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  • g82 22/1 pp. 17-19
  • Quando gli altri ci irritano

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  • Quando gli altri ci irritano
  • Svegliatevi! 1982
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  • Come si comportò Gesù quando altri lo irritarono
  • Che dire delle mancanze ripetute?
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Altro
Svegliatevi! 1982
g82 22/1 pp. 17-19

Quando gli altri ci irritano

NON molto tempo fa un turista che si trovava in Oriente denunciò alla direzione dell’albergo la scomparsa del suo orologio. Dopo qualche tempo, non essendogli stato restituito l’orologio, il turista si convinse che la direzione aveva ignorato il suo reclamo. Irritato, dalla finestra della sua stanza al 18º piano gettò tutti i suoi abiti, un cestino dei rifiuti e un televisore nella sottostante piscina!

Vi siete mai sentiti così irritati con altri da avere l’impulso di reagire con violenza? A molti è capitato. Altri, quando sono offesi, rimangono zitti e pensano: ‘Non gli parlerò mai più!’ Questo è accaduto in una cittadina delle Filippine dove due uomini erano in lite per il possesso di un appezzamento di terra. Per molto tempo non si sono più rivolti la parola. Ma sono questi i modi migliori per sistemare le cose quando altri ci irritano o ci offendono?

Reagendo così non si fa altro che aggravare il problema. Il summenzionato turista non ha riavuto indietro l’orologio con il suo accesso d’ira; ma è probabile che abbia ricevuto una bella richiesta di risarcimento danni. Il silenzio dei due vicini non ha risolto il problema della terra; ma ha senz’altro causato dispiaceri e imbarazzo alle rispettive famiglie, agli amici e ai vicini. Deve certo esserci un sistema migliore!

Gesù Cristo additò un sistema più efficace. Come noi, egli era circondato da persone imperfette e fallibili, e a volte le loro manchevolezze lo affliggevano. A volte egli ‘si indignava’, o ‘gemeva profondamente nel suo spirito’ per il modo d’agire o di pensare delle persone. (Mar. 8:12; 10:14) Ma non reagì con violenza e non si chiuse in un ostinato mutismo per lunghi periodi. Piuttosto, spesso cercava di aiutare le persone a riconoscere i loro problemi e a risolverli.

Gesù era in grado di far questo efficacemente grazie al profondo amore che nutriva per il prossimo, specie per i suoi seguaci. Infatti disse loro: “Vi do un nuovo comandamento, che vi amiate l’un l’altro; come vi ho amati io, che voi pure vi amiate l’un l’altro”. Questo amore si vedeva specialmente quando Gesù si occupava delle debolezze umane. Inoltre egli era in grado di affrontarle in modo equilibrato grazie alle sue qualità, come disse lui stesso: “Io sono d’indole mite e modesto di cuore”. Di solito si hanno buoni risultati risolvendo i problemi personali con mitezza e umiltà. — Giov. 13:34; Matt. 11:29.

Come si comportò Gesù quando altri lo irritarono

Vi è mai capitato che qualcuno vi facesse una promessa senza poi mantenerla? O avete mai preso un appuntamento con qualcuno che poi non si è fatto vedere? È vero che simili cose irritano. Nondimeno sono simili delusioni una buona ragione per perdere la calma o chiudersi in un gelido silenzio?

Considerate il modo in cui Gesù trattò gli apostoli la notte prima di morire. Per Gesù fu un tempo di dure prove. Era andato nel Giardino di Getsemani con gli apostoli e aveva detto loro: “L’anima mia è profondamente addolorata, fino alla morte. State qui e vigilate con me”. (Matt. 26:38) Poi si allontanò un po’ per pregare. Quando tornò, cosa trovò? I discepoli erano tutti addormentati! Li svegliò pur trattandoli sempre in modo compassionevole.

Gesù riconobbe che il loro motivo non era errato ma che erano soggetti all’imperfezione umana. Quindi disse: “Lo spirito, naturalmente, è desideroso, ma la carne è debole”. (Matt. 26:36-46) Anche più tardi, quando gli apostoli lo abbandonarono nelle mani dei nemici e Pietro lo rinnegò, Gesù non rinunciò a sperare per i suoi amici. Al contrario, dopo la sua risurrezione fece il possibile per rafforzarli e aiutarli a vincere le loro debolezze.

Che ottimo atteggiamento! L’apostolo Paolo disse: “L’amore . . . spera ogni cosa”. Quindi invece di pensare che non ci sia più niente da fare quando ci sentiamo delusi dagli amici, perché non riconoscere — come fece Gesù — che forse il loro motivo è buono anche se sono imperfetti? L’amore ci spingerà ad agire così, e forse la prossima volta essi non ci deluderanno. — I Cor. 13:4, 7.

Che dire delle mancanze ripetute?

È ovvio che non sempre i problemi si risolvono subito. Come i genitori sanno bene, ai bambini si deve di solito ripetere una cosa tante volte prima che la capiscano. Può accadere la stessa cosa con gli adulti.

