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Opere meritorie dei congregatiLa Torre di Guardia 1958 | 15 giugno
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a ogni pratica sapienza egli si opporrà”. Egli cercherà pretesti egoistici per allontanarsi, per giustificarsi, ma facendo ciò egli agisce in modo non saggio e indebolisce la sua capacità di adempiere il proprio voto; infatti agisce contrariamente al suo voto di fare la volontà di Dio. Si priva dell’aiuto che Dio dà solo per mezzo del suo popolo congregato, e certo cadrà in maniera calamitosa.
7. Che cosa dissero i due congregatori dell’associazione reciproca, e perché coloro che hanno fatto un voto a dio non possono permettersi di mancare alle adunanze di congregazione?
7 Il grande Congregatore disse: “Dovunque due o tre persone sono riunite nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. (Matt. 18:20) L’antico congregatore, Salomone, disse: “Due sono meglio di uno, perché hanno una buona ricompensa per la loro fatica [insieme]. Poiché se uno di loro cade, l’altro può rialzare il suo compagno. Ma che sarà di colui che cade quando non c’è un altro a rialzarlo? Ancora, se due giacciono insieme, certamente si riscalderanno, ma come può uno solo riscaldarsi? E se qualcuno potesse sopraffare uno solo, due potrebbero insieme tenergli testa. Ed una corda a tre capi non può essere facilmente spezzata in due”. (Eccl. 4:9-12) Tutti i congregati al tempio spirituale di Geova per la sua adorazione sono sotto uno stesso voto. Essi devono tutti adempiere insieme il loro voto, aiutandosi amorevolmente l’un l’altro ad adempiere il loro voto onde nessuno sia sopraffatto da Satana il Diavolo e dal suo mondo. Essi non si possono perciò permettere di allontanarsi dalle adunanze di congregazione e dalle altre assemblee. Devono edificare il loro senso di associazione, di solidarietà, e di reciproca dipendenza e bisogno.
TEMPO PER L’ATTIVITÀ DEL REGNO
8. Che cosa disse il nostro Congregatore riguardo al venire a lui, e quali ragioni presenta Salomone per ubbidire agli ordini del re?
8 Colui che ci congrega quando facciamo voto a Geova è il dominante re Gesù Cristo, che disse: “Nessun uomo può venire a me se il Padre, che mi ha mandato, non lo attira”. (Giov. 6:44) Geova ci attira al suo unto Re affinché seguiamo le sue orme e lo serviamo. Quando facciamo voto a Geova noi pronunciamo dinanzi a lui il giuramento di sostenere il regno del suo Unto, poiché il suo Re è il Capo ch’egli ci ha dato. Nell’adempiere il nostro voto noi dobbiamo ubbidire agli ordini dell’unto Re di Geova. Il congregatore dice: “Io [dico]: ‘Osserva l’ordine del re, e questo, a motivo del giuramento fatto a Dio. Non t’affrettare ad andar via dalla sua presenza. Non persistere in una cosa cattiva. Poiché egli farà tutto ciò che gli piace, perché la parola del re è la forza del potere; e chi gli può dire: “Che cosa fai?”’ Chi osserva il comandamento non conoscerà alcuna cosa calamitosa, e il cuore saggio conoscerà sia il tempo che il giudizio. Poiché vi è un tempo e un giudizio per ogni cosa, perché la calamità del genere umano grava su di loro”. — Eccl. 8:2-6.
