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  • Riferimenti per Guida per l’adunanza Vita e ministero, settembre 2018

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Riferimenti per Guida per l’adunanza Vita e ministero 2018
mwbr18 settembre pp. 1-5

Riferimenti per Guida per l’adunanza Vita e ministero

3-9 SETTEMBRE

TESORI DELLA PAROLA DI DIO | GIOVANNI 1-2

Scaviamo per trovare gemme spirituali

(Giovanni 1:1) In principio era la Parola, e la Parola era con Dio, e la Parola era un dio.

nwtsty approfondimenti a Gv 1:1

la Parola O “il Logos”, “il Verbo”. In greco ho lògos. L’espressione originale, qui usata come titolo, compare anche in Gv 1:14 e Ri 19:13. Giovanni identifica così colui al quale spetta questo titolo, cioè Gesù. Il titolo designa Gesù durante la sua esistenza spirituale preumana, nel corso del suo ministero sulla terra come uomo perfetto e dopo il suo innalzamento al cielo. Gesù servì come portavoce di Dio per trasmettere informazioni e istruzioni agli altri figli spirituali e agli esseri umani. È quindi ragionevole pensare che, prima che Gesù venisse sulla terra, quando Geova comunicava con gli esseri umani lo facesse per mezzo della Parola quale suo portavoce angelico (Ge 16:7-11; 22:11; 31:11; Eso 3:2-5; Gdc 2:1-4; 6:11, 12; 13:3).

con Lett. “verso”. Qui la preposizione pròs denota una vicinanza intima, una relazione profonda, il che implica che si sta parlando di persone diverse, in questo caso la Parola e il solo vero Dio.

la Parola era un dio O “era divina”, “simile a un dio”. Nel menzionare “la Parola” (in greco ho lògos; vedi l’approfondimento la Parola in questo versetto), Giovanni ne descrive la qualità o la natura. Un motivo per cui Gesù Cristo, cioè la Parola, può essere definito “un dio”, “simile a un dio” o “un essere divino” è la posizione di preminenza che ha in quanto Figlio primogenito di Dio, colui tramite il quale Dio creò tutte le altre cose. Molti traduttori preferiscono la resa “la Parola era Dio”, identificandola con l’Iddio Onnipotente. Ad ogni modo, ci sono valide ragioni per ritenere che Giovanni non intendeva dire che “la Parola” fosse l’Iddio Onnipotente. Innanzitutto, sia la frase che precede sia quella che segue dicono chiaramente che “la Parola” era “con Dio”. Inoltre, anche se nei versetti 1 e 2 la parola greca theòs ricorre tre volte, la prima e la terza volta compare con l’articolo determinativo, mentre la seconda volta è senza articolo. Molti studiosi concordano nel dire che l’assenza dell’articolo determinativo nella seconda occorrenza ha una sua valenza. In questo contesto, quando la parola theòs ha l’articolo si riferisce all’Iddio Onnipotente; quando invece non ha l’articolo, con questa costruzione grammaticale assume un valore qualitativo, nel senso che descrive una caratteristica della Parola. Per questo motivo, varie versioni bibliche in inglese, francese e tedesco traducono il testo in modo simile alla Traduzione del Nuovo Mondo, trasmettendo l’idea che “la Parola” era “un dio”, “divina”, “di natura divina”, “simile a un dio” o “un essere divino”. (A sostegno di questo, antiche traduzioni del Vangelo di Giovanni nei dialetti copto sahidico e copto bohairico, realizzate probabilmente tra il III e il IV secolo, traducono la prima occorrenza di theòs in Gv 1:1 in modo diverso rispetto alla seconda occorrenza.) Queste rese sottolineano una qualità della Parola; indicano che la sua natura era come quella di Dio, ma non indicano una perfetta corrispondenza tra lui e suo Padre, l’Iddio Onnipotente. In armonia con questo versetto, Col 2:9 descrive Cristo dicendo che in lui risiede “tutta la pienezza dell’essenza divina”. E, stando a 2Pt 1:4, anche coloro che sono eredi con Cristo diventano “partecipi della natura divina”. In più, nella Settanta la parola greca theòs è il consueto traducente dei termini ebraici resi “Dio”, ʼel ed ʼelohìm, che si ritiene significhino fondamentalmente “uno potente”, “uno forte”. Queste parole ebraiche sono usate in riferimento sia all’Iddio Onnipotente che ad altri dèi e a esseri umani. (Vedi approfondimento a Gv 10:34.) Descrivere la Parola come “un dio”, o “un potente”, sembra coerente anche con la profezia di Isa 9:6, dove si legge che il Messia sarebbe stato chiamato “Dio potente” (non “Dio Onnipotente”) e che sarebbe stato il “Padre eterno” di tutti quelli che avrebbero avuto il privilegio di essere suoi sudditi. Ma sarebbe stato lo zelo di suo Padre, “Geova degli eserciti”, a realizzare tutto questo (Isa 9:7).

