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  • g87 22/6 pp. 18-20
  • Perché mi sento così solo?

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  • Perché mi sento così solo?
  • Svegliatevi! 1987
  • Sottotitoli
  • Vedi anche
  • Cos’è la solitudine
  • Soli, ma senza soffrire di solitudine
  • Solitudine temporanea
  • Cosa posso fare per non soffrire di solitudine?
    I giovani chiedono . . . Risposte pratiche alle loro domande
  • Non lasciate che la solitudine rovini la vostra vita
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  • La Bibbia può aiutare chi si sente solo?
    Svegliatevi! 1987
  • Come combattere la solitudine
    Svegliatevi! 1980
Altro
Svegliatevi! 1987
g87 22/6 pp. 18-20

I giovani chiedono...

Perché mi sento così solo?

È sabato sera. Il ragazzo è seduto nella sua stanza e pensa ai compagni di scuola che sono andati al bowling. Aveva trovato il coraggio di chiedere se poteva unirsi a loro. Ma gli pare ancora di sentire le loro risa di scherno mentre si allontanavano.

“Odio il fine settimana!”, grida il ragazzo. Ma nella stanza non c’è nessuno per rispondergli. Prende in mano una rivista e lo sguardo gli cade sulla foto di un gruppo di giovani sulla spiaggia. Lancia la rivista contro la parete. Gli occhi gli si riempiono di lacrime. Si morde un labbro, ma fa fatica a trattenerle. A un certo punto non ce la fa più, si getta sul letto, singhiozzando: “Perché mi escludono sempre?”

TI CAPITA mai di sentirti proprio così, cioè completamente tagliato fuori, inutile e stupido? Ti chiedi mai: ‘Perché mi sento così solo, e perché ci soffro tanto?’

Se è una cosa che ti capita, non disperare. Per molti gli anni dell’adolescenza sono anni difficili. Puoi sentirti smarrito e insicuro. Non è strano, quindi, che l’adolescenza sia il periodo in cui la solitudine si fa maggiormente sentire.

Benché sentirsi soli non sia piacevole, non è una questione di vita o di morte. Un esperto ha paragonato la solitudine al raffreddore: “Facile da prendere, . . . di rado mortale ma sempre sgradevole”. Eppure ci sono dei modi per vincerla.

Cos’è la solitudine

In parole povere, la solitudine è un segnale di avvertimento. La fame ti avverte che hai bisogno di mangiare. La solitudine ti avverte che hai bisogno di compagnia, di intimità. Abbiamo bisogno di mangiare per star bene. Analogamente, abbiamo bisogno di compagnia per sentirci bene.

Hai mai osservato uno strato di tizzoni ardenti? Cosa succede se ne togli uno dal mucchio? Smetterà di ardere. Ma se lo rimetti nel mucchio, ricomincerà a farlo. Allo stesso modo, noi creature umane non possiamo “ardere”, o star bene, se restiamo isolati troppo a lungo. È naturale desiderare la compagnia.

Questo accadde anche ad Adamo, il primo uomo. Il libro biblico di Genesi dice che Adamo fu posto in un ambiente che soddisfaceva le sue fondamentali esigenze. C’era cibo in abbondanza da mangiare, aria fresca da respirare, un fiume scintillante in cui fare il bagno, un lavoro interessante da svolgere, e, soprattutto, l’uomo aveva una stretta relazione con il suo Creatore. Tuttavia Geova Dio disse: “Non è bene che l’uomo stia solo”. Adamo aveva bisogno di qualcuno simile a lui con cui comunicare e a cui esprimere i suoi sentimenti. Dio soddisfece quel bisogno dandogli Eva. (Genesi 2:18-23) Sì, il bisogno di compagnia è insito nella nostra natura. Ma vuol dire questo che ogni volta che si è da soli ci si debba sentire soli?

Soli, ma senza soffrire di solitudine

Il saggista Henry David Thoreau ha scritto: “Non ho mai trovato il compagno che mi facesse così buona compagnia come la solitudine”. (Dizionario di citazioni, a cura di Elena Spagnol, Feltrinelli, 1971, p. 776) Sei d’accordo? “Sì”, dice Bill, che ha 20 anni. “Mi piace la natura. A volte salgo sulla mia piccola barca e mi spingo in mezzo a un lago. Me ne sto seduto lì per ore. Mi dà il tempo di riflettere su come sto impiegando la mia vita. È davvero magnifico”. Il sedicenne Rafael aggiunge: “Nella mia famiglia ci sono altri tre figli. In casa c’è sempre una baraonda. Ho un fratellino di quattro anni che è vivacissimo. A volte l’unica cosa che desidero è starmene per conto mio”.

Un poeta inglese ha fatto questa ulteriore osservazione: “La solitudine è la sala delle udienze di Dio”. Il ventunenne Stefano è d’accordo. “Abito in un grande palazzo”, dice, “e a volte me ne vado sul terrazzo in cima all’edificio unicamente per stare solo. Medito un po’ e prego. Mi sento ristorato”. Sì, se usati bene, i momenti di solitudine possono darci profonda soddisfazione. Anche a Gesù piacevano quei momenti: “La mattina di buon’ora, mentre era ancora buio, [Gesù] si alzò e, uscito fuori, si recò in un luogo solitario, e là pregava”. (Marco 1:35) Tuttavia, perché Thoreau o Gesù non soffrivano di solitudine anche se erano soli?

