cosa cercò di fare Savonarola, e con quale risultato?

      14 Un altro dei primi riformatori fu Girolamo Savonarola (1452-98), frate domenicano del convento di San Marco a Firenze. Trascinato dallo spirito del Rinascimento italiano, Savonarola parlò senza timore contro la corruzione sia della Chiesa che dello Stato. Asserendo di basarsi sulla Scrittura, oltre che su visioni e rivelazioni che diceva di aver ricevuto, cercò di fondare uno stato cristiano o ordine teocratico. Nel 1497 il papa lo scomunicò. L’anno seguente venne arrestato, torturato e impiccato. Le sue ultime parole furono: “Il mio Signore è morto per i miei peccati; non dovrei dare lietamente questa misera vita per lui?” Il suo cadavere fu arso e le ceneri furono gettate nell’Arno. Appropriatamente Savonarola si era definito “un precursore e un sacrificio”. Solo alcuni anni dopo, la Riforma esplodeva con tutta la sua forza in tutta l’Europa.

      Una casa divisa

      15. Quale divisione causò nella cristianità dell’Europa occidentale il movimento della Riforma?

      15 Una volta scatenatosi, l’uragano della Riforma scosse l’edificio religioso della cristianità nell’Europa occidentale. Quell’edificio, che era stato sotto il dominio quasi totale della Chiesa Cattolica Romana, divenne allora una casa divisa. L’Europa meridionale — Italia, Spagna, Austria e parti della Francia — rimase prevalentemente cattolica. Il resto si frazionò in tre correnti principali: luterana in Germania e in Scandinavia, calvinista (o riformata) in Svizzera, Paesi Bassi, Scozia e parti della Francia, e anglicana in Inghilterra. In mezzo a questi gruppi ce n’erano altri più piccoli ma più radicali, dapprima gli anabattisti e poi i mennoniti, gli hutteriti e i puritani, che in seguito trapiantarono le loro credenze nel Nordamerica.

      16. Alla fine, che accadde alla “casa” della cristianità? (Marco 3:25)

      16 Nel corso degli anni queste correnti principali si frammentarono ulteriormente nelle centinaia di organizzazioni religiose oggi esistenti: presbiteriana, episcopale, metodista, battista, congregazionalista, per nominarne solo alcune. La cristianità divenne davvero una casa divisa. Come si produssero queste scissioni?

      Lutero e le sue tesi

      17. In quale data si può dire che prese ufficialmente l’avvio la Riforma protestante?

      17 Se si deve stabilire il momento decisivo in cui la Riforma protestante prese l’avvio, quello è il 31 ottobre 1517, quando il monaco agostiniano Martin Lutero (1483-1546) affisse le sue 95 tesi alla porta della chiesa del castello di Wittenberg, capitale del ducato tedesco di Sassonia. Ma cosa provocò questo drammatico evento? Chi era Martin Lutero, e contro che cosa protestava?

      18. (a) Chi era Martin Lutero? (b) Cosa spinse Lutero a pubblicare le sue tesi?

      18 Come Wycliffe e Hus prima di lui, Martin Lutero era un monaco letterato. Era anche dottore in teologia e professore di esegesi biblica presso l’Università di Wittenberg. Lutero si era fatto la reputazione di profondo conoscitore della Bibbia. Nonostante avesse le sue ferme convinzioni sul soggetto della salvezza o giustificazione per fede anziché mediante le opere o la penitenza, era ben lontano dall’idea di rompere i ponti con la Chiesa di Roma. Infatti, la pubblicazione delle sue tesi fu la sua reazione a un incidente specifico e non era una rivolta premeditata. Protestava contro la vendita delle indulgenze.

      19. Al tempo di Lutero come venivano sfruttate le indulgenze?

      19 Al tempo di Lutero le indulgenze papali venivano vendute pubblicamente non solo per i vivi, ma anche per i morti. “Come in cassa entra il quattrino, sale un’anima al divino!”, diceva una strofetta divenuta popolare. (Lutero, a cura di L. Di Pietro e M. L. Rizzatti, Mondadori, 1973, pagina 13) Per la gente l’indulgenza era divenuta quasi una polizza di assicurazione contro il castigo per ogni genere di peccati, e il pentimento non serviva più. “Dappertutto”, scrisse Erasmo, “si vende la remissione delle pene del Purgatorio; e non si vende soltanto, ma viene imposta a chi la rifiuta”.

      20. (a) Perché Johann Tetzel andò a Jüterbog? (b) Come reagì Lutero alla vendita delle indulgenze da parte di Tetzel?

      20 Nel 1517 il domenicano Johann Tetzel si recò a Jüterbog, nei pressi di Wittenberg, per vendere indulgenze. Il denaro così raccolto doveva servire in parte a finanziare la fabbrica della Basilica di San Pietro a Roma. Doveva anche servire ad aiutare Alberto di Brandeburgo a rifarsi del debito contratto per pagare alla Curia romana la cattedra di arcivescovo di Magonza. Tetzel faceva appello a tutte le sue doti di venditore, e la gente accorreva da lui. Lutero, indignato, si servì del mezzo più sbrigativo allora disponibile per esprimere pubblicamente la propria opinione su tutto questo traffico: affiggere 95 proposizioni alla porta della chiesa.

      21. Quali argomenti usò Lutero contro la vendita delle indulgenze?

      21 Lutero chiamò le sue 95 tesi Illustrazione dell’efficacia delle indulgenze. La sua intenzione non era tanto di sfidare l’autorità della chiesa quanto di denunciare gli eccessi e gli abusi in relazione alla vendita delle indulgenze papali. Questo si può vedere dalle seguenti tesi:

      “5. Il papa non può rimettere alcuna pena tranne quelle che ha imposto per volontà sua . . .

      20. Pertanto il papa, con la remissione plenaria di tutte le pene, non intende affatto la remissione di tutte, ma solo di quelle da lui imposte. . . .

      36. Ogni cristiano realmente pentito ha di diritto la remissione plenaria della pena e della colpa anche senza lettere di indulgenza”.

      22. (a) Quale piega presero gli eventi mentre si diffondeva il messaggio di Lutero? (b) Che accadde nel 1520 in relazione a Lutero, e con quale risultato?

      22 Grazie alla recente invenzione della stampa, non ci volle molto perché queste idee esplosive raggiungessero altre parti della Germania . . . e Roma. Ciò che era iniziato come una disputa accademica sulla vendita delle indulgenze divenne ben presto una controversia su questioni di fede e sull’autorità papale. Dapprima la Chiesa di Roma invitò Lutero a discutere e gli ordinò di ritrattare. Quando egli si rifiutò di farlo, sia il potere ecclesiastico che quello politico si videro costretti a far pressione su di lui. Nel 1520 il papa emanò una bolla, o editto, che proibiva a Lutero di predicare e ordinava il rogo dei suoi libri. In segno di sfida, Lutero bruciò in pubblico la bolla papale. Il papa lo scomunicò nel 1521.

      23. (a) Cos’era la Dieta di Worms? (b) In che modo a Worms Lutero affermò la propria posizione, e con quale effetto?

      23 In seguito, quello stesso anno, Lutero fu citato davanti alla dieta o assemblea convocata a Worms. Fu processato dall’imperatore del Sacro Romano Impero, Carlo V, un fervente cattolico, nonché dai sei elettori degli stati tedeschi e da altri nobili e dignitari sia religiosi che secolari. Sollecitato ancora una volta a ritrattare, Lutero fece questa famosa dichiarazione: “Se la mia colpevolezza non viene dimostrata dalla testimonianza della Sacra Scrittura o dalla ragione evidente . . . non posso e non voglio ritrattare nulla poiché andare contro la mia coscienza non è né giusto né sicuro. Dio mi aiuti. Amen”. (Durant, op. cit., pagina 469) Di conseguenza fu colpito dal bando imperiale. Comunque il principe elettore della sua stessa regione tedesca, Federico di Sassonia, venne in suo aiuto e gli offrì asilo nel castello della Wartburg.

      24. Quale lavoro compì Lutero mentre era nel castello della Wartburg?

      24 Queste misure non servirono però a frenare il diffondersi delle idee di Lutero. Per dieci mesi, al sicuro nel rifugio di Wartburg, Lutero si dedicò ai suoi scritti e a tradurre la Bibbia. Tradusse le Scritture Greche in tedesco dal testo greco di Erasmo. A queste fecero seguito più tardi le Scritture Ebraiche. La Bibbia di Lutero si rivelò proprio ciò di cui il popolo aveva bisogno. Secondo fonti dell’epoca, “in due mesi ne furono venduti cinquemila esemplari, duecentomila in dodici anni”. L’influenza di questa Bibbia sulla lingua e sulla cultura tedesche è spesso paragonata a quella che ebbe sull’inglese la “Bibbia del re Giacomo”.

      25. (a) Come fu coniato il termine “protestanti”? (b) Cos’era la Confessione Augustana?

      25 Negli anni che seguirono la Dieta di Worms, il movimento della Riforma ottenne un così vasto consenso popolare che nel 1526 l’imperatore concesse a ogni stato tedesco il diritto di scegliere la propria forma di religione, luterana o cattolica romana. Quando però, nel 1529, l’imperatore revocò la decisione, alcuni principi tedeschi protestarono; fu così coniato il termine “protestanti” per indicare i seguaci della Riforma. L’anno dopo (1530), alla Dieta di Augusta l’imperatore fece un tentativo per riparare le fratture fra le due parti. I luterani presentarono le loro credenze in un documento, la Confessione Augustana, redatta da Filippo Melantone ma basata sul credo di Lutero. Nonostante lo spirito molto conciliativo del documento, la Chiesa di Roma lo respinse, e non si riuscì a sanare la frattura tra il protestantesimo e il cattolicesimo. Molti stati tedeschi si schierarono dalla parte di Lutero e poco dopo gli stati scandinavi fecero altrettanto.

      Riforma o rivolta?

      26. Secondo Lutero, quali erano i punti fondamentali che dividevano il protestantesimo dal cattolicesimo?

      26 Quali erano i punti fondamentali che dividevano i protestanti dai cattolici romani? Secondo Lutero, erano tre. Primo, Lutero credeva che la salvezza è il risultato della “giustificazione per la sola fede” (latino: sola fide)b e non dell’assoluzione da parte di un sacerdote o di atti penitenziali. Secondo, insegnò che il perdono è concesso esclusivamente per grazia divina (sola gratia) e non dall’autorità di sacerdoti o papi. Infine, Lutero sosteneva che tutte le questioni dottrinali devono essere confermate solo dalla Scrittura (sola scriptura) e non da papi o concili ecclesiastici.

      27. (a) Quali dottrine e pratiche cattoliche non scritturali furono conservate dai protestanti? (b) Quali cambiamenti chiesero i protestanti?

      27 Ciò nonostante, Lutero “conservò delle antiche dottrine e della liturgia tutto ciò che poteva essere adattato alle sue peculiari opinioni sul peccato e sulla giustificazione”. (The Catholic Encyclopedia) La Confessione Augustana afferma riguardo alla fede luterana che in essa “non c’è nulla che sia in disaccordo con le Scritture, con la Chiesa Cattolica, o con la Chiesa di Roma, nella misura in cui quella Chiesa ci è nota dagli scrittori”. Infatti la fede luterana, tracciata per sommi capi nella Confessione Augustana, includeva dottrine non scritturali come la Trinità, l’anima immortale e il tormento eterno, come pure pratiche quali il battesimo dei bambini e l’osservanza di festività religiose. D’altra parte i luterani chiesero certi cambiamenti, come ad esempio che venisse permesso al popolo di ricevere sia il pane che il vino alla Comunione e che fossero aboliti celibato, voti monastici e confessione obbligatoria.c

      28. Sotto quale aspetto la Riforma riuscì, ma dove fallì?

      28 Nel suo insieme la Riforma, propugnata da Lutero e dai suoi seguaci, riuscì a scuotere il giogo papale. Ma, come asserì Gesù in Giovanni 4:24, “Dio è uno Spirito, e quelli che l’adorano devono adorarlo con spirito e verità”. Si può affermare che con Martin Lutero la ricerca del vero Dio da parte dell’uomo aveva solo cambiato direzione; lo stretto sentiero della verità era ancora molto distante. — Matteo 7:13, 14; Giovanni 8:31, 32.

      La Riforma di Zwingli in Svizzera

      29. (a) Chi era Ulrich Zwingli, e contro che cosa predicava? (b) Come differì la riforma di Zwingli da quella di Lutero?

      29 Mentre Lutero era impegnato nella lotta contro gli inviati papali e le autorità civili in Germania, il sacerdote cattolico Ulrich Zwingli (1484-1531) diede inizio al suo movimento di riforma nella città svizzera di Zurigo. Essendo quella una zona di lingua tedesca, la popolazione era già stata investita dai venti di riforma provenienti dal nord. Verso il 1519 Zwingli cominciò a predicare contro le indulgenze, il culto di Maria, il celibato ecclesiastico e altre dottrine della Chiesa Cattolica. Pur dichiarandosi indipendente da Lutero, Zwingli era d’accordo con lui in molti campi e distribuiva in tutto il paese i trattati di Lutero. Ma a differenza di Lutero, che era più conservatore, Zwingli auspicava l’eliminazione di ogni vestigia della Chiesa romana: immagini, crocifissi, abiti clericali, persino la musica liturgica.

      30. Su quale questione fondamentale erano divisi Zwingli e Lutero?

      30 Una divergenza più seria tra i due riformatori, comunque, verteva sul soggetto dell’Eucaristia. Lutero, insistendo su un’interpretazione letterale delle parole di Gesù, ‘questo è il mio corpo’, credeva che il corpo e il sangue di Cristo fossero miracolosamente presenti nel pane e nel vino della Comunione. Zwingli, d’altra parte, in un suo trattato sulla Cena del Signore sosteneva che la dichiarazione di Gesù “deve essere intesa in modo simbolico o metaforico; ‘Questo è il mio corpo’ vuol dire: ‘Il pane significa il mio corpo’, o ‘è un simbolo del mio corpo’”. A causa di questa divergenza i due riformatori si separarono definitivamente.

      31. Quale fu l’esito dell’opera di Zwingli in Svizzera?

      31 Zwingli continuò a predicare le sue dottrine riformate a Zurigo, dove attuò molti cambiamenti. Altre città ben presto lo seguirono, ma la maggioranza della popolazione nelle zone rurali, essendo più conservatrice, si attenne al cattolicesimo. Il conflitto tra le due fazioni si inasprì tanto che scoppiò la guerra civile tra gli svizzeri protestanti e quelli cattolici romani. Zwingli, che prese parte alla guerra come cappellano militare, fu ucciso nella battaglia di Kappel, presso il lago di Zug, nel 1531. Tornata infine la pace, a ciascun cantone venne concesso il diritto di decidere la propria forma di religione, protestante o cattolica.