(Giovanni 1:29) Il giorno successivo, Giovanni vide Gesù che veniva verso di lui e disse: “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo!

nwtsty approfondimento a Gv 1:29

l’Agnello di Dio Dopo che Gesù era stato battezzato ed era stato tentato dal Diavolo, Giovanni Battista vedendolo lo definì “l’Agnello di Dio”. Questa espressione ricorre solo qui e in Gv 1:36. (Vedi App. A7.) Il paragone tra Gesù e un agnello è calzante. Nella Bibbia si parla spesso di pecore offerte in segno di ammissione del peccato e per avvicinarsi a Dio. Questo uso prefigurava il sacrificio che Gesù avrebbe fatto offrendo la sua vita umana perfetta in favore dell’umanità. È possibile che l’espressione “Agnello di Dio” richiamasse alla mente vari passi delle Scritture ispirate. Tenendo conto della familiarità che Giovanni Battista aveva con le Scritture Ebraiche, le sue parole potevano alludere a una o più di queste immagini: il montone che Abraamo offrì al posto di suo figlio Isacco (Ge 22:13), l’agnello pasquale che fu scannato in Egitto per la salvezza degli israeliti in schiavitù (Eso 12:1-13) o l’agnello che veniva offerto ogni mattina e ogni sera sull’altare di Dio a Gerusalemme (Eso 29:38-42). O forse Giovanni aveva in mente anche la profezia di Isaia dove colui che Geova chiama “il mio servitore” è descritto mentre viene “portato come una pecora al macello” (Isa 52:13; 53:5, 7, 11). Scrivendo ai corinti, l’apostolo Paolo si riferì a Gesù chiamandolo “il nostro agnello pasquale” (1Co 5:7). L’apostolo Pietro disse che il sangue di Cristo era “prezioso, come quello di un agnello senza alcun difetto e immacolato” (1Pt 1:19). E nel libro di Rivelazione il glorificato Gesù viene chiamato metaforicamente l’“Agnello” oltre 25 volte. (Per alcuni esempi confronta Ri 5:8; 6:1; 7:9; 12:11; 13:8; 14:1; 15:3; 17:14; 19:7; 21:9; 22:1.)

10-16 SETTEMBRE

TESORI DELLA PAROLA DI DIO | GIOVANNI 3-4

“Gesù dà testimonianza a una samaritana”

(Giovanni 4:6, 7) Là c’era il pozzo di Giacobbe. Stanco del viaggio, Gesù sedeva presso il pozzo; era circa la sesta ora. 7 Una samaritana venne ad attingere acqua. Gesù le disse: “Dammi da bere”.

nwtsty approfondimento a Gv 4:6

Stanco del viaggio Questo è l’unico punto nelle Scritture in cui viene detto di Gesù che era “stanco”. Era circa mezzogiorno, e probabilmente quella mattina aveva viaggiato dalla valle del Giordano, in Giudea, fino a Sichar, in Samaria, un percorso in salita con un dislivello di 900 m o più (Gv 4:3-5; vedi App. A7).

