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Svegliatevi! 1974
g74 8/7 pp. 20-23

Surfing: Perché la sua improvvisa popolarità?

Dal corrispondente di “Svegliatevi!” nelle Hawaii

LE POSSENTI onde che si frangono sulla spiaggia affascinano da tempo gli uomini. In anni recenti un emozionante sport internazionale è stato quello di farsi trasportare su una tavola sulla cresta di queste onde. Centinaia di migliaia di persone affollano le spiagge di tutto il mondo per praticare questo sport. I fabbricanti di tavole per il surfing incassano annualmente centinaia di milioni di lire dalle vendite.

L’improvvisa popolarità di questo sport è rispecchiata dalla creazione di macchine per produrre onde per la gioia degli appassionati di surfing che sono lontani dalle spiagge. Nel Surf·A·Torim, la più grande costruzione a forma di cupola del mondo, vicino a Tokyo, in Giappone, onde prodotte meccanicamente, alte quasi un metro, trasportano quelli che praticano questo sport dall’estremità di una piscina lunga sessanta metri a una spiaggia simulata all’altra estremità. Una macchina molto più grande si trova nel deserto dell’Arizona, negli Stati Uniti. Produce onde di circa 200.000 litri d’acqua che avanzano impetuosamente a oltre quindici chilometri l’ora, trasportando gli appassionati di surfing verso la riva sabbiosa all’altra estremità dell’“oceano” di novanta metri per centoventi.

Sport emozionante

È difficile descrivere la gioia che provano gli appassionati di surfing quando sono trasportati dall’onda. Nuotando fin dove le onde cominciano a frangersi, l’appassionato, in ginocchio o bocconi sulla sua tavola, attende l’onda che vuole. Quando essa si alza, comincia a nuotare energicamente con essa, e se calcola la propria velocità e la cresta dell’onda, la sua tavola è trascinata ed egli parte, rapidamente trasportato in avanti. Si alza immediatamente in piedi e manovra la tavola con il peso del corpo e muovendo i piedi.

L’esperto di surfing, una volta preso dall’onda, gira la tavola a destra o a sinistra, allontanandosi dall’acqua che sta frangendosi e attraverso la parete dell’onda ancora intatta. Ha davanti a sé la profonda impetuosa pendenza dell’onda, e dietro c’è il fragore dell’acqua che cade mentre l’onda si frange. Egli andrà su e giù sulla parete intatta di una grande onda, raggiungendo velocità di quasi cinquanta chilometri all’ora, e percorrendo su alcune onde centinaia di metri.

Mentre avanza velocemente lungo la base dell’onda, la sua cima può cominciare a frangersi o ad arricciarsi sopra di lui. Comunque, rannicchiandosi può mantenere l’equilibrio e viaggiare attraverso la “valle” o “cavo” dell’onda, e sfrecciarne fuori all’estremità, sempre sulla cresta dell’onda. Un esperto di surfing disse: “Si rimane presi così addentro nella valle che nessuno può vedervi dalla riva . . . Si è così addentro nell’onda che essa si frange sopra la testa e attorno al corpo. E quando se ne esce all’estremità, ebbene, non si è neppure bagnati”.

L’eccitazione e il piacere che si prova essendo trasportati da un’onda è senz’altro la ragione principale dell’improvvisa popolarità del surfing. Ma tale popolarità non è una cosa nuova.

Origini e antica popolarità

Alcuni credono che il surfing avesse origine nelle isole del Pacifico meridionale vicino a Tahiti. In seguito, persone di quella zona emigrarono, stabilendosi nelle isole Hawaii, dove il surfing divenne un’arte molto perfezionata e rispettata. I reali hawaiiani divennero particolarmente esperti in questo sport; infatti, l’educazione di un giovane capo includeva l’addestramento nell’arte del surfing.

Nel 1778, quando la nave inglese comandata dal capitano James Cook avvistò per la prima volta queste isole, essi videro i nativi farsi trasportare su tavole da enormi onde. Il modo in cui le manovravano sorprese i nuovi arrivati. Un testimone oculare disse: “La baldanza e la destrezza con cui li vidi compiere queste difficili e pericolose manovre era del tutto sbalorditiva e quasi incredibile”.

Gli antichi Hawaiiani usavano piccole tavole leggere che potevano facilmente girare e manovrare ad angolo, attraverso la parete dell’onda intatta, in modo molto simile a come fanno i moderni esperti di surfing. Ma erano anche usate tavole più grandi e meno maneggevoli, particolarmente dai reali hawaiiani. Al Bishop Museum di Honolulu è esposta la tavola usata nel decennio del 1830-40 dal capo hawaiiano Paki. È lunga quasi cinque metri e pesa più di settanta chili.