9. In che modo Geova ha ben disposto ogni cosa a suo tempo riguardo al suo regno e alla sua proclamazione?
9 Ben dice il congregatore: “Per ogni cosa vi è un tempo fissato, vi è un tempo per ogni cosa sotto i cieli: io ho visto l’occupazione che Dio ha data ai figli del genere umano perché vi siano occupati. Ogni cosa egli ha fatta ben disposta a suo tempo”. (Eccl. 3:1, 10, 11) Geova fissò un certo anno in cui sarebbero terminati i sette “tempi delle nazioni”; e nell’anno 1914 venne quindi il tempo fissato in cui avrebbe dovuto dar potere al suo regno retto dal suo unto Re. In seguito, al tempo fissato, nella primavera dell’anno 1918, egli venne nel suo tempio spirituale accompagnato dal suo reale messaggero, Gesù Cristo, per l’opera di giudizio. Dopo di ciò venne il tempo di congregare le pecore del suo “piccolo gregge” e quindi della “gran folla” secondo il calcolo degli avvenimenti compiuto da Geova. Venne allora il tempo per le pecore di fare una certa opera finale, di annunciare cioè in tutto il mondo l’istituzione del suo Regno e di far risuonare su tutta la terra l’avvertimento circa la fine di questo vecchio mondo. Nella sua profezia sulla fine del mondo Gesù Cristo, ora re, ci diede l’ordine di fare questa proclamazione del Regno, dicendo: “Questa buona notizia del regno sarà predicata in tutta la terra abitata a scopo di testimonianza a tutte le nazioni, e allora verrà la fine compiuta”. — Matt. 24:14.
10. Come mostriamo saggezza in merito agli ordini del Re, al nostro voto e al nostro rifiuto di sfidare il Re di Geova?
10 Il congregatore ci dice di mostrar saggezza e di adempiere questo ordine del re Gesù Cristo, e in ispecial modo di far questo a motivo del giuramento che abbiamo fatto a Dio in relazione col nostro voto di fare la sua volontà. Noi abbiamo dato la nostra parola; non osiamo dimostrarci spergiuri; non possiamo violare il nostro voto. A causa del voto fatto e giurato dinanzi all’Iddio Altissimo abbiamo l’obbligo di osservare l’ordine del suo Re che siede sul trono di Geova. Non possiamo allontanarci dal suo Re rinunciando a lui, trascurando i nostri doveri rispetto al Regno. Sarebbe una cattiva cosa far questo. Non ci possiamo unire ai governanti di questo mondo e sfidare il Re di Geova con le parole: “Che cosa fai?” Essi non possono e noi non possiamo impedire al Re di fare “tutto ciò che gli piace”; e nel tempo attuale a lui piace che questa buona notizia del regno di Dio sia predicata in ogni luogo a persone di ogni specie. La parola del Re è la forza del potere. Essa sarà osservata e viene osservata indipendentemente dalla sfida di tutto il mondo di Satana.
11. Se noi congregati siamo di cuore saggio, che cosa sapremo e vedremo e quindi che cosa faremo per evitare la calamità del mondo?
11 Sebbene alcuni sedicenti Cristiani non vogliano prender parte alla predicazione del Regno a causa dello sforzo che richiede e della persecuzione che reca, la predicazione della buona notizia non diminuirà né cesserà. Essa continuerà ad ogni modo senza quelli che si traggono indietro, perché la predicazione mostra ubbidienza all’ordine del Re e il suo ordine è la “forza del potere”. Se noi congregati siamo di cuore saggio, sapremo che la predicazione del Regno fu ben disposta da Dio per questo “tempo della fine” prima della battaglia di Armaghedon. Vedremo che questo è il tempo fissato per essa e che il suo giudizio opera verso tutte le cose degli uomini e anche verso ciò che facciamo. Noi vogliamo avere la sua approvazione nel giudizio. Perciò osserveremo il suo comandamento per mezzo del suo Re. Facendo ciò, non conosceremo la cosa calamitosa che ora ostacola e frustra tutti gli uomini di questo mondo e che giungerà alla sua catastrofica espressione ad Armaghedon.
12. (a) Secondo il tempo di chi dovremmo noi ora calcolare il nostro tempo, e come? (b) Quali pretesti non dovremmo cercare, e perché no?
12 Questo è il tempo dei tempi. In armonia col nostro voto calcoliamo ora il nostro tempo secondo il tempo di Dio. Proviamo a noi stessi che questo è il tempo di predicare il messaggio regale della sua salvezza. Inoltre, assicuriamoci di fare la particolare opera destinata a questo tempo. Allora faremo l’opera meritoria. Fare l’opera errata in questo importantissimo tempo significa andare a finire nella calamità. Significa darci alla “più grande vanità”. Tranne quest’opera destinata da Dio a questo tempo, tutto “è vanità”, da cui l’uomo non trarrà alcun profitto nonostante tutta la sua attuale fatica. (Eccl. 1:2, 3) Accettiamo dunque il “dono di Dio”, l’opera che egli ora ci dà da fare. Non andiamo in cerca di pretesti per non impegnarci nell’uso di questo “dono di Dio”, giudicando la cosa dall’aspetto esteriore che la renderebbe sfavorevole. “Chi bada al vento non seminerà, e chi guarda le nuvole non raccoglierà”. (Eccl. 11:4) Nonostante le apparenze sfavorevoli, sia il nostro motto: Il lavoro continui! “La mattina semina la tua semente e fino alla sera non dar posa alla tua mano, poiché non sai dove questo avrà successo, qui o là, o se entrambi saranno ugualmente buoni”. (Eccl. 11:6) Non perdiamo tempo; non ci mostriamo pigri in questa grandissima opportunità.