      Anabattisti, mennoniti e hutteriti

      32. Chi erano gli anabattisti, e come mai ricevettero quel nome?

      32 Alcuni protestanti però erano del parere che i riformatori non si fossero spinti abbastanza nel ripudiare gli errori della Chiesa Cattolica papista. Credevano che la chiesa cristiana dovesse consistere solo dei fedeli praticanti che si erano battezzati, e non di tutti gli appartenenti a una comunità o nazione. Perciò non ritenevano valido il battesimo impartito ai neonati e insistevano sulla separazione tra Chiesa e Stato. Ribattezzavano segretamente i loro compagni di fede e così presero il nome di anabattisti (anà in greco significa “di nuovo”). Poiché si rifiutavano di portare le armi, di pronunciare giuramenti o di accettare cariche pubbliche, erano visti come una minaccia per la società e furono perseguitati sia dai cattolici che dai protestanti.

      33. (a) Cosa scatenò la violenza contro gli anabattisti? (b) Come si estese l’influenza degli anabattisti?

      33 Dapprima gli anabattisti vivevano in piccoli gruppi sparsi in varie parti della Svizzera, della Germania e dei Paesi Bassi. Poiché predicavano il loro credo ovunque andassero, le loro file crebbero rapidamente. Un pugno di anabattisti, trascinati dal fervore religioso, abbandonarono il pacifismo e nel 1534 catturarono la città di Münster e cercarono di erigerla a comunità poligama col nome di Nuova Gerusalemme. Questo movimento, immediatamente soppresso con straordinaria violenza, fece guadagnare agli anabattisti una cattiva fama, ed essi vennero praticamente annientati. In realtà la maggioranza degli anabattisti erano persone religiose e semplici che cercavano di vivere una vita ritirata e tranquilla. Tra i meglio organizzati discendenti degli anabattisti ci furono i mennoniti, seguaci del riformatore olandese Menno Simons, e gli hutteriti, guidati dal tirolese Jacob Hutter. Per sfuggire alla persecuzione, alcuni di essi si ritirarono nell’Europa orientale — in Polonia, Ungheria e anche in Russia — e altri nell’America Settentrionale, dove infine emersero come comunità hutterite e amish.

      La comparsa del calvinismo

      34. (a) Chi era Giovanni Calvino? (b) Quale importante opera scrisse?

      34 Il continuatore della Riforma in Svizzera fu un francese di nome Jean Cauvin, o Giovanni Calvino (1509-64), che durante i suoi studi in Francia era venuto in contatto con la dottrina protestante. Per sottrarsi alla persecuzione religiosa, nel 1534 Calvino lasciò Parigi e si stabilì a Basilea, in Svizzera. In difesa dei protestanti pubblicò la Istituzione della Religione Cristiana, in cui riassunse le idee dei primi padri della chiesa e dei teologi medievali, come pure quelle di Lutero e di Zwingli. Quest’opera divenne il fondamento dottrinale di tutte le chiese riformate stabilite in seguito in Europa e in America.

      35. (a) Come spiegava Calvino la sua dottrina della predestinazione? (b) Come si rifletteva il rigore di questa dottrina in altri aspetti dell’insegnamento di Calvino?

      35 Nella Istituzione egli espose la sua teologia. Per Calvino Dio è il sovrano assoluto la cui volontà determina e governa ogni cosa. L’uomo decaduto invece è peccatore e totalmente immeritevole. La salvezza quindi non dipende dalle buone opere dell’uomo, ma da Dio: di qui la dottrina di Calvino della predestinazione, sulla quale egli scrisse:

      “Asseriamo che, con una decisione eterna e immutabile, Dio ha decretato una volta per tutte chi voleva ammettere alla salvezza e chi voleva votare alla perdizione. Affermiamo che questa decisione, quanto agli eletti, è fondata sulla Sua gratuita misericordia, senza alcun riguardo per il merito umano; ma che a quelli da Lui votati alla perdizione l’ingresso alla vita è precluso da un giusto e irreprensibile, ma incomprensibile, giudizio”.

      Il rigore di questa dottrina si rifletteva anche in altri campi. Calvino sosteneva che i cristiani devono vivere una vita santa e virtuosa, astenendosi non solo dal peccato ma anche dal piacere e dalla frivolezza. Affermava inoltre che la chiesa, che è formata dagli eletti, dev’essere affrancata da ogni restrizione civile e che solo attraverso la chiesa si può stabilire una società veramente pia.

      36. (a) Cosa cercarono di fare Calvino e Farel a Ginevra? (b) Quali rigide norme furono imposte? (c) Quale fu un risultato tristemente noto delle misure estreme adottate da Calvino, e come giustificò egli le sue azioni?

      36 Poco dopo aver pubblicato la sua Istituzione, Calvino fu persuaso da Guglielmo Farel, un altro riformatore francese, a stabilirsi a Ginevra. Insieme lavorarono per tradurre in pratica il calvinismo. Il loro intento era di trasformare Ginevra in una città di Dio, in una teocrazia che unisse in sé le funzioni della Chiesa e dello Stato. Imposero rigide norme, e relative sanzioni, che regolavano ogni campo, dall’istruzione religiosa e dalle funzioni ecclesiastiche alla pubblica morale e addirittura a questioni quali l’igiene e la prevenzione degli incendi. Un libro di storia riferisce che “un parrucchiere, per esempio, fu tenuto in prigione due giorni per aver acconciato i capelli di una sposa in una maniera che fu giudicata indecente; e la madre insieme a due amiche che lo avevano aiutato subirono la stessa pena. Anche il ballo e il gioco delle carte erano puniti dal magistrato”. A coloro che dissentivano da Calvino in materia teologica erano riservati castighi severi: il caso più tristemente noto è quello dello spagnolo Michele Serveto, che fu bruciato sul rogo. — Vedi pagina 322.

      37. In che modo l’influenza di Calvino si estese molto al di là dei confini della Svizzera?

      37 Calvino continuò ad attuare il suo genere di riforma a Ginevra fino alla sua morte, avvenuta nel 1564, e la chiesa riformata divenne stabile. Riformatori protestanti, che per sottrarsi alla persecuzione in altri paesi riparavano a Ginevra, si imbevevano qui di idee calviniste e, tornati nei rispettivi paesi, contribuivano a dar vita a movimenti di riforma. Il calvinismo si propagò presto in Francia, dove gli ugonotti (come vennero chiamati i protestanti calvinisti francesi) subirono violenta persecuzione per mano dei cattolici. Nei Paesi Bassi con l’aiuto dei calvinisti fu fondata la Chiesa Riformata Olandese. In Scozia, sotto la zelante direttiva di un ex sacerdote cattolico, John Knox, fu fondata la Chiesa Presbiteriana di Scozia, che si ispira alle dottrine calviniste. Il calvinismo ebbe un ruolo anche nella Riforma in Inghilterra e di lì passò nell’America del Nord con i puritani. In questo senso, benché fosse stato Lutero a mettere in moto la Riforma protestante, Calvino influì sul suo sviluppo in misura di gran lunga maggiore.

      La Riforma in Inghilterra

      38. In che modo l’opera di John Wycliffe accese lo spirito protestante in Inghilterra?

      38 A differenza dei movimenti di riforma in Germania e in Svizzera, la Riforma inglese si può far risalire ai giorni di John Wycliffe, la cui predicazione anticlericale insieme all’importanza da lui data alla Bibbia accese lo spirito protestante in Inghilterra. Gli sforzi che egli compì per tradurre la Bibbia in inglese furono imitati da altri. Nel 1526 William Tyndale, che era stato costretto a fuggire dall’Inghilterra, pubblicò il suo Nuovo Testamento. In seguito fu tradito ad Anversa, impiccato e arso sul rogo. Miles Coverdale portò a termine il lavoro di traduzione di Tyndale, e la Bibbia completa comparve nel 1535. La pubblicazione della Bibbia nella lingua del popolo fu senza dubbio il fattore che più di ogni altro contribuì alla Riforma in Inghilterra.

      39. Che ruolo ebbe Enrico VIII nella Riforma in Inghilterra?

      39 La rottura formale col cattolicesimo romano ebbe luogo quando Enrico VIII (1491-1547), che il papa aveva nominato Difensore della Fede, stilò nel 1534 l’Atto di Supremazia con cui si proclamò capo della Chiesa d’Inghilterra. Enrico chiuse anche i monasteri e ne distribuì le proprietà ai piccoli nobili. Per di più, ordinò che in ogni chiesa ci fosse una copia della Bibbia in inglese. Comunque quella di Enrico fu più una mossa politica che religiosa. Il suo obiettivo era l’indipendenza dall’autorità papale, specie in relazione ai suoi affari coniugali.d Sotto il profilo religioso rimase cattolico in tutti i sensi, tranne che di nome.

      40. (a) Quali cambiamenti ebbero luogo nella Chiesa d’Inghilterra durante il regno di Elisabetta I? (b) Quali gruppi dissenzienti sorsero infine in Inghilterra, nei Paesi Bassi e nell’America del Nord?

      40 Fu durante il lungo regno (1558-1603) di Elisabetta I che la Chiesa d’Inghilterra divenne protestante nella pratica pur rimanendo in gran parte cattolica in quanto alla struttura. Soppresse l’obbedienza al papa, il celibato ecclesiastico, la confessione e altre pratiche cattoliche, ma mantenne una forma episcopale di struttura ecclesiastica con la sua gerarchia di arcivescovi e vescovi e i suoi ordini monastici maschili e femminili.e Questo conservatorismo generò grande insoddisfazione, per cui sorsero vari gruppi dissenzienti. I puritani chiedevano una riforma più radicale per purificare la chiesa di tutte le pratiche cattoliche romane; i separatisti e gli indipendenti insistevano che gli affari della chiesa dovevano essere amministrati da anziani locali (presbiteri). Molti dissidenti fuggirono nei Paesi Bassi o nell’America del Nord, dove in seguito fondarono le loro chiese congregazionaliste e battiste. In Inghilterra sorsero anche la Società degli Amici (quaccheri), fondata da George Fox (1624-91), e i metodisti, organizzati da John Wesley (1703-91). — Vedi tabella qui sotto.

      Quali furono gli effetti?

      41. (a) A detta di alcuni studiosi, che effetto ha avuto la Riforma sulla storia? (b) Quali domande dovremmo prendere seriamente a cuore?

      41 Dopo aver preso in esame le tre principali correnti della Riforma — luterana, calvinista e anglicana — è bene soffermarci a valutare cosa fu realizzato dalla Riforma. Non si può negare che essa cambiò il corso della storia del mondo occidentale. “L’effetto della Riforma fu di nobilitare il popolo infondendogli un anelito di libertà e un civismo più elevato e più puro. Ovunque si sia estesa, la causa protestante ha reso le masse più consapevoli dei propri diritti”, scrisse John F. Hurst in un suo libro sulla Riforma. (Short History of the Reformation) Molti studiosi sono convinti che la civiltà occidentale come la conosciamo oggi sarebbe stata impossibile senza la Riforma. Comunque sia, dobbiamo chiederci: Cosa compì la Riforma sotto il profilo religioso? Come contribuì alla ricerca del vero Dio da parte dell’uomo?

      42. (a) Qual è senza dubbio il massimo bene compiuto dalla Riforma? (b) Cosa bisogna chiedersi circa le mete effettivamente conseguite dalla Riforma?

      42 Il massimo bene compiuto dalla Riforma fu senza dubbio quello di aver reso la Bibbia disponibile alle persone comuni nella loro propria lingua. Per la prima volta esse avevano dinanzi a sé l’intera Parola di Dio da leggere, così da poter essere nutrite spiritualmente. Ma, certo, ci vuole più che solo leggere la Bibbia. La Riforma liberò il popolo, oltre che dall’autorità papale, anche dalle dottrine erronee e dai dogmi che lo avevano soggiogato per secoli? — Giovanni 8:32.

      43. (a) A quali credi aderiscono oggi la maggioranza delle chiese protestanti, e quali dottrine professano? (b) Di che beneficio sono stati per la ricerca del vero Dio da parte dell’uomo il libero pensiero e la diversità prodotti dalla Riforma?

      43 Quasi tutte le chiese protestanti aderiscono agli stessi credi — i simboli Niceno, Atanasiano e Apostolico — e professano proprio alcune delle dottrine che il cattolicesimo insegna da secoli, quali la Trinità, l’immortalità dell’anima e l’inferno di fuoco. Tali dottrine non scritturali hanno presentato un’immagine distorta di Dio e del suo proposito. Anziché aiutare gli uomini nella loro ricerca del vero Dio, le numerose sette e denominazioni venute all’esistenza come espressione del libero pensiero della Riforma protestante li hanno solo condotti in tante direzioni diverse. Anzi, la diversità e la confusione hanno indotto molti a mettere in dubbio l’esistenza stessa di Dio. Con quale risultato? Il XIX secolo ha visto una crescente ondata di ateismo e agnosticismo. Questo sarà il tema del prossimo capitolo.

      [Note in calce]

      a Lettere emanate dal papa a titolo di assoluzione o di suffragio.

      b Lutero insisteva tanto sul concetto di “giustificazione per la sola fede” che nella sua traduzione della Bibbia aggiunse la parola “sola” in Romani 3:28. Nutriva perfino dubbi sul libro di Giacomo a motivo dell’affermazione in esso contenuta che “la fede senza opere è morta”. (Giacomo 2:17, 26) Non si rese conto che, in Romani, Paolo stava parlando delle opere della Legge ebraica. — Romani 3:19, 20, 28.

      c Nel 1525 Martin Lutero sposò Katharina von Bora, un’ex monaca fuggita da un monastero cistercense. Ebbero sei figli. Egli affermò di essersi sposato per tre motivi: per compiacere suo padre, per fare un dispetto al papa e al Diavolo, e per suggellare la sua testimonianza prima del martirio.

      d Enrico VIII ebbe sei mogli. Contrariamente ai desideri del papa, il suo primo matrimonio fu annullato e un altro finì col divorzio. Egli fece decapitare due mogli, e due morirono di morte naturale.

      e La parola greca epìskopos è tradotta “bishop” (vescovo) nelle Bibbie in lingua inglese come la “Bibbia del re Giacomo”.

      [Riquadro/Immagini a pagina 322]

      “Gli errori della Trinità”

      All’età di 20 anni Michele Serveto (1511-53), uno spagnolo che aveva studiato legge e medicina, pubblicò l’opera De Trinitatis erroribus (Gli errori della Trinità), in cui dichiarò: “Non farò uso della parola Trinità, che non si trova nella Scrittura, e che sembra non faccia che perpetuare l’errore filosofico”. Denunciò la Trinità come una dottrina “che non si può comprendere, che è impossibile nella natura delle cose e che può perfino essere considerata blasfema!”

      Per la sua schiettezza Serveto fu condannato dalla Chiesa Cattolica. Ma furono i calvinisti a farlo arrestare, processare e condannare ad essere bruciato vivo a fuoco lento. Calvino giustificò le sue azioni con queste parole: “Se i papisti sono così aspri e violenti in difesa delle loro superstizioni al punto da infierire crudelmente e versare sangue innocente, non si vergognano i magistrati cristiani di mostrarsi meno ardenti nella difesa dell’autentica verità?” (Durant, op. cit., pagina 618) Il fanatismo religioso e l’odio personale annebbiarono il giudizio di Calvino e soffocarono in lui i princìpi cristiani. — Confronta Matteo 5:44.