Il surfing faceva parte dell’antica vita hawaiiana. Gli osservatori lo chiamarono il loro “passatempo nazionale” e “divertimento preferito”. Comunque, tutto questo cambiò presto dopo l’arrivo dei missionari calvinisti nella prima parte del diciannovesimo secolo. I missionari scoraggiarono i tradizionali usi e costumi dei nativi, incluso il surfing. Il surfing divenne praticamente un’arte perduta.

Moderna rinascita

Duke Kahanamoku, che alle Olimpiadi del 1912 vinse la gara di nuoto stile libero dei cento metri, contribuì molto alla rinascita del surfing. Egli mostrò la versatilità della tavola del surfing, compiendo nel 1925 un drammatico salvataggio di otto persone quando il mare grosso fece rovesciare un panfilo al largo di Newport Beach, in California. Fece tre viaggi dalla riva sulla sua tavola da surfing nel mare burrascoso per raccogliere i superstiti dalle acque. La sua tavola da surfing lunga quasi cinque metri è esposta al Museo Hawaiiano delle Cere di Honolulu.

Duke Kahanamoku visitò l’Australia nel 1915 e a Freshwater Beach, Sydney, fece una drammatica esibizione di come farsi trasportare dalle onde su una tavola dando inizio al surfing in quel luogo. Alcuni anni prima, avanti che cominciasse la prima guerra mondiale, fu introdotto il surfing sulle spiagge della California. Le Pacific Electric Railroad, nel tentativo di incrementare le vendite di biglietti, assunse George Freeth, un Irlandese-Hawaiiano, perché desse uno spettacolo di surfing alla Redondo Beach. Questo attrasse migliaia di spettatori sulle spiagge della California, ciò che contribuì alle vendite dei biglietti e contemporaneamente diede inizio al surfing in quella parte del mondo.

Per molto tempo il surfing fu praticato quasi esclusivamente sulle spiagge delle Hawaii, della California e dell’Australia, ma recentemente si è esteso a tutto il globo, in quasi ogni luogo dove ci sono spiagge in cui si può praticare. Comunque, le Hawaii restano la mecca degli esperti di surfing.

Fattori che hanno contribuito alla moderna popolarità

Solo dopo la seconda guerra mondiale, e particolarmente negli scorsi quindici anni circa, il surfing ottenne vera popolarità. Una ragione principale di ciò è il migliorato disegno della tavola da surfing.

Sino agli anni cinquanta le tavole da surfing erano grosse e pesanti, di quasi cinquanta chili. Oltre a volerci una persona fisicamente forte per trasportarle, erano poco manovrabili in acqua. Infatti, il surfing consisteva interamente nel rimanere in piedi sulla tavola e farsi trasportare dall’onda direttamente fino alla spiaggia, nella sabbia. Solo con la costruzione di tavole più leggere negli anni cinquanta si ripeterono le difficili e sorprendenti imprese del surfing compiute dagli antichi esperti Hawaiiani. Da allora le tavole da surfing sono divenute progressivamente più leggere; oggi quelle di fibra di vetro pesano solo da quattro a otto chili.

Un altro fattore che ha contribuito senz’altro alla popolarità del surfing è la moderna agiatezza e l’accresciuto tempo libero che molti hanno. Questo, insieme alla pubblicità fatta alle gare di surfing e alle esibizioni in televisione e al cinema, hanno spinto migliaia di persone a dedicarsi a tale sport.

Come si impara a praticare il surfing

Guardando dalla spiaggia, chi non sa fare del surfing ha l’impressione che sia una cosa facile e poco faticosa. Ma questo è falso. Il surfing richiede non solo forza di muscoli, ma calcolo del tempo, equilibrio e ritmo. Gli esperti dedicano molte ore a esercitarsi per acquistare la loro sbalorditiva capacità.

Ma non tutti dovrebbero cercar di imparare il surfing. Il surfing è solo per quelli che sono ottimi nuotatori e che sono in buone condizioni fisiche. È stato raccomandato ai genitori di esigere che i figli sappiano fare a nuoto trecento metri senza fermarsi prima di accordare loro il permesso di fare del surfing. È pure consigliabile imparare prima a fare del surfing senza tavola, per sapersi destreggiare fra le onde.

Per imparare a far questo non si usa nessun ausilio artificiale tranne forse le pinne per i piedi che permettono di acquistare maggiore velocità per farsi trasportare da un’onda che va a frangersi. Il calcolo del tempo è l’essenza di questo sport. L’idea è di cominciare a nuotare poco prima che arrivi l’onda, così che, quando la persona ne è raggiunta, andrà pressappoco alla stessa velocità. L’onda quindi la trasporterà avanti verso la spiaggia.

