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  • g77 8/7 pp. 16-19
  • Come furono scoperte le vitamine

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  • Come furono scoperte le vitamine
  • Svegliatevi! 1977
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  • Le vitamine del complesso B
  • Vitamina K: successo istantaneo
  • Se ne scopriranno altre?
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Svegliatevi! 1977
g77 8/7 pp. 16-19

Come furono scoperte le vitamine

IL MARINAIO aveva le gambe così gonfie che non poteva camminare. Il capitano, sperando di arrestare la diffusione della temuta ‘infezione da scorbuto’, abbandonò l’uomo su un’isola deserta dell’Atlantico. Lo sventurato era destinato a morire, pensava il capitano, ma forse si poteva salvare il resto dell’equipaggio.

L’uomo abbandonato masticò dell’erba fresca che trovò a ciuffi sparsi qua e là nell’isola. Con suo stupore, dopo qualche giorno riusciva a camminare un po’! Ben presto gli tornarono le forze e infine riuscì a farsi prendere a bordo da una nave di passaggio, tornando a casa sua a Londra. Immaginate la meraviglia dei suoi ex compagni quando lo rividero: era come se fosse stato risuscitato!

L’episodio del marinaio che ‘mangiò erba come un animale e visse’ suscitò il vivo interesse di un chirurgo scozzese, il dott. James Lind. Essendo stato con la flotta inglese, sapeva che ogni anno morivano di scorbuto migliaia di marinai. Lind si chiese: Nell’erba c’era forse qualcosa che la normale alimentazione dell’uomo non contiene? C’era un legame tra lo scorbuto e l’alimentazione? Decidendo di fare esperimenti, Lind scrisse un importante capitolo nella storia di ‘come furono scoperte le vitamine’.

Non che il dott. Lind cercasse una vitamina. Prima del 1911 questa parola era sconosciuta. In effetti la maggior parte delle vitamine fu scoperta per caso, in quanto i ricercatori combattevano specifiche malattie e non studiavano i cibi o la nutrizione.

Inoltre, questa storia non ha un solo eroe, ma è il risultato degli sforzi di uomini di molti paesi. Questi pionieri in molti casi non si avvalsero delle reciproche scoperte, poiché non disponevano dei moderni mezzi di comunicazione. Ma in alcuni casi, nonostante il disprezzo di medici e scienziati contemporanei, gli sforzi di questi uomini sono un esempio di coraggio, perseveranza e infine successo.

La storia della vitamina C

“Il 20 maggio 1747, presi dodici malati di scorbuto . . . Scelsi i casi più simili che potei trovare”, comincia la relazione del dott. Lind. Le sue conclusioni indicarono “che i risultati più immediati, tangibili e buoni si ottennero con l’uso di arance e limoni; quelli che li avevano presi dopo sei giorni erano pronti a riprendere servizio”.

Se ne rallegrarono i medici del suo giorno? No. Piuttosto, l’idea che lo scorbuto dipendesse dall’alimentazione fu derisa e respinta. Gli equipaggi di alcune navi non bevevano succo di limone eppure avevano lo stesso lo scorbuto? Purtroppo, questo era vero, ma avevano bollito il succo di limone, distruggendo quella che oggi chiamiamo vitamina C.

Infine, circa quarantasette anni dopo, l’Ammiragliato inglese permise a Lind di ripetere l’esperimento. Fu provveduto a un’intera flotta di navi succo di limone crudo bastante per un viaggio di ventitré settimane. I risultati furono così spettacolari che un anno dopo, nel 1795, il succo di limone (sostituito in seguito da succo di limetta) entrò a far parte dell’alimentazione regolamentare dei marinai inglesi. Lo scorbuto non era più ‘padrone delle onde’!

Tuttavia, ci volle molto tempo per scoprire la ragione dell’efficacia dei limoni e di altri frutti e ortaggi. Nel 1905 un Olandese, il prof. Pekelharing, a seguito dei suoi esperimenti sui topi, scrisse: “Il latte contiene una sostanza sconosciuta, che, anche se consumata in quantità molto piccole, è della massima importanza per la nutrizione”. Egli mostrò che, anche quando avevano apparentemente cibo in abbondanza (grassi, proteine, carboidrati), se mancava questa “sostanza sconosciuta”, i topi morivano. Purtroppo, la sua relazione fu pubblicata solo in olandese e non ebbe vasta diffusione.

Nonostante tali ostacoli, l’idea che ci fossero ‘elementi misteriosi’ necessari fu infine pubblicata e accettata. Si potevano mangiare grandi quantità di ‘cibi sostanziosi’ senza tuttavia avere gli ‘elementi necessari’. Non servivano ad alimentare il corpo ma erano in qualche modo necessari per la sua attività chimica. Se ne poteva isolare uno?

