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  • “Sii mio discepolo”: cosa intendeva Gesù?
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • CAPITOLO UNO

      “Sii mio discepolo”: cosa intendeva Gesù?

      Un giovane capo dei giudei in ginocchio fa una domanda a Gesù.

      “Cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”

      1, 2. Qual è l’invito più bello che un essere umano possa ricevere, e quale domanda dovremmo farci?

      QUAL è l’invito più bello che abbiate mai ricevuto? Forse vi viene in mente la volta che siete stati invitati a un evento speciale, magari il matrimonio di due persone che vi erano molto care. Oppure penserete al giorno in cui siete stati invitati ad assolvere un compito importante. Se avete ricevuto inviti del genere, senza dubbio li avete accettati con entusiasmo e vi siete sentiti onorati. In realtà però tutti noi, nessuno escluso, abbiamo ricevuto un invito di gran lunga più importante. E il modo in cui decidiamo di rispondere avrà un profondo effetto su di noi. Sarà la decisione più importante della nostra vita.

      2 Di che invito si tratta? Di un invito da parte di Gesù Cristo, l’unigenito Figlio dell’Iddio Onnipotente, Geova, e che è riportato nella Bibbia. In Marco 10:21 leggiamo le sue parole: “Vieni, sii mio discepolo”. Questo invito di Gesù in effetti è rivolto a ciascuno di noi. Facciamo bene a chiederci: “Cosa farò?” La risposta potrebbe sembrare ovvia: chi rifiuterebbe un invito così straordinario? Eppure la maggior parte delle persone lo rifiuta. Perché?

      3, 4. (a) Quali cose invidiabili possedeva l’uomo che chiese a Gesù cosa fare per ricevere la vita eterna? (b) Quali buone qualità avrà visto Gesù nel giovane capo ricco?

      3 Circa 2.000 anni fa un uomo ricevette quell’invito di persona. Era un uomo molto rispettato. Possedeva almeno tre cose che di solito gli esseri umani ritengono desiderabili, anzi invidiabili: gioventù, ricchezza e potere. La Bibbia dice che era “giovane”, era “ricchissimo” ed era “un capo dei giudei” (Matteo 19:20; Luca 18:18, 23). Tuttavia questo giovane aveva qualcosa di più: apprezzava quello che aveva sentito riguardo al Maestro, Gesù.

      4 All’epoca la maggior parte di quelli che erano al potere non rispettavano Gesù come meritava (Giovanni 7:48; 12:42). Ma questo “capo” si comportò in modo diverso. La Bibbia ci dice: “Mentre [Gesù] si rimetteva in cammino, un uomo gli corse incontro, cadde in ginocchio davanti a lui e gli fece questa domanda: ‘Maestro buono, cosa devo fare per ereditare la vita eterna?’” (Marco 10:17). Notate com’era ansioso di parlare con Gesù, tanto da corrergli incontro in pubblico, come avrebbe fatto qualsiasi persona povera e di bassa estrazione. Inoltre si inginocchiò rispettosamente davanti a lui, dimostrando di avere una certa umiltà e di rendersi conto del proprio bisogno spirituale. Gesù apprezzò queste buone qualità (Matteo 5:3; 18:4). Non sorprende che, “guardandolo, Gesù provò amore per lui” (Marco 10:21). Come rispose alla domanda del giovane?

      L’invito più importante

      5. Cosa rispose Gesù al giovane ricco, e come sappiamo che quando disse “c’è una cosa che ti manca” non si riferiva alla povertà? (Vedi anche la nota in calce.)

      5 Gesù, facendo riferimento alle Scritture, osservò che suo Padre aveva già dato delle indicazioni su come ottenere la vita eterna. Il giovane affermò di osservare fedelmente la Legge mosaica. Gesù, però, con la sua straordinaria perspicacia capì che c’era dell’altro (Giovanni 2:25). Si accorse che questo “capo” aveva un problema spirituale, un problema grave. Perciò disse: “C’è una cosa che ti manca”. Che cosa gli mancava? Gesù proseguì: “Va’, vendi ciò che hai e da’ il ricavato ai poveri” (Marco 10:21). Gesù voleva dire che per servire Dio bisogna essere nullatenenti? No.a Stava rivelando qualcosa di molto importante.

