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  • g94 22/8 pp. 14-15
  • La noce che ha cambiato nome

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  • La noce che ha cambiato nome
  • Svegliatevi! 1994
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Svegliatevi! 1994
g94 22/8 pp. 14-15

La noce che ha cambiato nome

DAL CORRISPONDENTE DI SVEGLIATEVI! IN BOLIVIA

DALLE fitte foreste pluviali dell’Amazzonia proviene una noce di sapore gradevole e nutriente. Il suo nome precedente, “noce del Brasile”, non va più bene, perché attualmente ben metà della produzione proviene da foreste fuori del Brasile, e in particolare dalla Bolivia.

Il 18 maggio 1992, perciò, un’apposita commissione internazionale (International Nut Council) ha deciso di cambiare nome alla noce, che in precedenza era nota come noce del Brasile, noce (o castagna) del Pará, noce di Tuca, noce di Juvia e castagna (o mandorla) del Brasile. Ora bisogna chiamarla noce dell’Amazzonia.

La storia di un raccoglitore di noci

Ascoltate cosa ha da dire Cornelio, raccoglitore di noci dall’età di sei anni, riguardo alla raccolta di queste noci esotiche:

“In genere le noci dell’Amazzonia vengono raccolte da alberi selvatici. Per trovarle bisogna addentrarsi molto nella foresta. L’unico modo per farlo sono i fiumi con i loro meandri. Mio figlio di 19 anni ed io viaggiamo per diversi giorni su un battello fluviale a due ponti fino ad arrivare ad un accampamento dove ci viene assegnata una sezione di foresta.

“Per sfruttare bene le ore di luce ci alziamo alle 4 e mezzo, e all’alba siamo già in cammino. I sentieri si snodano solo per pochi chilometri fino ai punti di raccolta; da lì in poi dobbiamo farci strada nel fitto sottobosco da soli, a colpi di machete. Non ci sono punti di riferimento. Dobbiamo saperci orizzontare con il sole, altrimenti non troveremmo mai la strada del ritorno.

“La foresta pluviale presenta molte insidie per chiunque ne cerchi i tesori. Ci sono malattie, come la malaria, oltre al costante pericolo dei serpenti. I giganteschi boa constrictor non ci preoccupano, loro ci lasciano in pace; per terra, invece, nascosti tra le foglie morte, ci sono piccoli serpenti dal veleno mortale. Il loro colore e i disegni delle macchie permettono loro di mimetizzarsi perfettamente. Il morso non è subito doloroso, ma il veleno gradualmente paralizza la vittima. Altrettanto pericolosi sono piccoli serpenti verdi che si nascondono tra i rami.

“Non ci è difficile trovare i begli alberi che producono queste noci e che noi chiamiamo almendro, in quanto sono alti dai 30 ai 50 metri e svettano molto più in alto della maggior parte degli altri alberi della foresta. In genere il tronco non ha rami finché non sbuca dalla volta della foresta. Alle estremità dei rami crescono i coco, dure capsule sferiche del diametro di 10-15 centimetri che contengono da 10 a 25 noci disposte come gli spicchi di un’arancia, ciascuna con il proprio guscio.

“I coco cadono a terra durante la stagione delle piogge, che va da novembre a febbraio. Bisogna raccoglierli subito, altrimenti deperiscono. I coco che cadono dall’altezza di un palazzo di 15 piani rappresentano un altro pericolo mortale. Per ridurre al minimo il rischio dobbiamo lavorare in fretta, gettando i coco in un mucchio lontano dall’almendro. Ma attenzione ai serpenti! Quando dormono, arrotolati con la testa in cima alle spire, assomigliano a dei coco. C’è chi ha addirittura raccolto e gettato un serpente, scambiandolo per un coco!

“Per aprire un coco ci vuole esperienza. Per liberare le noci senza danneggiarle bisogna vibrare diversi colpi di machete con tutta la forza e nel punto esatto. Ben presto siamo sulla strada del ritorno, portando sacchi pesanti pieni di noci. Non usiamo veicoli o animali da soma. Il raccoglitore dev’essere forte e atletico, anche perché la raccolta avviene nel periodo più caldo e umido dell’anno”.

Dopo la raccolta

Quando vengono raccolte le noci sono verdi, il che significa che sono deperibili a motivo dell’elevato contenuto d’acqua (circa il 35 per cento). Per evitare che vadano a male bisogna muoverle ogni giorno con una pala, così che anche quelle in fondo al mucchio possano essiccarsi. La maggior parte delle noci boliviane vengono preparate per l’esportazione. La lavorazione del raccolto richiede sei mesi.

Per prima cosa si scaldano le noci a vapore in una grande pentola a pressione. Il calore le separa dal guscio, così, una volta sgusciate, quasi tutte rimangono intere.

Le noci vengono poi classificate in base alle dimensioni, sparse su ripiani di fili metallici e messe in forno per ridurre il contenuto d’acqua fino al 4-8 per cento. I forni vengono alimentati bruciando i gusci. Il minore contenuto d’acqua permette di conservare le noci per un anno, o per diversi anni se vengono refrigerate. Per preservarne la qualità e il sapore, le noci per l’esportazione vengono confezionate sottovuoto in fogli d’alluminio.

Le noci dell’Amazzonia sono apprezzate in tutto il mondo da milioni di persone, che le consumano in molti modi diversi. C’è chi le mangia a colazione, insieme ai cereali. Altri le preferiscono rivestite di cioccolato o insieme a frutta secca. La prossima volta che mangerete questa noce appetitosa, non dimenticate il suo nuovo nome: noce dell’Amazzonia!

[Immagini a pagina 15]

Noci dell’Amazzonia e l’albero che le produce

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