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Svegliatevi! 1982
g82 22/1 pp. 9-11

Ricombinazione genica: un’impresa rischiosa?

“È QUALCOSA che ha avuto pochissimi precedenti nella scienza”, affermava con stupore la rivista Science News. Nel 1974, allorché gli scienziati cominciavano appena a sviluppare le tecniche fondamentali della ricombinazione genica, fu dato un urgente avvertimento sui possibili pericoli dei loro esperimenti. Cosa c’era di così insolito? Coloro che davano l’avvertimento non erano allarmisti disinformati ma gli stessi scienziati che erano in testa nelle ricerche in campo genetico.

Le loro preoccupazioni erano espresse nella cosiddetta “lettera di Berg”, dal nome di Paul Berg, uno scienziato della Stanford University che nel 1980 ha vinto il premio Nobel per la chimica per la sua opera nella tecnologia del DNA ricombinante. Un altro importante firmatario della “lettera di Berg” fu James D. Watson della Harvard University, divenuto famoso nel 1953 per avere contribuito a scoprire la struttura del DNA (cosa per cui ricevette anch’egli il premio Nobel).

Berg, Watson e nove altri illustri scienziati si preoccupavano che la ricombinazione genica potesse portare alla “creazione di nuovi tipi di elementi infettivi di DNA le cui proprietà biologiche non si possono predire completamente in anticipo”. In altre parole, che accadrebbe se qualcuno creasse un nuovo germe ed esso si diffondesse causando una terribile malattia epidemica? La lettera chiedeva una moratoria di certi tipi di esperimenti e che si stabilissero norme di sicurezza per tutti i futuri esperimenti. In seguito alla “lettera di Berg” un organismo americano (il NIH, Istituti Nazionali di Sanità), emise una complessa serie di norme sulla tecnologia del DNA ricombinante.

Nel frattempo, era ovvio che questa tecnologia, rischiosa o no, era una potenziale miniera d’oro per l’industria. Potevano i batteri produrre un tipo di insulina meno costosa e meno pericolosa? Come fa notare il professore di biologia Jonathan King, “la vendita di insulina ai diabetici è un’industria da 100 milioni di dollari all’anno”. Introducendo geni migliori nelle piante si potrebbe migliorare la produzione o ridurre il bisogno di fertilizzanti, o creare piante più nutrienti? Immaginate quanto sarebbero richieste. “L’agricoltura è ancora la più grande industria del mondo”, fa rilevare Bonner, professore di biologia della Caltech.

Queste possibilità hanno portato alla rapida formazione di nuovi tipi di società specializzate in ingegneria genetica. Una di tali società, la Genentech, fu fondata nel 1976 da un professore che aveva firmato la “lettera di Berg”. Il professore aveva versato 500 dollari come quota di partecipazione alla Genentech, ma quando i titoli della società furono messi all’asta nel 1980, le sue azioni valevano improvvisamente 40 milioni di dollari! È ovvio che chi acquista le azioni pensa che la ricombinazione genica farà fare affari d’oro. “Questo lavoro riveste un’importanza superiore a qualsiasi altra cosa dopo la scoperta delle particelle atomiche”, dice con vanto il vicepresidente di una società farmaceutica.

Negli ultimissimi anni, sono state costituite numerose piccole società come la Genentech, e grandi società come la Standard Oil della California, la Monsanto e la Du Pont spendono milioni di dollari nelle ricerche genetiche. Lo scorso giugno la Corte Suprema degli Stati Uniti fece sensazione decretando che forme di vita geneticamente alterate potevano essere brevettate come qualsiasi altra invenzione.

Gli scienziati fiutano buoni affari e non sorprende che abbiano ultimamente messo in giro la voce che forse la ricombinazione genica non sia poi così rischiosa. Fanno notare che i ceppi di batteri utilizzati in quasi tutti gli esperimenti non possono sopravvivere fuori dal laboratorio. In generale, dicono, il DNA alterato crea organismi che sono geneticamente “menomati” e perciò meno pericolosi per l’uomo della varietà esistente. Il dott. Watson è forse un esempio tipico della nuova presa di posizione; parlando del fatto che ha firmato la “lettera di Berg”, egli la definisce “la più grossa stupidaggine che abbia fatto in vita mia”.

Gli scienziati hanno valide prove scientifiche a sostegno di questa nuova opinione? No, ammette il dott. Berg. “Non è che abbiamo molti dati di più”, dice. “Solo che ci abbiamo pensato un po’ di più; e con gli stessi dati siamo giunti alla conclusione opposta”.

Il dott. Berg osserva ulteriormente che, “sebbene siano state fatte tante fiduciose affermazioni, chi le ha fatte ha degli interessi da difendere in questo campo”.

Simili preoccupazioni sono espresse da un’esperta di storia della scienza, Susan Wright, la quale fa notare che almeno una decisione per mitigare le norme del NIH “non si basa su dati empirici ma sulle opinioni degli scienziati”. La pubblicazione commerciale Chemical and Engineering News ammette che, sebbene finora la tecnologia della ricombinazione genica si sia dimostrata abbastanza sicura, “un esiguo numero di critici, però, dice che i fatti disponibili per valutare l’innocuità delle tecniche del DNA ricombinante sono tutt’altro che convincenti, e che un’influenza schiacciante sta eliminando qualsiasi restante dubbio senza risolvere effettivamente i problemi ancora insoluti”.