      6. Quale invito fece Gesù, e cosa rivelò la risposta del giovane ricco riguardo al suo cuore?

      6 Per far emergere chiaramente cosa gli mancava, Gesù offrì all’uomo una straordinaria opportunità. Gli disse: “Vieni, sii mio discepolo”. Pensate: il Figlio dell’Iddio Altissimo invitava l’uomo che gli stava di fronte a seguirlo. Inoltre gli promise una ricompensa inimmaginabile: “Avrai un tesoro in cielo”. Il giovane ricco colse l’occasione, accettando quello splendido invito? Leggiamo: “L’uomo si rattristò e se ne andò addolorato, perché possedeva molti beni” (Marco 10:21, 22). Quindi le inaspettate parole di Gesù rivelarono il problema che c’era nel cuore di quell’uomo. Era troppo attaccato ai suoi possedimenti e, senza dubbio, al potere e al prestigio che ne conseguivano. Purtroppo l’amore per queste cose superava di gran lunga l’amore per Cristo. La “cosa” che gli mancava era dunque il sincero, altruistico amore per Gesù e per Geova. Mancando di tale amore il giovane declinò l’invito più importante. Ma perché tutto questo ci riguarda?

      7. Perché possiamo star certi che l’invito di Gesù è rivolto anche a noi oggi?

      7 L’invito di Gesù non era rivolto solo a quell’uomo, o a un numero limitato di persone. Gesù disse: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, [...] mi segua di continuo” (Luca 9:23). Quindi chiunque, se davvero lo vuole, può essere discepolo di Cristo. Dio attira a suo Figlio queste persone sincere (Giovanni 6:44). A tutti è offerta l’opportunità di accettare l’invito di Gesù, non solo ai ricchi o ai poveri, alle persone di una certa etnia e nazionalità, o a chi viveva in quel tempo. Quindi le parole di Gesù “vieni, sii mio discepolo” in realtà sono rivolte a ciascuno di noi. Perché dovremmo desiderare di seguire Cristo? E cosa comporta questo?

      Perché essere discepoli di Cristo?

      8. Di cosa hanno bisogno tutti gli esseri umani, e perché?

      8 C’è una verità che dobbiamo riconoscere: abbiamo estremo bisogno di una guida valida. Non tutti lo ammettono, ma questo bisogno esiste comunque. Geremia, profeta di Geova, fu ispirato a mettere per iscritto una verità eterna: “So bene, o Geova, che l’uomo non è padrone della sua via. L’uomo che cammina non è padrone nemmeno di dirigere i suoi passi” (Geremia 10:23). Gli esseri umani non hanno né la capacità né il diritto di autogovernarsi. Infatti la storia è stata un susseguirsi di casi di malgoverno (Ecclesiaste [Qoèlet] 8:9). Ai giorni di Gesù chi governava opprimeva, maltrattava e ingannava la popolazione. Gesù fece un’acuta osservazione dicendo che le persone comuni erano “come pecore senza pastore” (Marco 6:34). Lo stesso avviene oggi. Collettivamente e singolarmente abbiamo bisogno di una guida fidata e degna di rispetto. Gesù risponde a questa necessità? Ecco diversi motivi per cui diciamo di sì.

      9. Cosa distingue Gesù da qualsiasi altro leader?

      9 Primo, Gesù è stato scelto da Geova Dio. La maggior parte dei capi umani vengono scelti da altri esseri umani imperfetti, che tendono a farsi un’idea sbagliata e spesso vengono ingannati. Nel caso di Gesù le cose non stanno così. Lo stesso titolo che gli è attribuito lo dimostra. La parola “Cristo”, come la parola “Messia”, significa “Unto”. Gesù fu unto, o nominato espressamente per ricoprire il suo incarico sacro, nientemeno che dal Sovrano Signore dell’universo. Geova Dio disse del Figlio: “Ecco il mio servitore, che io ho scelto, il mio amato, che io ho approvato! Porrò su di lui il mio spirito” (Matteo 12:18). Nessuno sa meglio del nostro Creatore quale tipo di capo o guida ci occorre. La sapienza di Geova è infinita, quindi abbiamo ogni motivo per fidarci della scelta che ha fatto (Proverbi 3:5, 6).