      [Immagini]

      Giovanni Calvino, a sinistra, mandò al rogo come eretico Michele Serveto, a destra

      [Diagramma a pagina 327]

      (Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

      Schema semplificato delle principali religioni della cristianità

      Inizio dell’apostasia — II secolo

      Chiesa Cattolica Romana

      IV secolo (Costantino)

      V secolo Copta,

      giacobita

      1054 E.V. Ortodossa Orientale

      Russa,

      greca,

      rumena e altre

      XVI secolo Riforma

      Luterana

      Tedesca,

      svedese,

      americana e altre

      Anglicana,

      Episcopale

      Metodista

      Esercito della

      Salvezza

      Battista

      Pentecostale

      Congregazionalista

      Calvinismo

      Presbiteriana

      Chiese riformate

      [Immagini a pagina 307]

      Queste incisioni del XVI secolo evidenziano il contrasto tra la cacciata dei cambiamonete da parte di Cristo e lo spaccio delle indulgenze da parte del papa

      [Immagini a pagina 311]

      Jan Hus sul rogo

      Il riformatore inglese e traduttore biblico John Wycliffe

      [Immagini a pagina 314]

      Martin Lutero, a destra, protestò contro la vendita delle indulgenze da parte del frate Johann Tetzel

  • Moderno scetticismo: La ricerca dovrebbe continuare?
    L’uomo alla ricerca di Dio
    • Capitolo 14

      Moderno scetticismo: La ricerca dovrebbe continuare?

      “Gli esseri umani non si interessano più di Dio come un tempo. Sempre più di rado si soffermano a pensare a lui nel corso della loro vita quotidiana o al momento di prendere decisioni. . . . Dio è stato sostituito da altri valori: guadagno e produttività. Forse un tempo si guardava a lui come Colui che dava un senso a tutte le attività umane, ma oggi è stato relegato nei più reconditi recessi della storia. . . . Dio è scomparso dalla coscienza degli uomini”. — The Sources of Modern Atheism.

      1. (Compresa l’introduzione). (a) In che modo un libro sulle cause dell’ateismo moderno descrive l’odierna credenza in Dio? (b) In che modo il moderno scetticismo è in netto contrasto con la situazione esistente non molti anni fa?

      FINO a non molti anni fa Dio aveva un ruolo importante nella vita degli abitanti del mondo occidentale. Per essere accettati dalla società si doveva dar prova di fede in Dio, anche se non tutti praticavano sinceramente ciò in cui asserivano di credere. Qualunque dubbio e incertezza la persona avesse, li teneva discretamente per sé. Esprimerli in pubblico sarebbe stato scandaloso e avrebbe forse significato anche esporsi a critiche sfavorevoli.

      2. (a) Perché molti hanno smesso di ricercare Dio? (b) Quali domande è bene farsi?

      2 Oggi, comunque, la situazione si è capovolta. Avere una qualche ferma convinzione religiosa vuol dire, secondo molti, essere di mentalità ristretta, dogmatici, persino fanatici. In tanti paesi assistiamo a una generale indifferenza o a una mancanza di interesse nei confronti di Dio e della religione. La maggioranza non ricerca più Dio perché o non crede che esista o è incerta al riguardo. Alcuni infatti usano l’espressione “era post-cristiana” per definire la nostra epoca. È bene perciò farsi alcune domande: Come mai l’idea di Dio è divenuta così estranea alla vita delle persone? Quali forze hanno determinato questo cambiamento? Esistono valide ragioni per continuare la ricerca di Dio?

      Il risultato inatteso della Riforma

      3. Quale fu una conseguenza della Riforma protestante?

      3 Come abbiamo visto nel Capitolo 13, la Riforma protestante del XVI secolo provocò un notevole cambiamento nella maniera di considerare l’autorità, religiosa o d’altro genere. Lo spirito di indipendenza e la libertà di espressione presero il posto del conformismo e della rassegnazione. Anche se la maggioranza rimase entro gli schemi della religione tradizionale, alcuni passarono a tendenze più radicali, mettendo in discussione i dogmi e le dottrine fondamentali delle chiese istituzionali. Altri ancora, dopo aver visto la parte avuta dalla religione in guerre, sofferenze e ingiustizie nel corso della storia, divennero scettici nei confronti della religione in generale.

      4. (a) Secondo cronache dell’epoca, quanto era diffuso l’ateismo in Inghilterra e in Francia nei secoli XVI e XVII? (b) Chi uscì allo scoperto in seguito agli sforzi compiuti durante la Riforma per scuotere il giogo papale?

      4 Già nel 1572 uno studio intitolato “Dissertazione sullo stato attuale dell’Inghilterra” rilevava: “Il reame è diviso in tre partiti: i papisti, gli atei e i protestanti. Tutti e tre sono ugualmente privilegiati: il primo e il secondo perché, essendo numerosi, non osiamo scontentarli”. Secondo un altro calcolo, a Parigi nel 1623 vi sarebbero stati 50.000 atei, nonostante il termine fosse usato in maniera piuttosto inesatta. Ad ogni modo è evidente che la Riforma, nel tentativo di liberarsi dalla tirannia papale, aveva anche fatto uscire allo scoperto coloro che sfidavano la posizione delle religioni istituzionali. Parlando di quel periodo, Will ed Ariel Durant scrissero: “I pensatori d’Europa — avanguardia dello spirito europeo — non discutevano più dell’autorità del papa, discutevano dell’esistenza di Dio”. — Storia della Civiltà, Parte VII, L’avvento della ragione, traduzione di M. Rivoire, pagina 827.

      L’attacco da parte della scienza e della filosofia

      5. Quali forze accrebbero lo scetticismo religioso?

      5 A parte le divisioni interne nella cristianità, c’erano altre forze all’opera che indebolivano ulteriormente la sua posizione. Scienza, filosofia, laicismo e materialismo contribuivano tutti a far sorgere dubbi e ad alimentare lo scetticismo nei confronti di Dio e della religione.

      6. (a) Il progredire delle conoscenze scientifiche come influì su molte dottrine della chiesa? (b) Cosa fecero alcuni che si ritenevano aggiornati?

      6 Col progredire delle conoscenze scientifiche vennero messe in discussione molte dottrine della chiesa basate su un’errata interpretazione di brani biblici. Ad esempio, le scoperte astronomiche di uomini quali Copernico e Galileo rappresentarono per la chiesa una sfida aperta alla sua dottrina geocentrica che considerava la terra come centro dell’universo. Inoltre, la comprensione delle leggi naturali che governano il mondo fisico rendeva non necessario attribuire alla mano di Dio o alla Provvidenza fenomeni fino ad allora misteriosi, quali il tuono e il lampo o perfino la comparsa di certe stelle e comete. Si cominciò anche a diffidare di “miracoli” e “interventi divini” nelle faccende umane. D’un tratto Dio e la religione apparivano superati a molti, e alcuni di coloro che si ritenevano aggiornati voltarono prontamente le spalle a Dio e si strinsero intorno all’idolo della scienza.

      7. (a) Quale fu senza dubbio il colpo più grave inferto alla religione? (b) Quale fu la reazione delle chiese al darwinismo?

      7 Senza dubbio il colpo più grave inferto alla religione fu la teoria dell’evoluzione. Nel 1859 il naturalista inglese Charles Darwin (1809-82) pubblicò L’origine delle specie, e sfidò apertamente l’insegnamento biblico della creazione da parte di Dio. Quale fu la reazione delle chiese? In un primo momento il clero in Inghilterra e altrove disapprovò la teoria. Ma presto l’opposizione svanì. Sembrava che le speculazioni di Darwin fossero proprio la scusa cercata da tanti ecclesiastici che in segreto nutrivano dubbi. Così, già prima della scomparsa di Darwin, “quasi tutti gli ecclesiastici riflessivi ed eloquenti erano arrivati alla conclusione che l’evoluzione fosse del tutto compatibile con una visione illuminata delle scritture”, spiega un’enciclopedia. (The Encyclopedia of Religion) Anziché levarsi in difesa della Bibbia, la cristianità cedette di fronte all’opinione scientifica e si conformò alle idee in voga. In questo modo minò la fede in Dio. — 2 Timoteo 4:3, 4.

      8. (a) Cosa misero in discussione i critici della religione del XIX secolo? (b) Quali erano alcune teorie in voga sostenute dai critici della religione? (c) Perché molti accolsero subito le idee antireligiose?

      8 Mentre il XIX secolo volgeva al termine, i critici della religione si facevano più audaci nel loro attacco. Non accontentandosi di puntare il dito sui difetti delle chiese, cominciarono a mettere in discussione il fondamento stesso della religione. Sollevarono domande quali: Che cos’è Dio? Perché c’è bisogno di Dio? Come ha influito sulla società umana la fede in Dio? Uomini come Ludwig Feuerbach, Karl Marx, Sigmund Freud e Friedrich Nietzsche presentarono i loro argomenti in termini filosofici, psicologici e sociologici. Teorie come ‘Dio altro non è che la proiezione dell’immaginazione umana’, ‘la religione è l’oppio del popolo’ e ‘Dio è morto’ avevano un entusiasmante suono di novità in paragone con gli assurdi e incomprensibili dogmi e tradizioni delle chiese. Sembrava che molti avessero infine trovato una maniera eloquente per esprimere i propri dubbi e sospetti latenti. Accettarono presto e volentieri queste idee come nuova verità evangelica.

      Il grande compromesso

      9. (a) Cosa fecero le chiese quando furono prese di mira dalla scienza e dalla filosofia? (b) Quali conseguenze ebbe il compromesso delle chiese?

      9 Prese di mira, e sotto lo sguardo critico della scienza e della filosofia, cosa fecero le chiese? Anziché prendere posizione a favore di ciò che la Bibbia insegna, cedettero alle pressioni e fecero compromesso anche su articoli di fede così basilari come la creazione da parte di Dio e l’autenticità della Bibbia. Con quale risultato? Le chiese della cristianità cominciarono a perdere credibilità, e tante persone cominciarono a perdere la fede. L’incapacità delle chiese di fare un’autodifesa fu per la gente un chiaro invito ad abbandonarle in massa. Per molti la religione divenne nulla più che un cimelio della società, atta solo a consacrare i momenti più solenni della vita: nascita, matrimonio, morte. Diversi abbandonarono quasi completamente la ricerca del vero Dio.

      10. Quali domande pressanti bisogna prendere in esame?

      10 Dinanzi a tutto questo, è logico chiedersi: la scienza e la filosofia hanno davvero segnato la condanna della fede in Dio? Il fallimento delle chiese significa il fallimento di ciò che esse pretendono di insegnare, cioè la Bibbia? La ricerca di Dio dovrebbe continuare? Esaminiamo in breve questi punti.

      La base per credere in Dio

      11. (a) Quali due libri costituiscono da tempo la base per credere in Dio? (b) Come hanno influito questi libri sugli uomini?

      11 Si è detto che ci sono due libri che ci parlano dell’esistenza di Dio: il “libro” della creazione, o la natura che ci circonda, e la Bibbia. Essi hanno costituito il fondamento della fede per milioni di persone nel passato e al presente. Ad esempio, un sovrano dell’XI secolo a.E.V., colpito da ciò che vedeva osservando i cieli stellati, si espresse poeticamente così: “I cieli dichiarano la gloria di Dio; e la distesa annuncia l’opera delle sue mani”. (Salmo 19:1) Nel XX secolo un astronauta che col suo veicolo spaziale stava girando intorno alla luna, di fronte alla splendida vista della terra fu spinto a pronunciare queste parole ben note: “In principio Dio creò i cieli e la terra”. — Genesi 1:1.

      12. Quale attacco hanno subìto il libro della creazione e la Bibbia?

      12 Questi due libri, comunque, subiscono ora attacchi da parte di coloro che asseriscono di non credere in Dio. Essi dicono che la scienza, studiando il mondo che ci circonda, ha dimostrato che la vita venne all’esistenza non mediante creazione intelligente, ma per opera del cieco caso e di un accidentale processo evolutivo. Perciò, sostengono, non c’è stato nessun Creatore e di conseguenza è superfluo porsi il problema di Dio. Inoltre molti di essi credono che la Bibbia sia semplicemente antiquata e illogica, e pertanto non degna di fede. Quindi, secondo loro, non c’è più nessuna base per credere nell’esistenza di Dio. Tutto ciò è vero? Cosa mostrano i fatti?

      Caso o progetto?

      13. Cosa si sarebbe dovuto verificare perché la vita venisse all’esistenza per caso?

      13 Se non c’è stato nessun Creatore, allora la vita dev’essere iniziata spontaneamente per caso. Perché la vita venisse all’esistenza, in qualche modo le sostanze chimiche giuste si sarebbero dovute combinare nelle quantità giuste, con la temperatura e la pressione giuste e secondo altri fattori determinanti, e tutto si sarebbe dovuto mantenere per l’esatto periodo di tempo. Inoltre, perché la vita sulla terra avesse inizio e continuasse, questi eventi casuali si sarebbero dovuti ripetere migliaia di volte. Ma quanto è probabile che si verificasse anche uno solo di questi eventi?

      14. (a) Quanto è remota la probabilità che un’unica semplice molecola proteica si formi per caso? (b) Come incidono i calcoli matematici sull’idea che la vita abbia avuto origine in modo spontaneo?

      14 Gli evoluzionisti ammettono che la probabilità che gli esatti atomi e molecole si disponessero correttamente per formare un’unica semplice molecola proteica è di uno su 10113, ovvero 1 seguito da 113 zeri. Questo numero è superiore a quello di tutti gli atomi presumibilmente esistenti nell’universo! I matematici scartano, nella convinzione che non avverrà mai, qualunque evento la cui probabilità di verificarsi sia inferiore a uno su 1050. Ma ci vuole molto di più che una semplice molecola proteica perché venga all’esistenza la vita. Occorrono circa 2.000 proteine diverse perché una cellula continui a funzionare, e la probabilità di ottenerle tutte insieme per caso è di uno su 1040.000! “Se una persona non è condizionata, o da convinzioni sociali o dalla propria formazione scientifica, a pensare che la vita abbia avuto origine [in modo spontaneo] sulla Terra, questo semplice calcolo dovrebbe essere sufficiente a cancellare completamente quest’idea”, dice l’astronomo Fred Hoyle. — Evoluzione dallo spazio, di F. Hoyle e C. Wickramasinghe, traduzione di L. Sosio, Etas Libri, 1984, pagina 32.

      15. (a) Cos’hanno scoperto gli scienziati studiando il mondo fisico? (b) Cos’ha detto un professore di fisica parlando delle leggi che regolano la natura?

      15 D’altra parte, studiando il mondo fisico, dalle minuscole particelle subatomiche alle immense galassie, gli scienziati hanno scoperto che tutti i fenomeni naturali conosciuti pare seguano certe leggi fondamentali. In altre parole, hanno scoperto logica e ordine in tutto ciò che avviene nell’universo, e sono stati in grado di esprimere tale logica e ordine in semplici termini matematici. “Sono pochi gli scienziati che possono non restare impressionati dalla semplicità e dall’eleganza quasi eccessive di queste leggi”, scrive un professore di fisica, Paul Davies, nella rivista New Scientist.

      16. (a) Quali sono alcune costanti fondamentali presenti nelle leggi della natura? (b) Che accadrebbe se i valori di queste costanti subissero anche minime alterazioni? (c) Quale conclusione ha tratto un professore di fisica per quanto riguarda l’universo e la nostra esistenza?

