La fusione termonucleare risolverà i problemi energetici?
Uno scienziato atomico analizza schiettamente le difficoltà che si devono superare prima di poter sfruttare la fusione termonucleare controllata per provvedere al fabbisogno energetico
NON C’È DUBBIO, la possibilità di controllare la fusione termonucleare (processo in cui avviene una combinazione) è allettante. Se potessimo effettuare anche una sola delle varie reazioni di fusione, diciamo quella di due atomi di deuterio (N. 4 nel prospetto a pagina 20), potremmo attingere a un’inesauribile fonte di combustibile. Una ogni 3.000 molecole d’acqua, incluse quelle dei grandi oceani, contiene un atomo di deuterio. Pensate! Mezzo litro d’acqua potrebbe fornire 400 chilowattora, l’elettricità di cui avete bisogno in casa per un mese. E ci saremmo sbarazzati dei crescenti mucchi di scorie radioattive della fissione prodotte dalle attuali centrali nucleari. Non è questa una promettente soluzione del problema energetico?
Quell’apparato detto ciclotrone è utile per studiare queste reazioni, ma non serve per produrre energia in forma utilizzabile. Ci vuole una gran quantità di energia per far muovere milioni di particelle abbastanza velocemente da reagire, ma solo alcune di esse colpiscono altri atomi liberando sufficiente energia; tutte le altre emettono energia in piccole quantità e vanno sprecate. Nell’esperimento si spreca molta più energia di quanta se ne possa ricuperare.
Il segreto della superiorità del sole è che il suo interno è così caldo che le particelle mantengono l’alta velocità da una collisione all’altra, e alla fine reagiscono. Capirete dunque perché è tanto difficile sulla terra ottenere un utile processo di fusione. Dovremmo in qualche modo riprodurre un po’ dell’interno del sole. Ma com’è possibile riscaldare una quantità di idrogeno a una temperatura di milioni di gradi e tenerlo insieme finché reagisce? Non si conosce nessun materiale in grado di contenerlo. Le sostanze più resistenti alle alte temperature fondono e vaporizzano a poche migliaia di gradi.
Sì, gli scienziati hanno dimostrato la potenza della fusione termonucleare sulla terra, ma solo nell’esplosione della spaventosa bomba all’idrogeno. Naturalmente, tutto ciò che è nella bomba e nei dintorni viene vaporizzato e salta in aria in una frazione di secondo. Com’è possibile addomesticare un mostro così feroce e sfruttarne la forza?
Fusione in contenimento magnetico
Per quanto appaia impossibile, c’è il modo di sormontare un ostacolo apparentemente insormontabile, ed è ricorrendo all’isolamento termico magnetico. Funziona così: L’idrogeno viene riscaldato con una scarica elettrica a una temperatura così elevata che si trasforma completamente in particelle dette ioni. Allora consiste solo di nuclei positivi ed elettroni negativi. Questo è lo stato della materia detto plasma. Se il plasma è circondato da un forte campo magnetico, le particelle cariche o ioni non possono allontanarsi in linea retta, ma sono costrette a seguire strette traiettorie a spirale. Se il campo magnetico è opportunamente configurato, queste traiettorie a spirale saranno riflesse dalle due estremità del contenitore, che diventa così una “bottiglia” magnetica.
Secondo un altro progetto, le traiettorie assumono una forma circolare, in un campo a forma di ciambella o toroidale. In tali dispositivi, i protoni e gli elettroni non possono venire a contatto con le pareti del contenitore metallico, e possono essere riscaldati a temperature di milioni di gradi mentre il contenitore resta freddo. Tra gli apparati di questa specie, quello che ha dato i migliori risultati è stato chiamato tokamak dagli scienziati russi che l’hanno inventato.
Qualunque sia il modo impiegato per contenere il plasma mediante il campo magnetico, si devono soddisfare tre condizioni perché la fusione abbia inizio e continui. Queste condizioni sono temperatura, densità e tempo.
In primo luogo, il plasma dev’essere riscaldato alla temperatura d’innesco. La reazione degli atomi di deuterio e trizio viene innescata alla più bassa temperatura, circa 46.000.000 di gradi centigradi. Il plasma si può riscaldare mediante corrente elettrica indotta, o inviandovi un fascio di atomi ad alta energia. Ma un ostacolo sempre presente alla reazione di fusione è la perdita di energia dovuta a collisioni di rimbalzo. Queste producono raggi X, che sfuggono facilmente dal campo magnetico, sottraendo così calore al plasma. Il plasma dev’essere così caldo da produrre più energia dalla fusione di quella perduta in questo modo, al fine di giungere a una reazione autosostenentesi.