      10. Perché quello di Gesù è il miglior esempio da imitare?

      10 Secondo, Gesù ha dato un esempio perfetto a cui possiamo ispirarci. Il leader ideale ha qualità che i sudditi possono ammirare e imitare. Li guida dando l’esempio, stimolandoli a diventare persone migliori. Quali sono le qualità che apprezzereste di più in un leader? Coraggio? Saggezza? Compassione? E che dire della perseveranza di fronte alle difficoltà? Studiando la vita terrena di Gesù riscontreremo che lui aveva queste qualità e altre ancora. Gesù era il perfetto riflesso del suo Padre celeste, di cui possedeva in piena misura le qualità. Era in tutto e per tutto un uomo perfetto. Quindi in ogni cosa che fece, in ogni parola che pronunciò, in ogni sentimento che esternò, troviamo qualcosa che merita di essere imitato. La Bibbia dice che provvide ‘un modello, affinché seguissimo attentamente le sue orme’ (1 Pietro 2:21).

      11. In che modo Gesù si è dimostrato “il pastore eccellente”?

      11 Terzo, Cristo è sempre stato all’altezza della sua affermazione: “Io sono il pastore eccellente” (Giovanni 10:14). Nei tempi biblici questa metafora richiamava un’immagine familiare. I pastori lavoravano sodo per badare alle pecore affidate alla loro cura. Un “pastore eccellente” metteva la sicurezza e il benessere del gregge al di sopra dei propri. Per esempio Davide, antenato di Gesù, da ragazzo faceva il pastore e più di una volta rischiò la vita per proteggere le sue pecore da una bestia feroce (1 Samuele 17:34-36). Gesù fece ancora di più a favore dei suoi discepoli: morì per loro (Giovanni 10:15). Quanti leader umani hanno un simile spirito di sacrificio?

      12, 13. (a) In che senso un pastore conosce le sue pecore e queste conoscono lui? (b) Perché desideriamo seguire la guida del Pastore eccellente?

      12 Gesù era “il pastore eccellente” anche in un altro senso. Lui disse: “Conosco le mie pecore, e le mie pecore conoscono me” (Giovanni 10:14). Riflettiamo su questa metafora. A un osservatore disattento un gregge di pecore potrebbe sembrare solo una massa di lana in movimento. Il pastore invece conosce ogni singola pecora. Sa quale sta per partorire e avrà presto bisogno di aiuto, quali agnelli occorre portare in braccio perché sono troppo piccoli e deboli per camminare da soli, e quale pecora recentemente si è ammalata o è rimasta ferita. Anche le pecore conoscono il loro pastore. Ne riconoscono la voce e non la scambiano per quella di nessun altro. Reagiscono prontamente se il suo richiamo ha un tono allarmato. Seguono la sua guida, e lui sa esattamente dove guidarle. Il pastore sa dove c’è erba verde e rigogliosa, dove ci sono ruscelli freschi e limpidi, dove i pascoli sono sicuri. Le pecore si sentono protette perché lui le sorveglia (Salmo 23).

      13 Non desideriamo fortemente avere una guida del genere? Il Pastore eccellente è davvero impareggiabile, tratta i suoi discepoli proprio così. E promette di guidarci perché la nostra vita sia felice e gratificante ora e per sempre (Giovanni 10:10, 11; Rivelazione [Apocalisse] 7:16, 17). Allora cerchiamo di capire cosa comporta seguire Cristo.

      Cosa significa essere discepoli di Cristo

      14, 15. Perché per essere discepoli di Cristo non basta sostenere di essere cristiani o sentirsi emotivamente legati a Gesù?

      14 Oggi centinaia di milioni di persone probabilmente pensano di aver accettato l’invito di Cristo, e si definiscono cristiani. Magari seguono la religione dei loro genitori. Oppure dicono di sentirsi emotivamente legati a Gesù e di accettarlo come loro Salvatore. Ma basta questo per essere discepoli di Cristo? È questo che Gesù aveva in mente quando ci ha invitati a diventare suoi discepoli? No, c’è molto di più.

      15 Pensate alle nazioni in cui la maggior parte delle persone sostengono di essere discepoli di Cristo. La cristianità rispecchia gli insegnamenti di Gesù Cristo? Oppure in quei paesi vediamo odio, oppressione, criminalità e ingiustizie come nel resto del mondo?

      16, 17. Cosa manca spesso a coloro che si professano cristiani, e cosa distingue i veri discepoli di Cristo?

      16 Gesù disse che i suoi veri discepoli si sarebbero riconosciuti non dalle parole o da come si sarebbero fatti chiamare, ma soprattutto dalle azioni. Per esempio osservò: “Non chiunque mi dice: ‘Signore, Signore’, entrerà nel Regno dei cieli, ma solo chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Matteo 7:21). Perché così tanti pur affermando che Gesù è il loro Signore non fanno la volontà del Padre suo? Ricordate il giovane capo ricco. Molto spesso a chi si professa cristiano manca “una cosa”: non ama con tutta l’anima Gesù e Colui che l’ha mandato.