Questo accadde senz’altro ai primi seguaci di Gesù. Per esempio, in un’occasione essi discutevano fra loro su chi era il più grande. Gesù li sentì e colse l’opportunità per spiegare che tra i suoi seguaci non ci sarebbero state posizioni di superiorità. Invece disse: “Se alcuno vuole essere primo, dev’essere l’ultimo di tutti e ministro di tutti”. — Mar. 9:35.

Malgrado la chiara spiegazione di Gesù, non molti mesi dopo due suoi apostoli chiesero apertamente che fossero loro date le due più importanti posizioni dopo di lui nel Regno. Gli altri si adirarono, ma Gesù no. Piuttosto, con pazienza spiegò loro di nuovo: “Voi sapete che i governanti delle nazioni le signoreggiano e che i grandi esercitano autorità sopra di esse. Non sarà così fra voi; ma chi vorrà divenire grande fra voi dovrà essere vostro ministro, e chi vorrà esser primo fra voi dovrà essere vostro schiavo”. — Matt. 20:24-27.

Ancora una volta, la sera prima della morte di Gesù, ci dice il racconto, “sorse fra loro anche un’accesa disputa su chi di essi sembrava essere il maggiore”. Di nuovo Gesù ripeté pazientemente la sua spiegazione che fra i suoi seguaci non c’erano posizioni di superiorità, ma solo di servizio. Questa volta, per imprimere meglio il punto sulla loro mente, diede una dimostrazione pratica. Con le sue stesse mani lavò i piedi a ognuno degli apostoli presenti. Questo intendeva egli con l’essere “ministro”! — Luca 22:24-27; Giov. 13:3-5.

Alla fine sembrò che gli apostoli avessero afferrato il punto. Molti anni dopo l’apostolo Pietro scrisse alle congregazioni cristiane una bella lettera in cui espose queste informazioni. Spiegò a coloro che prendevano la direttiva nelle congregazioni che non dovevano ‘signoreggiare su quelli che sono l’eredità di Dio, ma divenire esempi del gregge’. — I Piet. 5:2, 3.

Anche noi reagiremo nel modo giusto quando altri ci irritano ripetutamente se imiteremo Gesù. Possiamo far questo se coltiviamo l’amore, la mitezza e la modestia di mente che Gesù aveva.

Seguiamo l’esempio di Gesù

Gesù ci consigliò d’essere amorevoli e indulgenti con i nostri fratelli spirituali anche se dovevamo perdonarli “fino a settantasette volte”. Che dire però se il nostro fratello commette una grave trasgressione? Gesù ci esortò a parlare personalmente col trasgressore e in privato. Quindi, “se ti ascolta”, disse Gesù, “hai guadagnato il tuo fratello”. — Matt. 18:15, 22.

Nell’affrontare tali situazioni, però, è bene ricordare che mentre Gesù era perfetto noi non lo siamo. Se i nostri amici ci irritano, probabilmente anche noi irritiamo loro ogni tanto. La cosa da fare è di considerare le loro offese come vorremmo che essi considerassero le nostre offese, cioè con amore, mitezza e umiltà. Così seguiremo le parole di Gesù: “Tutte le cose dunque che volete che gli uomini vi facciano, anche voi dovete similmente farle loro”. — Matt. 7:12.

Ammettere le nostre imperfezioni ci sarà utile in un altro modo. Gesù aveva notevole discernimento e poteva scorgere il motivo e la condizione di cuore di una persona. Sotto questo aspetto noi siamo limitati. Se ci sentiamo feriti o irritati, forse c’è un malinteso e forse nessuno voleva veramente farci un torto. Per esempio, nell’occasione menzionata nell’introduzione, il turista si sbagliava. La direzione dell’albergo si era interessata della cosa e la polizia stava investigando.

Anche se siamo convinti d’avere ragione, dobbiamo ugualmente essere umili. Questo facilita molto le cose a chi voglia riparare qualsiasi torto abbia commesso. Gesù disse che si doveva parlare a chi ci aveva offeso allo scopo di ‘guadagnare il nostro fratello’. Questo risultato si otterrà probabilmente affrontando il problema con mitezza e umiltà.

Questo fu il caso dei due uomini che non si parlavano a causa dell’appezzamento di terra. Dopo un lungo periodo di silenzio, inaspettatamente si trovarono seduti l’uno accanto all’altro su un mezzo di trasporto pubblico. Uno fu abbastanza umile da scusarsi del suo errato atteggiamento. Così il ‘ghiaccio fu rotto’ e i due uomini si abbracciarono. Ora si poteva risolvere il problema pacificamente, e senza causare dispiaceri e imbarazzo ad altri ancora.

Sì, tre qualità cristiane — amore, mitezza e umiltà — possono migliorare i nostri rapporti con gli altri. Quando qualcuno ci irrita, queste qualità possono aiutarci a risolvere la situazione in modo costruttivo, di solito con felici risultati. Sono qualità queste di cui nessuno di noi, se ci pensiamo bene, può fare a meno!

“Non [fate] nulla per contenzione o egoismo, ma con modestia di mente, considerando che gli altri siano superiori a voi, guardando non solo all’interesse personale delle cose vostre, ma anche all’interesse personale di quelle degli altri”. — Filip. 2:3, 4.

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