Al principio del Novecento vari gruppi di scienziati erano vicini a scoprire la misteriosa sostanza che combatte lo scorbuto. Nel 1931, fu prodotto un concentrato di succo di limone che era 20.000 volte più potente del succo originale! Si fece quindi un concertato sforzo per stabilire l’esatta natura di questo composto essenziale. Una volta determinatane la “catena” o struttura molecolare, si poté sintetizzare e produrre in quantità. E nel 1935 la vitamina C (detta anche giustamente acido ascorbico) divenne la prima vitamina “pura” messa a disposizione del pubblico con la produzione in serie.

Ma nella ricerca di un rimedio contro lo scorbuto si scoprì più che una vitamina. L’uomo apprese che la malattia non è sempre causata da qualche infezione o da batteri. Talvolta è provocata da un’alimentazione carente.

Le vitamine del complesso B

I primi indizi sull’esistenza delle vitamine B si ebbero nella lotta contro la temuta malattia del beri beri, che colpisce i nervi e il cuore. Il beri beri interessa anche l’apparato digerente. La nostra storia ci porta di nuovo sul mare.

Nei primi anni dopo il 1880, sotto la direttiva di un giovane ufficiale medico giapponese, Kanehiro Takaki, due navi partirono dal Giappone per un viaggio simile, ma con due diete diverse. Sulla prima nave si serviva il solito menu a base di riso, con un po’ di ortaggi e pesce. La seconda invece serviva all’equipaggio anche frumento e latte, oltre a più carne di quella servita sulla prima nave. I risultati furono convincenti. Il beri beri infuriò sulla prima nave, causando venticinque morti. Sulla seconda nave, nessun morto. Takaki persuase subito l’Ammiragliato giapponese ad adottare una nuova dieta per tutta la marina.

Quando fu pubblicata questa notizia in Inghilterra, ci si poteva aspettare che suscitasse profondo interesse, ma non fu così. Invece, sarebbe stato un giovane olandese, Christiaan Eijkman, a convincere il mondo occidentale del valore della nutrizione per combattere il beri beri.

Lavorando a Giava, dove allora il beri beri infuriava, Eijkman notò qualcosa che gli fece cambiare tutto il suo modo di considerare il problema. Alcune galline usate per gli esperimenti erano state esposte a quella che veniva allora considerata l’“infezione” del beri beri. Tuttavia, invece di morire, col tempo guarirono tutte. Com’era possibile, rifletté Eijkman? Vagliò ogni possibilità e scoprì solo un indizio. Per qualche tempo era stato dato da mangiare alle galline riso ‘bianco’ brillato, ma poi erano tornate al loro solito cibo, il locale riso ‘scuro’ non brillato.

Quando fece esperimenti sull’uomo, Eijkman stabilì subito che chi mangiava riso non raffinato non prendeva il beri beri, mentre chi mangiava riso brillato, ritenuto migliore, lo prendeva. Inizialmente, questa spiegazione apparentemente ‘troppo semplice per essere creduta’ fu respinta, ma Eijkman sostenne ostinatamente le sue affermazioni continuando le ricerche.

Sarebbero stati altri, però, a rivendicare pienamente la sua tesi. La “sostanza essenziale” contenuta nell’involucro del riso fu infine isolata da un chimico polacco, Casimir Funk. Quindi, R. R. Williams, un chimico americano, impiegò anni a determinare la struttura molecolare e a sintetizzare la vitamina che fu chiamata tiamina.

Tuttavia, con la scoperta della tiamina c’erano ancora molte cose non comprese sulle vitamine del complesso B. Ma la lotta contro la pellagra avrebbe aperto quella porta.

“Pellagra” significa “pelle ruvida”. Ma questa malattia ha conseguenze molto più gravi. Conduce infine alla pazzia e alla morte. Com’è accaduto spesso nella storia delle vitamine, molti ricercatori indipendenti videro un legame tra questa malattia e la nutrizione. Tuttavia, anche a metà dell’Ottocento, poiché la pellagra colpiva soprattutto i poveri delle campagne che vivevano principalmente di granturco, le teorie accettate l’attribuivano ad “avvelenamento da granturco” e a “infezione”.

Nel 1915 morirono di pellagra più di 10.000 persone solo negli Stati Uniti. Con la sua rapida diffusione il Dipartimento della Sanità degli Stati Uniti mandò il dott. Joseph Goldberger nel profondo Sud, dove questo flagello aveva raggiunto proporzioni epidemiche.

Agli occhi di Goldberger si presentò una vista spaventosa: le vittime erano svogliate, apatiche, coperte di foruncoli. Poiché in tanti casi l’igiene lasciava molto a desiderare, e dappertutto c’erano mosche, egli avrebbe potuto facilmente ingannarsi sulla vera causa. Ma Goldberger sospettava che fosse dovuta a una carenza alimentare. Egli aveva notato che nei manicomi dello stato i pazienti prendevano la pellagra ma il personale no. Perché? I contatti fra i due gruppi erano frequenti. Ma la dieta del personale era a base di latte, carne e uova, mentre i pazienti si nutrivano soprattutto di cereali.