13. Perché dovremmo dedicare tutta la nostra forza al servizio del Regno, e a questo riguardo quale avvertimento del congregatore è appropriato per i giovani?
13 Non sciupiamo la nostra forza in una occupazione calamitosa. Il tempo di usare la nostra forza nel servizio del Regno ora, prima di Armaghedon, è troppo limitato. Dedichiamo tutta la nostra forza al servizio del Regno. I giovani hanno a questo riguardo una speciale opportunità. Se trascorrono male la loro giovinezza in opere vane e calamitose, Dio a suo tempo li giudicherà. Il congregatore avverte: “Rallegrati, giovane, nella tua adolescenza e affinché il tuo cuore ti faccia del bene nei giorni della tua giovinezza, e cammina nelle vie del tuo cuore e nelle cose viste dai tuoi occhi. Ma sappi che a causa di tutte queste il [vero] Dio ti chiamerà in giudizio. Quindi scaccia la tristezza dal tuo cuore e allontana la calamità dalla tua carne, poiché la giovinezza e il meglio della vita sono vanità”. — Eccl. 11:9, 10.
14. (a) Che cosa dice il congregatore ai giovani di fare per evitare la calamità e per non usare la giovinezza e il meglio della vita invano? (b) Perché la maggioranza dei ragazzi non avrà oggi l’opportunità di raggiungere vecchiaia dopo una giovinezza sciupata?
14 Come può un giovane o una giovanetta allontanare la calamità, scacciare dal cuore la tristezza, e non lasciare che la giovinezza e il meglio della vita sian vissuti invano? Il congregatore risponde: “Ricorda, ora, il tuo grande Creatore nei giorni della tua giovinezza prima che vengano i giorni calamitosi, o arrivino gli anni quando dirai: ‘Non ne ho alcun piacere’; . . . prima che sia tolta la corda d’argento e si frantumi la scodella d’oro, e alla fonte la brocca si rompa e si frantumi la ruota dell’acqua per la cisterna. Quindi la polvere torna alla terra com’era prima e lo spirito stesso torna al [vero] Dio che l’ha dato”. (Eccl. 12:1-7) È un fatto calamitoso che la maggioranza dei ragazzi e delle ragazze non avranno oggi la possibilità di sciupare la giovinezza e il meglio della vita e pervenire ai calamitosi giorni della vecchiaia, quando la vita sarà per loro una cosa vana. Secondo il divino calcolo del tempo la calamità della guerra universale di Armaghedon li abbatterà, quando saranno ancora nella loro giovinezza e nel meglio della vita, perché non si ricordano del loro grande Creatore, servendolo con opere meritorie.
15. Perché non abbiamo bisogno di farne l’esperienza, e prestando ascolto alle parole ispirate di Salomone che cosa eviteremo?
15 Abbiamo dunque considerato ciò che dice il congregatore. Ci è stato detto quale è la “più grande vanità” e quale è l’“occupazione calamitosa”. Non abbiamo bisogno di provarlo personalmente per farne l’esperienza. Egli, con tutte le risorse e le opportunità di un re, ha fatto ogni prova necessaria e ci dice quali siano i risultati della sua ricerca. Noi eviteremo la più grande vanità e ci risparmieremo la calamità, prestando ascolto alle sue sagge parole ispirate.
16. (a) Quale dovrebbe essere dunque la nostra conclusione sull’argomento e l’azione da compiere conforme alla nostra giusta conclusione? (b) Quale giudizio riceveranno le nostre opere meritorie?
