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  • g72 8/6 pp. 17-20
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  • Zattere di tronchi che solcano i mari
  • Svegliatevi! 1972
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  • Tronchi di varia grandezza e scelta
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Svegliatevi! 1972
g72 8/6 pp. 17-20

Zattere di tronchi che solcano i mari

Dal corrispondente di “Svegliatevi!” nel Canada

UN GRIDO echeggia nei boschi. Dopo alcuni secondi, un altro possente gigante della foresta cade fragorosamente al suolo. Ma, girate gli occhi al pendio del monte da dov’è caduto il gigante. Come farà mai questo albero a raggiungere le urlanti lame dentate della segheria o le mole di una cartiera?

Alcune operazioni di taglio son fatte dov’è possibile trasportare direttamente i tronchi con grandi autocarri dalla foresta allo stabilimento di lavorazione. Comunque, molte parti della frastagliata costa della Columbia Britannica e della costa nordoccidentale degli Stati Uniti sul Pacifico non sono adatte a questo tipo di operazioni. Così si spiega l’affascinante spettacolo delle zattere di tronchi.

Lungo la frastagliata Catena Costiera dei monti della Columbia Britannica crescono il magnifico abete americano, l’abete Sitchensis, il cedro, l’abete canadese, l’abete del balsamo e il pino. In distanza si vedono distese di monti, tutti ammantati di foreste così fitte che, senza un sentiero ben tracciato, ci si potrebbe subito perdere.

La costa rocciosa è esposta in alcuni punti alla piena forza del mare. In altri punti ci sono baie riparate e lunghi, stretti fiordi dove l’acqua di marea si mischia all’acqua gorgogliante di piccoli fiumi e torrenti. I tronchi vengono trasportati presso questi fiordi e piccole insenature. Lì si usa un praticissimo metodo di trasporto per immense quantità di legname: le zattere di tronchi che solcano il mare!

Visita a una zona di taglio

Recentemente alcuni amici e io visitammo una zona dove i tronchi vengono preparati per il loro viaggio in mare. Abbandonata la strada maestra girammo in uno stretto sentiero largo appena per un auto che conduce alla spiaggia dell’insenatura. Ci fermammo presso una capanna nei boschi, dove incontrammo un vecchio. Apprendemmo che aveva fatto il taglialegna per oltre quarant’anni. Ora le sue gambe non possono più sopportare i rigori di questo lavoro.

“Sapete”, ci disse, “un uomo è nell’acqua fino alle ginocchia per la maggior parte del tempo quando prepara le zattere di tronchi, e anche le braccia si bagnano. Oggi non è così difficile come quando non usavamo altro che la forza dei muscoli per mettere in fila i tronchi con un’asta dalla punta metallica. Allora i tronchi erano anche più grandi. Guardate solo quel ceppo laggiù! Tagliai quell’albero più di cinquant’anni fa, subito dopo essere venuto dall’Est. Per i primi diciotto metri era dritto come un palo, senza quasi un ramo, e anche dalla parte superiore ricavammo buoni pezzi; mi veniva voglia di chiedergli scusa perché lo tagliavo!”

Esaminando il ceppo del diametro di due metri e mezzo scoprimmo che doveva essere stato un magnifico albero. Ora, stava nascendo da esso un altro albero, che abbracciava il vecchio ceppo con tutta la tenacia di un polipo.

Continuammo il viaggio giù per la vecchia strada in mezzo agli alberi tagliati e all’improvviso uscimmo dalla luce attenuata della foresta. Davanti a noi c’era una piccola insenatura riparata. Sulla riva, venivano disposti piani di tronchi per mezzo di un grande veicolo a quattro ruote che solleva i tronchi in maniera simile a come fanno gli elefanti nelle foreste di legno duro dell’Oriente. Fa scivolare due strisce d’acciaio sotto il tronco, lo stringe sopra con un braccio simile a proboscide, e corre rombando verso l’appropriato mucchio di tronchi più in fretta di quanto non farebbe un uomo.