      16 Un fatto estremamente affascinante di queste leggi, comunque, è che in esse sono presenti certi fattori che devono avere un valore ben preciso perché l’universo, come noi lo conosciamo, possa esistere. Tra queste costanti fondamentali vi sono l’unità di carica elettrica del protone, la massa di certe particelle fondamentali e la costante di gravitazione universale di Newton, il cui simbolo è la lettera G. A questo riguardo il prof. Davies continua: “Anche la minima alterazione dei valori di alcune di esse muterebbe radicalmente la struttura dell’Universo. Ad esempio, Freeman Dyson ha fatto notare che se l’interazione forte che tiene uniti i nucleoni (protoni e neutroni) fosse appena più energica, l’Universo sarebbe privo di idrogeno. Stelle come il Sole, per non menzionare l’acqua, non potrebbero esistere. La vita, almeno come noi la conosciamo, sarebbe impossibile. Brandon Carter ha dimostrato che variazioni di G ancora più piccole trasformerebbero tutte le stelle in giganti blu o nane rosse, con conseguenze ugualmente spaventose per la vita”. Pertanto Davies conclude: “In tal caso è concepibile che potrebbe esserci solo un Universo possibile. Se è così, è straordinario pensare che la nostra stessa esistenza come esseri coscienti è un’inevitabile conseguenza della logica”. — Il corsivo è nostro.

      17. (a) Cosa indicano chiaramente il progetto e il proposito evidenti nell’universo? (b) Com’è confermato questo dalla Bibbia?

      17 Cosa possiamo dedurre da tutto questo? Prima di tutto, se l’universo è governato da leggi, deve esserci un legislatore intelligente che ha formulato o fissato tali leggi. Inoltre, giacché le leggi che regolano il funzionamento dell’universo sembrano fatte in previsione della vita e delle condizioni favorevoli per sostenerla, è chiaramente insito un proposito. Un progetto e un proposito: queste non sono caratteristiche del cieco caso; sono esattamente ciò che un Creatore intelligente manifesterebbe. E questo è proprio quanto indica la Bibbia quando dichiara: “Quello che si può conoscere di Dio è manifesto fra loro, poiché Dio lo ha reso loro manifesto. Poiché le sue invisibili qualità, perfino la sua sempiterna potenza e Divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo, perché si comprendono dalle cose fatte”. — Romani 1:19, 20; Isaia 45:18; Geremia 10:12.

      Innumerevoli prove intorno a noi

      18. (a) Da che cos’altro appare chiara l’esistenza di un progetto e di un proposito? (b) Quali comuni esempi di un progetto intelligente potreste fare?

      18 Naturalmente, l’esistenza di un progetto e di un proposito appare chiara non solo dal funzionamento ordinato dell’universo, ma anche dal modo in cui le creature viventi, semplici e complesse, svolgono le loro attività quotidiane, come pure dal modo in cui interagiscono l’una con l’altra e con l’ambiente. Ad esempio, quasi ogni parte del nostro corpo — il cervello, l’occhio, l’orecchio, la mano — rivela un progetto così complesso che la scienza moderna non riesce a spiegarlo pienamente. Vi sono poi il mondo animale e quello vegetale. La migrazione annuale di certi uccelli che si spostano per migliaia di chilometri sorvolando terra e mare, il processo della fotosintesi nelle piante, lo sviluppo di una cellula uovo fecondata fino a divenire un organismo complesso con milioni di cellule differenziate che svolgono funzioni specifiche — solo per fare alcuni esempi — sono tutte prove molto evidenti di un progetto intelligente.a

      19. (a) La spiegazione scientifica del funzionamento di certe cose dimostra forse che esse non abbiano avuto nessun progettista o costruttore intelligente? (b) Cosa possiamo imparare studiando il mondo che ci circonda?

      19 Alcuni sostengono però che la scienza, con la sua accresciuta conoscenza, è ora in grado di spiegare molti di questi fatti prodigiosi. È vero, la scienza ha spiegato, fino a un certo punto, molte cose che una volta erano un mistero. Ma che un bambino scopra come funziona un orologio non dimostra che l’orologio non sia stato progettato e fabbricato da qualcuno. In modo simile, che noi comprendiamo in quali modi straordinari funzionano tante cose nel mondo fisico non dimostra che esse non siano l’opera di un progettista intelligente. Al contrario, più conosciamo il mondo che ci circonda, più prove abbiamo dell’esistenza di un Creatore intelligente, Dio. Perciò, con mente aperta, possiamo convenire col salmista, che ammise: “Quanto sono numerose le tue opere, o Geova! Le hai fatte tutte con sapienza. La terra è piena delle tue produzioni”. — Salmo 104:24.

      La Bibbia: È credibile?

      20. Cosa dimostra che non basta credere in Dio per sentirsi spinti a ricercarlo?

      20 Credere nell’esistenza di Dio, comunque, non basta per sentirsi spinti a ricercarlo. Oggi ci sono milioni di persone che non hanno interamente ripudiato la fede in Dio, ma questo non le spinge a ricercare Dio. L’americano George Gallup jr., esperto in sondaggi d’opinione, osserva che “non si nota in effetti molta differenza tra chi va in chiesa e chi non ci va per quanto riguarda imbrogliare, evadere il fisco e rubare, soprattutto perché gran parte della religione è mondana”. Egli aggiunge che “molti si limitano a crearsi una religione che è comoda per loro e li solletica e che non è necessariamente impegnativa. Qualcuno l’ha chiamata religione à la carte. Questa è oggi la principale debolezza del cristianesimo in questo paese [USA]: non esiste una fede solida”.

      21, 22. (a) Cosa fa della Bibbia un libro straordinario? (b) Quali prove fondamentali ci sono dell’autenticità della Bibbia? Spiegate.

      21 Questa “principale debolezza” è dovuta in larga misura alla mancanza di conoscenza e di fede nella Bibbia. Ma che base abbiamo per credere nella Bibbia? Prima di tutto, c’è da notare che nel corso della storia forse nessun altro libro è stato più ingiustamente criticato, diffamato, odiato e attaccato della Bibbia. Eppure essa ha superato tutte queste prove e ora è il libro più estesamente tradotto e diffuso che si conosca. Già questo fa della Bibbia un libro straordinario. Ma ci sono molte e convincenti prove che la Bibbia è un libro ispirato da Dio e degno della nostra fiducia. — Vedi pagine 340-1.

      22 Anche se molti, chi più chi meno, hanno preso per scontato che la Bibbia fosse in contrasto con la scienza, contraddittoria e antiquata, i fatti mostrano altrimenti. La sua paternità unica, la sua accuratezza storica e scientifica e le sue profezie infallibili sono tutti fattori che portano a una sola inevitabile conclusione: la Bibbia è l’ispirata Parola di Dio, come dichiarò l’apostolo Paolo: “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile”. — 2 Timoteo 3:16.

      Vincere lo scetticismo

      23. Dopo avere esaminato i fatti, cosa possiamo concludere per quanto riguarda la Bibbia?

      23 Dopo aver considerato le prove fornite dal libro della creazione e dalla Bibbia, cosa possiamo concludere? In breve, che questi due libri sono altrettanto validi oggi quanto lo sono sempre stati. Se siamo disposti a vedere la cosa obiettivamente anziché lasciarci influenzare da idee preconcette, riscontriamo che qualsiasi obiezione può essere confutata in maniera ragionevole. Le risposte ci sono, se solo siamo disposti a cercarle. Gesù disse: “Continuate a cercare, e troverete”. — Matteo 7:7; Atti 17:11.

      24. (a) Perché molti hanno rinunciato a ricercare Dio? (b) Da che cosa possiamo trarre conforto? (c) Cosa verrà trattato nella restante parte di questo libro?

      24 In ultima analisi, quasi tutti coloro che hanno rinunciato a ricercare Dio non lo hanno fatto dopo avere attentamente esaminato le prove di persona e riscontrato che la Bibbia sia falsa. Piuttosto, molti si sono allontanati perché la cristianità ha mancato di far conoscere il vero Dio della Bibbia, come asserì lo scrittore francese P. Valadier: “È stata la tradizione cristiana a produrre come frutto l’ateismo; ha portato all’assassinio di Dio nella coscienza degli uomini perché ha presentato loro un Dio inconcepibile”. Comunque sia, possiamo trarre conforto dalle parole dell’apostolo Paolo: “Che dunque? Se alcuni non hanno espresso fede, renderà forse la loro mancanza di fede senza efficacia la fedeltà di Dio? Non sia mai! Ma sia Dio trovato verace, benché ogni uomo sia trovato bugiardo”. (Romani 3:3, 4) Sì, c’è ogni ragione per continuare la ricerca del vero Dio. Nei restanti capitoli di questo libro vedremo come la ricerca è stata portata a termine con successo e cosa riserva il futuro al genere umano.

      [Nota in calce]

      a Per una spiegazione dettagliata di queste prove dell’esistenza di Dio, vedi il libro Come ha avuto origine la vita? Per evoluzione o per creazione?, edito in Italia nel 1985 dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, pagine 142-78.

      [Riquadro alle pagine 340 e 341]

      Prove dell’autenticità della Bibbia

      Paternità unica: La Bibbia consta di 66 libri — da Genesi, il primo, a Rivelazione o Apocalisse, l’ultimo — compilati da circa 40 scrittori di estrazione sociale, cultura e professione molto diverse. La stesura avvenne nel corso di 16 secoli, dal 1513 a.E.V. al 98 E.V. Eppure il risultato finale è un libro armonioso e coerente, che traccia lo svolgimento logico di un tema di somma importanza: la rivendicazione di Dio e del suo proposito attraverso il Regno messianico. — Vedi pagina 241.

      Accuratezza storica: Gli avvenimenti narrati nella Bibbia sono in piena armonia con i fatti storici documentati. Il libro A Lawyer Examines the Bible (Un avvocato esamina la Bibbia) rileva: “Mentre romanzi, leggende e false testimonianze fanno attenzione a situare gli avvenimenti narrati in qualche luogo remoto e in qualche tempo indefinito, . . . le narrazioni bibliche ci indicano con la massima precisione il tempo e il luogo delle cose narrate”. (Ezechiele 1:1-3) E un dizionario biblico (The New Bible Dictionary) afferma: “[Lo scrittore di Atti] pone la sua narrazione nel contesto della storia contemporanea; le sue pagine sono piene di riferimenti a magistrati di città, a governatori di province, a re di nomina imperiale, ecc., e questi riferimenti si dimostrano sempre corretti per quanto riguarda il luogo e il tempo in questione”. — Atti 4:5, 6; 18:12; 23:26.

      Accuratezza scientifica: Con il libro di Levitico furono date agli israeliti leggi sulla quarantena e sull’igiene, in un tempo in cui le nazioni circostanti non sapevano nulla di tali pratiche. In Ecclesiaste 1:7 è descritto il ciclo della pioggia e dell’evaporazione dell’acqua del mare, sconosciuto nell’antichità. Che la terra sia sferica e sospesa nello spazio, fatto non confermato dalla scienza fino al XVI secolo, è affermato in Isaia 40:22 e Giobbe 26:7. Oltre 2.200 anni prima che William Harvey pubblicasse le sue scoperte sulla circolazione sanguigna, Proverbi 4:23 indicava la funzione del cuore umano. Quindi la Bibbia, pur non essendo un testo di scienze, quando tocca argomenti di natura scientifica rivela una conoscenza profonda delle cose molto in anticipo sui suoi tempi.

      Profezie infallibili: La distruzione dell’antica Tiro, la caduta di Babilonia, la ricostruzione di Gerusalemme e il sorgere e la caduta dei re di Media-Persia e di Grecia furono predetti con tanti particolari che invano la critica ha cercato di sostenere che si tratti di scritti posteriori agli avvenimenti. (Isaia 13:17-19; 44:27–45:1; Ezechiele 26:3-7; Daniele 8:1-7, 20-22) Profezie su Gesù pronunciate secoli prima della sua nascita si adempirono in ogni dettaglio. (Vedi pagina 245). Le profezie di Gesù stesso sulla distruzione di Gerusalemme si adempirono con accuratezza. (Luca 19:41-44; 21:20, 21) Profezie relative agli ultimi giorni pronunciate da Gesù e dall’apostolo Paolo si stanno adempiendo nel nostro tempo. (Matteo 24; Marco 13; Luca 21; 2 Timoteo 3:1-5) Tuttavia la Bibbia attribuisce tutte le profezie a un unico Autore, Geova Dio. — 2 Pietro 1:20, 21.

      [Immagini a pagina 333]

      Darwin, Marx, Freud, Nietzsche e altri formularono teorie che hanno minato la fede in Dio

      [Immagini a pagina 335]

      Il “libro” della creazione e la Bibbia forniscono la base per credere in Dio

      [Immagini a pagina 338]

      Più conosciamo il mondo che ci circonda, più prove abbiamo che esiste un Creatore intelligente

      [Diagramma/Immagine a pagina 337]

      La vita e l’universo non potrebbero esistere se certi fattori strutturali fossero anche solo minimamente diversi

      [Diagramma]

      (Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

      COMPONENTI DELL’ATOMO DI IDROGENO

      Guscio elettronico

      Protone + Nucleo

      Elettrone –

  • Ritorno al vero Dio
    L’uomo alla ricerca di Dio
    • Capitolo 15

      Ritorno al vero Dio

      “Vi do un nuovo comandamento, che vi amiate gli uni gli altri; come vi ho amati io, che anche voi vi amiate gli uni gli altri. Da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore fra voi”. — Giovanni 13:34, 35.

      1, 2. Quali risultati dovrebbe produrre l’amore tra i veri cristiani?

      CON queste parole Gesù stabilì un principio per tutti coloro che asseriscono di essere suoi veri seguaci. L’amore cristiano dovrebbe superare qualsiasi barriera razziale, tribale e nazionale. Richiederebbe che i veri cristiani ‘non facessero parte del mondo’, proprio come Gesù ‘non faceva né fa parte del mondo’. — Giovanni 17:14, 16; Romani 12:17-21.

      2 Come mostra il cristiano di ‘non fare parte del mondo’? Ad esempio, come dovrebbe comportarsi nei confronti della politica turbolenta, delle rivoluzioni e delle guerre del nostro tempo? L’apostolo cristiano Giovanni, in armonia con le suddette parole di Gesù, scrisse: “Chiunque non pratica la giustizia non ha origine da Dio, né ha origine da Dio colui che non ama il suo fratello. Poiché questo è il messaggio che avete udito dal principio, che dobbiamo avere amore gli uni per gli altri”. Gesù stesso spiegò perché i suoi discepoli non avevano combattuto per liberarlo, dicendo: “Il mio regno non fa parte di questo mondo. Se il mio regno facesse parte di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto . . . Ma ora il mio regno non è di qui”. Anche quando fu in gioco la vita di Gesù, quei servitori non cercarono di risolvere la questione con i metodi bellicosi del mondo. — 1 Giovanni 3:10-12; Giovanni 18:36.

      3, 4. (a) Cosa profetizzò Isaia riguardo alla “parte finale dei giorni”? (b) Quali domande esigono una risposta?