16 Avendo considerato con lui tutte tali cose meritorie, quale dovrebbe essere la nostra conclusione e l’azione da compiere conforme alla nostra giusta conclusione? Questa, come è dichiarata dalle sue parole: “La conclusione dell’argomento, essendo stata udita ogni cosa, è: Temi il [vero] Dio e osserva i suoi comandamenti. Poiché questo è il tutto [l’obbligo] dell’uomo. Poiché il [vero] Dio porterà ogni sorta di opera nel giudizio relativo a ogni cosa nascosta, sia buona che cattiva”. (Eccl. 12:13, 14) Noi non gli possiamo nascondere nulla, né gli possiamo impedire di giudicare alcuna cosa. Il nostro obbligo ci è quindi posto chiaramente dinanzi. Nella nostra vita privata o nascosta e nella nostra vita all’aperto dinanzi a tutti gli uomini, mostriamo il nostro timore di Dio osservando i suoi comandamenti. Allora le nostre opere saranno meritorie e riceveremo un favorevole giudizio da Dio, affinché otteniamo la vita eterna con la sua benedetta congregazione, nel suo giusto mondo avvenire. — Eccl. 8:12, 13.
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Primo e Secondo Timoteo (Lezione 64)La Torre di Guardia 1958 | 15 giugno
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Primo e Secondo Timoteo (Lezione 64)
LE SCRITTURE ispirate dichiarano esplicitamente che Paolo fu lo scrittore delle due epistole a Timoteo. Se questo non bastasse per ridurre al silenzio i vanagloriosi critici dei tempi moderni i quali pretendono che le lettere non furono scritte da Paolo e che il suo nome all’inizio di ciascuna non è altro che una contraffazione, tutte le antiche versioni e gli antichi cataloghi del cànone delle Scritture Greche contengono le epistole e le attribuiscono a Paolo. Una delle obiezioni sollevate dai cosiddetti “critici” è che queste epistole non hanno alcun riferimento nel racconto della vita di Paolo riportato in Atti. Tuttavia Atti non ebbe lo scopo di narrare per intero la storia della vita di Paolo dopo la sua conversione. Né la fine del libro di Atti racconta la fine della vita di Paolo. Nelle epistole scritte da Roma egli prevede una prossima liberazione. Altri antichi resoconti attendibili indicano che Paolo fu assolto da Nerone e riprese i suoi viaggi come predicatore del vangelo. Vi sono antichi scritti del primo secolo dell’èra cristiana che confermano la credenza che Paolo fece il suo progettato viaggio in Spagna dopo la sua prima assoluzione. Altri antichi scritti parlano della ripresa dei viaggi missionari di Paolo nell’Asia Minore, in Macedonia e in Grecia. Infine, alcune testimonianze non molto lontane dai giorni dell’apostolo indicano che dopo la sua prima prigionia e liberazione egli fu nuovamente arrestato e processato a Roma. Questa seconda volta egli fu condannato e decapitato, verso il 65 o 66 d.C.
Fu durante questi ultimi viaggi che Paolo scrisse la prima epistola a Timoteo. Sembra che la situazione fosse molto simile a quella che riguardava Tito. (Tito 1:5) Risulta che Paolo e Timoteo erano stati insieme ad Efeso, e che Paolo era poi partito per la Macedonia, lasciando Timoteo ad Efeso per occuparsi delle cose relative all’organizzazione della congregazione di Efeso. A questo riguardo si legge in 1 Timoteo 1:3, 4: “Come io t’incoraggiai di stare a Efeso quando ero sul punto di andarmene in Macedonia, così ti esorto ora, affinché comandi a certuni di non insegnare dottrina diversa”. Questa è ritenuta da molti una prova che mentre Paolo era in Macedonia scrisse a Timoteo ad Efeso. La lettera fu scritta durante gli anni 61-64 d.C. In alcuni antichi manoscritti della Bibbia una nota alla fine dichiara che l’epistola fu scritta da Laodicea, ma questa idea sembra essere derivata da una credenza tradizionale basata su prove insufficienti secondo cui l’epistola sarebbe quella menzionata in Colossesi 4:16 come “quella da Laodicea”.
La lettera al giovane Timoteo serve ad istruirlo nell’adempimento dei suoi doveri. Egli deve insegnare solo la sana dottrina;
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