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  • g72 8/5 pp. 25-27
  • La Stele di Rosetta, chiave dei geroglifici egiziani

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  • La Stele di Rosetta, chiave dei geroglifici egiziani
  • Svegliatevi! 1972
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Svegliatevi! 1972
g72 8/5 pp. 25-27

La Stele di Rosetta, chiave dei geroglifici egiziani

ERA l’anno 1799. A sei chilometri e mezzo dalla piccola città egiziana di Rashid, o Rosetta, un reparto di soldati francesi era faticosamente occupato ad apportare alterazioni al Forte Julien. Posti sulla difensiva dalla vittoria della flotta inglese al comando di Nelson, l’esercito francese al comando di Napoleone si preparava all’ultima resistenza.

All’improvviso, un soldato trovò una pietra o stele molto insolita. Era nera e aveva un anello metallico quando fu colpita dal piccone del lavoratore. Tre angoli si erano rotti. Guardando più da vicino, notò che era coperta da una curiosa scrittura. Un ufficiale chiamato Bossard riconobbe il valore della pietra. Senza dubbio la scrittura era antichissima. Per di più, c’erano diversi tipi di scrittura che componevano l’iscrizione, una delle quali comprendeva caratteri greci.

Quando Napoleone udì della stele, ordinò che se ne facessero copie, e in seguito, quando la stele fu ceduta come parte delle spoglie di guerra, fu portata in Inghilterra. Alla fine del 1802 era esposta nel Museo Britannico, dove ancora occupa il posto più preminente nella Galleria delle Sculture Egiziane.

La Stele di Rosetta è importante per i linguisti perché la sua iscrizione è in due lingue, egiziano e greco. In cima, sono incisi nella pietra curiosi caratteri geroglifici, e sotto a questi compare la scrittura demotica, o la forma semplificata più popolare, del popolo in genere. L’ultima striscia in fondo contiene la traduzione greca.

Prima opera su questa nuova chiave

La scrittura sconosciuta ha sempre attratto la curiosità dell’uomo. Ma la soluzione dei codici più difficili e segreti è spesso risultata semplice in paragone con qualche scritto antico. Nel passato, i geroglifici egiziani erano stati presi per isbaglio come un semplice ornamento. Si pensò che in qualche modo vi fossero implicati i Cinesi, e tutt’al più erano considerati come un simbolismo puramente pittorico. Ma durante il diciottesimo secolo tentativi più seri furono compiuti per districarne i misteri, e idee e teorie cominciarono a prendere forma.

La Stele di Rosetta fu presto riconosciuta come una scoperta d’immenso valore per gli studenti di storia egiziana. La traduzione della parte greca era comparsa in francese e in inglese nel 1802, e, muniti di questa, gli eruditi di parecchi paesi cominciarono a studiare i testi egiziani. David Akerblad, orientalista svedese, identificò tutti i nomi greci nella sezione demotica e formò un parziale alfabeto di sedici lettere. Il suo errore, comunque, fu quello di pensare che la scrittura demotica fosse esclusivamente alfabetica.

Nel 1814 uno scienziato inglese, Thomas Young, cominciò a fare coi geroglifici qualche progresso. Egli cominciò a dividere tutti i testi in modo da farli corrispondere al greco. Notò qualche cosa che altri investigatori prima di lui avevano commentato. Sei gruppi di segni erano inclusi in un anello oblungo chiamato cartiglio, e questo dava loro rimarchevole risalto rispetto agli altri segni. Le loro posizioni corrispondevano a un nome del testo greco, quello del re Tolomeo. Young cercò di dividere i segni nelle lettere e nelle sillabe del suo nome. Il risultato fu il seguente:

[Caratteri geroglifici in originale]

Un altro inglese, W. J. Bankes, scoprì un obelisco nell’isola di Philae, sul fiume Nilo, e identificò il cartiglio di Cleopatra. Esso conteneva tre dei segni trovati nel cartiglio di Tolomeo. Con altri testi geroglifici quale ausilio, e l’aggiunta anche di qualche giudiziosa supposizione, Young ottenne verso il 1918 un elenco di oltre 200 parole, ma solo un terzo circa di queste erano giuste. Per giunta, comunque, fu il primo a capire che molti segni avevano un valore fonetico o sillabico.

A questo punto, Young perse interesse per i suoi studi e scomparve dalla scena. Il campo fu lasciato aperto all’uomo che doveva risolvere i segreti dell’antico passato egiziano nella maniera più decisiva e finale.

Champollion promuove la ricerca

Jean Francois Champollion non aveva ancora nove anni quando fu trovata la Stele di Rosetta. In giovane età egli comprese che l’antica lingua copta era discesa da una lingua egiziana ancor più antica, e si mise perciò a imparare il copto. Che questo fosse un passo essenziale fu dimostrato quando la sua conoscenza del copto lo portò al suo primo successo con i geroglifici.