      3 Oltre 700 anni prima di Cristo, Isaia profetizzò che persone di tutte le nazioni sarebbero accorse alla vera adorazione di Geova e non avrebbero più imparato la guerra. Egli disse: “E deve avvenire nella parte finale dei giorni che il monte della casa di Geova sarà fermamente stabilito al di sopra della cima dei monti, . . . e a esso dovranno affluire tutte le nazioni. E molti popoli certamente andranno e diranno: ‘Venite, e saliamo al monte di Geova, alla casa dell’Iddio di Giacobbe; ed egli ci istruirà intorno alle sue vie, e noi certamente cammineremo nei suoi sentieri’. Poiché da Sion uscirà la legge, e la parola di Geova da Gerusalemme. Ed egli certamente renderà giudizio fra le nazioni e metterà le cose a posto rispetto a molti popoli. E dovranno fare delle loro spade vomeri e delle loro lance cesoie per potare. Nazione non alzerà la spada contro nazione, né impareranno più la guerra”.a — Isaia 2:2-4.

      4 Di tutte le religioni che ci sono nel mondo, quale si è distinta per avere soddisfatto questi requisiti? Chi si è rifiutato di imparare la guerra nonostante prigioni, campi di concentramento e condanne a morte?

      Amore cristiano e neutralità

      5. Quale reputazione di neutralità cristiana si sono fatti individualmente i testimoni di Geova, e perché?

      5 I testimoni di Geova sono conosciuti in tutto il mondo per il fatto che individualmente mantengono una posizione di neutralità cristiana dettata dalla loro coscienza. Hanno sopportato prigioni, campi di concentramento, torture, deportazioni e persecuzione durante tutto il XX secolo per essersi rifiutati di sacrificare il loro amore e la loro unità come congregazione mondiale di cristiani che si sono avvicinati a Dio. Nella Germania nazista negli anni 1933-45, circa mille Testimoni morirono e migliaia d’essi furono imprigionati a motivo del loro rifiuto di cooperare con lo sforzo bellico di Hitler. Analogamente sotto Franco, nella Spagna allora fascista, centinaia di giovani Testimoni andarono in prigione e molti trascorsero in media dieci anni ciascuno nelle carceri militari piuttosto che imparare la guerra. Anche oggi in diversi paesi molti giovani testimoni di Geova languiscono nelle prigioni a motivo della loro posizione di neutralità cristiana. Tuttavia i testimoni di Geova non interferiscono nei programmi militari dei governi. L’incrollabile neutralità cristiana dei Testimoni per quanto riguarda le questioni politiche è stata una costante della loro fede religiosa attraverso tutti i conflitti e le guerre del XX secolo. Li contraddistingue come veri seguaci di Cristo e li apparta dalle religioni della cristianità. — Giovanni 17:16; 2 Corinti 10:3-5.

      6, 7. Cos’hanno compreso i testimoni di Geova riguardo al cristianesimo?

      6 Attenendosi alla Bibbia e all’esempio di Cristo, i testimoni di Geova danno prova di praticare l’adorazione del vero Dio, Geova. Riconoscono che la vita e il sacrificio di Gesù riflettono l’amore di Dio. Comprendono che il vero amore cristiano produce una indivisibile fratellanza mondiale, che trascende le divisioni politiche, razziali e nazionali. In altre parole, il cristianesimo è più che internazionale; è sopranazionale, al di sopra cioè delle frontiere, dell’autorità o degli interessi nazionali. Considera la razza umana come un’unica famiglia avente un progenitore comune e un comune Creatore, Geova Dio. — Atti 17:24-28; Colossesi 3:9-11.

      7 Mentre quasi tutte le altre religioni si sono lasciate coinvolgere nelle guerre — fratricide e omicide — i testimoni di Geova hanno mostrato di prendere a cuore la profezia di Isaia 2:4, citata sopra. ‘Ma’, chiederete, ‘come sono sorti i testimoni di Geova? Come sono organizzati?’

      Una lunga serie di Testimoni approvati da Dio

      8, 9. Quale invito ha rivolto Dio al genere umano?

      8 Oltre 2.700 anni fa, il profeta Isaia pronunciò anche il seguente invito: “Ricercate Geova mentre si può trovare. Invocatelo mentre mostra d’esser vicino. Lasci il malvagio la sua via, e l’uomo dannoso i suoi pensieri; e torni a Geova, che avrà misericordia di lui, e al nostro Dio, poiché egli perdonerà in larga misura”. — Isaia 55:6, 7.

      9 Secoli dopo, l’apostolo cristiano Paolo spiegò a quei greci di Atene che erano “dediti al timore delle divinità [mitologiche]”: “[Dio] ha fatto da un solo uomo ogni nazione degli uomini, perché dimorino sull’intera superficie della terra, e ha decretato i tempi fissati e i limiti stabiliti della dimora degli uomini, perché cerchino Dio, se possono andare come a tastoni e realmente trovarlo, benché, in effetti, non sia lontano da ciascuno di noi”. — Atti 17:22-28.

      10. Come sappiamo che Dio non era lontano da Adamo ed Eva e dai loro figli?

      10 Certo Dio non fu lontano dalle sue creature umane Adamo ed Eva. Parlava con loro, comunicando i suoi comandamenti e il suo volere. Per di più Dio non si nascose ai loro figli Caino e Abele. Consigliò il perfido Caino quando si mostrò invidioso del sacrificio che suo fratello aveva offerto a Dio. Tuttavia, anziché cambiare la sua forma di adorazione, Caino manifestò gelosia e intolleranza religiosa, e assassinò suo fratello Abele. — Genesi 2:15-17; 3:8-24; 4:1-16.

      11. (a) Cosa significa la parola “martire”? (b) In che modo Abele divenne il primo martire?

      11 Abele, per la sua fedeltà a Dio fino alla morte, divenne il primo martire.b Fu anche il primo testimone di Geova e il precursore di una lunga serie di Testimoni che mantennero l’integrità nel corso della storia. Perciò Paolo poté affermare: “Per fede Abele offrì a Dio un sacrificio di maggior valore di quello di Caino, mediante la quale fede gli fu resa testimonianza che era giusto, rendendo Dio testimonianza riguardo ai suoi doni; e per mezzo d’essa egli, benché morto, parla ancora”. — Ebrei 11:4.

      12. Quali altri esempi ci sono di fedeli testimoni di Geova?

      12 In quella stessa lettera agli Ebrei, Paolo elenca una serie di uomini e donne fedeli, come Noè, Abraamo, Sara e Mosè, i quali, con la loro storia di integrità, costituirono un “gran nuvolo di testimoni [greco: martỳron]” che sono serviti di esempio e di incoraggiamento ad altri che volevano conoscere e servire il vero Dio. Erano uomini e donne che avevano una relazione con Geova Dio. Lo avevano cercato e trovato. — Ebrei 11:1–12:1.

      13. (a) Perché Gesù è una straordinaria manifestazione dell’amore di Dio? (b) Sotto quale particolare aspetto Gesù è un esempio per i suoi seguaci?

      13 Il principale di questi testimoni fu colui che nel libro di Rivelazione (Apocalisse) viene chiamato “Gesù Cristo, ‘il Testimone Fedele’”. Gesù è un’ulteriore evidente dimostrazione dell’amore di Dio, proprio come scrisse Giovanni: “Noi stessi abbiamo visto e rendiamo testimonianza che il Padre ha mandato il Figlio come Salvatore del mondo. Chiunque confessa che Gesù Cristo è il Figlio di Dio, Dio rimane unito a lui ed egli unito a Dio. E noi stessi abbiamo conosciuto e abbiamo creduto all’amore che Dio ha nel nostro caso”. Ebreo per nascita, Gesù fu un vero Testimone e morì da martire rimanendo fedele al Padre suo, Geova. Gli autentici seguaci di Cristo in ogni epoca sarebbero stati similmente Testimoni di lui e del vero Dio, Geova. — Rivelazione 1:5; 3:14; 1 Giovanni 4:14-16; Isaia 43:10-12; Matteo 28:19, 20; Atti 1:8.

      14. A quale domanda si deve ora rispondere?

      14 La profezia di Isaia indicava che un ritorno al vero Dio, Geova, sarebbe stato un aspetto della “parte finale dei giorni”, o di ciò che altre parti della Bibbia definiscono gli “ultimi giorni”.c In considerazione della diversità e della confusione religiose descritte in questo libro, sorge la domanda: Chi in questi ultimi giorni in cui stiamo vivendo ha realmente ricercato il vero Dio, per servirlo “con spirito e verità”? Per rispondere a questa domanda dobbiamo prima rivolgere la nostra attenzione a certi avvenimenti del XIX secolo. — Isaia 2:2-4; 2 Timoteo 3:1-5; Giovanni 4:23, 24.

      Un giovane alla ricerca di Dio

      15. (a) Chi era Charles Taze Russell? (b) Quali erano alcuni suoi dubbi religiosi?

      15 Nel 1870 un giovane devoto, Charles Taze Russell (1852-1916), cominciò a porsi molte domande in merito ai dogmi tradizionali della cristianità. Lavorava nel negozio di abbigliamento maschile di proprietà del padre, nella movimentata città industriale di Allegheny (ora parte di Pittsburgh, in Pennsylvania, USA). Era cresciuto in un ambiente religioso presbiteriano e congregazionalista. Tuttavia era turbato da insegnamenti quali la predestinazione e il tormento eterno in un inferno di fuoco. Che motivi aveva di dubitare di queste dottrine fondamentali di certe religioni della cristianità? Egli scrisse: “Un Dio che impiegasse la sua potenza per creare esseri umani dei quali egli preconoscesse, perché da lui predestinati, che verrebbero tormentati in eterno, non potrebbe essere né sapiente né amorevole. La sua norma sarebbe inferiore a quella di molti uomini”. — Geremia 7:31; 19:5; 32:35; 1 Giovanni 4:8, 9.

      16, 17. (a) Di quali dottrine si interessò profondamente il gruppo di studio biblico di Russell? (b) Quale serio contrasto sorse, e quale fu la risposta di Russell?

      16 Non ancora ventenne Russell, insieme ad altri giovani, diede inizio a un gruppo di studio biblico settimanale. Essi cominciarono ad analizzare cosa insegna la Bibbia su altri argomenti, quali l’immortalità dell’anima, il sacrificio di riscatto di Cristo e la sua seconda venuta. Nel 1877, a 25 anni, Russell vendette la sua quota di partecipazione al prospero commercio del padre e intraprese la carriera di predicatore a tempo pieno.

      17 Nel 1878 Russell ebbe un serio contrasto con uno dei suoi collaboratori, che aveva rinnegato la dottrina secondo cui la morte di Cristo poteva fare espiazione per i peccatori. Nella sua confutazione Russell scrisse: “Cristo ha compiuto diverse cose buone per noi con la sua morte e risurrezione. Si è sostituito a noi nella morte; è morto, egli giusto per gli ingiusti: tutti erano ingiusti. Gesù Cristo per grazia di Dio ha gustato la morte per ogni uomo. . . . È divenuto l’autore della salvezza eterna per tutti coloro che gli ubbidiscono”. E aggiunse: “Redimere significa ricomprare. Cos’ha ricomprato Cristo per tutti gli uomini? La vita. Noi l’abbiamo persa a causa della disubbidienza del primo Adamo. Il secondo Adamo [Cristo] l’ha ricomprata con la sua propria vita”. — Marco 10:45; Romani 5:7, 8; 1 Giovanni 2:2; 4:9, 10.

      18. (a) Che avvenne in seguito al contrasto sul riscatto? (b) Quale norma hanno seguito gli Studenti Biblici per quanto riguarda le offerte?

      18 Rimasto un fervente sostenitore della dottrina del riscatto, Russell troncò ogni rapporto con questo ex collaboratore. Nel luglio 1879 Russell iniziò a pubblicare in inglese La Torre di Guardia di Sion e Araldo della presenza di Cristo, conosciuta oggi in tutto il mondo come La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova. Nel 1881, insieme ad altri cristiani dedicati, fondò una società biblica non lucrativa. Fu chiamata Zion’s Watch Tower Tract Society, oggi conosciuta col nome di Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania, l’ente giuridico che agisce per conto dei testimoni di Geova. Fin dall’inizio Russell insisté che non si sarebbero fatte collette alle adunanze di congregazione né richieste di contribuzioni attraverso le pubblicazioni della Società (Watch Tower). Coloro che si unirono a Russell in questo profondo studio della Bibbia divennero noti semplicemente come Studenti Biblici.

      Ritorno alla verità biblica

      19. Quali dottrine della cristianità ripudiarono gli Studenti Biblici?

      19 In seguito al loro studio della Bibbia, Russell e i suoi compagni ripudiarono le dottrine della cristianità circa la misteriosa “Santissima Trinità”, l’immortalità innata dell’anima umana e il tormento eterno nell’inferno di fuoco. Compresero anche che non era affatto necessaria una classe clericale separata e addestrata nei seminari. Volevano tornare alle umili origini del cristianesimo, con anziani spiritualmente qualificati che guidassero le congregazioni senza esigere una paga o una ricompensa. — 1 Timoteo 3:1-7; Tito 1:5-9.

      20. Cosa scoprirono quegli Studenti Biblici riguardo alla parousìa di Cristo e al 1914?

      20 Nel loro studio della Parola di Dio, quegli Studenti Biblici si interessarono vivamente delle profezie contenute nelle Scritture Greche Cristiane relative alla “fin del mondo” e alla “venuta” di Cristo. (Matteo 24:3, Di) Consultando il testo greco, scoprirono che la “venuta” di Cristo era in effetti una “parousìa”, o presenza invisibile. Pertanto Cristo aveva dato ai suoi discepoli informazioni riguardo alla prova della sua presenza invisibile durante il tempo della fine, non di una futura venuta visibile. Analizzando questo argomento, quegli studiosi della Bibbia provarono il vivo desiderio di comprendere la cronologia biblica in relazione alla presenza di Cristo. Pur non afferrando tutti i particolari, Russell e i suoi compagni si resero conto che quella del 1914 sarebbe stata una data decisiva per la storia dell’umanità. — Matteo 24:3-22; Luca 21:7-33.

      21. Quale responsabilità sentivano Russell e i suoi compagni di fede?

      21 Russell sapeva che bisognava compiere una grande opera di predicazione. Era consapevole delle parole di Gesù riferite da Matteo: “E questa buona notizia del regno sarà predicata in tutta la terra abitata, in testimonianza a tutte le nazioni; e allora verrà la fine”. (Matteo 24:14; Marco 13:10) L’attività di quegli Studenti Biblici prima del 1914 era caratterizzata da un senso di urgenza. Essi credevano che la loro attività di predicazione sarebbe culminata in quell’anno, e perciò sentivano di dover compiere ogni sforzo per aiutare altri a conoscere “questa buona notizia del regno”. Col tempo i sermoni biblici di C. T. Russell vennero pubblicati da migliaia di giornali in ogni parte del mondo.

      Prove e cambiamenti

      22-24. (a) Quale fu la reazione della maggior parte degli Studenti Biblici quando C. T. Russell morì? (b) Chi succedette a Russell come presidente della Società?

