Energia elettrica dalla neve
DAL CORRISPONDENTE DI SVEGLIATEVI! IN AUSTRALIA
CHIAMATE a volte il tetto dell’Australia, le Alpi Australiane stanno a cavallo degli stati del Nuovo Galles del Sud e di Victoria. È qui che si trovano le Snowy Mountains e le sorgenti del fiume Snowy. Ispirato da questo accidentato terreno alpestre e dai suoi temprati pionieri a cavallo, Andrew B. (Banjo) Paterson scrisse il poema The Man From Snowy River, da cui fu poi tratto un film.
Oggi, però, le insidiose scarpate in cui cavalcava il leggendario cavaliere ospitano le chiuse di una meraviglia tecnologica: il Complesso Idroelettrico delle Snowy Mountains. Nel 1967 un’associazione americana (American Society of Engineers) definì questo intricato sistema di acquedotti, tunnel, dighe e centrali elettriche “una delle sette meraviglie di ingegneria del mondo moderno”. Vi piacerebbe visitare questa “meraviglia” alpestre? Prima, però, vediamo chi la costruì e perché.
Una terra riarsa
Strano a dirsi, l’idea dell’energia idroelettrica non passò mai per la mente dei primi coloni, le cui aspirazioni furono le ispiratrici del Complesso. Colpiti dalla siccità, gli agricoltori del XIX secolo del bacino del Murray-Darling, la più importante regione agricola dell’Australia, volevano semplicemente un rifornimento idrico più affidabile.
Sapevano dov’era l’acqua: nel fiume Snowy. Ma questo fiume si gettava nel Mar di Tasman irrigando l’altro versante, ricco di vegetazione. Sembrava un vero spreco. Se lassù sui monti quest’acqua fresca e pura si fosse potuta deviare nelle sorgenti dei fiumi Murray e Murrumbidgee, che avevano un regime alquanto incostante, gli agricoltori avrebbero avuto una protezione contro la siccità del valore di miliardi di dollari. Era un sogno allettante.
Nel 1908 il sogno fece un primo passo verso la sua realizzazione quando il parlamento federale decise di trasferire la capitale dell’Australia nel vicino distretto di Canberra. Sarebbe stata l’energia idroelettrica a soddisfare le necessità di questa città ancora da costruire? Una volta di più gli sguardi si rivolsero verso le Snowy Mountains.
Varie proposte — alcune per l’energia idroelettrica e altre per l’irrigazione — furono presentate e scartate. Poi, nel 1944, venne presentato il primo progetto che prevedeva sia la produzione di energia idroelettrica che l’irrigazione, e fu subito accolto con favore. Nel 1949 il governo federale incaricò l’Ente per lo sviluppo idroelettrico delle Snowy Mountains di progettare e costruire un sistema a doppia funzione.
Ma come avrebbe fatto una nazione giovane, essenzialmente agricola, senza esperienza e con poca manodopera disponibile ad affrontare un progetto senza precedenti per vastità e complessità?
Dalle macerie alla neve
La soluzione fu l’immigrazione. Prostrata dalla seconda guerra mondiale, l’Europa si dibatteva fra le macerie, la disoccupazione e la crisi di alloggi. Perciò, d’accordo con le Nazioni Unite, l’Australia invitò tutti gli europei qualificati a fare domanda per lavorare nel Complesso.
Di conseguenza decine di migliaia di lavoratori provenienti da qualcosa come 33 paesi lasciarono le macerie dell’Europa e si imbarcarono per l’Australia. Avrebbero costituito i due terzi dell’intera manodopera del Complesso, e inoltre avrebbero cambiato per sempre il volto dell’Australia. Nel suo libro Snowy, Brad Collis dice: “Un paese fondato su . . . un ceppo britannico quasi da un giorno all’altro diventò uno dei grandi crogioli di culture diverse del mondo”. Collis aggiunge: “[Gli uomini] furono mandati sulle montagne — nemici e alleati, oppressori e vittime — a lavorare insieme”. Anche se non lo fecero da un giorno all’altro, col tempo finirono per amalgamarsi.