Mentre i vari segni cedevano i loro significati dopo gli intensi e faticosi sforzi di Champollion, una semplice ma importante idea lo colpì, nel 1821. Egli fece la somma dei segni geroglifici della Stele di Rosetta e trovò che il totale era di 1.419 segni. Ma il testo greco conteneva solo 486 parole, quindi era chiaro che i geroglifici non potevano essere solo ideografie o simboli, giacché ve n’erano tre volte di più.

Egli tornò al nome Tolomeo, già in parte decifrato da Young. Correttamente ora lo lesse come ‘Ptolmis’ nel modo che segue:

[Caratteri geroglifici in originale]

Con la scoperta dell’obelisco di Bankes, Champollion poté anche correggere la sua propria suggerita lettura del cartiglio di Cleopatra. Avendo analizzato questi due nomi lettera per lettera, Champollion studiò tutti i cartigli reali che poté ottenere.

Mentre si leggevano i nomi uno dopo l’altro, si notò che essi sembravano sempre appartenere al successivo periodo del declino della storia egiziana, ai tempi tolemaici e romani; inoltre, nessuno dei nomi era genuinamente egiziano, ma straniero. Avrebbe la sua interpretazione schiuso anche i segreti dei più antichi Faraoni? Un giorno comparve un cartiglio diverso. Il primo segno sapeva che era il sole, che in copto significa ‘Re’. Alla fine era una doppia ‘s’. Se il segno mediano era una ‘m’, ma sì, il nome doveva essere ‘R-m-s-s’, Rameses! I geroglifici non eran cambiati radicalmente per centinaia d’anni.

Ora Champollion fu finalmente certo d’aver trovato la chiave per schiudere i segreti della storia egiziana, ma l’agitata e incessante ricerca, compiuta spesso in contrasto con le sue necessità fisiche, l’aveva reso debole ed esaurito. Quasi per una settimana fu troppo malato per disporre le sue scoperte in maniera presentabile. Quando la sua evidenza fu resa nota nel 1822 suscitò in certi ambienti molto scetticismo, e fino alla sua morte per un improvviso attacco nel 1832 non poté scuotere la tempesta di controversia che la sua decifrazione aveva suscitato.

La Stele narra la sua storia

Ma la via era ora aperta. Altri eruditi intrapresero l’opera interrotta da Champollion. In particolare, Karl Richard Lepsius, un Tedesco, si accinse fermamente a delucidare ogni particolare e nel 1837 provvide un completo trattato sull’argomento. Un’altra iscrizione trovata a Tanis (nell’Egitto Inferiore) nel 1866 fu simile alla Stele di Rosetta. Questa stele conteneva un testo geroglifico e greco; nel margine era un testo demotico. Fu chiamato il Decreto di Canopo. Lepsius lesse i testi geroglifico e greco al suo primo tentativo.

Ora che la Stele di Rosetta poteva esser letta completamente, insieme a migliaia di altre iscrizioni egiziane, quale storia aveva da narrare? Essa contiene un decreto emanato dai sacerdoti d’Egitto nel nono anno di Tolomeo V Epifane, che corrisponde al 196 a.E.V. A causa dei benefici atti compiuti dal re durante il suo regno, gli onori che gli erano resi come al “Salvatore d’Egitto” sarebbero stati accresciuti. La sua statua sarebbe stata eretta in ogni tempio d’Egitto, e immagini d’oro sarebbero state usate nelle processioni. L’anniversario della sua nascita e della sua incoronazione sarebbero stati “per sempre” giorni di festa e tutti i sacerdoti avrebbero preso un nuovo titolo, “sacerdoti del beneficente dio Tolomeo Epifane, che compare sulla terra”. Da ultimo, il decreto doveva essere inciso su lastre di basalto da erigere accanto alla sua statua nei templi, e doveva essere inciso nella “scrittura della lingua del dio”, la lingua geroglifica.

Circa duemila anni dopo, allorché la Stele di Rosetta era dissotterrata quasi dall’oblio, i templi d’Egitto erano in rovina. La gloria d’Egitto era una leggenda, i suoi re e Faraoni eran morti da molto tempo. Gli dèi e le statue erano state abbattute dalle loro nicchie, essendo stati impotenti ad assistere i loro sacerdoti nella celebrazione “per sempre” delle feste di Tolomeo. Anche la lingua del dio era stata perduta e dimenticata, e la ricerca degli indizi per aprire di nuovo i segreti del passato costituiva una sfida che avrebbe richiesto l’ingegno di oltre una generazione di eruditi.

[Immagine a pagina 26]

Il cartiglio di Tolomeo

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