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  • Non abbiamo smesso!
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  • PRIMI ANNI NEL SERVIZIO DI DIO
  • CLANDESTINITÀ
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  • LA NOSTRA FEDE È MESSA ALLA PROVA
  • VITA A RAVENSBRÜCK
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  • MANTENIAMO LA NOSTRA FERMA DECISIONE
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1980
w80 15/5 pp. 8-14

Non abbiamo smesso!

Oltre 100 anni al servizio di Dio. Una fede messa a dura prova

Narrato da Ilse Unterdörfer

NEL settembre del 1939 la mia amica Elfriede Löhr e io ci trovammo nel campo di concentramento di Ravensbrück, in Germania. La seconda guerra mondiale era appena cominciata.

Heinrich Himmler, capo delle SS (Schutz-Staffel, “squadra di protezione”) naziste, ci fece visita al campo di concentramento di Lichtenburg poco prima che venissimo trasferite al nuovo campo di Ravensbrück. Il suo scopo era di convincere i testimoni di Geova a rinunciare alla loro fedeltà a Dio e a sostenere lo sforzo bellico nazista. Ma rifiutammo tutte, senza eccezioni. Himmler andò su tutte le furie e gridò: “Se vi va, il vostro Geova può regnare in cielo, ma qui sulla terra comandiamo noi! Vi faremo vedere chi resisterà più a lungo, voi o noi!”

Per quasi sei lunghi anni Elfriede e io, con molte altre sorelle cristiane, sopportammo alcune delle più orribili condizioni immaginabili. Tuttavia noi Testimoni sopravvivemmo, mentre Himmler, Hitler e la loro cricca sono spariti!

Anni prima, quando eravamo ancora adolescenti, sia Elfriede che io avevamo deciso di impiegare la nostra vita nel servizio di Dio e che mai nulla ci avrebbe potuto far smettere. Prima di essere mandate al campo di concentramento sentimmo il conforto e la cura di Dio mentre predicavamo la buona notizia del Regno nonostante la crescente persecuzione nazista. E ancor oggi continuiamo, avendo appena compiuto 100 anni di sacro servizio fra tutt’e due. Lasciate che vi racconti come finimmo a Ravensbrück.

PRIMI ANNI NEL SERVIZIO DI DIO

Nel 1926, a soli 16 anni, Elfriede simboleggiò la propria dedicazione a Dio con il battesimo in acqua. Il desiderio del suo cuore fu appagato quando riuscì a intraprendere l’opera di predicazione a tempo pieno nell’inverno del 1930. Sebbene per un certo tempo una grave malattia avesse limitato il suo servizio, quando nel marzo del 1937 la incontrai per la prima volta, Elfriede era attiva nell’opera clandestina. Infatti sotto il regime nazista le attività dei testimoni di Geova in Germania erano state messe al bando e, rischiando la libertà e anche la vita, molti di noi eravamo impegnati a distribuire cibo spirituale in tutto il paese.

Fin da piccola la mia meta era stata quella di aiutare il prossimo; volevo diventare insegnante. Ma nel 1931 accompagnai mia madre a un’assemblea dei testimoni di Geova tenuta a Parigi, in Francia. Ciò che vi imparai e provai cambiò la mia vita. L’anno seguente, all’età di 19 anni, fui battezzata.

Hitler e il partito nazista andarono al potere nel 1933. Cominciarono quasi immediatamente a perseguitare i testimoni di Geova. Fu per noi una grande gioia ricevere il privilegio di servire come corrieri nella nostra attività clandestina in Sassonia. Nell’agosto del 1936 la Gestapo (polizia segreta tedesca) diede inizio a una campagna concertata contro la nostra organizzazione clandestina. Fritz Winkler, che sovrintendeva alla nostra opera, e la maggioranza dei direttori regionali furono arrestati e imprigionati. Nel settembre del 1936 riuscii a recarmi a Lucerna, in Svizzera, per un’assemblea, insieme con circa 300 altri fratelli tedeschi. J. F. Rutherford, allora presidente della Watch Tower Society, affidò a Erich Frost la responsabilità di riorganizzare la nostra attività clandestina gravemente colpita, e pochi giorni dopo fui incaricata di lavorare con lui.