Uno che lavorava lì vicino ci riconobbe e gridò: “Mi date un passaggio per tornare a casa con voi?” Acconsentimmo. Finito il suo turno, il nostro amico si pulì un po’ e si tolse gli scarponi chiodati. Fred lavora lì da diciotto anni. Guardando giù verso il punto dove si preparano le zattere di tronchi, qualcuno esclamò: “Guardate! L’estremità più lontana della zattera si sta muovendo!”

Come si fa

“Sì, si sta muovendo”, convenne Fred. “Abbiamo finito quella zattera mezz’ora fa, per cui il rimorchiatore la sta tirando verso il mare”.

“Non vedo nessun rimorchiatore”, osservò il nostro amico di città.

“Guarda più avanti”, gli disse Fred, “e lo vedrai”.

Guardammo con il binocolo e vedemmo due uomini che si muovevano sul ponte mentre il rimorchiatore si accingeva a una lunga, faticosa operazione.

“Quelle file di pali laggiù servono a tenere in fila i tronchi mentre prepariamo le zattere. Impediscono pure alla marea di spostare i tronchi dal loro posto e ci evitano di fare da capo tutto il lavoro.

“Se l’acqua è troppo profonda o il fondo è troppo roccioso per piantarvi dei pali costruiamo qualche cosa di diverso. Due file di tronchi vengono fissate con catene l’una di fianco all’altra, tutti pressappoco della stessa grandezza. I punti in cui i tronchi si congiungono da ciascuna parte sono situati a metà del tronco opposto. L’estremità più lontana è ancorata nell’acqua profonda, mentre l’altra estremità è fissata alla riva. Questo offre un passaggio pedonale da cui possiamo preparare la zattera di tronchi o farla partire. Dà una certa sicurezza, essenziale per lavorare sopra acque profonde.

“C’è un tipo di zattera con un solo strato di tronchi. Essi non vengono legati insieme, ma sono tenuti in un lungo rettangolo per mezzo di speciali tronchi messi davanti, dietro e ai lati. Il tronco messo dietro è sempre di grosso diametro per impedire che i tronchi scivolino via di sotto a esso”.

Considerando come i tronchi sono disposti nella zattera, Fred disse: “Nei giorni passati gli uomini usavano lunghe aste munite all’estremità di un gancio e di una punta, così che i tronchi si potevano spingere o tirare secondo la necessità. Ma facendo questo lavoro era facile cadere in acqua, specialmente se un tronco cominciava improvvisamente a rotolare”.

Fred proseguì narrando di uno sport nato da tali esperienze: “Alcuni uomini divennero molto esperti nel far girare un tronco e nel fermarlo con gli scarponi chiodati. Questo sport divenne ed è ancora molto popolare nei campi del taglio del legno. L’obiettivo era di far rotolare via il tronco di sotto all’avversario mentre si tenevano in equilibrio l’uno di fronte all’altro sullo stesso tronco. Spesso bisognava lavorare molto di gambe prima che uno fosse proclamato vincitore e l’altro finisse in acqua. Ci provai da giovane, ma decisi subito che era sufficiente cadere quando lavoravo, senza andare in cerca di guai.

“Oggigiorno i tronchi vengono sistemati per mezzo di una piccola imbarcazione d’acciaio. Gira su un perno che gira di 360°, permettendole di usare rapidamente la sua energia in qualsiasi direzione. Spinge i tronchi di fianco o in avanti, o si gira all’improvviso completamente per spingerne un altro”.