      17 Com’è possibile? I milioni di persone che si dichiarano cristiani non affermano di amare Cristo? Senz’altro. Ma non basta dire di amare Gesù e Geova. Gesù disse: “Se uno mi ama ubbidirà alla mia parola” (Giovanni 14:23). E di nuovo, parlando del pastore, disse: “Le mie pecore ascoltano la mia voce, e io le conosco; e loro mi seguono” (Giovanni 10:27). Non sono tanto le nostre parole o i nostri sentimenti a dimostrare che amiamo Cristo, ma le nostre azioni.

      18, 19. (a) Come dovrebbe influire su di noi conoscere meglio Gesù? (b) Qual è l’obiettivo di questo libro, e come può aiutare chi da tempo ritiene di essere un discepolo di Cristo?

      18 Le nostre azioni, però, non sono casuali, rispecchiano quello che siamo dentro. È da lì che dobbiamo iniziare a lavorare. Gesù disse: “Questo significa vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo” (Giovanni 17:3). Se cerchiamo di conoscere in modo accurato Gesù e meditiamo su quello che impariamo, il nostro cuore ne sarà toccato. Lo ameremo sempre di più e proveremo un desiderio sempre maggiore di seguirlo ogni giorno.

      19 Qual è l’obiettivo di questo libro? Non si propone di essere un resoconto completo della vita e del ministero di Gesù, ma di farci capire più chiaramente come seguirlo.b Ci aiuterà a specchiarci nelle Scritture e a chiederci: “Sto seguendo davvero Gesù?” (Giacomo 1:23-25). Forse da molto tempo riteniamo di essere pecore guidate dal Pastore eccellente. Ma non è forse vero che si può sempre migliorare? La Bibbia ci esorta: “Continuate a esaminarvi per vedere se siete nella fede, continuate ad accertarvi di quello che siete” (2 Corinti 13:5). Vale la pena di fare ogni sforzo per accertarci di essere davvero guidati dal nostro amorevole Pastore, Gesù, che Geova stesso ha incaricato di dirigerci.

      20. Cosa esamineremo nel prossimo capitolo?

      20 Lo studio di questo libro ci aiuterà a consolidare il nostro amore per Gesù e per Geova. Nella misura in cui ci lasceremo guidare da questo amore, proveremo il maggior grado di pace e felicità possibile in questo vecchio mondo, e potremo lodare per sempre Geova che ci ha provveduto il Pastore eccellente. Certo il nostro studio in merito a Gesù deve basarsi sul giusto fondamento. È quindi appropriato che il capitolo 2 prenda in esame il ruolo di Gesù nel proposito universale di Geova.

  • “La via e la verità e la vita”
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • CAPITOLO DUE

      “La via e la verità e la vita”

      Gesù cammina su un sentiero e dietro di lui ci sono persone che sono felici di seguirlo.

      “Sii mio discepolo”

      1, 2. Perché da soli non potremmo mai avvicinarci a Geova, e cosa ha fatto per noi Gesù a questo riguardo?

      VI È mai capitato di perdervi? Forse stavate andando a far visita a un amico o a un parente e non riuscivate a trovare la strada. Mentre percorrevate una via sconosciuta, vi siete fermati per chiedere informazioni a qualcuno. Immaginate come vi sareste sentiti se, invece di limitarsi a indicarvi dove andare, una persona gentile avesse detto: “Mi segua. L’accompagno io”. Che sollievo!

      2 In un certo senso Gesù Cristo fa qualcosa di simile per noi. Da soli non potremmo mai avvicinarci a Dio. A motivo dell’imperfezione e del peccato ereditati, il genere umano è perso, ‘lontano dalla vita che appartiene a Dio’ (Efesini 4:17, 18). Abbiamo bisogno di aiuto per trovare la strada. Gesù, che ci ha lasciato un modello da seguire, non si limita a darci amorevolmente consigli e indicazioni, fa di più. Come abbiamo visto nel capitolo 1, ci invita dicendo: “Vieni, sii mio discepolo” (Marco 10:21). Ma ci indica anche una ragione impellente per accettare il suo invito. In un’occasione Gesù disse: “Io sono la via e la verità e la vita. Nessuno arriva al Padre se non tramite me” (Giovanni 14:6). Esaminiamo alcune ragioni per cui è possibile arrivare al Padre solo tramite il Figlio. Poi con queste ragioni in mente vedremo in che senso Gesù è veramente “la via e la verità e la vita”.

