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  • Filippesi e Colossesi (Lezione 62)

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  • Filippesi e Colossesi (Lezione 62)
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1958
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  • COLOSSESI
La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1958
w58 15/5 pp. 302-304

Filippesi e Colossesi (Lezione 62)

SEMBRA che esistesse un vincolo d’amore particolarmente forte fra Paolo e i Cristiani di Filippi. Fu Paolo che per primo predicò loro il vangelo e in seguito li visitò due volte per stabilirli più saldamente nella fede. In risposta e riconoscenza per questo servizio iniziale e per le visite successive, i Filippesi provvidero ripetutamente ai suoi bisogni materiali. (Filip. 4:15, 16) Per esempio, quando Paolo fu a Roma all’epoca della sua prima prigionia, era con lui Epafrodito, venuto da Filippi. Epafrodito era stato mandato presso Paolo dai Filippesi per portargli cose di cui aveva bisogno. (4:18) Una lunga malattia impedì il pronto ritorno di Epafrodito a Filippi, ma quando finalmente si mise in viaggio egli portò l’epistola di Paolo indirizzata ai Cristiani di Filippi. (2:25-30) La lettera non contiene alcuna censura o rimprovero; è scritta con calore e contiene amorevoli esortazioni a perseverare nella fedeltà. Tenuto conto della malattia del latore della lettera e dei viaggi compiuti tra Roma e Filippi, si ritiene che l’epistola fosse scritta verso la metà del secondo anno di prigionia di Paolo, ossia verso il 60 d.C. Alcuni asseriscono che le catene menzionate nell’epistola non sono quelle che gli furono imposte a Roma, ma piuttosto altrove, forse a Cesarea. Ma in Filippesi 1:7, 13, 14 e 4:22 è indicato che Roma è il luogo della prigionia e di conseguenza il luogo da cui l’epistola ai Filippesi fu scritta.

L’apostolo Paolo associa a sé Timoteo nella composizione dell’epistola (1:1), e procede facendo alcune considerazioni generali sul suo amore per i Filippesi e sulle sue preghiere affinché abbondino sempre più in conoscenza e in frutti di giustizia. Poi si rallegra per il fatto che anche le sue catene contribuiscano alla diffusione del messaggio del vangelo: “I miei affari sono riusciti piuttosto al progresso della buona notizia”. In tutti i modi Cristo è predicato. Paolo spera ardentemente sia con la vita che con la morte di poter sempre magnificare Cristo Gesù senza paura. Egli spera di rivedere i Filippesi, ma sia che venga a trovarli sia che riceva soltanto loro notizie, li esorta a stare saldi nell’unità predicando il vangelo e a non lasciarsi mai spaventare dai loro avversari. — 1:2-30.

Nel raccomandar loro amore, unità e umiltà, Paolo li consiglia di avere lo stesso sentimento di Cristo Gesù, il quale non cercò di farsi un’alta reputazione ma venne sulla terra come uomo e come servo e abbassò se stesso fino a una morte ignominiosa sul legno o palo. Per questo Egli fu sovranamente innalzato da Dio e gli fu dato un nome al quale ogni ginocchio nei cieli e sulla terra deve piegarsi e che ogni lingua deve confessare. Su questa base di amore e umiltà i Cristiani di Filippi sono consigliati di lavorare per la propria salvezza con timore e tremore. Non dovrebbero mormorare, ma dovrebbero essere irreprensibili e inoffensivi in mezzo all’empietà presentando con zelo la parola della vita a tutti gli uomini. Paolo esprime quindi la speranza di poter presto mandare loro Timoteo, e di venire lui stesso entro breve tempo; ma in attesa che si presentino queste opportunità decide di mandare loro Epafrodito con la sua epistola. — 2:1-30.

Ripetendoli egli mette in risalto gli avvertimenti contro i falsi maestri, specialmente quelli che tentano di trascinare i Cristiani sotto il giogo della schiavitù del vecchio patto della legge e riporre così fiducia nelle opere della carne. Se c’è qualcuno che può confidare nella carne, Paolo si ritiene in grado di farlo; ma egli considera tali cose di nessun valore e vi rinuncia volentieri per guadagnare Cristo. In Cristo egli aspira a vivere e morire e così giungere alla risurrezione. Egli si prefigge l’unico proposito di avanzare verso il premio della sua chiamata celeste; esorta con fervore i Filippesi ad avere lo stesso sentimento. Confrontando la fine meritoria di coloro che ricercano la giustizia mediante la fede in Cristo con la fine di coloro che cercano di mostrarsi giusti mediante le opere della carne, Paolo rivela che questi ultimi hanno fatto del ventre il loro dio, che le loro vane opere torneranno a loro vergogna, e che finiranno in perdizione. I fedeli, invece, riceveranno una gloriosa trasformazione dal cielo, dov’è la loro cittadinanza. — 3:1-21.

Egli conclude con alcuni ammonimenti generali, e col proposito di mantenere le menti e i cuori pieni di cose giuste Paolo dice: “Tutte le cose vere, tutte le cose di seria importanza, tutte le cose giuste, tutte le cose caste, tutte le cose amabili, tutte le cose delle quali si parla bene, se vi è qualche virtù e qualche cosa lodevole, continuate a considerare queste cose”. Dovevano fare ciò che udirono e appresero dall’apostolo. Ogni cosa può essere fatta in Cristo il quale dà forza. — 4:1-23.