Tuttavia, anche quando i giornali resero noti i risultati dei suoi studi indicanti la necessità delle proteine, una commissione pubblicò l’idea che la pellagra fosse una malattia infettiva causata dalla puntura della mosca delle stalle! Goldberger ne inorridì. Egli era fermamente convinto che finché non si riconosceva che la causa era la nutrizione, migliaia di persone avrebbero continuato a morire. Cosa poteva fare per dimostrare che non dipendeva da un’infezione?

Annunciò che, sotto la sorveglianza dei medici, egli e altri quindici volontari si sarebbero “infettati” introducendo nel proprio corpo il muco di vittime della pellagra. Con grande sorpresa di molti, nessuno dei volontari prese la pellagra. Da quel momento in poi, fu accettata l’idea di Goldberger secondo cui una dieta consistente soprattutto di farina di granturco, riso e grasso di maiale causa la pellagra.

Tuttavia Goldberger non riuscì mai a individuare l’esatta sostanza che preveniva la malattia da lui combattuta. Gli sfuggiva di continuo. Possiamo riconoscere le difficoltà in cui si dibatteva se pensiamo che la vitamina B è in realtà una famiglia di sostanze complesse, non facilmente separabili le une dalle altre. Solo nel 1937 un altro ricercatore, il dott. Conrad Elvehjem, che lavorava sui concentrati epatici, isolò l’acido nicotinico, meglio conosciuto come niacina.

Oggi la niacina è considerata essenziale nella dieta. Senza niacina, altre vitamine B non possono svolgere la loro debita funzione nel corpo. E le vitamine del complesso B sono ancora oggetto di attenti studi: al presente ne sono state riconosciute una quindicina. Si ammette in genere che, per prevenire la pellagra, si ottengono migliori risultati impiegandole tutte insieme.

Vitamina K: successo istantaneo

Ma non tutte le vitamine furono scoperte per “curare” una malattia. In anni recenti, le ricerche sulle vitamine sono state volte in un’altra direzione. Si è cercato di vedere come includerle nella nutrizione, cioè come le nuove vitamine scoperte possano essere impiegate nella lotta contro diverse malattie o pericoli per la salute.

La vitamina K è un buon esempio di ciò. La sua esistenza fu sospettata per la prima volta nel 1929, fu presto “isolata” e dal 1939 ne è stato fatto un largo impiego. Ci vollero solo dieci anni. Considerando la storia delle vitamine, possiamo dire che la vitamina K ebbe un successo istantaneo!

La vitamina K fu scoperta facendo esperimenti sui polli. Si riscontrò che il loro sangue perdeva la facoltà di coagularsi quando venivano nutriti con certi cibi. Poi si osservò che il sangue dei polli si coagulava più in fretta quando la loro dieta conteneva soia germogliata. Infine, fu scoperto che la vitamina K è essenziale per la normale coagulazione del sangue. Fra gli altri impieghi, questa vitamina è servita a molti neonati per cominciare bene la vita, poiché spesso in essi la proprietà del sangue di coagularsi è debole.

Se ne scopriranno altre?

Quando il chimico Funk coniò per primo la parola “vitamina”, si basò sull’idea che la sostanza scoperta fosse un’ammina (contenente azoto) e vita (necessaria alla vita). Sebbene non tutte le vitamine contengano azoto, il tempo ha dimostrato che aveva ragione sull’aspetto più importante. Benché una vitamina tipica, come la tiamina, costituisca solo lo 0,001 per cento di una dieta adeguata, è essenziale.

Tuttavia, il riconoscimento di questo fatto non significa che tutte le controversie sulle vitamine siano semplice storia; la disputa continua. Oggi le divergenze riguardano la dose raccomandata e la diversità di impiego. Per esempio, forse avete letto nel giornale locale notizie contrastanti sui meriti della terapia megavitaminica (grandi quantità di vitamine per specifiche condizioni di salute).

In genere, però, si ammette che gli uomini che trovarono le vitamine trovarono un “amico”. E gli scienziati sono prontamente d’accordo sul fatto che l’elenco di circa venticinque vitamine “riconosciute” probabilmente crescerà. Ma, avvertono, non c’è nessun motivo per credere che le vitamine siano il rimedio per tutti i nostri problemi di salute. Infatti, le dosi eccessive di alcune di esse possono nuocere.

Siamo dunque molto simili a quel marinaio inglese abbandonato su un’isola deserta. Egli non vi trovò la ‘fonte della giovinezza’. Tuttavia, come dovette essere grato di quell’erba ricca di vitamine che gli ridiede le forze! Similmente, anche noi dovremmo essere grati della limitata conoscenza che abbiamo di quei minuti composti essenziali alla vita, le vitamine.

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