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Le tendenze desiderabili — la sottomissione cristianaLa Torre di Guardia 1958 | 15 luglio
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posizione del grande ribelle Satana e dei suoi empi, invisibili demoni, dei suoi empi strumenti terrestri e di coloro che sono ingannati da tutto ciò. Mediante la conoscenza della Parola di Dio apprendiamo qual è la buona, accettevole e completa volontà di Dio, e quindi seguiamo le istruzioni come schiavi ubbidienti al nostro Padrone. Infatti, se non lo facciamo, vi sarà da parte nostra una manifestazione di ribellione e finiremo con questo ribelle mondo condannato, perché sia esso che i suoi desideri finiranno; ma colui che fa la volontà di Dio rimane per sempre. La giusta condotta, esente da tendenze ribelli, significa vita eterna per i fedeli e volenterosi schiavi. — Apoc. 7:15-17; 1 Giov. 2:17.
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Ebrei (Lezione 66)La Torre di Guardia 1958 | 15 luglio
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Ebrei (Lezione 66)
Chi scrisse l’epistola agli Ebrei? Questa è una domanda che ha suscitato non poche controversie. Però non esiste alcuna prova sostanziale che additi chiunque altro all’infuori di Paolo come l’autore. I Cristiani della Grecia e dell’Asia fin dai tempi più antichi sono unanimi nell’attribuirla all’apostolo Paolo. Le espressioni, il linguaggio figurativo e le allusioni usate nell’epistola sono simili a quelle delle altre epistole di Paolo. Le circostanze esistenti all’epoca in cui fu scritta indicano Paolo. Egli era, per esempio, in Italia (Ebr. 13:24); vi era carcerato (Ebr. 10:34), era in intima associazione con Timoteo ed aveva la facoltà di dire che avrebbe viaggiato con lui se gli avvenimenti lo avessero permesso (Ebr. 13:23). Recentemente, nel 1931, venne scoperta un’altra prova per stabilire che Paolo scrisse l’epistola agli Ebrei. In quell’anno fu resa pubblica la scoperta di manoscritti papiracei. Uno di questi, noto oggi come il Papiro N. 2 di Chester Beatty (P46), scritto poco dopo il 200 d.C., contiene 86 fogli di un codice delle epistole di Paolo. In questa antica collezione delle epistole paoline si trova per prima quella ai Romani e seconda viene quella agli Ebrei; seguono altre otto epistole di Paolo. Questo significa che i primi Cristiani riconoscevano che l’epistola agli Ebrei era opera di Paolo; nel compilare il loro codice o libro delle epistole di Paolo essi vi includono fra le altre la lettera agli Ebrei.
In quanto alla dottrina, l’epistola è tipicamente di Paolo, e qualsiasi digressione dal suo stile usuale è dovuta al fatto che egli si rivolgeva ai lettori giudei. In altre lettere Paolo ripetutamente mette in risalto che la salvezza viene mediante la fede e la grazia, e non mediante le opere della legge. Tuttavia mostra rispetto per la legge. Egli capisce perché fu provveduta, che fu un tutore per condurre Israele a Cristo. Quando Cristo viene, la legge ha termine perché ha adempiuto il suo proposito ed è essa stessa adempiuta da Cristo. Tutta questa dottrina pervade le epistole riconosciute di Paolo. Lo scrittore di Ebrei palesa lo stesso chiaro intendimento del soggetto. In questa lettera indirizzata ai Giudei cristiani egli saggiamente ragiona da un punto di vista strettamente giudaico. Indica come la legge, le ordinanze e i sacrifici prefigurassero Cristo e la Sua opera, come tutte queste cose fossero adempiute da Cristo e terminate nel loro senso tipico, come fossero ora sostituite da antitipi molto più gloriosi che recavano maggior misericordia e beneficio agli stessi credenti
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