Il fratello Frost mi mandò a Monaco per mettermi in contatto con Elfriede Löhr. L’unica cosa che sapevo di lei era che suo padre faceva il dentista. Trovai l’indirizzo sull’elenco telefonico e per precauzione feci prima una telefonata. Quando ci incontrammo dissi a Elfriede che era stata invitata a lavorare a tempo pieno con noi. Iniziò così una stretta amicizia che dura ormai da 43 anni. Siamo state insieme nei campi di concentramento e nell’opera di predicazione a tempo pieno per oltre 40 anni.

CLANDESTINITÀ

Eravamo tutti ricercati dalla Gestapo. Perciò normalmente viaggiavamo di notte in treno, dormendo alla meglio. Durante il giorno incontravamo i fratelli e le sorelle in vari luoghi prestabiliti per consegnare loro copie ciclostilate della Torre di Guardia e altre importanti informazioni. Di tanto in tanto passavamo la notte da persone interessate o in case che i fratelli usavano durante le vacanze e che non erano note alla Gestapo.

Non portavamo mai con noi indirizzi o altri appunti scritti. Imparavamo tutto a memoria. Così, in caso di arresto, la polizia non avrebbe avuto prove per incriminare nessuno. Spesso potevamo sentire su di noi la protezione di Geova. Questo in particolar modo quando organizzammo la distribuzione della risoluzione adottata all’assemblea di Lucerna. La risoluzione protestava energicamente per le angherie cui erano sottoposti i testimoni di Geova in Germania dalla gerarchia cattolica e dai suoi alleati. Il 12 dicembre 1936, fra le 17 e le 19, 3.459 fratelli e sorelle in tutta la Germania presero parte alla distribuzione di centinaia di migliaia di copie di questo vigoroso messaggio.

Poi, il 21 marzo 1937, meno di due settimane dopo il mio primo incontro con Elfriede, il fratello Frost e io fummo arrestati. Nello stesso periodo caddero nelle mani della Gestapo anche alcuni direttori regionali del servizio. Il fratello Heinrich Dietschi, uno dei direttori regionali ancora in libertà, assunse la sorveglianza dell’opera in assenza del fratello Frost.

Quando né il fratello Frost né io ci presentammo all’appuntamento alla fine di marzo, Elfriede capì che doveva essere successo qualcosa. Non poteva tornare a casa perché la Gestapo la cercava. Si chiese: “Chi sarà il successore del fratello Frost e come faccio a incontrarlo?” Dopo aver pregato Geova, le venne in mente di mettersi in contatto con qualcuno nella cittadina di Leutkirch, a circa 150 chilometri da Monaco. A Leutkirch, quello stesso giorno, incontrò il fratello mandato dal fratello Dietschi a cercarla. Sembrò senz’altro evidente la guida angelica!

Dato che i nazisti affermavano che il contenuto della risoluzione che avevamo distribuito il 12 dicembre era falso, furono prese disposizioni per distribuire in tutta la Germania una “lettera aperta” che desse prove più dettagliate della persecuzione in atto contro i testimoni di Geova. Il fratello Frost e io eravamo stati arrestati mentre preparavamo questa grande campagna. Ora Elfriede lavorò strettamente col fratello Dietschi per completare i preparativi, e la campagna fu portata a termine con successo il 20 giugno 1937. Nell’Annuario del 1975 dei Testimoni di Geova Elfriede spiega:

“Il fratello Dietschi organizzò la campagna. Eravamo tutti coraggiosi, ogni cosa era stata predisposta in maniera meravigliosa e ciascuna regione aveva sufficienti lettere. Io ne presi alla stazione ferroviaria una grossa valigia per il territorio intorno a Breslavia e le portai ai fratelli a Liegnitz. Inoltre, avevo le mie proprie, che al tempo fissato distribuii come tutti gli altri fratelli”.

Per mesi prima di questa campagna la Gestapo si era vantata di aver annientato la nostra organizzazione. Perciò, che umiliante sorpresa fu per loro quando, in modo così organizzato, centinaia di migliaia di copie di questa lettera furono distribuite in tutta la Germania! Rimasero letteralmente sconcertati.