Scaviamo per trovare gemme spirituali

(Giovanni 3:29) Chi ha la sposa è lo sposo, ma l’amico dello sposo, che gli sta vicino e lo ascolta, è molto felice di sentirne la voce. Perciò ora la mia gioia è completa.

nwtsty approfondimento a Gv 3:29

l’amico dello sposo Nei tempi biblici era consuetudine che un intimo amico dello sposo agisse in qualità di suo rappresentante legale e avesse un ruolo di primo piano nei preparativi per le nozze. Lo si considerava come colui che aveva favorito l’unione. Il giorno del matrimonio il corteo nuziale raggiungeva la casa dello sposo o di suo padre, dove si celebravano le nozze. Durante la festa, sentendo la voce dello sposo che parlava alla sposa, l’amico si rallegrava perché si rendeva conto di aver portato a termine il suo compito con successo. Giovanni Battista si paragonò all’“amico dello sposo”. In questo caso Gesù era lo sposo, mentre i discepoli come gruppo rappresentavano la sposa simbolica. Dal momento che preparò la via per il Messia, Giovanni Battista fece incontrare i primi membri della “sposa” e Gesù Cristo (Gv 1:29, 35; 2Co 11:2; Ef 5:22-27; Ri 21:2, 9). Dopo aver favorito l’incontro fra i due, “l’amico dello sposo” aveva portato a termine il suo compito; a questo punto non aveva più un ruolo centrale. Lo stesso accadde nel caso di Giovanni, che infatti in riferimento a Gesù disse: “Lui deve continuare a crescere, mentre io devo continuare a diminuire” (Gv 3:30).

(Giovanni 4:10) Gesù le rispose: “Se tu avessi conosciuto il gratuito dono di Dio e avessi saputo chi è che ti dice: ‘Dammi da bere’, gliene avresti chiesto tu, e lui ti avrebbe dato acqua viva”.

nwtsty approfondimento a Gv 4:10

acqua viva L’espressione greca originale in senso letterale indicava l’acqua corrente, l’acqua di sorgente o l’acqua dolce di un pozzo alimentato da sorgenti. È quindi l’opposto dell’acqua ferma o stagnante di una cisterna. In Le 14:5 l’espressione ebraica resa “acqua corrente” alla lettera significa “acqua viva”. In Ger 2:13 e 17:13 Geova viene descritto come “la fonte [o “sorgente”] d’acqua viva”, ovvero acqua simbolica che dà vita. Quando parlò con la samaritana, Gesù usò l’espressione “acqua viva” in senso metaforico, ma a quanto pare lei all’inizio la intese in senso letterale (Gv 4:11; vedi approfondimento a Gv 4:14).

17-23 SETTEMBRE

TESORI DELLA PAROLA DI DIO | GIOVANNI 5-6

“Seguiamo Gesù con i giusti motivi”

(Giovanni 6:9-11) “Qui c’è un ragazzino con cinque pani d’orzo e due pesciolini. Ma cosa sono rispetto a tutta questa gente?” 10 Gesù disse: “Fateli sedere”. Dato che in quel luogo c’era molta erba, vi si misero a sedere; c’erano circa 5.000 uomini. 11 Gesù dunque prese il pane e, dopo aver reso grazie a Dio, lo distribuì a quelli che erano seduti lì, dopodiché fece lo stesso con i pesciolini; ne ebbero a volontà.

nwtsty approfondimento a Gv 6:10

c’erano circa 5.000 uomini Raccontando questo miracolo, Matteo è l’unico ad aggiungere la specifica “senza contare le donne e i bambini” (Mt 14:21). È dunque possibile che quelli che vennero sfamati miracolosamente fossero in totale più di 15.000.

(Giovanni 6:14) Dopo aver visto il miracolo che aveva compiuto, la gente cominciò a dire: “Di sicuro è lui il Profeta che doveva venire nel mondo”.

nwtsty approfondimento a Gv 6:14

il Profeta Nel I secolo E.V. molti giudei si aspettavano che il profeta di cui parlò Mosè in De 18:15, 18 fosse il Messia. In questo contesto, l’espressione venire nel mondo sembra riferirsi alla comparsa del Messia atteso. Giovanni è l’unico a riportare quanto descritto in questo versetto.