      Un ruolo fondamentale nel proposito di Geova

      3. Perché è possibile avvicinarsi a Dio solo tramite Gesù?

      3 In primo luogo, possiamo avvicinarci a Geova Dio solo tramite Gesù perché il Padre ha ritenuto opportuno affidare al Figlio il ruolo più importante: ne ha fatto la figura centrale nella realizzazione di tutti i suoi propositi (2 Corinti 1:20; Colossesi 1:18-20).a Per capire il ruolo fondamentale del Figlio, dobbiamo pensare a quello che accadde nel giardino di Eden, quando la prima coppia umana si unì a Satana nella ribellione a Geova (Genesi 2:16, 17; 3:1-6).

      4. Quale questione fu sollevata dalla ribellione in Eden, e cosa decise di fare Geova per risolverla?

      4 La ribellione in Eden sollevò una questione di importanza universale: colui che porta il nome Geova è veramente santo, buono, giusto e amorevole in tutto quello che fa? Per risolvere questa importante questione, Geova decise che uno dei suoi perfetti figli spirituali venisse sulla terra. La missione che doveva compiere non poteva essere più gravosa: dare la propria vita per santificare il nome di suo Padre e servire da riscatto per salvare l’umanità. Rimanendo fedele fino alla morte, il figlio prescelto avrebbe reso possibile la soluzione di tutti i problemi sollevati dalla ribellione di Satana (Ebrei 2:14, 15; 1 Giovanni 3:8). Ma Geova aveva milioni e milioni di perfetti figli spirituali (Daniele 7:9, 10). Quale scelse per questo incarico della massima importanza? Il suo “Figlio unigenito”, che poi fu chiamato Gesù Cristo (Giovanni 3:16).

      5, 6. Come ha dimostrato Geova di aver fiducia nel Figlio, e su cosa si basava questa fiducia?

      5 La scelta di Geova dovrebbe sorprenderci? Niente affatto! Il Padre aveva la massima fiducia nel suo Figlio unigenito. Secoli prima che suo Figlio venisse sulla terra, riguardo a lui Geova aveva predetto che sarebbe rimasto leale anche di fronte a indicibili sofferenze (Isaia 53:3-7, 10-12; Atti 8:32-35). Vediamo cosa comporta questo. Il Figlio, come tutte le altre creature intelligenti, era dotato di libero arbitrio, la capacità di decidere come comportarsi. Ma Geova aveva una tale fiducia in lui che predisse che sarebbe stato fedele. Su cosa si basava questa fiducia? Sulla conoscenza. Geova conosce intimamente il Figlio e sa quanto lui desideri piacergli (Giovanni 8:29; 14:31). Il Figlio ama il Padre, e Geova ricambia il suo amore (Giovanni 3:35). L’amore che Padre e Figlio hanno l’uno per l’altro crea fra loro un legame di unione e di fiducia che non si può infrangere (Colossesi 3:14).

      6 Tenuto conto dell’importante ruolo del Figlio, della fiducia che il Padre ha in lui e dell’amore che li unisce, non è logico che sia possibile avvicinarsi a Dio solo tramite Gesù? Ma c’è un’altra ragione per cui solo il Figlio può farci arrivare al Padre.

      Solo il Figlio conosce pienamente il Padre

      7, 8. Perché Gesù poteva giustamente dire che nessuno conosce pienamente il Padre “se non il Figlio”?

      7 Per avvicinarci a Geova Dio dobbiamo soddisfare certi requisiti (Salmo 15:1-5). Chi meglio del Figlio sa come attenersi alle norme di Dio e avere la sua approvazione? Gesù disse: “Ogni cosa mi è stata consegnata dal Padre mio, e nessuno conosce pienamente il Figlio se non il Padre; e nessuno conosce pienamente il Padre se non il Figlio e coloro ai quali il Figlio lo voglia rivelare” (Matteo 11:27). Vediamo perché Gesù poteva dire, correttamente e senza esagerare, che nessuno conosce pienamente il Padre “se non il Figlio”.