Tronchi di varia grandezza e scelta

Era tempo di partire, per cui salimmo tutti sull’auto e nel frattempo il conducente chiese: “Quanto erano grandi, Fred, i tronchi che abbiamo visto oggi?” Si vede che egli s’interessava davvero del suo lavoro, poiché rispose:

“Parecchi erano di un metro e mezzo di diametro, mentre altri misuravano quasi un metro e alcuni oltre mezzo metro. Gli alberi si tagliano più piccoli che anni fa. In alcune zone, vanno bene tronchi di mezzo metro o anche meno perché è necessario tagliare legname di seconda e terza scelta. La cosa principale è che i tronchi siano diritti, senza troppi nodi. Altrimenti, finiranno di solito alle fabbriche di pasta di legno e alle cartiere. I tronchi di cedro corti vanno alle fabbriche di assi di copertura, mentre quelli più lunghi sono usati per fare buoni rivestimenti per abitazioni. Abete, pino e abete canadese sono usati essenzialmente per legno da costruzione”.

Ripercorrendo la via fino alla strada maestra, notammo che è facile leggere la storia dello sfruttamento della foresta: Gli alberi tagliati per primi erano i più grandi e migliori; i secondi, i migliori di quelli cresciuti dopo. Evidentemente si trattava di alberi più piccoli, di inferiore qualità e più corti, ma che potevano essere impiegati grazie alla versatilità della moderna industria dei prodotti della foresta. C’è una tregua ora prima che l’uomo prenda alberi dalla foresta una terza volta.

Le ditte di legname continuano a spingersi sempre più nel cuore della foresta sui monti in cerca di alberi di prima scelta. Comunque, ora le norme governative richiedono di pulire la foresta dopo le operazioni di taglio e di piantare nuovi alberi per il beneficio di una futura generazione.

Dove vanno le zattere di tronchi

Dalla via maestra potemmo dare un’occhiata al mare aperto. Ci fermammo in un punto favorevole a guardare la zattera di tronchi che si muoveva lentamente verso la sua destinazione.

Fred osservò: “Ho lavorato nel posto dov’è destinata quella zattera. In sostanza è un po’ come il mercato del bestiame. Ogni zattera, essendo preziosa proprietà in transito, dev’essere contrassegnata col segno di riconoscimento del proprietario e con l’indicazione della quantità approssimativa di legname che contiene. Una zattera come quella contiene circa 424 metri cubi di legname. All’arrivo esso è classificato e i tronchi vengono selezionati secondo l’impiego che se ne farà, per costruzioni, per legno compensato o per pasta di legno e carta. I compratori sono lì a fare i loro acquisti.

“Solo certe specie di legno vengono impiegate per fabbricare la pasta di legno e la carta. Quindi, i tronchi destinati a tali scopi sono mandati prima a fabbriche di trucioli di proprietà privata. Una volta ridotti in trucioli vengono caricati su cassoni galleggianti per il trasporto alle fabbriche di pasta di legno e di carta, che ora intendono installare le loro proprie truciolatrici. Altri tronchi su cui è indicato il nome dei nuovi proprietari sono in seguito uniti in zattere per rimorchiarle ai luoghi delle loro industrie”.

Facemmo un’ultima domanda: “Si perdono mai tronchi dalle zattere?”

“Sì”, rispose Fred, “alcuni. Comunque, essendo disponibili in questi giorni bollettini meteorologici aggiornatissimi, le perdite dovute al mare grosso son ridotte al minimo. Tuttavia se i tronchi sfuggono, dai contrassegni si vede chi è il proprietario, che spesso li recupera. In altri casi, servendosi di piccole imbarcazioni a motore e attenendosi a certi regolamenti, alcuni raccolgono lungo la costa i tronchi sparsi e poi li vendono all’apposita fabbrica”.

Sull’auto ringraziammo di cuore Fred per la gentilezza e la pazienza con cui aveva risposto alle nostre domande. Dopo averlo fatto scendere davanti a casa sua riflettemmo sulle numerose cose che avevamo apprese durante questa gita. Ci fece pensare a quanta gratitudine l’uomo dovrebbe avere verso il Grande Creatore dei monti ammantati di foreste.

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