La vita sulle Alpi Australiane
Nei primi tempi il viaggio per arrivare sui monti non era affatto invitante. Le strade ghiacciate, fangose, ripide e tortuose rendevano il viaggio lento e alquanto pericoloso. In alcuni tratti il terreno era così scosceso e impervio che persino i canguri vi si avventuravano di rado! Non meraviglia che l’Ente Snowy, secondo Collis, “ha la fama di essere stata la prima organizzazione al mondo a introdurre l’uso obbligatorio delle cinture di sicurezza”.
Gli alloggi non erano migliori delle strade: tende avanzate dall’esercito senza pavimento! Alla fine oltre 100 accampamenti e tendopoli spuntarono come funghi in alto sui monti. Una di queste, Cabramurra — ora non più una tendopoli — vanta di essere il comune più alto dell’Australia.
Come si può immaginare, lavorare e dormire in quelle condizioni difficili e disagiate metteva a dura prova la tempra di ciascuno. Le tormente invernali facevano gelare i lavoratori fino all’osso, la calura estenuante dell’estate rendeva faticoso ogni movimento, e nuvole di mosche insopportabili annerivano i volti e i dorsi sudati. Come detestavano le mosche gli europei!
Ma quasi tutti tennero duro. Temprati dalla guerra e tenaci, erano decisi a spuntarla. Molti finirono per amare la selvaggia boscaglia australiana, con i suoi strani animali e serpenti e i suoi uccelli che stridono e gracchiano anziché fischiare e cinguettare. Col tempo modeste case di legno presero il posto delle tende, e arrivarono mogli e figli.
Ma che dire delle molte lingue? Immaginate uomini che azionavano macchine pesanti e impianti di trivellazione o usavano esplosivi ma non erano in grado di comunicare fra loro con chiarezza! Le conseguenze potevano essere disastrose, perciò l’Ente organizzò corsi gratuiti di inglese dopo le ore di lavoro. Per conservare il posto gli operai dovevano avere una conoscenza basilare della lingua, quindi non sorprende che la frequenza fosse alta!
Nonostante tutti questi ostacoli, dopo 25 anni — dal 1949 al 1974 — il Complesso fu ultimato in tempo e rispettando i preventivi. Il costo di 820 milioni di dollari, modesto secondo i criteri odierni, era tutt’altro che modesto allora, specie per una nazione con soli otto milioni di abitanti che lottava ancora per rimettersi in piedi dopo la guerra.
Per celebrare l’impresa, l’Ente intende festeggiare il cinquantenario nel 1999. Questo includerà una riunione di tutti coloro che parteciparono ai lavori, se si potranno rintracciare. “Costoro hanno aiutato a costruire uno dei capolavori di ingegneria del mondo e hanno cambiato il corso della storia dell’Australia”, dice il commissario attuale. “Vogliamo ringraziarli”.
Dimensioni e capacità del Complesso
Secondo il dépliant esplicativo “il Complesso interessa un’area di 3.200 chilometri quadrati e include 80 chilometri di acquedotti, 140 chilometri di tunnel e 16 grandi laghi artificiali”. (The Power of Water) Questi bacini hanno una capacità di sette miliardi di metri cubi d’acqua — tredici volte la capacità del porto di Sydney, che è di 530 milioni di metri cubi — e il lago Eucumbene è il bacino principale. Le sette centrali elettriche, che producono fino a 6.400 gigawattora in un anno, possono fornire il 17 per cento dell’energia elettrica necessaria nel sud-est dell’Australia continentale, incluse le città di Sydney, Melbourne e Canberra.
Le turbine normalmente non funzionano 24 ore su 24, tranne nei giorni di grande consumo, quando le centrali termoelettriche hanno bisogno di aiuto. L’energia idroelettrica è particolarmente adatta a integrare la produzione nelle ore di punta per la sua pronta disponibilità in caso di improvviso aumento del consumo: si può ottenere nel giro di due o tre minuti, mentre ci vogliono diverse ore perché un impianto a carbone entri in azione.
