La pubblicità e il suo potere persuasivo
LA PUBBLICITÀ soddisfa un bisogno che si può far risalire a quando gli uomini hanno cominciato a comprare e vendere. È un’arte che nel corso degli anni si è evoluta.
La pubblicità moderna cominciò ad affermarsi dopo la seconda guerra mondiale. Lo sviluppo industriale e il boom degli anni ’50 continuarono negli anni ’60. ‘Le cose non sono mai andate così bene!’ disse Harold Macmillan, a quell’epoca primo ministro inglese. Le sue parole sembrarono avverarsi.
Il benessere significò un maggior potere d’acquisto, il che portò ad aumentare la produzione e al bisogno di incrementare le vendite. Il cerchio della domanda e dell’offerta era completo e tutto ruotava attorno al mozzo: la pubblicità.
Oggi vendere è un’arte che si avvale della proliferazione delle carte di credito: in Gran Bretagna, il paese europeo che ne conta il più alto numero, se ne usano quotidianamente 22.600.000.
All’inizio del secolo veniva venduto spazio nei giornali e nelle riviste a clienti che lo utilizzavano semplicemente per segnalare il fatto che avevano un prodotto da vendere. Un esempio: “Macchine fotografiche di Eastman Kodak”. Cent’anni fa la Kodak spendeva 350 dollari all’anno per la pubblicità su riviste negli Stati Uniti! Ma ora ogni anno negli Stati Uniti si spende in pubblicità commerciale una somma superiore a questa per persona.
Gli Stati Uniti sono la patria indiscussa della pubblicità moderna. Dalla seconda guerra mondiale la maggioranza delle nazioni occidentali segue il modello americano e i paesi in via di sviluppo seguono a ruota. Le multinazionali fanno la loro parte man mano che estendono la loro sfera di influenza.
Non solo la pubblicità ha un grosso giro d’affari, ma è anche una potente industria: alcuni dicono addirittura che è una scienza. Ad ogni modo, diventa sempre più difficile evitare le sue intrusioni nella nostra vita. Ovunque guardiamo, qualsiasi cosa facciamo, la pubblicità si offre ai nostri occhi. Circuisce, implora, ragiona, grida. Consapevolmente o inconsapevolmente siamo tutti influenzati, in bene o in male, dalla pubblicità.
Chi possiede e chi guida questa potente e persuasiva macchina commerciale? Come funziona?
Come si mette un’inserzione?
Se volete mettere un’inserzione nel giornale locale, è abbastanza facile: basta telefonare alla sede del giornale. Ma è tutt’altra cosa far trasmettere un annuncio pubblicitario in televisione o farlo apparire su tutti i tabelloni pubblicitari del paese. Per far questo bisogna avvalersi dei servizi di un’agenzia di pubblicità. Ce ne sono ora molte fra cui scegliere nel mondo, ma prima dovremmo dare un’occhiata alla Madison Avenue di New York, alla Ad Alley (Via della pubblicità), com’è spesso chiamata, dove sorsero le prime agenzie.
Rosser Reeves rivoluzionò le tecniche dell’industria pubblicitaria nel 1954, una decina d’anni dopo aver contribuito ad avviare e consolidare la Ted Bates & Company nella Madison Avenue. Da un piccolo inizio, costruì un’agenzia con ramificazioni in tutto il globo, in 50 paesi, e con un giro d’affari pari a 3 miliardi di dollari nel 1984. Altri operatori fecero altrettanto, ammassando fortune mentre cominciava per l’industria il boom postbellico.
Sino a cinque anni fa la maggioranza delle agenzie pubblicitarie inglesi non erano che consociate americane, ma non è più così. Quando nel 1986 ha comprato la Ted Bates & Company, la Saatchi & Saatchi inglese è divenuta la più grande agenzia pubblicitaria del mondo. Anche così, oltre metà del denaro speso annualmente nel mondo per la pubblicità è speso negli Stati Uniti.
Di che cifra si tratta? Di non meno di 150 miliardi di dollari all’anno di cui, secondo l’Economist, quasi 23 miliardi vanno in tasca alle agenzie di pubblicità.
Il vero potere della pubblicità, comunque, non sta nel denaro. Bill Bernbach, uno dei massimi innovatori della Madison Avenue, ha detto: “Tutti noi che usiamo i mass media plasmiamo la società. Possiamo degradarla. Possiamo brutalizzarla. Oppure possiamo elevarla”. Qui sta il terribile potere della pubblicità. Ma viene usato con senso di responsabilità?
Tecniche pubblicitarie
La tecnica pubblicitaria che impone il prodotto al cliente è, secondo l’Advertising Association inglese, “pubblicità efficace, persuasiva, insistente”. Ma la definizione americana, “tecnica di vendita aggressiva e insistente” è forse più appropriata. È l’esatta antitesi della tecnica che impiega la “gentile persuasione”, o la suggestione. In che cosa consiste e che effetto ha su di noi?