      22 All’improvviso, nel 1916, Charles Taze Russell morì, all’età di 64 anni, durante un giro di predicazione negli Stati Uniti. Che ne sarebbe stato ora degli Studenti Biblici? Avrebbero cessato la loro attività, come se fossero stati seguaci di un semplice uomo? Come avrebbero affrontato le prove della prima guerra mondiale (1914-18), alla cui carneficina gli Stati Uniti avrebbero presto partecipato?

      23 La reazione della maggior parte degli Studenti Biblici fu esemplificata da queste parole di W. E. Van Amburgh, un funzionario della Società (Watch Tower): “Questa grande opera mondiale non è l’opera di una sola persona. È di gran lunga troppo grande perché lo sia. È l’opera di Dio e non muta. Dio ha impiegato molti servitori nel passato e ne impiegherà senza dubbio molti nel futuro. Noi non ci siamo consacrati a un uomo, o all’opera di un uomo, ma a compiere la volontà di Dio, come Egli ce la rivelerà per mezzo della Sua Parola e della Sua provvidenziale direttiva. Dio è ancora al timone”. — 1 Corinti 3:3-9.

      24 Nel gennaio 1917 Joseph F. Rutherford, avvocato e profondo studioso della Bibbia, fu eletto secondo presidente della Società. Aveva una personalità dinamica e non era il tipo da lasciarsi intimidire. Sapeva che il Regno di Dio doveva essere predicato. — Marco 13:10.

      Rinnovato zelo e un nuovo nome

      25. Come si prepararono gli Studenti Biblici per il loro difficile compito negli anni che seguirono la prima guerra mondiale?

      25 La Società organizzò assemblee negli Stati Uniti nel 1919 e nel 1922. Dopo la persecuzione subita negli Stati Uniti durante la prima guerra mondiale, fu quasi come una seconda Pentecoste per le poche migliaia di Studenti Biblici di quel tempo. (Atti 2:1-4) Anziché cedere al timore dell’uomo, accolsero con ancora più vigore l’invito della Bibbia di andare a predicare alle nazioni. Nel 1919 la Società presentò una rivista (allora solo in inglese) da abbinare alla Torre di Guardia denominata L’Età d’Oro, oggi nota in tutto il mondo col nome di Svegliatevi! Essa è stata un potente strumento per destare le persone al significato dei tempi in cui viviamo e per infondere fiducia nella promessa del Creatore di portare un nuovo mondo pacifico.

      26. (a) A quale responsabilità diedero sempre più risalto gli Studenti Biblici? (b) Quale più chiaro intendimento della Bibbia ricevettero gli Studenti Biblici?

      26 Durante gli anni ’20 e ’30 gli Studenti Biblici diedero sempre più risalto all’originario metodo cristiano di predicazione: di casa in casa. (Atti 20:20) Ciascun credente aveva la responsabilità di dare testimonianza a quante più persone possibile riguardo al dominio del Regno di Cristo. Studiando la Bibbia essi compresero chiaramente che la questione di somma importanza che si presenta all’umanità è quella della sovranità universale e che tale questione sarebbe stata risolta quando Geova Dio avrebbe stritolato Satana ed eliminato tutte le sue opere rovinose sulla terra. (Romani 16:20; Rivelazione 11:17, 18) Si comprese che, nel contesto di tale questione, la salvezza dell’uomo era secondaria rispetto alla rivendicazione di Dio quale legittimo Sovrano. Perciò sulla terra ci sarebbero dovuti essere fedeli testimoni desiderosi di attestare i propositi e la supremazia di Dio. Come fu soddisfatta questa necessità? — Giobbe 1:6-12; Giovanni 8:44; 1 Giovanni 5:19, 20.

      27. (a) Quale evento memorabile ebbe luogo nel 1931? (b) Menzionate alcune credenze che distinguono i Testimoni.

      27 Nel luglio 1931 gli Studenti Biblici tennero un’assemblea a Columbus (Ohio, USA) durante la quale le migliaia di presenti adottarono una risoluzione. In essa assunsero con gioia “il nome che la bocca del Signore Dio ha proferito”, e dichiararono: “Desideriamo esser conosciuti e chiamati con questo nome, cioè ‘testimoni di Geova’”. A partire da quella data i testimoni di Geova sono divenuti noti in tutto il mondo non solo per le credenze che li distinguono, ma anche per il loro zelante ministero di casa in casa e per le strade. (Vedi pagine 356-7). — Isaia 43:10-12; Matteo 28:19, 20; Atti 1:8.

      28. Nel 1935 quale più chiaro intendimento riguardo al governo del Regno ricevettero i Testimoni?

      28 Nel 1935 i Testimoni pervennero a un più chiaro intendimento riguardo alla classe celeste del Regno, che governerà con Cristo, e ai loro sudditi sulla terra. Sapevano già che il numero dei cristiani unti chiamati a governare con Cristo dai cieli sarebbe stato di soli 144.000. Quindi, quale sarebbe stata la speranza del resto del genere umano? Un governo deve avere dei sudditi perché se ne giustifichi l’esistenza. Anche questo governo celeste, il Regno, avrebbe avuto milioni di sudditi ubbidienti qui sulla terra. Sarebbero stati la “grande folla, che nessun uomo poteva numerare, di ogni nazione e tribù e popolo e lingua”, che grida: “La salvezza la dobbiamo al nostro Dio [Geova], che siede sul trono, e all’Agnello [Cristo Gesù]”. — Rivelazione 7:4, 9, 10; 14:1-3; Romani 8:16, 17.

      29. Quale difficile compito intravidero e accettarono di assolvere i Testimoni?

      29 L’aver compreso questo riguardo alla grande folla aiutò i testimoni di Geova a vedere quale ardua impresa avevano dinanzi: trovare e istruire tutti quei milioni di persone che cercavano il vero Dio e che avrebbero formato la “grande folla”. Ciò avrebbe comportato una campagna educativa internazionale. Avrebbe richiesto oratori e ministri addestrati. Ci sarebbero volute scuole. Tutto questo fu preso in considerazione dal successivo presidente della Società.

      Ricerca mondiale di coloro che desiderano conoscere Dio

      30. Quali avvenimenti degli anni ’30 e ’40 influirono sui Testimoni?

      30 Nel 1931 i Testimoni, attivi in meno di 50 paesi, non erano neppure 50.000. Gli avvenimenti degli anni ’30 e ’40 non resero certo più facile la loro predicazione. Questo periodo vide l’ascesa del fascismo e del nazismo e lo scoppio della seconda guerra mondiale. Nel 1942 J. F. Rutherford morì. La Società aveva ora bisogno di una guida vigorosa perché si desse ulteriore impulso all’opera di predicazione dei testimoni di Geova.

      31. Cosa ebbe inizio nel 1943 allo scopo di estendere la predicazione della buona notizia?

      31 Nel 1942, all’età di 36 anni, Nathan H. Knorr fu scelto come terzo presidente della Società. Era un organizzatore energico e aveva le idee chiare sulla necessità di promuovere la predicazione della buona notizia in tutto il mondo il più celermente possibile, nonostante le nazioni fossero ancora impegnate nella seconda guerra mondiale. Di conseguenza attuò immediatamente il piano di aprire una scuola per l’addestramento di missionari, detta Scuola di Galaad (Watchtower Bible School of Gilead).d I primi cento studenti, tutti ministri a tempo pieno, furono iscritti nel gennaio 1943. Per circa sei mesi studiarono intensamente la Bibbia e materie attinenti relative al ministero prima di essere inviati nei luoghi cui erano stati assegnati, per lo più in paesi stranieri. Fino al 1990 si sono diplomate 89 classi, e migliaia di ministri sono usciti da Galaad per prestare servizio in ogni parte del mondo.

      32. Quale progresso hanno compiuto i testimoni di Geova dal 1943?

      32 Nel 1943 c’erano solo 126.329 Testimoni che predicavano in 54 paesi. Nonostante la crudele opposizione del nazismo, del fascismo, del comunismo e dell’Azione Cattolica, come pure delle cosiddette democrazie nel corso della seconda guerra mondiale, nel 1946 i testimoni di Geova avevano raggiunto un massimo di oltre 176.000 predicatori del Regno. Quarantaquattro anni dopo ce n’erano quasi quattro milioni attivi in oltre 200 paesi, isole e territori. Senza dubbio il fatto che sia possibile identificarli chiaramente dal nome e dalle azioni ha contribuito a farli conoscere in tutto il mondo. Ma vi sono altri fattori che hanno influito notevolmente sulla loro efficacia. — Zaccaria 4:6.

      Un’organizzazione per l’istruzione biblica

      33. Perché i testimoni di Geova hanno Sale del Regno?

      33 I testimoni di Geova tengono adunanze settimanali per lo studio della Bibbia nelle loro Sale del Regno, delle quali si servono oltre 60.000 congregazioni in ogni parte della terra. In queste adunanze non si compiono riti né si fa appello alle emozioni; piuttosto il loro scopo è di aiutare ad acquistare accurata conoscenza di Dio, della sua Parola e dei suoi propositi. Perciò i testimoni di Geova si radunano tre volte la settimana per accrescere il loro intendimento della Bibbia e per imparare come predicare e insegnare ad altri il messaggio in essa contenuto. — Romani 12:1, 2; Filippesi 1:9-11; Ebrei 10:24, 25.

      34. A cosa serve la Scuola di Ministero Teocratico?

      34 Ad esempio, l’adunanza che si tiene a metà settimana include la Scuola di Ministero Teocratico, a cui possono iscriversi i componenti della congregazione. Questa scuola, presieduta da un anziano cristiano qualificato, serve ad addestrare uomini, donne e bambini nell’arte di insegnare e di esprimersi in armonia con i princìpi biblici. L’apostolo Paolo dichiarò: “La vostra espressione sia sempre con grazia, condita con sale, in modo da sapere come dare risposta a ciascuno”. Nelle loro adunanze cristiane i Testimoni imparano anche a esporre il messaggio del Regno “con mitezza e profondo rispetto”. — Colossesi 4:6; 1 Pietro 3:15.

      35. Quali sono alcune altre adunanze tenute dai Testimoni, e quali benefìci se ne traggono?

      35 In un giorno diverso i Testimoni si radunano anche per ascoltare un discorso biblico di 45 minuti, seguito da una trattazione di un’ora con la congregazione (mediante domande e risposte) di un argomento biblico relativo alla dottrina o alla condotta cristiana. I componenti della congregazione sono liberi di parteciparvi attivamente. Ogni anno inoltre i Testimoni assistono a tre adunanze più numerose, assemblee che durano da uno a quattro giorni, in cui di solito si radunano a migliaia per ascoltare discorsi biblici. Grazie a queste e ad altre adunanze, alle quali l’ingresso è libero, ogni Testimone, uomo o donna, approfondisce la propria conoscenza delle promesse di Dio per questa terra e per l’umanità, oltre ad acquisire un’ottima educazione nel campo della morale cristiana. Seguendo gli insegnamenti e l’esempio di Cristo Gesù, ciascuno può coltivare una relazione sempre più intima col vero Dio, Geova. — Giovanni 6:44, 65; 17:3; 1 Pietro 1:15, 16.

      Come sono organizzati i Testimoni?

      36. (a) I Testimoni hanno una classe clericale retribuita? (b) Chi prende allora la direttiva nella congregazione?

      36 Logicamente, per tenere adunanze ed essere organizzati per predicare, i testimoni di Geova devono avere qualcuno che prenda la direttiva. Tuttavia non hanno una classe clericale retribuita né tengono qualche capo carismatico sul piedistallo. (Matteo 23:10) Gesù disse: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. (Matteo 10:8; Atti 8:18-21) In ogni congregazione ci sono anziani e servitori di ministero spiritualmente qualificati, molti dei quali svolgono un lavoro secolare e hanno una famiglia da curare, che volontariamente assolvono l’incarico di istruire e dirigere la congregazione. Questo è esattamente il modello stabilito dai cristiani del I secolo. — Atti 20:17; Filippesi 1:1; 1 Timoteo 3:1-10, 12, 13.

      37. Come vengono nominati gli anziani e i servitori di ministero?

      37 Come vengono nominati questi anziani e servitori di ministero? La loro nomina avviene sotto la supervisione di un corpo direttivo formato da anziani unti di diversi paesi, la cui funzione è analoga a quella del corpo di apostoli e anziani di Gerusalemme che prendevano la direttiva nella primitiva congregazione cristiana. Come abbiamo visto nel Capitolo 11, nessuno degli apostoli aveva il primato sugli altri. Essi pervenivano alle loro decisioni come gruppo o corpo, e queste venivano rispettate dalle congregazioni sparse in tutto il mondo romano di allora. — Atti 15:4-6, 22, 23, 30, 31.

      38. Come opera il Corpo Direttivo?

      38 È in vigore la stessa disposizione per quanto riguarda l’odierno Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova. I suoi componenti tengono adunanze settimanali presso la sede mondiale a Brooklyn (New York), e di lì istruzioni vengono poi inviate in ogni parte del mondo ai Comitati di Filiale che soprintendono all’attività di ministero in ciascun paese. Seguendo l’esempio dei primi cristiani, i testimoni di Geova sono stati in grado di coprire vaste zone della terra con la predicazione della buona notizia del Regno di Dio. Quest’opera continua su scala mondiale. — Matteo 10:23; 1 Corinti 15:58.

      Molti accorrono al vero Dio

      39. (a) Perché i Testimoni restano neutrali nelle controversie politiche? (b) In che modo i Testimoni hanno prosperato dove sono stati messi al bando?

      39 Nel nostro secolo i testimoni di Geova hanno prosperato in ogni parte della terra, anche nei paesi in cui sono stati soggetti a bandi o proscrizioni. Questi bandi sono stati imposti soprattutto da regimi che non hanno compreso la posizione neutrale dei testimoni di Geova rispetto alle fedi politiche e nazionalistiche di questo mondo. (Vedi pagina 347). Tuttavia in questi paesi decine di migliaia di persone si sono volte al Regno di Dio come unica vera speranza di pace e sicurezza per l’umanità. Nella maggior parte delle nazioni è stata data una grandiosa testimonianza, ed ora ci sono milioni di Testimoni attivi ovunque nel mondo. — Vedi tabella a pagina 361.

      40, 41. (a) Cosa attendono ora i testimoni di Geova? (b) A quale domanda si deve ancora rispondere?

      40 Nutrendo amore cristiano e la speranza di “un nuovo cielo e una nuova terra”, i testimoni di Geova attendono fiduciosi il prossimo futuro quando avvenimenti che scuoteranno il mondo metteranno presto fine a tutta l’ingiustizia, la corruzione e la malvagità esistenti su questa terra. Per questo motivo essi continueranno a far visita ai loro vicini nel sincero sforzo di avvicinare al vero Dio, Geova, le persone dal cuore retto. — Rivelazione 21:1-4; Marco 13:10; Romani 10:11-15.

      41 Nel frattempo, secondo la profezia biblica, cosa riserva il futuro all’umanità, alla religione e a questa terra inquinata? Il capitolo conclusivo risponderà a questa importante domanda. — Isaia 65:17-25; 2 Pietro 3:11-14.