NUOVO INCONTRO

Mentre Elfriede era libera, io mi trovavo nelle mani della Gestapo. Dapprima fui condannata solo a un anno e nove mesi. Ma subito dopo aver scontato la condanna venni nuovamente arrestata e inviata al campo di concentramento di Lichtenburg, agli inizi del 1939. Con mia grande sorpresa, al mio arrivo vi trovai Elfriede.

Nell’estate del 1939 tutte noi sorelle cristiane di Lichtenburg fummo trasferite al nuovo campo di Ravensbrück. Più volte eravamo state minacciate: “Aspettate di arrivare a Ravensbrück. Lì vi spezzeremo”. I dintorni del nuovo campo assomigliavano a un deserto di sabbia. Le alte mura protette dal filo spinato, le baracche per i prigionieri e gli alloggi delle SS erano stati completati. Ma tutto il resto era una desolazione, in attesa dei lavoratori, cioè degli internati.

LA NOSTRA FEDE È MESSA ALLA PROVA

Nell’autunno del 1939 a Ravensbrück noi donne testimoni di Geova eravamo circa 500. Il 19 dicembre diverse sorelle rifiutarono di cucire le tasche per le munizioni sulle uniformi dei soldati; la coscienza non consentiva loro di sostenere in tal modo lo sforzo bellico. Di conseguenza fummo tutte convocate nel piazzale d’appello e ci venne chiesto se avremmo fatto il lavoro. Rifiutammo tutte. Come risultato iniziò una campagna che aveva lo scopo di costringerci a rinunciare alla nostra neutralità cristiana e ad appoggiare lo sforzo bellico. — Isa. 2:4.

Per prima cosa fummo costrette a rimanere in piedi all’aperto, al freddo, dalla mattina alla sera, indossando solo leggeri abiti estivi. Ed era uno dei più freddi inverni tedeschi, con temperature che arrivavano ai 15-20 gradi sotto zero! Di notte venimmo chiuse nel blocco delle celle dove fummo costrette a dormire sul pavimento nudo senza coperte e con le finestre aperte per creare una gelida corrente. Inoltre il primo giorno non ci venne dato nulla da mangiare. Nei successivi quattro giorni di questo trattamento ricevemmo solo mezza razione di cibo. Poi fummo rinchiuse in una cella oscura per altre tre settimane, ricevendo qualcosa di caldo da mangiare solo una volta ogni quattro giorni. Gli altri giorni ricevevamo un pezzo di pane e una tazza di caffè al mattino. Durante la loro celebrazione natalizia (dal 25 al 27 dicembre) non ricevemmo assolutamente nulla.

In seguito fummo riportate alle nostre baracche, che vennero dichiarate baracche di punizione per tre mesi. Questo significava meno cibo e di qualità più scadente, e duro lavoro con pala e piccone dalla mattina alla sera per sette giorni alla settimana. E ci venne rifiutata l’assistenza medica. Più volte i comandanti delle SS dicevano: ‘Se non acconsentite a sostenere lo sforzo bellico, non uscirete di qui se non passando per il camino!’

Quando arrivò la primavera del 1940 eravamo ridotte a semplici scheletri. Avremmo dovuto morire come mosche. Ma Geova Dio, che era stato direttamente sfidato da Himmler, mostrò di poter sostenere il Suo popolo nelle peggiori circostanze. Nemmeno una di noi 500 sorelle cadde seriamente ammalata o morì. Perfino qualcuna delle SS ammise: “Il vostro Geova vi ha aiutato”. E, cosa più importante, nemmeno una sorella aveva ceduto; erano rimaste tutte leali. Che trionfo dell’integrità a Geova!

Posso dire che sia Elfriede che io ci eravamo messe il cuore in pace. Avevamo deciso di rimanere fedeli a Geova indipendentemente da quello che poteva succedere. Come l’apostolo Paolo potevamo dire: “Se viviamo, viviamo per Geova, e se moriamo, moriamo per Geova. Perciò sia se viviamo che se moriamo, apparteniamo a Geova”. — Rom. 14:8.