Quando un mercato è vicino al punto di saturazione, i produttori lottano per conservare o allargare la loro fetta di mercato e a tal fine ricorrono alle tecniche di vendita aggressive. In molti paesi occidentali, autoveicoli, televisori e beni simili sono ora imposti al pubblico con tecniche pubblicitarie aggressive perché l’offerta supera la domanda.
Negli Stati Uniti esiste una curiosa situazione in campo medico che illustra il motivo per cui si ricorre alla pubblicità insistente. “Gli ospedali adottano la tecnica della pubblicità aggressiva”, titolava la rivista Time. La ragione è l’aumento del numero di posti-letto vuoti e della concorrenza fra ospedali e cliniche.
Uno dei problemi di questo tipo di pubblicità, però, è che spesso è difficile combatterla. Il suo potere persuasivo può essere così grande da costringerci a comprare cose di cui non abbiamo bisogno o a fare cose che non sono nei nostri migliori interessi. Citiamo due esempi ben noti.
Allattamento artificiale e allattamento materno
L’Organizzazione Mondiale della Sanità vieta ora di distribuire alle madri campioni gratuiti di latte in polvere, volendo così incoraggiare l’allattamento al seno, dal momento che il latte materno contiene anticorpi che aiutano a difendersi dalle malattie. Questa forma di allattamento impedisce anche l’ovulazione, essendo quindi una forma di contraccezione, il che è utile nei paesi dove non sono disponibili altre forme di controllo delle nascite.
La recente distribuzione di tali campioni in alcuni ospedali del servizio sanitario nazionale inglese ha riportato alla memoria molti ricordi e timori. I risultati di un’indagine svolta per cinque anni a Liverpool (Inghilterra) rivelano che “le madri non capiscono le istruzioni riportate sulle etichette [del latte artificiale] e poppatoi e tettarelle non sono tenuti in condizioni igieniche”. Un ricercatore, il dott. A. J. H. Stephens, ha aggiunto onestamente: “I surrogati del latte materno sono sicuri purché siano preparati nel modo giusto e con le debite precauzioni igieniche”. (Il corsivo è nostro). Ma in caso contrario sorgono molti problemi.
Nel 1983 un sorprendente articolo di Africa Now rivelò che circa dieci milioni di casi di malattie infettive e di denutrizione infantile registrati ogni anno erano causati dall’allattamento artificiale. In precedenza, nel 1974, un’organizzazione assistenziale (War on Want) aveva sostenuto che nei paesi in via di sviluppo morivano un milione di bambini all’anno a causa delle vendite del latte in polvere. La ragione? “Le tecniche aggressive di marketing e di promozione delle vendite di surrogati del latte materno”, riferiva Africa Now.
L’Observer descriveva sommariamente le condizioni tragiche in cui venivano a trovarsi quelle donne che non erano in grado di osservare le necessarie norme igieniche nella preparazione del poppatoio: “Esistono prove schiaccianti che nei paesi poveri la pubblicità persuadeva le madri poco istruite che il latte artificiale è buono quanto quello materno, e che poi i bambini morivano per l’insufficiente sterilizzazione dei poppatoi”. In alcuni casi, dopo avere ricevuto campioni di latte gratuiti, le madri non potevano permettersi di comprare il prodotto. Ma a quel punto avevano perso il loro latte. La pubblicità aggressiva aveva avuto conseguenze tragiche.
I frutti del tabacco
Negli anni ’80 la pubblicità delle sigarette ha avuto tanto successo fra le donne in Gran Bretagna che, nonostante i riconosciuti rischi per la salute, fra di esse il fumo è calato solo di un quinto negli scorsi 15 anni, rispetto al calo di un terzo registrato fra gli uomini.a Come risultato, “ora il cancro del polmone uccide quasi tante donne quante ne uccide il cancro della mammella, e cresce sempre più il numero delle donne che soffrono di malattie cardiache e del torace, malattie considerate ‘maschili’”, riferisce il Sunday Times di Londra.
Il Consiglio per l’Educazione Sanitaria in Gran Bretagna è vivamente preoccupato, ma cosa può fare con uno stanziamento per la pubblicità di un milione e mezzo di sterline, quando quello dell’industria del tabacco si aggira sui 100 milioni di sterline?
Un’idea è quella di limitare la pubblicità del tabacco. In alcuni paesi è già stata vietata del tutto: in Norvegia nel 1975, nella vicina Finlandia tre anni dopo e nel Sudan nel 1983, per citare qualche esempio. In molti altri paesi, come Germania Occidentale, Stati Uniti e Repubblica Sudafricana, gruppi di pressione insistono fortemente per limitare ancor più la pubblicità delle sigarette.