(Giovanni 6:27) Datevi da fare non per il cibo che si deteriora, ma per il cibo che dura e porta alla vita eterna, quello che vi darà il Figlio dell’uomo. Infatti è su di lui che il Padre, Dio stesso, ha apposto il suo sigillo”.

(Giovanni 6:54) Chi si nutre della mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno,

nwtsty approfondimenti a Gv 6:27, 54

cibo che si deteriora, [...] cibo che dura e porta alla vita eterna Gesù sapeva che alcuni si erano uniti a lui e ai suoi discepoli solo per trarne dei vantaggi materiali. Mentre il cibo letterale tiene in vita giorno per giorno, il “cibo” che proviene dalla Parola di Dio offre agli esseri umani la possibilità di vivere per sempre. Per questo motivo Gesù esorta le folle a darsi da fare per procurarsi “il cibo che dura e porta alla vita eterna”, ovvero a fare ogni sforzo per soddisfare il proprio bisogno spirituale e riporre fede in ciò che imparano (Mt 4:4; 5:3; Gv 6:28-39).

si nutre della mia carne e beve il mio sangue Dal contesto si comprende che le due azioni qui descritte vanno intese in senso figurato, con il significato di esercitare fede in Gesù Cristo (Gv 6:35, 40). Gesù fece questa affermazione nel 32 E.V., perciò non stava parlando della Cena del Signore, che avrebbe istituito solo un anno dopo. Disse queste parole appena prima della “Pasqua, la festa dei giudei” (Gv 6:4), quindi chi lo ascoltava avrebbe probabilmente pensato alla festa ormai prossima e al significato che il sangue dell’agnello ebbe nel salvare delle vite la notte in cui gli israeliti lasciarono l’Egitto (Eso 12:24-27). Gesù stava sottolineando che, in maniera analoga, il suo sangue avrebbe avuto un ruolo fondamentale nel rendere possibile la vita eterna per i suoi discepoli.

Scaviamo per trovare gemme spirituali

(Giovanni 6:44) Nessuno può venire da me a meno che non lo attiri il Padre, che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.

nwtsty approfondimento a Gv 6:44

lo attiri Sebbene il verbo greco originale venga usato per descrivere l’azione di tirare su le reti da pesca (Gv 21:6, 11), qui non sta a indicare che Dio attiri le persone contro la loro volontà. Il verbo può significare anche “attirare”, “attrarre”, e l’affermazione di Gesù potrebbe alludere a Ger 31:3, dove Geova dice al suo popolo: “Ti ho attratto con amore leale”. (Qui nella Settanta ricorre lo stesso verbo greco.) In Gv 12:32 si legge che, in modo simile, Gesù attira a sé persone di ogni tipo. Le Scritture indicano che Geova ha dato agli esseri umani il libero arbitrio. Ogni persona ha la facoltà di scegliere se servirlo o meno (De 30:19, 20). Geova attira con delicatezza chi ha un cuore dalla giusta disposizione (Sl 11:5; Pr 21:2; At 13:48). Lo fa tramite il messaggio biblico e il suo spirito santo. A coloro che il Padre attira si applica la profezia di Isa 54:13, citata in Gv 6:45. (Confronta Gv 6:65.)

(Giovanni 6:64) Ma tra voi ci sono alcuni che non credono”. Infatti Gesù sapeva fin dall’inizio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito.

nwtsty approfondimenti a Gv 6:64

Gesù sapeva [...] chi era colui che lo avrebbe tradito Gesù aveva in mente Giuda Iscariota. Gesù aveva trascorso una notte intera a pregare suo Padre prima di scegliere i 12 apostoli (Lu 6:12-16); questo vuol dire che all’inizio Giuda era fedele a Dio. Ma Gesù sapeva dalle profezie delle Scritture Ebraiche che sarebbe stato tradito da una persona a lui molto vicina (Sl 41:9; 109:8; Gv 13:18, 19). Quando Giuda cominciò a sviarsi, Gesù, che poteva leggere i cuori e i pensieri, colse il cambiamento (Mt 9:4). Avendo usato la sua prescienza, Dio sapeva che Gesù sarebbe stato tradito da un amico fidato. Ma l’idea che Giuda dovesse necessariamente sbagliare, come se fosse già scritto nel suo destino, è incompatibile con le qualità di Dio e il modo in cui ha sempre agito.