COLOSSESI

Fino al tempo in cui scrisse la sua lettera, Paolo non aveva predicato personalmente agli abitanti di Colosse, città che si trovava nella provincia dell’Asia in Asia Minore. (Col. 2:1) Pare che uno dei primi, se non proprio il primo, a proclamarvi il vangelo fosse Epafra. (1:7) È possibilissimo che la congregazione di Colosse sia stata fondata da quel conservo di Paolo durante i tre anni in cui l’apostolo dimorò a Efeso nel corso del suo terzo giro di predicazione. Comunque, Paolo, mentre è in catene a Roma al tempo della sua prima reclusione, riceve notizie della congregazione cristiana di Colosse con la venuta di Epafra. (1:8; 4:3, 10, 18) Il rapporto di questo messaggero induce Paolo a scrivere la sua epistola ai Colossesi. Fu in questo stesso tempo, verso la fine del secondo anno di prigionia a Roma, che egli scrisse la sua epistola a Filemone e agli Efesini. Tutt’e tre furono probabilmente portate da Tichico, il quale era accompagnato da Onesimo. (4:7-9; Filem. 10-12) I viaggiatori potevano passare per Efeso in viaggio verso Colosse, consegnare agli Efesini la loro lettera, e continuare il loro viaggio verso Colosse per consegnare le altre due epistole. Il conservo di Paolo Filemone era residente a Colosse.

Paolo unisce a sé il suo giovane collaboratore Timoteo come mittente di questa epistola ai Colossesi. Si rallegra della fede, amore e produttività della congregazione di testimoni di Colosse e prega che essi possano crescere in conoscenza e in buone opere. Egli ragiona sulla dottrina. La redenzione viene mediante il sangue di Cristo; Cristo è identificato come il “primogenito di tutta la creazione”, poiché è lo strumento usato da Geova Dio per dare esistenza a tutte le altre creazioni. Inoltre, Egli è il capo del corpo, la sua chiesa, ed è il primo che fu risuscitato come creatura spirituale. È in virtù della sua funzione di Riconciliatore che gli uomini una volta lontani da Dio sono oggi introdotti in intima relazione familiare con il Creatore. Paolo richiama quindi l’attenzione dei Colossesi sul proprio ministero ed esprime la sua allegrezza per il privilegio di completare le rimanenti afflizioni di Cristo per amore del corpo. — 1:1-29.

Nel secondo capitolo fa alcune esortazioni. Ammonisce di non lasciarsi sedurre dalle parole ingannatrici della vana sapienza umana e ricorda che in Geova Dio e in Cristo Gesù “sono nascosti tutti i tesori di sapienza e conoscenza”. Perciò siate radicati ed edificati e confermati nella verità che viene da Loro, e “badate: forse ci può essere qualcuno che vi porterà via come sua preda con la filosofia e un vano inganno secondo la tradizione degli uomini, secondo le cose elementari del mondo e non secondo Cristo”. Paolo assicura quindi che i precetti dell’antico patto della legge sono stati cancellati in Cristo Gesù, adempiuti e terminati da Lui e inchiodati al palo. Perciò l’osservanza di giorni o di feste e altre ombre di cose che dovevano venire è ora cosa del passato; in Cristo i seguaci sono affrancati dai precetti della legge e sono morti a questo mondo e alle sue ostentate opere della carne. — 2:1-23.

È ora tempo di porre affezione alle cose di sopra; non c’è più tempo di proseguire nella vecchia condotta con questo mondo empio e impuro. Facendo morire l’uomo vecchio in quanto alla corruzione, il Cristiano deve rivestire l’uomo nuovo e diventare vivo per quanto concerne tenera compassione, benignità, umiltà, dolcezza, longanimità, perdono, amore e pace. Allora vi sarà unità, indipendentemente dalla nazionalità. Tutti avanzeranno nel servizio del Regno. (3:1-17) Egli dà quindi consigli nell’interesse della pace e dell’armonia domestica; riepiloga i doveri delle mogli, dei mariti, dei figli, dei genitori, dei servi e dei padroni. (3:18–4:1) Dopo aver esortato i Colossesi ad approfittare delle opportunità e a parlare sempre con grazia nel rispondere alle domande oneste di tutti gli uomini, Paolo conclude la sua epistola trattando diverse cose personali. Egli ordina che questa epistola sia letta alla congregazione di Laodicea, e che quella mandata ai Laodicesi sia letta alla congregazione di Colosse. — 4:2-18.

[Domande per lo studio]

1. In quale relazione fu Paolo con la congregazione di Filippi?

2. Quando e da dove scrisse loro?

3. Qual è il contenuto di (a) capitolo 1? (b) Capitolo 2? (c) Capitolo 3? (d) Capitolo 4?

4. Che cosa indusse Paolo a scrivere ai Colossesi?

5. Quando e da dove scrisse egli?

6. Di che cosa ragiona Paolo (a) nel capitolo iniziale? (b) Nel secondo capitolo? (c) Nei primi 17 versetti del capitolo 3? (d) Nei versetti da 3:18 fino a 4:1? (e) Nel resto del capitolo 4?

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