Il problema della non pericolosità è particolarmente importante ora, perché coi piccoli esperimenti non si fanno soldi; con gli impianti per la produzione in serie sì. “Ora che la tecnologia sta uscendo dal laboratorio per essere utilizzata su scala industriale aumenta enormemente la necessità di regolamenti di difesa”, avverte George Taylor, esperto di sicurezza della AFL-CIO. Ovviamente, il problema della sicurezza è ben diverso quando, invece di pochi batteri in una bacinella, si hanno grandi vasche piene di batteri dalle quali escono quantità commerciali di insulina, interferone o qualsiasi altra proteina.

Le norme del NIH però erano state emesse in relazione alle ricerche di laboratorio e perfezionate su base volontaria. Tali norme sono continuamente mitigate e non esiste nessun meccanismo per costringere l’industria a rispettare sia pure queste norme mitigate. Il biologo King deplora il fatto che “ora le norme sono così fiacche che anziché proteggere la salute dei cittadini difendono in effetti coloro che lavorano in questa tecnologia dalle inchieste e dai regolamenti”.

La fretta dell’uomo di sfruttare questa nuova tecnologia potrebbe condurre a un disastro biologico?

Un’altra domanda a cui si deve dare una risposta è: La ricombinazione genica farà veramente quello che gli scienziati affermano possa fare? Si spera, ad esempio, che piante geneticamente alterate siano in grado di fissare da sole l’azoto nel suolo, il che eliminerebbe in gran parte la necessità di fertilizzanti e le spese e l’energia necessaria per produrli. L’ingegneria genetica potrebbe produrre tali piante?

Gli scienziati sanno che certe piante, come la soia, non hanno bisogno di azoto extra perché nel loro sistema radicale ci sono batteri che fissano l’azoto. I batteri, a loro volta, traggono nutrimento dalle piante. Questa disposizione simbiotica va bene sia per la soia che per i batteri ed è stata evidentemente ideata dal Creatore. Gli scienziati vorrebbero migliorare questa disposizione.

Ma ci sono problemi. Primo, non è così facile far funzionare bene geni estranei nelle piante come lo è invece coi batteri. Non ci si può avvalere dell’aiuto dei plasmidi e le piante sono più complicate dei batteri.

Ma se i problemi genetici possono essere superati, resta un problema ancora più grande di chimica fondamentale. Gli atomi dell’azoto sono naturalmente appaiati. Prima che una pianta possa utilizzare l’azoto, è necessario separare quelle coppie. Ciò richiede molta energia, sia che gli atomi dell’azoto siano separati dall’uomo nella fabbricazione dei fertilizzanti, dai batteri o dalla pianta stessa. “Il costo energetico che la pianta deve pagare a tal fine non è piccolo”, ammette un esperto di botanica. A causa dell’energia sprecata, probabilmente le piante sarebbero più piccole e il rendimento per ettaro sarebbe molto inferiore.

Evidentemente, dunque, l’idea del Creatore non è stata poi così cattiva.

È vero che con la ricombinazione genica i batteri possono produrre le sostanze chimiche che l’uomo desidera. Ma i batteri diventano forse migliori? No. Queste piccole “fabbriche”, sfornando prodotti che per loro non hanno nessun valore, sprecano energia che potrebbero utilizzare per crescere più in fretta o per diventare più forti. Dal punto di vista dei batteri, le varietà manipolate sono effettivamente inferiori.

Se l’uomo non può migliorare il progetto dell’umile batterio, può veramente aspettarsi di migliorare il progetto di cellule vegetali o animali assai più complicate? Gli scienziati si meravigliano del volo del bombo, “impossibile” da un punto di vista aerodinamico, dell’istinto di navigazione degli uccelli migratori, delle comunicazioni a lungo raggio dei cetacei, della perfezione geometrica e architettonica del tessuto osseo. Sono veramente preparati a migliorare i progetti o disegni del Creatore? Un bambino può avere imparato a smontare l’orologio del padre, ma significa che saprebbe costruire un orologio migliore?

Così è di molti scienziati moderni. Essi hanno scomposto alcuni semplici organismi e ammettono di non capire pienamente quello che vi hanno trovato dentro. Dato che gli scienziati non capiscono la funzione di lunghi segmenti di DNA affermano che tale DNA sia “rudimentale” o “inutile”. (I medici parlavano così dell’appendice e delle tonsille, prima di scoprire a cosa servivano).

Non c’è niente di male a desiderare vivamente di sapere come funzionano gli organismi viventi. Se l’uomo usa la sua innata curiosità per imparare umilmente dalle opere di Geova Dio, ne trarrà profitto. Ma se cerca avidamente e con presunzione di rifare radicalmente il disegno della creazione di Dio per fini materialistici, finirà per rimetterci.

[Testo in evidenza a pagina 10]

Che accadrebbe se qualcuno creasse un nuovo germe ed esso si diffondesse causando una terribile malattia epidemica?

[Testo in evidenza a pagina 11]

Gli scienziati fiutano buoni affari e perciò sono dell’idea che la ricombinazione genica non sia poi così rischiosa

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