In secondo luogo, il plasma dev’essere compresso per tenere insieme le particelle ad altissima densità, 100 trilioni (1014) o più in ogni centimetro cubo. E, infine, queste condizioni devono essere mantenute per un intervallo di tempo abbastanza lungo da consentire un numero minimo di collisioni. Il prodotto della densità moltiplicato per il tempo in secondi deve raggiungere almeno 60 trilioni (60 × 1012). In matematica questo numero si chiama parametro di confinamento. Esso ci dice che se la densità massima può essere mantenuta, ad esempio, per un decimo di secondo, tale densità dev’essere almeno di 600 × 1012 perché abbia luogo una fusione fra deuterio e trizio autosostenentesi.
Il plasma può essere compresso rafforzando rapidamente il campo magnetico. Mentre questo fa aumentare la densità, allo stesso tempo riscalda ancor più il plasma. Poi, se il campo magnetico è opportunamente configurato e in grado di tenere insieme il plasma abbastanza a lungo, ne risulterà la fusione. Purtroppo, è molto difficile ottenerla in pratica. Il plasma è qualcosa di straordinariamente elusivo. Se trova un punto debole nel campo magnetico vi si inserisce producendo una sacca attraverso cui sfugge in fretta. Si comporta come una semplice camera d’aria supergonfiata e non trattenuta dal copertone.
Per superare le instabilità sono stati impiegati molti anni e molti miliardi, ma con risultati deludenti. Solo alcuni esperimenti condotti negli scorsi due anni danno motivo di sperare che i duri sforzi compiuti per domare il capriccioso plasma avranno infine successo. Con un tokamak chiamato “Alcator” installato presso il Massachusetts Institute of Technology si è ottenuto un parametro di confinamento di 30 trilioni. Ma la temperatura raggiunta era troppo bassa, appena una decina di milioni di gradi. In un successivo esperimento fatto a Princeton (con un apparato chiamato Large Torus), è stata raggiunta una temperatura di ben 75 milioni di gradi, per la prima volta abbastanza alta da innescare la reazione deuterio-trizio. Ma questa volta il parametro di confinamento non ha superato il trilione. La fiamma nucleare ha di nuovo dato un guizzo e si è spenta ancor prima di accendersi.
Questi piccoli successi inducono a sperare che la prossima generazione di tokamak, più grandi e più costosi, riusciranno a produrre tanta energia quanta ne viene consumata. Nei prossimi due o tre anni se ne dovrà costruire uno a Princeton, negli Stati Uniti, e uno a Culham, in Inghilterra. Ciascuno verrà a costare sui 300 milioni di dollari. Se con queste macchine sarà dimostrato che la fusione controllata è possibile, i fisici nucleari saranno pronti ad affrontare gli altri ostacoli che restano prima di poter costruire un reattore a fusione utile per fini commerciali.
Un problema che si prospetta è l’accumulo nel plasma di impurità che lo contaminano. Le summenzionate perdite di raggi X diventano molto più grandi man mano che aumenta il numero atomico. Perfino il gas elio causa una perdita otto volte maggiore di quella dell’idrogeno. Con l’ossigeno è 500 volte superiore. Questo significa che il plasma dovrà essere tenuto straordinariamente pulito per realizzare una fusione utile ai fini pratici.
Una volta risolti tutti questi problemi, che aspetto potrebbe avere una centrale che funzionasse con un reattore a fusione? All’Università del Wisconsin è stato fatto un progetto, in base ai dati più ottimistici finora disponibili, che ce ne dà un’idea. Il toro, o contenitore a forma di ciambella, sarebbe alto 27 metri e avrebbe un diametro di 44 metri. Sarebbe composto di 12 sezioni a forma di fette di torta, ciascuna del peso di 3.500 tonnellate. Verrebbe racchiuso in un edificio alto 102 metri e con un diametro di 120 metri. Queste enormi sezioni si dovrebbero fabbricare secondo i più rigorosi criteri di alto vuoto. Le colossali calamite poste intorno ad esse verrebbero raffreddate con elio liquido fino a quattro gradi dallo zero assoluto (-273°).