VITA A RAVENSBRÜCK

Comunque, per noi le condizioni cambiarono presto in meglio. Molti lavoratori agricoli venivano arruolati nell’esercito, creando così dei vuoti nelle campagne. Quindi alcuni internati furono mandati a lavorare nelle fattorie nei pressi di Ravensbrück. Dato che il rischio che questi lavoratori fuggissero era maggiore e dato che era risaputo che i testimoni di Geova non avrebbero cercato di scappare, molte di noi furono mandate a lavorare nelle fattorie. Qui ricevevamo del cibo in aggiunta alla scarsa razione del campo di concentramento.

Ma ci interessava di più il cibo spirituale. Ci edificavamo spiritualmente le une le altre condividendo la conoscenza biblica acquisita prima di essere arrestate. Inoltre le nuove arrivate ci raccontavano le cose apprese più di recente nei loro studi biblici. Che gioia quando diverse Bibbie furono introdotte di nascosto nel campo! Ogni volta che era possibile davamo testimonianza ad altre detenute e anche ai nostri sorveglianti. Nulla poteva impedirci di dimostrare la nostra fedeltà a Geova. La nostra decisione era: “Meglio morire che cedere!”

A Elfriede fu affidato il compito di curare il giardino degli ufficiali delle SS, e io, con altre sorelle, fui mandata a lavorare in una fattoria delle SS. Verso la fine del 1942 cominciammo a passare la notte alla fattoria anziché tornare alle baracche del campo: godevamo così di notevole libertà. Nella primavera del 1943 riuscii a mettermi in contatto epistolare col fratello Franz Fritsche. Era un fratello coraggioso che si dava molto da fare per introdurre di nascosto il cibo spirituale nei campi di concentramento. Una volta riuscii ad incontrarlo in una foresta nei pressi della fattoria. Furono prese disposizioni per farci giungere regolarmente La Torre di Guardia e altre pubblicazioni. Introducevamo la letteratura nel campo con diversi metodi.

Ma poi le condizioni cambiarono di nuovo. Il fratello Fritsche fu arrestato. Infine la Gestapo scoprì che la letteratura biblica veniva regolarmente introdotta in modo organizzato addirittura nei campi di concentramento. Questa scoperta fu per loro un colpo! Una potente prova che dopo dieci anni di terribile persecuzione lo spirito del popolo di Geova non era stato infranto né dentro né fuori dei campi! Immediatamente Himmler ordinò che tutti i campi sospetti fossero perquisiti alla ricerca di letteratura biblica.

L’ANNO PEGGIORE

La Gestapo giunse inaspettatamente a Ravensbrück il 4 maggio 1944. Perquisirono minuziosamente il campo alla ricerca di Bibbie e letteratura biblica, particolarmente della Torre di Guardia. Andarono anche nel luogo in cui Elfriede curava i giardini delle SS e nella fattoria delle SS dove lavoravo io. Infine decisero che quindici sorelle, considerate le responsabili, avrebbero pagato per tutte. Elfriede e io eravamo fra loro. Dapprima fummo rinchiuse nel malfamato blocco che ospitava le celle. Lì fummo stipate in piccole celle buie e per sette settimane non ci fu permesso di uscire all’aria aperta. Fummo poi trasferite al blocco di punizione, dove Elfriede e io fummo di nuovo in stretto contatto. È difficile esprimere a parole quel che sopportammo in quell’ultimo anno a Ravensbrück, ma sentimmo sempre che Geova ci proteggeva e aveva amorevolmente cura di noi. Ci diede la forza di perseverare. Di grande aiuto era il cibo spirituale che le sorelle rimaste alla fattoria riuscivano a farci pervenire. Alla fattoria la Gestapo non aveva trovato la letteratura, occultata in buoni nascondigli.

Negli ultimi mesi le condizioni del campo peggiorarono progressivamente, in particolare nel luogo in cui ci trovavamo, il blocco di punizione. La baracche erano gremite. In origine erano state progettate per ospitare 100 prigionieri, ma alla fine il blocco di punizione dovette ospitarne da 1.200 a 1.500. In due letti si dormiva in sei o sette, per cui nessuno riusciva a dormire bene. A causa del cibo scadente, spesso mal lavato, le malattie intestinali erano all’ordine del giorno. I prigionieri morivano miseramente a centinaia.

