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  • La pubblicità è necessaria?
  • Svegliatevi! 1988
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Svegliatevi! 1988
g88 8/2 pp. 3-4

La pubblicità è necessaria?

ALL’IMPROVVISO il pavone ci offre uno splendido spettacolo multicolore. Le piume della coda, lunghe cinque volte il suo corpo e adorne di chiazze lucenti simili a occhi, si sollevano scintillando alla luce del sole. Esso passa lentamente davanti alla femmina che spera di conquistare, offrendole uno spettacolo maestoso. Come fa la pavonessa a resistere a quella che è stata definita “la più meravigliosa . . . pubblicità del mondo”? Quello della pubblicità è un fenomeno di portata mondiale. In questa serie di articoli prendiamo in esame le sue motivazioni e gli effetti che produce, analizzati dal corrispondente di Svegliatevi! in Gran Bretagna.

Cos’è, sostanzialmente, la pubblicità? È un’attività volta a far conoscere qualcosa. In natura è spesso essenziale per la preservazione e la riproduzione della vita.

I lupi, ad esempio, annunciano ululando la loro presenza per evitare inutili scontri con altri branchi mentre si procacciano il cibo. Una falena femmina può percepire poche molecole di feromone, una sostanza chimica, liberate a molti chilometri di distanza da un maschio della sua specie che annuncia d’essere in cerca di una compagna. I nemici di una certa falena evitano saggiamente il bruco di questa specie le cui vivaci strisce gialle e nere informano che non solo è di sapore sgradevole, ma è anche tossico.

Che dire di noi creature umane? Abbiamo fatto un passo in più e abbiamo commercializzato l’arte della pubblicità. Considerate alcuni esempi.

Pubblicità commerciale

Un papiro egiziano scoperto a Tebe è forse il più antico esempio di annuncio commerciale che esista. Scritto oltre tremila anni fa, prometteva una ricompensa a chi avesse riconsegnato uno schiavo fuggito.

Gli araldi dell’antica Grecia, i precursori dei banditori europei, erano in effetti pubblicitari ambulanti che richiamavano l’attenzione sui loro proclami.

Nell’Inghilterra medievale il simbolo di tre palle d’oro sospese, preso dallo stemma dei Medici, la famiglia italiana di finanzieri, serviva a fare pubblicità agli usurai. Oggi è ancora in uso lo stesso simbolo per i negozi dei prestatori su pegno.

Oltre 250 anni fa il dott. Samuel Johnson, londinese, si lamentò: “Ora gli annunci pubblicitari sono così numerosi che vengono esaminati con molta noncuranza. . . . L’arte della pubblicità è ora così vicina alla perfezione che non è facile suggerire dei miglioramenti”. Ma come sono cambiate le cose da allora! Negli scorsi cinquant’anni l’arte si è sviluppata a tal punto da diventare un’industria.

Ora la pubblicità è un grosso affare, molto grosso. Giornali, cartelloni pubblicitari, riviste su carta patinata, luci al neon, pubblicità radiofonica e televisiva fanno tutti a gara per richiamare la nostra attenzione con un bombardamento continuo di persuasione, talora sfacciata e altre volte sorprendentemente intelligente e sottile.

L’acuto ronzio dei moderni dirigibili fa sollevare il nostro sguardo verso enormi pubblicità sospese a mezz’aria. Aerei più piccoli trascinano slogan attraverso il cielo. Le forme che la pubblicità assume sembrano infinite. Ma è proprio necessaria?

Come funziona la pubblicità? Se ce ne fosse di meno, noi consumatori staremmo meglio o peggio? Che ruolo può avere nella nostra vita?

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