Oltre a imparare a far questo, un altro buon modo per imparare a sentire le onde è di farsi trasportare da esse su un oggetto di gomma gonfiato, di forma quadrata od ovale e lungo da un metro a un metro e mezzo, o su una piccola tavola per il ventre. Questo è un buon modo di prepararsi all’uso della regolare tavola da surfing.

Il primo passo per imparare a farsi trasportare sulla tavola da surfing è di esercitarsi stando sdraiati su di essa e nuotando con le mani per spingerla avanti. Di solito il novizio non riesce a far questo con facilità e a mantenere contemporaneamente l’equilibrio. Colui che sta imparando dovrebbe attendersi di scivolar giù più volte. È bene esercitarsi a nuotare sulla tavola in acque tranquille, lontani dalle onde, finché non si impari bene.

Quindi cercate di nuotare sulla cresta dell’onda. Lasciate che l’onda si franga e che l’acqua spumeggiante trascini la tavola e vi trasporti verso riva. Non tentate di alzarvi in piedi finché non sappiate avanzare in posizione prona. Quindi provate ad alzarvi! Molte volte vi accorgerete di cadere dalla tavola. Ma con molto esercizio imparerete a mantenere l’equilibrio.

Ora siete forse pronti a nuotare in mezzo agli impetuosi frangenti fino a un punto al di là di dove si frangono le onde. Questo può esser molto difficile. Tenete in equilibrio il corpo in modo che la parte anteriore della tavola sia leggermente al di sopra della superficie dell’acqua. Una volta superati i frangenti, siete pronti a scegliere un’onda e a cercar di farvi trasportare da essa.

Ci vuole prudenza

Come per quasi ogni sport, vi sono dei pericoli. Il più grande è quello rappresentato dalla tavola, di solito quella di qualcun altro. Una tavola trasportata da un’onda può infliggere una grave ferita, persino mortale. Quindi non cercate mai di afferrare una tavola che viene verso di voi. Tuffatevi sotto di essa e poi recuperatela.

Ricordate inoltre di non praticare mai il surfing da soli, poiché potete aver bisogno dell’aiuto di un altro. Siate gentili. Non intralciate il passo ad altri. Fate in modo di conoscere le vostre limitazioni e capacità fisiche; non tentate di fare del surfing in onde così grandi da mettere in pericolo la vostra vita. Imparate anche a conoscere bene i pericoli della zona in cui vi trovate.

Per esempio, in alcune zone ci sono correnti causate da grandi quantità d’acqua che si muovono verso i bassi fondali. Evitatele osservando dove si trovano prima di entrare in acqua. Si riconoscono dal triangolo di acqua di colore più chiaro o di spuma con la punta verso il mare. Se vi rimanete presi non combattete mai contro di essa, ma cercate di attraversarla a nuoto andando verso la sua estremità, facendovene trasportare finché perde la sua forza. Soprattutto, non vi fate prendere dal panico; se sapete nuotare bene, non vi porterà così lontano che non potrete tornare indietro a nuoto.

Un’altra precauzione: Mantenete una veduta equilibrata del surfing. Può essere un passatempo davvero piacevole, ma ci si può rovinare la mente se ci si dedica ad esso escludendo ogni altra cosa. Molti esperti di surfing si sono dati alla ricerca dei piaceri ricorrendo alle droghe, come osserva Surfer Magazine del novembre 1969:

“La spiacevole verità è che la droga, cominciata con quell’innocente tirata da una sigaretta di marijuana, ha fatto uno spaventoso numero di vittime fra molti che un tempo erano grandi nomi del surfing.

“Un finalista dell’annunciata Gara Duke di due anni fa non ha potuto competere quest’anno. Non era neppure in grado di comunicare in modo intelligente perché la droga gli aveva ‘fatto saltare la mente’. . . . Un eccezionale esperto di surfing che alcuni anni fa ‘salì agli onori’ della fama, trascorse parte del suo ultimo inverno come un animale su un albero della North Shore. Un altro che un tempo era un grande esperto di surfing ha il cervello ridotto come una prugna secca a causa della droga. Ora conduce un’esistenza improduttiva sulle pendici di Haleakala. . . .

“. . . pare che gli stupefacenti siano oggi in voga fra un gran numero di esperti di surfing di successo”.

Indubbiamente il surfing può essere un piacevole sport che reca vera soddisfazione. Ma bisogna essere prudenti. Molti che praticavano questo sport hanno rovinato la propria vita o sono rimasti uccisi perché non hanno esercitato buon giudizio. Non lasciate che questo accada a voi o ai vostri cari.

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