Vita nelle città: Un breve passo dall’armonia alla confusione
Dal corrispondente di “Svegliatevi!” in Irlanda
CHI non è abituato alla vita di città spesso mette in dubbio il buon senso di chi sceglie di andare ad abitarci. È spaventato da questi vasti agglomerati di cemento, acciaio e vetro. Resta sbalordito dalla frenetica attività delle grandi masse d’umanità riunite insieme in questi luoghi.
Vi siete mai soffermati a considerare come e perché sorsero queste città? Se vi soffermate al centro di una grande città, specialmente al culmine dell’ora di punta, non potete fare a meno di chiedervi dove cominciò tutto questo. Pedoni stanchi lottano coi veicoli che riversano inquinanti nelle strade congestionate dal traffico. Il livello dei rumori diventa quasi intollerabile.
Oltre a chiedere da dove vennero le città, non si può fare a meno di considerare: È reale il pericolo che la vita nelle città si arresti? Poiché tali masse vivono e lavorano insieme in spazi così congestionati, c’è senz’altro un enorme bisogno di grande cooperazione perché le cose continuino ad andare bene. Ma quanto è breve il passo dalla cooperazione alla confusione?
Prima diamo un breve sguardo ad alcuni fattori che hanno contribuito allo sviluppo delle città in varie località. Uno sguardo al passato può aiutarci a capire quanto è diversa oggi la vita.
Come sorsero le città?
Alcune città sono “sorte naturalmente” come risultato di fattori geografici e strategici. Altre sono “sorte forzatamente” per soddisfare, diciamo, gli interessi industriali o politici.
Per esempio, qui in Irlanda, Dublino crebbe gradualmente. La sua storia risale all’invasione dei Norvegesi e oltre, mentre Belfast divenne una città in un tempo relativamente recente.
Dublino si sviluppò grazie alla sua posizione strategica sul fiume Liffey. I successivi conquistatori d’Irlanda riconobbero le possibilità del luogo e così la città si estese sotto l’influenza dei Norvegesi, dei Normanni e degli Inglesi. Ciascun gruppo lasciò la sua impronta sulla città.
In contrasto, Belfast è essenzialmente il risultato del moderno progresso industriale. Solo verso la fine del diciottesimo secolo cominciò ad acquistare la sua attuale importanza. Secondo uno storico, fino a quel momento era “ancora una cittadina sporca e affollata sulla riva occidentale del fiume Lagan”. Da un piccolo gruppo di abitazioni si trasformò nel centro industriale densamente popolato di oggi quasi interamente come risultato dello sviluppo delle industrie del lino e delle costruzioni navali in questa zona.
Attorno a queste industrie sorsero le case di commercio, le sontuose dimore, i negozi e gli uffici, gli alloggi per il gran numero di lavoratori che gravitava lì, e tutte le altre cose che formano una città moderna.
Così sorsero queste massicce concentrazioni di edifici e di persone che chiamiamo città, spesso in modo da produrre molto sudiciume anziché i bei risultati dell’opera del Creatore che si vede nel resto del paese. La loro odierna complessità supera l’immaginazione.
La complessità delle città d’oggi
Soffermatevi a considerare i risultati degli avvenimenti della storia. Le attività umane sono strettamente interdipendenti. Grandi reti stradali collegano le diverse industrie. Un gran numero di condutture, cavi, tubi e condotti nascosti servono a trasportare l’energia essenziale per tenere tutto in funzione e per portar via l’incredibile quantità di rifiuti prodotti.
Pensate a tutti gli svariati servizi che devono funzionare insieme perché vi sia un certo grado di armonia nella vita cittadina: erogazione dell’elettricità, forniture di generi di prima necessità, servizi di trasporto, servizi di comunicazione, erogazione dell’acqua, eliminazione dei rifiuti, servizi sanitari, strade, alloggi, eccetera, eccetera.
Siamo inclini ad accettare queste cose come fatti della vita, come se ci fossero sempre state. Ma non molto tempo fa tante di queste cose non esistevano affatto.
Ci è voluta un’immensa quantità di lavoro per produrre le città d’oggi, per non menzionare i progetti e i preparativi di innumerevoli progettisti e autorità lungimiranti. Ma la natura stessa di queste città le rende soggette a sabotaggi e sospensioni di servizi che generano caos.
Se ne ebbe recentemente una dimostrazione quando alcuni settori della comunità di Belfast si astennero dal lavoro per protestare attivamente contro certi avvenimenti politici. Uno sguardo a ciò che accadde illustra subito con quanta facilità la vita in una moderna città può arrestarsi.
La vita cittadina si arresta
Tutto ebbe inizio il mercoledì 15 maggio 1974. Dopo un lungo periodo di generale agitazione a causa degli avvenimenti politici, fu dichiarato lo sciopero generale. La vita industriale della città si arrestò molto rapidamente.