Elfriede si ammalò gravemente. Contrasse un’infiammazione ai polmoni e le venne la febbre alta. Prima che potessi impedirlo fu portata in una delle baracche per i malati, dov’erano stipati i moribondi. Nessuno poteva lasciare il blocco di punizione da solo. Comunque, con l’aiuto della capocamerata riuscii di tanto in tanto a portare ad Elfriede qualcosa da bere.

Era chiaro che, restando dove si trovava, Elfriede non sarebbe vissuta a lungo. I camion si fermavano regolarmente di fronte alle baracche dei malati, e morti e moribondi vi venivano caricati e portati al crematorio. Perciò, con l’aiuto della capocamerata, due di noi andarono da Elfriede. Il suo letto si trovava vicino a una finestra. Facendo appello a tutte le nostre forze riuscimmo a farla uscire dalla finestra. Dopo di che la riportammo nel blocco di punizione. Qui una detenuta, una donna russa che era medico, curò Elfriede in modo semplice, anche se doloroso, così che l’infiammazione ai polmoni regredì. La sua vita era salva.

Agli inizi della primavera del 1945 la seconda guerra mondiale volgeva rapidamente al termine. Era intenzione delle SS far saltare in aria il campo. Ma i russi piombarono con tale rapidità che i nazisti non fecero a tempo ad attuare i loro diabolici piani. Il 28 aprile Ravensbrück cadde in mano ai russi senza combattere. Fummo così liberate da quella ‘fornace ardente’ dopo quasi sei lunghi anni. A questi vanno aggiunti i circa due anni di reclusione scontati prima di venire a Ravensbrück.

MANTENIAMO LA NOSTRA FERMA DECISIONE

Avevamo entrambe promesso a Geova che se fossimo tornate libere avremmo dedicato tutto il nostro tempo e tutte le nostre energie al suo servizio. Sulla difficile via del ritorno a casa facemmo visita al fratello Frost, che mostrò la stessa determinazione. Ci invitò a recarci appena possibile a Magdeburgo, da cui sarebbe stata diretta l’opera per riorganizzare la predicazione in Germania.

Poco dopo essere giunta a casa, a Olbernhau, l’amministrazione locale mi offrì il posto di direttrice dell’ufficio investigativo criminale. Non presi nemmeno in considerazione questa offerta di lavoro; già da molto tempo avevo deciso di intraprendere il servizio continuo. Solo tre settimane dopo Elfriede e io eravamo fra i primi cinque lavoratori della Betel tornati a Magdeburgo.

Nel 1947 il fratello N. H. Knorr visitò la Germania Occidentale. Incoraggiò alcuni fratelli e sorelle a frequentare la scuola missionaria di Galaad. Quindi Elfriede e io facemmo domanda per essere ammesse. A suo tempo ricevemmo l’invito e, nel 1949, partimmo per gli Stati Uniti per frequentare la scuola. Dopo essere state private per molti anni delle regolari adunanze e attività di servizio dell’organizzazione di Geova, come ci sembrò meraviglioso poter ricevere le benedizioni spirituali di Galaad! La considerammo una grande ricompensa, una stupenda compensazione per le molte difficoltà che avevamo dovuto affrontare. Poi, come culmine, nell’estate del 1950 assistemmo all’assemblea dei testimoni di Geova “Incremento della Teocrazia”, tenuta allo Yankee Stadium di New York. La cerimonia del conferimento dei diplomi alla nostra 15a classe di Galaad fu tenuta il primo giorno.

SERVIZIO MISSIONARIO

Fummo dapprima assegnate come missionarie a Colonia, in Germania, sulle rive del Reno. Cominciammo a lavorare con la congregazione locale composta di 35 proclamatori, e presto conducevamo molti studi biblici produttivi e aiutavamo altri a partecipare al servizio del Regno. Dopo tre anni e mezzo fummo mandate in Austria. Ma nel frattempo la congregazione di Colonia era cresciuta e contava 214 proclamatori; vedemmo anche la dedicazione di una nuova Sala del Regno.