Una volta in funzione, con la carica di deuterio e trizio circolante nel toro a temperature di fusione, la centrale genererà 1.400 megawatt. Ma ogni 90 minuti l’intera colossale centrale dovrà essere chiusa per pomparne fuori le impurità e sostituire il combustibile. Durante questa periodica chiusura dovrà essere erogata alla rete elettrica corrente alternata per sei minuti, quindici volte al giorno. Non è strano che gli amministratori delle società per l’energia elettrica siano tutt’altro che ansiosi d’avere a che fare con un gigante così capriccioso!
Fusione con l’impiego di raggi laser: un metodo inerziale
Di recente è stato rivelato un altro possibile modo per controllare la fusione che è stato studiato in segreto. Viene chiamato metodo inerziale. Con questo genere di apparato, un certo numero di raggi laser sono focalizzati simmetricamente da tutti i lati per incrociarsi in un punto comune. Una microscopica pallina di vetro contenente un miscuglio di deuterio e trizio vien fatta cadere attraverso il punto di convergenza. Quando si trova esattamente al punto giusto, vengono inviati i raggi laser. Colpiscono la sfera tutti simultaneamente, e riscaldano la pasticca con una potenza di milioni di chilowatt per una frazione di un miliardesimo di secondo. L’improvviso calore fa vaporizzare la pasticca, e quando l’involucro esterno di vetro esplode, proietta il gas all’interno, generando un’implosione. Questo riscalda istantaneamente il combustibile a una temperatura stimata di dieci milioni di gradi, e comprime il gas a una densità 200 volte superiore al normale. Sebbene la temperatura sia sensibilmente inferiore alla temperatura d’innesco, è abbastanza alta da produrre una certa fusione. In alcuni esperimenti, si sono formati ben dieci milioni di neutroni. Quasi immediatamente la massa scoppia, dato che non c’è nulla a tenerla insieme. La fusione continua solo finché l’inerzia della massa tiene insieme gli atomi di idrogeno; non appena l’intensa pressione la fa scoppiare, si arresta.
Sotto certi aspetti ci sono maggiori speranze di sviluppare presto questo metodo che non quello del confinamento in campo magnetico. Ma allo stato attuale delle cose è stato solo dimostrato che l’idea è scientificamente valida. Occorre migliaia di volte più energia per alimentare il raggio laser di quella prodotta negli esperimenti. Con laser più potenti si potrà raggiungere una temperatura più elevata e la fusione diverrà più efficiente. Ci vorranno laser da 10 a 100 volte più potenti dei migliori oggi esistenti per arrivare al punto di produrre tanta energia quanta ce ne vuole per farli funzionare.
Ma il discorso della spesa è ben diverso. Anche se si possono produrre laser della necessaria potenza, si ricava poca energia da una singola pasticca. Per ottenere energia da utilizzare per scopi pratici bisognerebbe inviare il raggio laser centinaia o migliaia di volte al minuto, facendo cadere un ugual numero di pasticche attraverso il punto bersaglio. Si dovranno fare notevoli sforzi per prolungare la durata utile dei generatori di laser e per fabbricare a un costo ragionevole microsfere a milioni.
Fusione: energia pulita o non tanto?
Un problema che sussiste con entrambi i metodi di fusione è quello dell’inquinamento radioattivo. Questo nonostante le dichiarazioni secondo cui l’energia prodotta con la fusione farà evitare il problema che esiste con la fissione nucleare. Alcune reazioni di fusione (N. 4 e 5) avvengono col trizio, l’isotopo radioattivo dell’idrogeno. Queste reazioni producono anche neutroni, che sfuggono nei materiali circostanti rendendoli radioattivi. Guardando la tavola delle reazioni di fusione, notiamo che le reazioni che avvengono nel sole sono “pulite”. Non implicano radioattività. Ma l’unica altra reazione di cui si può dir questo è quella (N. 6) fra il deuterio e l’elio-3. Purtroppo, queste reazioni pulite richiedono tutte un’altissima temperatura d’innesco.
Essendo la reazione fra deuterio e trizio (N. 5) quella con la più bassa temperatura d’innesco, è l’unica a essere usata nelle attuali ricerche, ed è quella che sarà usata nelle prime centrali con reattori a fusione. In questa reazione si formano parecchi neutroni, molti di più per unità d’energia che con la fissione dell’uranio. Per cui tutto ciò che è nel reattore e nelle vicinanze viene fortemente contaminato da radioattività. Sarà dunque pericoloso maneggiare le parti del reattore quando devono essere riparate o sbarazzarsene quando devono essere sostituite.