Come funziona il Complesso Snowy
Il Complesso, dice la direzione dell’Ente, si distingue “essendo l’impianto idroelettrico multiuso e multibacino più complesso del mondo”. Si articola in due parti: la sezione Snowy-Murray e la sezione Snowy-Tumut.
La sezione Snowy-Murray devia le acque del fiume Snowy facendole fluire dal bacino di Island Bend, attraverso un tunnel sotto la montagna, fino al bacino Geehi, che è alimentato anche dal fiume Geehi. Di qui l’acqua precipita per 820 metri fino alle due centrali elettriche Murray. Al tempo stesso la centrale elettrica Guthega utilizza le sorgenti dello Snowy vicino alla montagna più alta dell’Australia, il monte Kosciusko. Da Guthega l’acqua si riversa nella rete principale di tunnel presso Island Bend. Alcuni tunnel, incluso quello Island Bend-lago Eucumbene, permettono all’acqua di scorrere nei due sensi, accrescendo grandemente la versatilità del Complesso.
Nella sezione Snowy-Tumut l’acqua del lago Eucumbene, dei bacini Tooma, Happy Jack e Tumut Pond scende a precipizio attraverso canali regolati da chiuse e una serie di quattro centrali elettriche prima di riversarsi nel fiume Tumut, affluente del Murrumbidgee. Questa sezione vanta la più grande centrale elettrica, la Tumut 3, le cui sei chiuse potrebbero contenere ognuna un autobus a due piani!
Durante le ore non di punta, inoltre, l’acqua pompata dal lago Jindabyne viene fatta risalire nel lago Eucumbene, e da sotto la centrale elettrica Tumut 3, che diventa anche una stazione di pompaggio, fino al bacino idrico Talbingo. Ma perché sprecare energia elettrica pompando l’acqua all’insù? Stranamente, per guadagnarci. Le pompe, vedete, vengono azionate nelle ore non di punta da energia elettrica a basso prezzo prodotta dalle centrali termoelettriche. Poi, durante le ore di punta, l’acqua viene rilasciata di nuovo e l’energia idroelettrica prodotta viene rivenduta vantaggiosamente. Naturalmente il grosso dell’acqua — oltre due miliardi di metri cubi all’anno — viene riversato gratuitamente nella rete fluviale occidentale.
È energia pulita?
Sì, perché l’acqua è una risorsa rinnovabile, non inquinante, senza prodotti di scarto. Né brutte ciminiere né torri di raffreddamento deturpano le montagne. Infatti le migliaia di turisti che sciano in questa zona d’inverno o fanno escursioni lungo i sentieri d’estate non si accorgono neanche dei tunnel e delle centrali elettriche sottostanti.
Inoltre se l’energia elettrica generata dal Complesso venisse da centrali termoelettriche, ogni anno si riverserebbero nell’atmosfera altri cinque milioni di tonnellate di anidride carbonica.
Comunque l’ambiente non ne è uscito interamente indenne, specie il fiume Snowy. Ora che le sue acque sono state in gran parte deviate, è un semplice rivoletto in paragone con il passato. Per di più i grandi bacini artificiali hanno inondato delle praterie e a causa del nuovo livello dell’acqua alta si sono dovuti trasferire i centri abitati di Adaminaby e Jindabyne.
D’altra parte il Complesso Snowy è stato eccezionalmente affidabile, a testimonianza della saggezza del consiglio del primo commissario dell’Ente: “Buona volontà e rispetto si ottengono con i risultati, non con la propaganda”.
[Fonte dell’immagine a pagina 16]
Tutte le foto alle pagine 16-19: Snowy Mountains Hydro-electric Authority
[Immagine a pagina 16]
Veduta aerea della centrale elettrica Tumut 3, la più grande del Complesso Snowy
[Immagine a pagina 18]
Gli operai dovettero sopportare condizioni di vita disagiate
[Immagine a pagina 18]
Per amalgamarsi gli operai dovettero imparare l’inglese
[Immagine a pagina 19]
La realizzazione del Complesso incluse la costruzione di tunnel attraverso le montagne