Primo, perché erano soli per loro scelta. E secondo, lo erano soltanto per poco tempo. Geova non disse: ‘Non è bene che l’uomo sia momentaneamente solo’. Dio disse invece che non era bene che l’uomo ‘stesse [cioè rimanesse] solo’. I lunghi periodi di isolamento possono portare alla solitudine. Perciò la Bibbia avverte: “Chi si isola cercherà la sua propria brama egoistica; irromperà contro ogni saggezza”. — Proverbi 18:1.

Solitudine temporanea

A volte, però, ci si ritrova soli non per propria scelta. E allora ci si può sentire veramente male. Questa solitudine ci è spesso imposta da circostanze indipendenti dalla nostra volontà, come il trasferirsi in un posto nuovo, lontano dagli amici più cari.

Stefano rammenta: “Dove abitavo prima avevo un amico, Giacomo, ed eravamo più affiatati che se fossimo stati fratelli. Quando mi sono trasferito, sapevo che avrei sentito la sua mancanza”. Stefano fa una pausa, come se rivivesse il momento della partenza. “Quando è venuto il momento di salire sull’aereo, mi sono commosso. Ci siamo abbracciati e sono partito. Ho sentito di aver perso qualcosa di prezioso”.

Come se l’è cavata Stefano nel nuovo ambiente? “È stata dura”, dice. “Mi è stato difficile imparare un nuovo lavoro. Dove abitavo prima gli amici mi volevano bene, ma qui alcuni compagni di lavoro mi hanno fatto sentire un buono a nulla. Ricordo che guardavo l’orologio e calcolavo quattro ore indietro (la differenza di fuso orario) pensando a ciò che Giacomo ed io avremmo potuto fare in quel momento. Mi sentivo solo”.

Quando le cose non vanno bene, ci capita spesso di soffermarci a pensare ai tempi migliori che abbiamo avuto. La Bibbia, tuttavia, dice: “Non dire: ‘Perché è avvenuto che i giorni precedenti sono stati migliori di questi?’” (Ecclesiaste 7:10) Perché dà questo consiglio?

Anzitutto, le circostanze possono cambiare in meglio. È per questo che spesso gli esperti parlano di “solitudine temporanea”. Stefano è riuscito a vincere la sua solitudine. Come? “Mi è stato utile parlare dei miei sentimenti con qualcuno che mi vuol bene. Non si può vivere nel passato. Mi sono imposto di conoscere altra gente, di interessarmi di loro. Ha funzionato; ho trovato nuovi amici”. E che dire di Giacomo? “Mi sbagliavo. Il fatto che mi sia trasferito non ha fatto finire la nostra amicizia. L’altro giorno gli ho telefonato. Abbiamo parlato e parlato per un’ora e un quarto, ed era un’interurbana!”

Il tredicenne Pietro si trova in un’altra situazione che può causare solitudine. Vive solo con la madre. Pietro dice: ‘Quando rientro da scuola, sono solo. Non ho nessuno con cui parlare. Quando mia madre torna dal lavoro, è la stessa cosa. È stanca e va a dormire’.

Anche la diciottenne Anna vive in una famiglia con un solo genitore. Per di più frequenta una scuola nuova. Ma Anna non si sente sola. Si è prefissa di farsi nuovi amici. “Questo mi ha aiutato ad assestarmi”, dice. La solitudine è scomparsa. Era temporanea.

Certe volte, però, la solitudine è la conseguenza di una tragedia. “Derek ed io eravamo stati grandi amici in Florida dall’età di undici anni”, narra Bill. “Andavamo a mangiare la pizza e a giocare al pallone insieme”. Cosa accadde? “Una domenica sera ricevetti una telefonata”, continua Bill. “Derek era annegato. Non riuscivo ad accettare l’accaduto. Dopo d’allora ci furono momenti in cui mi sentivo così solo che facevo il numero di Derek. Il telefono continuava a squillare e poi io pensavo: ‘Un momento, Derek non c’è più’. Non riuscivo a concepirlo. A 17 anni si è troppo giovani per morire”.

La Bibbia parla di una donna di nome Naomi colpita anch’essa da una tragedia. Suo marito e i suoi due figli morirono uno dopo l’altro. Quando ormai vedova fece ritorno nel suo paese, disse: “Quando andai ero piena, e Geova mi ha fatto tornare a mani vuote”. — Rut 1:21.

Sebbene il dolore provocato dalla perdita di una persona cara possa non sparire mai del tutto, col passar del tempo e stringendo nuove amicizie la solitudine può attenuarsi. Nel caso di Naomi, le mutate circostanze e le nuove amicizie l’aiutarono a ‘ristorare la sua anima’. (Rut 4:13-15) Ci si può anche dedicare a fare qualcosa per gli altri. Gesù disse: “C’è più felicità nel dare che nel ricevere”. — Atti 20:35.

Ma che dire se la solitudine persiste? Allora può darsi che tu soffra di solitudine cronica. Che cos’è, e come puoi vincerla? Un prossimo numero di Svegliatevi! darà la risposta.

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