Una delle prime azioni degli scioperanti fu la riduzione dell’erogazione dell’elettricità. Dichiararono che sarebbe stata generata solo l’elettricità sufficiente per i servizi essenziali, come gli ospedali. Una città senza approvvigionamento di energia è come un corpo senza vita. Tante comodità moderne dipendono assolutamente da questa fonte di energia. Ora, invece della regolare erogazione di elettricità, i consumatori la ricevevano per tre o quattro ore e poi veniva tolta per lunghi periodi, senza avvertimento o preavviso.
Gli abitanti degli ultramoderni complessi residenziali di recente costruzione si trovarono spesso senza alcuna forma di riscaldamento, illuminazione o mezzi per cucinare. Invalidi e malati corsero gravi rischi, per non menzionare quelli che dovettero salire a piedi quelle che dovettero sembrare scale interminabili per arrivare al loro appartamento in edifici di parecchi piani!
Col peggiorare della situazione energetica gli ospedali si trovarono in difficili condizioni. Spesso dovettero ricorrere a generatori di emergenza. Non era certo facile far fronte a questa situazione nel corso di una delicata operazione da cui poteva dipendere una vita. Anche cose come mantenere un’adeguata provvista di biancheria pulita possono presentare problemi molto reali quando le possibilità di fare il bucato sono limitate.
Il traffico, che presenta sempre dei grattacapi ai pianificatori e agli amministratori delle città, divenne caotico. I semafori smisero sporadicamente di funzionare in varie parti della città.
La vita commerciale della città ne risentì gravemente. Quelli che andavano a lavorare ogni giorno nel centro cittadino trovarono sempre più difficile arrivare al lavoro. I dimostranti eressero blocchi stradali, impedendo così la libertà di movimento in tutta la città. I servizi cittadini di autobus furono sospesi dopo che alcuni veicoli privati erano stati dirottati e usati per costruire barricate. I veicoli privati erano fermati e controllati mentre i dimostranti dissuadevano chiunque desiderava andare al lavoro.
Quelli che infine riuscirono ad arrivare al lavoro trovarono le condizioni quasi impossibili. Negli uffici mancava l’elettricità per tutte le macchine. I negozi avevano solo illuminazione d’emergenza per mezzo di candele o lampade a gas. Queste condizioni facevano la delizia dei taccheggiatori.
Le scorte alimentari, naturalmente, erano considerate “essenziali” dai dimostranti, ma anche qui ci furono problemi perché la distribuzione fu ostacolata dalle condizioni in genere caotiche. Le provviste di latte, per esempio, furono irregolari per qualche tempo dopo che vari furgoni del latte furono dirottati e saccheggiati. Le provviste di molti cibi freschi erano limitate poiché le merci rimanevano ammucchiate sui moli.
I dettaglianti che avevano frigoriferi si trovarono in grandi difficoltà potendo fare sempre meno assegnamento sull’erogazione dell’energia. I supermercati furono costretti a vendere a metà prezzo gran parte delle merci deteriorabili. In alcune zone i bambini furono felicissimi quando scoprirono che i locali negozi di dolciumi davano via i ghiaccioli che si scioglievano.
Naturalmente, senza energia per i frigoriferi domestici, era impossibile conservarvi cibo, a meno che non si disponesse di un frigorifero a gas, nel qual caso per il momento andava tutto bene. Come risultato di ciò, presa dal panico la gente si diede ad acquistare scatolame e cibi non deteriorabili, e questo non fece altro che accrescere la confusione.
Le provviste di gas in bombole si esaurirono con grande rapidità allorché i padroni di casa cercarono di disporre di qualche mezzo di emergenza per la cucina e l’illuminazione. Le candele divennero così scarse come la pioggia in una terra colpita dalla siccità.
Quando, infine, anche le scorte di gas furono esaurite, le difficoltà crebbero. La diminuita pressione del gas nelle case produsse anche il pericolo di esplosione per la possibilità che aria e gas si mischiassero nelle condutture, producendo un miscuglio molto esplosivo.
I distributori di benzina dovettero razionare le provviste e gli automobilisti furono costretti a fare la fila per ore per riempire i serbatoi. Con rovinosi effetti gli scioperanti chiusero la maggior parte delle stazioni di servizio e cominciarono a rilasciare permessi per consumare la benzina a quelli che consideravano viaggiatori “essenziali”. Lentamente, ma sicuramente, mentre le scorte esistenti si consumavano, il movimento del traffico cittadino in pratica cessò.
Oltre alla sempre crescente minaccia per la salute rappresentata dalle immondizie non raccolte di migliaia di case, sorse un ulteriore pericolo. Gli operai degli impianti per il trattamento dei rifiuti minacciarono di smettere le operazioni di pompaggio. Essendo gran parte di Belfast costruita su zone basse, c’era la prospettiva che i canali di scolo e le fogne riversassero il loro contenuto nelle strade.
L’effetto generale di questo sciopero fu troppo drastico perché le autorità vi facessero fronte. Dopo quattordici giorni di crescente caos esse cedettero alle richieste dei dimostranti.
Belfast fu fermata sull’orlo del completo disastro. Un giorno era stata una città attiva e operosa; e poi era bastato quel breve passo per metterla in condizioni di dover lottare per sopravvivere.