Negli ultimi 24 anni di servizio in Austria siamo state inviate in molti luoghi, fra cui la Valle di Gastein, Gmunden sul bel Lago Traunsee, Hohenems nel Vorarlberg e Telfs nel Tirolo. Attualmente stiamo lavorando di nuovo nel Vorarlberg, nella Foresta di Bregenz. Nelle numerose assegnazioni, abbiamo aiutato ad aprire sette Sale del Regno. Inoltre, quando iniziammo il servizio in tre delle nostre assegnazioni non c’era nessun proclamatore del Regno, o uno o due al massimo. Ma, col tempo, vedemmo organizzare in questi luoghi nuove congregazioni. Sebbene non abbiamo figli, abbiamo molti figli e nipoti in senso spirituale cui siamo unite da un indissolubile vincolo di amore sincero.

COSA CI HA AIUTATO A NON SMETTERE

Anche dopo aver superato le dure prove della fede nei campi di concentramento, abbiamo avuto la tentazione di smettere il nostro servizio continuo a Geova. Ci sono stati problemi di salute dovuti all’età e a conseguenze degli anni trascorsi nei campi di concentramento. Negli ultimi anni l’indifferenza della gente nei territori dove il materialismo è molto radicato è stata spesso motivo di scoraggiamento. Perciò a volte abbiamo sentito il desiderio di una vita più tranquilla, più facile e più comoda di quella di un proclamatore del Regno in servizio continuo. Cosa ci ha aiutato a perseverare?

Innanzi tutto abbiamo tenuto presenti gli esempi dei fedeli servitori di Geova che abbandonarono ogni cosa per servirlo, persone come Abraamo, Sara, Mosè, l’apostolo Paolo e il nostro massimo esempio, Gesù Cristo. Questo ci ha aiutato a conservare il giusto spirito e ad apprezzare i veri valori. Abbiamo tenuto a mente il consiglio di Gesù: “Continuate dunque a cercare prima il regno e la sua giustizia”. Abbiamo anche ricordato quel che Gesù aveva detto prima nel suo Sermone del Monte: “Poiché dove è il tuo tesoro, ivi è anche il tuo cuore”. — Matt. 6:33, 21.

Questo è ciò che abbiamo sempre cercato di fare, cioè di tenere il cuore rivolto al regno di Dio per servirlo con tutto ciò che possediamo. L’aver considerato questo come un prezioso tesoro è ciò che ci ha permesso di perseverare sotto la crudele tirannide nazista. Questa stessa salda speranza del Regno ci ha aiutato negli anni successivi a continuare a servire Dio a tempo pieno senza mai smettere.

La nostra è stata senz’altro una vita più che soddisfacente! Abbiamo riscontrato molte volte la veracità delle parole di Malachia 3:10: “‘Mettetemi alla prova, suvvia, rispetto a questo’, ha detto Geova degli eserciti, ‘se non vi aprirò le cateratte dei cieli e in effetti non vuoterò su di voi una benedizione finché non ci sia più bisogno’”. Speriamo e preghiamo di poter continuare con l’aiuto di Geova a servirlo a tempo pieno per tutta l’eternità insieme a Gesù Cristo, alla presenza di Geova Dio.

“Se non fosse stato perché Geova mostrò d’essere per noi quando gli uomini si levarono contro di noi, ci avrebbero inghiottiti perfino vivi, quando la loro ira ardeva contro di noi. Quindi le medesime acque ci avrebbero portati via, il torrente stesso sarebbe passato sulla nostra anima. Quindi sarebbero passate sulla nostra anima le acque della presunzione. Benedetto sia Geova, che non ci ha dati come preda ai loro denti. La nostra anima è come un uccello che è scampato dalla trappola degli adescatori. La trappola è rotta, e noi stessi siamo scampati. Il nostro aiuto è nel nome di Geova, il Fattore del cielo e della terra”. — Sal. 124:2-8.

[Immagine a pagina 9]

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