Oltre al problema della radioattività, c’è il danno subìto dall’involucro metallico che circonda il reattore, perché i neutroni spostano addirittura gli atomi. Pertanto il materiale si indebolisce, per cui le sezioni a ciambella del reattore magnetico, ad esempio, non dureranno probabilmente più di due o cinque anni. Portare queste colossali strutture radioattive, del peso di 3.500 tonnellate e alte quanto un edificio di nove piani, fuori della centrale e demolirle è un compito che spaventa solo a pensarci. La massa di scorie radioattive di una centrale con reattore a fusione potrebbe essere maggiore di quella delle attuali centrali nucleari.
Un altro punto spesso trascurato è che il trizio stesso è radioattivo. Il trizio è presente in piccole quantità nell’atmosfera, essendo prodotto dalle reazioni dei raggi cosmici. Il trizio non è certo così pericoloso come prodotti della fusione quali iodio e stronzio, ma la quantità di scorta necessaria in una centrale con reattore a fusione sarebbe nell’ordine di centinaia di milioni di curie (unità di misura della radioattività). Qualche fuga è inevitabile; di regola si può mantenere sui 10 curie al giorno. Ma quello fuggito accidentalmente — dopo tutto l’idrogeno mischiato con l’aria è esplosivo — si combinerebbe rapidamente sotto forma d’acqua e si spargerebbe irrimediabilmente su tutta la terra. La perdita di trizio in una sola centrale potrebbe portare la concentrazione atmosferica globale al 1000 per cento.
Negli Stati Uniti si sentono ogni tanto notizie ottimistiche su qualche nuovo passo avanti in questo campo. Sembra che questo accada di solito verso l’epoca dell’anno in cui si deve presentare al Congresso la richiesta di ulteriori fondi per ampliare le ricerche. Ma la cruda realtà è che prima di poter ricavare energia dalla fusione termonucleare a un prezzo economico passerà molto tempo, anche se si potranno superare tutte le difficoltà attuali. Edward Teller dice che forse passeranno ancora due generazioni prima di poter utilizzare l’energia prodotta dalla fusione con l’impiego di raggi laser.
Energia illimitata dalla fusione
Se si dovesse mentalmente costruire una centrale ideale con un reattore a fusione, sarebbe qualcosa del genere: Una massa abbastanza grande di idrogeno che stia insieme mediante la gravità; così si risolvono tutti i problemi di contenimento. La compressione gravitazionale di questa massa di idrogeno ne accrescerebbe la temperatura e la densità abbastanza da innescare la reazione di fusione. L’equilibrio tra gravità e pressione interna stabilirebbe automaticamente la velocità della reazione, per cui non sarebbe né troppo lenta né diverrebbe incontrollata.
Invece di costruire complicati schermi per impedire la contaminazione da radiazioni, la ridurremmo a un livello di sicurezza semplicemente mettendo questo reattore nucleare a una discreta distanza, diciamo 160 milioni di chilometri. Anziché costruire linee elettriche per portare l’energia fino a noi, potremmo farcela inviare sotto forma di energia radiante, termica e luminosa. E, infine, per proteggerci da protoni o neutroni sfuggiti al reattore, dovremmo solo avvolgerci attorno un debole campo magnetico per deviare quelle particelle e uno strato d’aria per assorbirle.
Naturalmente il lettore riconoscerà che questo tipo di reattore a fusione è proprio quello provvedutoci dal Creatore, nel sole. Dovremmo essere grati che il saggio Creatore, Fonte di ogni energia, abbia dato a tutti gli abitanti della terra una fonte energetica inesauribile e illimitata. E non dobbiamo far altro che prenderla. Non ci sarà inviata ogni mese la bolletta della luce.
[Testo in evidenza a pagina 19]
‘In una centrale con reattore a fusione, l’intera colossale struttura dovrebbe essere chiusa ogni 90 minuti per pomparne fuori le impurità e sostituire il combustibile’.
[Testo in evidenza a pagina 21]
“La cruda realtà è che prima di poter ricavare energia dalla fusione termonucleare a un prezzo economico passerà molto tempo, anche se si potranno superare tutte le difficoltà attuali”.