      [Note in calce]

      a Queste due ultime frasi sono visibili sul cosiddetto “Muro di Isaia” che fronteggia gli edifici dell’ONU, come pure su una statua nei giardini dell’ONU, e in effetti uno degli obiettivi dell’ONU è quello di adempierle.

      b La parola greca màrtyr, da cui viene la parola italiana “martire” (“uno che rende testimonianza con la propria morte”, An Expository Dictionary of New Testament Words, di W. E. Vine), in effetti significa “testimone” (“uno che attesta, o può attestare, ciò che egli stesso ha visto o udito o è venuto a sapere in qualche altro modo”, A Greek-English Lexicon of the New Testament, di J. H. Thayer).

      c Per una trattazione particolareggiata degli “ultimi giorni”, vedi Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca, edito in Italia nel 1982 dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, capitolo 18.

      d Galaad, che deriva dall’ebraico Gal‛èdh, significa “mucchio di testimonianza”. Vedi anche Perspicacia nello studio delle Scritture, Volume 1, pagine 983, 989. — Genesi 31:47-49.

      [Riquadro a pagina 347]

      Neutralità cristiana nella Roma pagana

      In armonia con i princìpi dell’amore e della pace insegnati da Gesù, e basandosi sul loro studio personale della Parola di Dio, i primi cristiani non partecipavano alle guerre né si addestravano alle armi. Gesù aveva detto: “Il mio regno non fa parte di questo mondo. Se il mio regno facesse parte di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai giudei. Ma ora il mio regno non è di qui”. — Giovanni 18:36.

      Nella tarda data 295 E.V., Massimiliano di Tebessa, figlio di un veterano dell’esercito romano, fu coscritto per il servizio militare. Quando il proconsole gli chiese come si chiamava, rispose: “Perché mai vuoi tu sapere il mio nome? Io obietto in piena coscienza al servizio militare: in quanto sono cristiano. . . . Io non posso prestare servizio; non posso peccare contro la mia coscienza”. Il proconsole lo avvertì che avrebbe perso la vita se non avesse ubbidito. “Non presterò servizio. Tu puoi farmi tagliar la testa, ma io non servirò il potere in questo mondo: dopo, servirò il mio Dio”. — Storia e religione, di Arnold Toynbee, traduzione di L. Fenghi, Rizzoli, 1984, pagine 114-115.

      Nel nostro tempo lo studio personale della Bibbia ha spinto singoli testimoni di Geova in tutto il mondo a seguire i dettami della propria coscienza e ad assumere una posizione simile. In alcuni paesi molti hanno pagato con l’estremo sacrificio, specialmente nella Germania nazista, dove sono stati fucilati, impiccati e decapitati durante la seconda guerra mondiale. Ma la loro unità mondiale, basata sull’amore cristiano, non è mai stata infranta. Nessuno è mai morto in guerra per mano di un cristiano testimone di Geova. Come sarebbe potuta essere diversa la storia se ogni professante cristiano fosse pure vissuto secondo la norma dell’amore dettata da Cristo! — Romani 13:8-10; 1 Pietro 5:8, 9.

      [Riquadro/Immagini alle pagine 356 e 357]

      In che cosa credono i testimoni di Geova

      Domanda: Che cos’è un’anima?

      Risposta: Nella Bibbia l’anima (ebraico: nèfesh; greco: psychè) è una persona o un animale o la vita della persona o dell’animale.

      “E Dio proseguì, dicendo: ‘Produca la terra anime viventi secondo le loro specie, animale domestico e animale che si muove e bestia selvaggia della terra secondo la sua specie’. E Geova Dio formava l’uomo dalla polvere del suolo e gli soffiava nelle narici l’alito della vita, e l’uomo divenne un’anima vivente”. — Genesi 1:24; 2:7.

      Gli animali e l’uomo SONO anime viventi. L’anima non è qualcosa che abbia un’esistenza separata. Può morire e infatti muore. “Ecco, tutte le anime appartengono a me. Come l’anima del padre così l’anima del figlio appartengono a me. L’anima che pecca, essa stessa morirà”. — Ezechiele 18:4.

      Domanda: Dio è una Trinità?

      Risposta: I testimoni di Geova credono che Geova è l’unico Sovrano Signore dell’universo. “Ascolta, o Israele: Geova nostro Dio è un solo Geova”. (Deuteronomio 6:4) Cristo Gesù, la Parola, era una creatura spirituale e venne sulla terra per eseguire la volontà del Padre. Egli è sottoposto a Geova. “Ma quando tutte le cose . . . saranno state sottoposte [a Cristo], allora anche il Figlio stesso si sottoporrà a Colui che gli ha sottoposto tutte le cose, affinché Dio sia ogni cosa a tutti”. — 1 Corinti 15:28; vedi anche Matteo 24:36; Marco 12:29; Giovanni 1:1-3, 14-18; Colossesi 1:15-20.

      Lo spirito santo è la forza attiva di Dio, la sua energia all’opera, non una persona. — Atti 2:1-4, 17, 18.

      Domanda: I testimoni di Geova adorano o venerano idoli?

      Risposta: I testimoni di Geova non praticano nessuna forma di idolatria, sia che essa riguardi idoli, persone o organizzazioni.

      “Sappiamo che l’idolo non è nulla nel mondo, e che non c’è che un solo Dio. Poiché benché ci siano quelli che sono chiamati ‘dèi’, sia in cielo che sulla terra, come ci sono molti ‘dèi’ e molti ‘signori’, effettivamente c’è per noi un solo Dio, il Padre, dal quale sono tutte le cose, e noi per lui; e c’è un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale sono tutte le cose e noi per mezzo di lui”. — 1 Corinti 8:4-6; vedi anche Salmo 135:15-18.

      Domanda: I testimoni di Geova celebrano la Messa o la Comunione?

      Risposta: I testimoni di Geova non credono nella transustanziazione, una dottrina cattolica romana. Celebrano però il Pasto Serale del Signore, nella data che corrisponde al 14 nisan ebraico (di solito in marzo o aprile), come commemorazione annuale della morte di Cristo. A questa adunanza vengono fatti passare fra i presenti pane non lievitato e vino rosso, simboli del corpo senza peccato di Cristo e del suo sangue sacrificale. Solo coloro che hanno la speranza di regnare con Cristo nel suo Regno celeste prendono questi emblemi. — Marco 14:22-26; Luca 22:29; 1 Corinti 11:23-26; Rivelazione (Apocalisse) 14:1-5.e

      [Nota in calce]

      e Per una trattazione più approfondita di questo argomento, vedi Ragioniamo facendo uso delle Scritture, edito in Italia nel 1985 dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, pagine 70-4; 225-9.

      [Immagini]

      I testimoni di Geova si radunano regolarmente nelle Sale del Regno per studiare la Bibbia

      Sale del Regno: in Giappone, a Ichihara (pagina accanto), e in Brasile, a Boituva

      [Prospetto a pagina 361]

      Alcuni paesi in cui predicano i Testimoni

      Paese Testimoni attivi

      Argentina 79.000

      Australia 51.000

      Brasile 267.000

      Canada 98.000

      Colombia 42.000

      Corea 57.000

      El Salvador 18.000

      Filippine 102.000

      Finlandia 17.000

      Francia 109.000

      Germania, R. F. 129.000

      Giappone 138.000

      Gran Bretagna 117.000

      Grecia 24.000

      India 9.000

      Italia 172.000

      Libano 2.500

      Messico 277.000

      Nigeria 137.000

      Polonia 91.000

      Portogallo 36.000

      Puerto Rico 24.000

      Spagna 78.000

      Sudafrica 46.000

      Ungheria 10.000

      USA 818.000

      Venezuela 47.000

      Zambia 72.000

      36 al bando 220.000

      Cifre mondiali (1989): 60.192 congregazioni 3.787.000 Testimoni

      [Immagini a pagina 346]

      Sul monumento dell’ONU alla pace si legge: “Faremo delle nostre spade vomeri”; sul “Muro di Isaia” è riportato il versetto biblico

      [Immagine a pagina 351]

      I testimoni di Geova credono nel sacrificio di riscatto di Cristo offerto per i peccati del genere umano

      [Immagini a pagina 363]

      Sale delle Assemblee dei Testimoni di Geova: Veduta aerea della sala di East Pennines (Inghilterra)

      Sala delle Assemblee a Fort Lauderdale (Florida, USA), in cui si svolgono programmi in inglese, spagnolo e francese

      [Immagini a pagina 364]

      Sede mondiale della Watch Tower Society a Brooklyn (New York)

      [Immagini a pagina 365]

      Filiali della Società (da sinistra in alto) in Sudafrica, Spagna e Nuova Zelanda

  • Il vero Dio e il vostro futuro
    L’uomo alla ricerca di Dio
    • Capitolo 16

      Il vero Dio e il vostro futuro

      “In questo universo misterioso, c’è un’unica cosa di cui l’uomo può sentirsi certo: l’unica certezza è il fatto che l’uomo non è sicuramente la presenza spirituale più grande nell’universo. . . . Nell’universo è presente qualcosa che è spiritualmente superiore all’uomo. . . . E il fine dell’uomo è quello di cercare la comunione con la presenza che sta dietro e oltre i fenomeni: e di cercarla prefiggendosi lo scopo di mettere il suo Io in armonia con la realtà assoluta dello Spirito”. — Storia e religione, di Arnold Toynbee, traduzione di L. Fenghi, Rizzoli, 1984, pagina 283.

      1. (Compresa l’introduzione). (a) Cosa riconobbe lo storico Toynbee circa l’uomo e l’universo? (b) In che modo la Bibbia identifica la “realtà assoluta dello Spirito”?

      DURANTE gran parte degli scorsi seimila anni l’uomo è andato, con più o meno zelo, alla ricerca di quella “realtà assoluta dello Spirito”. Ogni grande religione ha dato un nome diverso a quella realtà. Secondo la religione cui forse appartenete — induista, musulmana, buddista, scintoista, confuciana, taoista, ebraica, cristiana o qualunque altra — chiamerete in un dato modo quella “realtà assoluta dello Spirito”. Ma la Bibbia dà a questa realtà un nome, un genere e una personalità: Geova, il Dio vivente. Questo impareggiabile Dio disse a Ciro il Grande re di Persia: “Io sono Geova, e non c’è nessun altro. Eccetto me, non c’è nessun Dio. . . . Io stesso ho fatto la terra e su di essa ho anche creato l’uomo”. — Isaia 45:5, 12, 18; Salmo 68:19, 20.

      Geova, il Dio di infallibile profezia

      2. Se desideriamo informazioni attendibili circa il futuro, a chi dovremmo rivolgerci, e perché?

      2 Geova è la vera meta della ricerca di Dio da parte dell’uomo. Geova si è rivelato come il Dio di profezia, capace di dire la fine dal principio. Mediante il profeta Isaia disse: “Ricordate le prime cose di molto tempo fa, che io sono il Divino e non c’è altro Dio, né alcuno simile a me; Colui che annuncia dal principio il termine, e da molto tempo fa le cose che non sono state fatte; Colui che dice: ‘Il mio proprio consiglio avrà effetto, e farò tutto ciò che è il mio diletto’; . . . l’ho proferito; lo farò anche avvenire. L’ho formato, anche lo farò”. — Isaia 46:9-11; 55:10, 11.

      3. (a) Quali avvenimenti possiamo prevedere grazie alla profezia biblica? (b) Cos’ha fatto Satana agli increduli, e perché?

      3 Poiché esiste un Dio di profezia così degno di fiducia, possiamo sapere cosa sta per accadere al sistema religioso mondiale, fonte di discordie. Possiamo anche prevedere cosa succederà alle potenti organizzazioni politiche da cui sembra dipendere il destino del mondo. E non solo, possiamo anche predire quale fine attende “l’iddio di questo sistema di cose”, Satana, che “ha accecato le menti degli increduli” servendosi di innumerevoli religioni che hanno allontanato gli uomini dal vero Dio, Geova. E perché Satana ha ottenebrato le menti? “Affinché la luce della gloriosa buona notizia intorno al Cristo, che è l’immagine di Dio, non risplenda loro”. — 2 Corinti 4:3, 4; 1 Giovanni 5:19.

      4. A quali domande circa la terra e il futuro dell’uomo si deve rispondere?

      4 Possiamo sapere anche cosa ci sarà oltre questi avvenimenti predetti. In quale condizione si troverà infine la terra? Inquinata? Rovinata? Priva di foreste? O vi sarà una rigenerazione della terra e della razza umana? Come vedremo, la Bibbia risponde a tutte queste domande. Ma prima rivolgiamo la nostra attenzione agli avvenimenti dell’immediato futuro.

      Identificata “Babilonia la Grande”

      5. Cosa vide Giovanni in visione?

      5 Il libro biblico di Rivelazione, o Apocalisse, fu rivelato all’apostolo Giovanni sull’isola di Patmos nell’anno 96 E.V. Esso descrive con vivide immagini gli importanti avvenimenti che devono aver luogo nel tempo della fine, nel quale, secondo le prove bibliche, l’umanità si trova dal 1914.a Una delle scene simboliche viste in visione da Giovanni rappresenta una volgare e sfrontata prostituta chiamata “Babilonia la Grande, la madre delle meretrici e delle cose disgustanti della terra”. In che stato si trovava? “Vidi che la donna era ubriaca del sangue dei santi e del sangue dei testimoni di Gesù”. — Rivelazione 17:5, 6.

      6. Perché Babilonia la Grande non rappresenta gli elementi politici dominanti del mondo?

      6 Chi rappresenta questa donna? Non siamo lasciati a indovinarne l’identità. Procedendo per eliminazione, può essere identificata. Nella stessa visione, Giovanni ode un angelo dire: “Vieni, ti mostrerò il giudizio della grande meretrice che siede su molte acque, con la quale han commesso fornicazione i re della terra, mentre quelli che abitano la terra si sono inebriati col vino della sua fornicazione”. Se i re, o governanti, della terra commettono fornicazione con lei, la meretrice non può rappresentare gli elementi politici dominanti del mondo. — Rivelazione 17:1, 2, 18.

      7. (a) Perché Babilonia la Grande non rappresenta gli elementi commerciali? (b) Cosa rappresenta Babilonia la Grande?

      7 Lo stesso racconto ci dice che “i commercianti viaggiatori della terra si sono arricchiti a causa della potenza del suo lusso sfrenato”. Perciò Babilonia la Grande non può rappresentare gli elementi commerciali del mondo, “i commercianti”. Tuttavia il versetto ispirato dichiara: “Le acque che hai visto, dove la meretrice siede, significano popoli e folle e nazioni e lingue”. Quale altro importante elemento di questo sistema mondiale rimane che si adatta alla descrizione di una meretrice simbolica che commette fornicazione con i governanti politici, traffica col mondo commerciale e siede con magnificenza su popoli, folle, nazioni e lingue? È la falsa religione in tutte le sue forme diverse! — Rivelazione 17:15; 18:2, 3.

      8. Quali altri fatti confermano l’identificazione di Babilonia la Grande?

      8 Questa identificazione di Babilonia la Grande è confermata dal fatto che un angelo la condanna per la sua “pratica spiritica [mediante cui] furono sviate tutte le nazioni”. (Rivelazione 18:23) Tutte le forme di spiritismo sono di natura religiosa e ispirate dai demoni. (Deuteronomio 18:10-12) Pertanto Babilonia la Grande deve simboleggiare un’entità religiosa. Le prove bibliche indicano che è l’intero impero mondiale della falsa religione di Satana, che egli rende attraente alle menti umane per distogliere l’attenzione dal vero Dio, Geova. — Giovanni 8:44-47; 2 Corinti 11:13-15; Rivelazione 21:8; 22:15.