Comunque in Gran Bretagna, dove i fabbricanti di sigarette operano in un “mercato in lotta”, la pubblicità aggressiva continua sulla pagina stampata, specie nelle riviste femminili. Perché lì? Semplicemente perché “le donne costituiscono una fonte di reddito assai lucrativa”, osserva il Sunday Times. Quando si ricorre a un’agenzia di pubblicità per vendere un prodotto, non è detto che si tenga conto della moralità.
La pubblicità si serve dello sport
È logico che i fabbricanti sponsorizzino gli sport per cui producono articoli come, ad esempio, pneumatici e benzina per le corse automobilistiche. Ma come fanno le industrie del tabacco ad avere una parte in tali campagne promozionali, come succede in Gran Bretagna dove nel 1985 si spesero per questo motivo 8.200.000 sterline? “Si suppone che lo sport faccia star bene la gente mentre il fumo la fa star male”, ha commentato un membro del Parlamento inglese, “per cui la sponsorizzazione da parte delle industrie del tabacco è inconciliabile con l’idea di promuovere una vita sana attraverso lo sport”. Tuttavia queste forme di pubblicità sono investimenti proficui. Considerate perché.
Anzitutto l’avvenimento sportivo viene immediatamente messo in relazione con una marca reclamizzata, ma questo è solo l’inizio. Per mezzo di grandi tabelloni, opportunamente sistemati nel luogo da cui l’avvenimento viene teletrasmesso, la pubblicità delle sigarette può apparire su milioni di teleschermi, senza che le industrie del tabacco debbano spendere un soldo a tal fine. Così esse eludono anche il divieto imposto da vent’anni nel Regno Unito su tutta la pubblicità televisiva del tabacco.
Nel 1982, secondo i calcoli, 350 milioni di telespettatori in 90 paesi videro Martina Navratilova vincere i campionati di tennis a Wimbledon indossando un completo con i colori di un famoso pacchetto di sigarette. “Le sigarette non c’entrano. E poi, chi ci fa caso?”, fu la risposta di uno dei responsabili della campagna promozionale davanti alle proteste della rete televisiva della BBC. Sono state imposte limitazioni più severe per far fronte a questo tipo di sfida, ma non è facile spuntarla con una forma di persuasione così sottile.
Effetti positivi della persuasione
La pubblicità può creare posti di lavoro e provvedere uno stimolo all’economia: apporti graditi nella società. La pubblicità può anche creare un mercato dove esso non esiste. Considerate la diffusione dei diamanti in Giappone.
A differenza del mondo occidentale dove il periodo del corteggiamento, quando ha successo, viene di solito coronato col fidanzamento e il relativo anello con brillante, la società giapponese segue usanze diverse. Nel 1968 meno del 5 per cento delle donne giapponesi ricevette l’anello di fidanzamento. Ma quell’anno ebbe inizio una campagna promozionale e, come risultato, nel 1981 il 60 per cento delle spose giapponesi portava il brillante. “In appena 13 anni una tradizione giapponese che durava da 1.500 anni era stata radicalmente modificata”, dice E. J. Epstein in un suo libro (The Diamond Invention). Tale è il potere persuasivo della pubblicità.
La pubblicità può essere impiegata anche per mettere in guardia contro un pericolo. Nel 1986 il governo inglese incaricò un’agenzia pubblicitaria londinese di avvertire la nazione della seria minaccia rappresentata dall’AIDS. Ogni famiglia del paese ricevette un pieghevole gratis, e si ricorse anche alla pubblicità radiofonica, televisiva e su giornali e riviste.
Ma la massima testimonianza di pubblicità efficace risale a quasi duemila anni fa, ai primi intrepidi seguaci di Gesù Cristo. Sapete quanto erano abili quei primi cristiani nel fare pubblicità? È una storia affascinante.
[Nota in calce]
a In Gran Bretagna ci sono 17 milioni di fumatori: il 32 per cento della popolazione femminile e il 36 per cento di quella maschile.
[Riquadro a pagina 6]
Cos’è che rende efficace un annuncio?
LA PUBBLICITÀ moderna è costosa. La pubblicità televisiva può costare decine di milioni di lire e altrettanto dicasi di quella a tutta pagina su giornali e riviste. Le inserzioni pubblicitarie saranno lette? Saranno ricordate? Spingeranno a comprare? Per essere certi che questo avvenga, ora la scienza svolge un ruolo sempre più importante nella preparazione degli annunci pubblicitari. Apparecchiature che seguono il movimento degli occhi dell’osservatore, impiegando raggi infrarossi, rivelano rapidamente quale parte del disegno preparato richiama maggiore attenzione. Ma anche così, se si vuole vendere bisogna suscitare il desiderio di comprare. Gli esperti di psicofisiologia dicono di avere la risposta controllando la reazione del cervello. Ma rimane questo semplice fatto: “Più una pubblicità televisiva piace, più sarà persuasiva”, riferisce il Centro Ogilvy per la Ricerca e lo Sviluppo.
[Immagine a pagina 8]
La pubblicità ha avuto molto peso nella vendita di anelli con brillante in Giappone