fin dall’inizio Questa espressione non si riferisce alla nascita di Giuda o al momento in cui fu scelto come apostolo, cosa che avvenne dopo che Gesù ebbe pregato un’intera notte (Lu 6:12-16). Si riferisce piuttosto a quando Giuda iniziò a comportarsi slealmente, cambiamento che Gesù colse subito (Gv 2:24, 25; Ri 1:1; 2:23; vedi approfondimenti a Gv 6:70; 13:11). Le azioni di Giuda furono quindi premeditate e pianificate, non il frutto di un cambiamento improvviso. Nelle Scritture Greche Cristiane il termine greco archè (qui tradotto “inizio”) può avere vari significati in base al contesto. Ad esempio, in 2Pt 3:4, dove viene tradotto “principio”, si riferisce all’inizio della creazione. Ma nella maggioranza dei casi viene usato in un senso più specifico. Quando, ad esempio, Pietro disse: “Lo spirito santo scese su di loro [i non ebrei] come in principio era sceso su di noi” (At 11:15), con l’espressione “in principio” non si stava riferendo al momento della sua nascita o al momento in cui fu scelto come apostolo, ma al giorno della Pentecoste del 33 E.V.; quello fu l’inizio del versamento dello spirito santo con un preciso scopo (At 2:1-4). In Lu 1:2; Gv 15:27; 1Gv 2:7 si possono trovare altre occorrenze in cui il valore da attribuire all’espressione “dall’inizio” è determinato dal contesto.

24-30 SETTEMBRE

TESORI DELLA PAROLA DI DIO | GIOVANNI 7-8

Scaviamo per trovare gemme spirituali

(Giovanni 8:58) Gesù disse loro: “In verità, sì, in verità vi dico: prima che Abraamo nascesse, io c’ero”.

nwtsty approfondimento a Gv 8:58

io c’ero Gli ebrei nemici di Gesù cercarono di lapidarlo perché, pur non avendo “ancora 50 anni”, aveva detto di aver “visto Abraamo” (Gv 8:57). Con la sua risposta Gesù stava facendo riferimento alla sua esistenza preumana in cielo quale potente creatura spirituale prima che Abraamo nascesse. Per alcuni questo versetto dimostra che Gesù e Dio sono la stessa persona. Infatti sostengono che l’espressione originale (in greco egò eimì), tradotta “io sono” in svariate Bibbie, allude alla resa di Eso 3:14 nella Settanta, e ritengono che entrambe le occorrenze debbano essere tradotte allo stesso modo. (Vedi approfondimento a Gv 4:26.) Ma nel contesto del versetto 58 la condizione espressa dal verbo eimì era iniziata “prima che Abraamo nascesse” ed era ancora in essere. È quindi legittimamente tradotta al passato piuttosto che al presente; anche altre versioni bibliche, moderne e antiche, hanno operato scelte simili. In Gv 14:9, dove compare lo stesso verbo nella stessa forma, le parole di Gesù vengono rese: “Sono stato con voi così tanto tempo, e tu, Filippo, ancora non mi conosci?” Ci sono anche altre traduzioni che usano una simile resa, a riprova del fatto che, in base al contesto, non ci sono obiezioni grammaticali se il verbo eimì viene tradotto con il passato. (Altri esempi di come un verbo che in greco è al presente possa essere reso con un passato si trovano in Lu 2:48; Gv 1:9; 5:6; 15:27; At 15:21; 2Co 12:19.) Inoltre il ragionamento di Gesù riportato in Gv 8:54, 55 mostra che non stava cercando di identificarsi con il Padre.

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