      9. Quali elementi hanno in comune molte religioni?

      9 Come abbiamo visto fin qui in questo libro, esistono elementi comuni rintracciabili nel quadro intricato e confuso delle religioni del mondo. Molte religioni affondano le loro radici nella mitologia. Quasi tutte sono collegate da qualche forma di credenza in una presunta anima umana immortale che sopravvive alla morte e va in un aldilà o trasmigra in un’altra creatura. Per molte il comune denominatore è la credenza in un pauroso luogo di tormento e di tortura chiamato inferno. Altre sono imparentate mediante le antiche credenze pagane di triadi, trinità e dee madri. È davvero appropriato, quindi, che debbano tutte essere raggruppate insieme sotto l’unico simbolo composito della meretrice “Babilonia la Grande”. — Rivelazione 17:5.

      Tempo di fuggire dalla falsa religione

      10. Quale fine è profetizzata per la meretrice religiosa?

      10 Secondo ciò che la Bibbia predice, quale sarà il destino finale di questa meretrice internazionale? Usando un linguaggio simbolico, il libro di Rivelazione descrive la sua distruzione per mano degli elementi politici. Questi sono simboleggiati dalle “dieci corna” che sostengono le Nazioni Unite, “una bestia selvaggia di colore scarlatto” che è l’immagine dell’insanguinato sistema politico di Satana. — Rivelazione 16:2; 17:3-16.b

      11. (a) Perché la falsa religione è condannata da Dio? (b) Che accadrà a Babilonia la Grande?

      11 Questa distruzione dell’impero mondiale satanico di falsa religione sarà il risultato dell’avverso giudizio di Dio contro tali religioni. Esse saranno state riconosciute colpevoli di fornicazione spirituale a motivo della complicità con i loro oppressivi amanti politici e del sostegno dato loro. La falsa religione ha macchiato le sue vesti di sangue innocente avendo appoggiato patriotticamente la classe dirigente di ciascuna nazione in tempo di guerra. Perciò Geova mette in cuore agli elementi politici di eseguire la Sua volontà contro Babilonia la Grande e devastarla. — Rivelazione 17:16-18.

      12. (a) Cosa dovete fare ora per essere risparmiati quando Babilonia sarà distrutta? (b) Quali insegnamenti distinguono la vera religione?

      12 Giacché simili eventi sovrastano le religioni di questo mondo, cosa dovreste fare? La risposta è contenuta in ciò che Giovanni udì dire da una voce dal cielo: “Uscite da essa, o popolo mio, se non volete partecipare con lei ai suoi peccati, e se non volete ricevere parte delle sue piaghe. Poiché i suoi peccati si sono ammassati fino al cielo, e Dio si è rammentato dei suoi atti d’ingiustizia”. Ora quindi è il tempo di ubbidire al comando dell’angelo di uscire dall’impero satanico di falsa religione e aderire alla vera adorazione di Geova. (Vedi pagina 377). — Rivelazione 17:17; 18:4, 5; confronta Geremia 2:34; 51:12, 13.

      Armaghedon è vicino

      13. Quali avvenimenti devono aver luogo fra breve?

      13 Rivelazione afferma che “in un sol giorno verranno le sue piaghe: morte e lutto e carestia, e sarà completamente bruciata col fuoco”. Secondo ogni indicazione profetica fornita dalla Bibbia, quel “sol giorno”, o breve periodo di tempo in cui avverrà la rapida esecuzione capitale, è ormai prossimo. Infatti la distruzione di Babilonia la Grande darà inizio a un periodo di “grande tribolazione” che culminerà nella “guerra del gran giorno dell’Iddio Onnipotente . . . Har-Maghedon”. Quella guerra o battaglia di Armaghedon terminerà con la disfatta del sistema politico di Satana e con l’inabissamento di Satana stesso. Sarà l’alba di un nuovo mondo di giustizia! — Rivelazione 16:14-16; 18:7, 8; 21:1-4; Matteo 24:20-22.

      14, 15. Quale profezia biblica è chiaramente prossima ad adempiersi?

      14 Già un’altra straordinaria profezia biblica è prossima ad adempiersi sotto i nostri occhi. L’apostolo Paolo profetizzò avvertendo: “Ora circa i tempi e le stagioni, fratelli, non avete bisogno che vi si scriva nulla. Poiché voi stessi sapete benissimo che il giorno di Geova viene esattamente come un ladro di notte. Quando diranno: ‘Pace e sicurezza!’ allora un’improvvisa distruzione sarà istantaneamente su di loro come il dolore di afflizione su una donna incinta; e non sfuggiranno affatto”. — 1 Tessalonicesi 5:1-3.

      15 Pare che le nazioni un tempo belligeranti e sospettose l’una dell’altra si stiano ora muovendo cautamente verso una situazione in cui saranno in grado di dichiarare pace e sicurezza mondiale. Perciò, considerando le cose anche sotto questo aspetto sappiamo che il giorno del giudizio di Geova sulla falsa religione, sulle nazioni e sul loro governante, Satana, è prossimo. — Sofonia 2:3; 3:8, 9; Rivelazione 20:1-3.

      16. Perché oggi il consiglio di Giovanni è così opportuno?

      16 Milioni di persone oggi vivono la loro vita come se gli unici valori durevoli e importanti fossero quelli materiali. Eppure ciò che questo mondo corrotto offre è superficiale ed effimero. Ecco perché il consiglio di Giovanni è così opportuno: “Non amate il mondo né le cose del mondo. Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui; perché tutto ciò che è nel mondo — il desiderio della carne e il desiderio degli occhi e la vistosa ostentazione dei propri mezzi di sostentamento — non ha origine dal Padre, ma ha origine dal mondo. Inoltre, il mondo passa e pure il suo desiderio, ma chi fa la volontà di Dio rimane per sempre”. Non preferireste rimanere per sempre? — 1 Giovanni 2:15-17.

      Il nuovo mondo promesso

      17. Cosa riserva il futuro a coloro che cercano il vero Dio?

      17 Visto che Dio sta per giudicare il mondo mediante Cristo Gesù, che avverrà dopo? Molto tempo fa, nelle Scritture Ebraiche, Dio profetizzò che avrebbe realizzato il suo proposito originale nei confronti del genere umano su questa terra, cioè quello di far godere a un’ubbidiente famiglia umana la vita perfetta su una terra paradisiaca. Il tentativo di Satana di frustrare quel proposito non ha annullato la promessa di Dio. Per questo motivo il re Davide poté scrivere: “Poiché i malfattori stessi saranno stroncati, ma quelli che sperano in Geova sono coloro che possederanno la terra. E ancora un poco, e il malvagio non sarà più . . . I giusti stessi possederanno la terra, e risiederanno su di essa per sempre”. — Salmo 37:9-11, 29; Giovanni 5:21-30.

      18-20. Quali cambiamenti avranno luogo qui sulla terra?

      18 In quale condizione sarà allora la terra? Completamente inquinata? Bruciata? Priva di foreste? Niente affatto! In origine Geova si era proposto che la terra fosse un parco paradisiaco pulito e armonioso. Il potenziale perché questo avvenga esiste nonostante i gravi danni arrecati alla terra dall’uomo. Ma Geova ha promesso che ‘ridurrà in rovina quelli che rovinano la terra’. Solo nel XX secolo si è venuta a creare una situazione che rasenta la rovina totale. A maggior ragione, quindi, siamo convinti che presto Geova interverrà per proteggere la sua proprietà, la sua creazione. — Rivelazione 11:18; Genesi 1:27, 28.

      19 Questo cambiamento deve aver luogo fra breve sotto la disposizione presa da Dio di “un nuovo cielo e una nuova terra”. Non si tratterà di un nuovo cielo fisico e di un nuovo pianeta, ma, piuttosto, di un nuovo dominio spirituale su una terra rinnovata e abitata da una società umana rigenerata. In quel nuovo mondo non vi sarà posto per lo sfruttamento dei propri simili o degli animali. Non vi sarà né violenza né spargimento di sangue. Non vi saranno né senzatetto, né fame, né oppressione. — Rivelazione 21:1; 2 Pietro 3:13.

      20 La Parola di Dio dichiara: “‘E certamente edificheranno case e le occuperanno; e certamente pianteranno vigne e ne mangeranno il frutto. Non edificheranno e qualcun altro occuperà; non pianteranno e qualcun altro mangerà. Poiché come i giorni dell’albero saranno i giorni del mio popolo; e i miei eletti useranno appieno l’opera delle loro proprie mani. . . . Il lupo e l’agnello stessi pasceranno insieme, e il leone mangerà la paglia proprio come il toro; e in quanto al serpente, il suo cibo sarà la polvere. Non faranno danno né causeranno rovina in tutto il mio monte santo’, ha detto Geova”. — Isaia 65:17-25.

      Il fondamento del nuovo mondo

      21. Perché il nuovo mondo è una certezza?

      21 ‘Come sarà possibile tutto questo?’, chiederete. Grazie al fatto che “Dio, che non può mentire, promise prima di tempi di lunga durata” che l’umanità sarebbe stata ristabilita e avrebbe avuto vita eterna nella perfezione. E la base di questa speranza è quella indicata dall’apostolo Pietro nella sua prima lettera indirizzata ai suoi conservi cristiani unti: “Benedetto sia l’Iddio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, poiché secondo la sua grande misericordia ci ha dato una nuova nascita per una speranza viva mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per un’eredità incorruttibile e incontaminata e durevole”. — Tito 1:1, 2; 1 Pietro 1:3, 4.

      22. Su cosa si fonda la speranza del nuovo mondo, e perché?

      22 È sulla risurrezione di Gesù Cristo che si fonda la speranza di un giusto nuovo mondo, perché egli è stato incaricato da Dio di governare dai cieli una terra purificata. Anche Paolo sottolineò quanto sia essenziale la risurrezione di Cristo quando scrisse: “Comunque, Cristo è stato ora destato dai morti, primizia di quelli che si sono addormentati nella morte. Poiché siccome la morte è per mezzo di un uomo, anche la risurrezione dei morti è per mezzo di un uomo. Poiché come in Adamo tutti muoiono, così anche nel Cristo tutti saranno resi viventi”. — 1 Corinti 15:20-22.

      23. (a) Perché la risurrezione di Cristo è essenziale? (b) Quale comando diede il risuscitato Gesù ai suoi seguaci?

      23 La morte sacrificale di Cristo come riscatto corrispondente e la sua risurrezione posero le basi per sperare in “un nuovo cielo”, il dominio del Regno, e in una razza umana trasformata, rigenerata, la società di una “nuova terra”. La sua risurrezione diede anche impulso all’opera di predicazione e insegnamento compiuta dai suoi apostoli fedeli. Il racconto spiega: “Comunque, gli undici discepoli andarono in Galilea, al monte che [il risuscitato] Gesù aveva loro designato, e, vedutolo, resero omaggio, ma alcuni dubitarono. E Gesù, accostatosi, parlò loro, dicendo: ‘Ogni autorità mi è stata data in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli di persone di tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello spirito santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni fino al termine del sistema di cose’”. — Matteo 19:28, 29; 28:16-20; 1 Timoteo 2:6.

      24. Quale altro meraviglioso dono è garantito dalla risurrezione di Gesù?

      24 La risurrezione di Gesù garantisce all’umanità anche un altro meraviglioso dono: la risurrezione dei morti. Riportando in vita Lazzaro, Gesù diede una dimostrazione della risurrezione più estesa che avrà luogo nel futuro. (Vedi pagine 249-50). Gesù aveva detto: “Non vi meravigliate di questo, perché l’ora viene in cui tutti quelli che sono nelle tombe commemorative udranno la sua voce e ne verranno fuori, quelli che hanno fatto cose buone a una risurrezione di vita, quelli che hanno praticato cose vili a una risurrezione di giudizio”. — Giovanni 5:28, 29; 11:39-44; Atti 17:30, 31.

      25. (a) Quale possibilità di scelta avranno tutti nel nuovo mondo? (b) Che forma di religione trionferà nel nuovo mondo?

      25 Che gioia sarà poter riabbracciare i nostri cari che torneranno in vita, cosa che probabilmente ciascuna generazione farà con la generazione precedente! Lì nel nuovo mondo ognuno potrà quindi decidere, in condizioni perfette, se adorare il vero Dio, Geova, o perdere la vita come oppositore. Sì, nel nuovo mondo ci sarà una sola religione, un’unica forma di adorazione. Ogni lode andrà all’amorevole Creatore, e ogni creatura umana ubbidiente farà eco alle parole del salmista: “Certamente ti esalterò, o mio Dio il Re, e certamente benedirò il tuo nome a tempo indefinito, sì, per sempre. . . . Geova è grande e da lodare assai, e la sua grandezza è imperscrutabile”. — Salmo 145:1-3; Rivelazione 20:7-10.

      26. Perché dovreste esaminare la Parola di Dio, la Bibbia?

      26 Ora che avete potuto fare un confronto tra le grandi religioni del mondo, vi invitiamo a investigare più a fondo la Parola di Dio, la Bibbia, su cui si basano le credenze dei testimoni di Geova. Rendetevi conto di persona che il vero Dio si può trovare. Sia che siate induisti, musulmani, buddisti, scintoisti, confuciani, taoisti, ebrei, cristiani o di qualsiasi altra fede, ora è il tempo di esaminare la relazione che avete col vero e vivente Iddio. Probabilmente ciò che determinò la religione a cui ora appartenete fu il vostro luogo di nascita, cosa che non è dipesa affatto da voi. Di sicuro non si perde nulla esaminando ciò che la Bibbia dice di Dio. Questa potrebbe essere la migliore occasione della vostra vita di conoscere veramente il proposito del Sovrano Signore Dio per questa terra e per l’uomo su di essa. Sì, la vostra sincera ricerca del vero Dio può essere soddisfatta studiando la Bibbia con i messaggeri di Geova, i suoi Testimoni, che vi hanno portato questo libro.

      27. (a) Quale invito vi rivolge Gesù? (b) In armonia col tema di questo libro, Isaia cosa invita tutti a fare?

      27 Non invano Gesù disse: “Continuate a chiedere, e vi sarà dato; continuate a cercare, e troverete; continuate a bussare, e vi sarà aperto”. Potrete essere fra coloro che hanno trovato il vero Dio se ascolterete questo messaggio del profeta Isaia: “Ricercate Geova mentre si può trovare. Invocatelo mentre mostra d’esser vicino. Lasci il malvagio la sua via, e l’uomo dannoso i suoi pensieri; e torni a Geova, che avrà misericordia di lui, e al nostro Dio, poiché egli perdonerà in larga misura”. — Matteo 7:7; Isaia 55:6, 7.

      28. Chi può aiutarvi a trovare il vero Dio?

      28 Se state cercando il vero Dio, sentitevi liberi di mettervi in contatto con i testimoni di Geova.c Saranno felici di aiutarvi senza nessun compenso a conoscere intimamente il Padre e la sua volontà mentre ce n’è ancora il tempo. — Sofonia 2:3.

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