      8 Essendo “il primogenito di tutta la creazione”, il Figlio ha un rapporto unico con Geova (Colossesi 1:15). Immaginate quanto è profondo il legame che si strinse tra Padre e Figlio durante il tempo incalcolabile in cui esistevano solo loro due, dagli albori della creazione finché furono portate all’esistenza altre creature spirituali (Giovanni 1:3; Colossesi 1:16, 17). Pensate alla straordinaria opportunità che il Figlio aveva stando accanto al Padre: assimilarne i pensieri e conoscerne la volontà, le norme e le vie. Non è certo un’esagerazione dire che Gesù conosce il Padre meglio di chiunque altro. Sicuramente questa intimità ha permesso a Gesù di far conoscere il Padre come nessun altro avrebbe potuto.

      9, 10. (a) In quali modi Gesù ha fatto conoscere il Padre? (b) Cosa dobbiamo fare per avere l’approvazione di Geova?

      9 Gli insegnamenti di Gesù rivelavano chiaramente quanto lui conoscesse bene il modo di pensare, i sentimenti e le norme di Geova.b Ma Gesù ha fatto conoscere il Padre in un altro importante modo. Lui stesso disse: “Chi ha visto me ha visto anche il Padre” (Giovanni 14:9). In tutto quello che diceva e faceva, Gesù imitò alla perfezione il Padre. Perciò quando leggiamo di Gesù nella Bibbia — le parole vigorose e avvincenti che usava nell’insegnare, la compassione che lo spingeva a compiere guarigioni e l’empatia che dimostrò quando cedette alle lacrime — possiamo benissimo raffigurarci Geova che dice e fa le stesse cose (Matteo 7:28, 29; Marco 1:40-42; Giovanni 11:32-36). Le vie e la volontà del Padre sono manifestate alla perfezione dalle parole e dalle azioni del Figlio (Giovanni 5:19; 8:28; 12:49, 50). Quindi per avere l’approvazione di Geova dobbiamo prestare ascolto agli insegnamenti di Gesù e seguire il suo esempio (Giovanni 14:23).

      10 Dato che Gesù conosce intimamente Geova e lo imita alla perfezione, non sorprende che Geova abbia deciso che il Figlio sia il mezzo per arrivare a lui. Ora che abbiamo capito perché possiamo avvicinarci a Geova solo tramite Gesù, cerchiamo di capire meglio il senso delle sue parole: “Io sono la via e la verità e la vita. Nessuno arriva al Padre se non tramite me” (Giovanni 14:6).

      “Io sono la via”

      11. (a) Perché solo tramite Gesù possiamo avere una relazione approvata con Dio? (b) In che modo le parole riportate in Giovanni 14:6 sottolineano l’unicità della posizione di Gesù? (Vedi la nota in calce.)

      11 Abbiamo già capito che non c’è modo di avvicinarsi a Dio se non tramite Gesù. Vediamo più da vicino cosa significa questo per noi. Gesù è “la via” in quanto tramite lui possiamo avere una relazione approvata con Dio. Perché? Dimostrandosi fedele fino alla morte, Gesù diede la sua vita come sacrificio di riscatto (Matteo 20:28). Senza il riscatto per noi sarebbe impossibile avvicinarci a Dio. Il peccato infatti crea una barriera fra gli esseri umani e Dio, perché Geova è santo e non può in alcun modo approvare il peccato (Isaia 6:3; 59:2). Tuttavia il sacrificio di Gesù ha eliminato la barriera, cioè ha provveduto la necessaria espiazione del peccato (Ebrei 10:12; 1 Giovanni 1:7). Se accettiamo il provvedimento di Geova tramite Cristo e vi riponiamo fede, possiamo avere l’approvazione divina. In pratica non esiste altro modo per essere “riconciliati con Dio” (Romani 5:6-11).c

      12. In quali modi Gesù è “la via”?

      12 Gesù è “la via” anche per quanto riguarda la preghiera. Solo tramite Gesù possiamo rivolgerci a Geova in preghiera con la certezza che le nostre sentite richieste saranno ascoltate (1 Giovanni 5:13, 14). Gesù stesso disse: “Quello che chiederete al Padre nel mio nome, lui ve lo darà. [...] Chiedete e riceverete, affinché la vostra gioia sia completa” (Giovanni 16:23, 24). Nel nome di Gesù possiamo appropriatamente rivolgerci a Geova in preghiera e chiamarlo “Padre nostro” (Matteo 6:9). Gesù è “la via” in un altro senso ancora: con il suo esempio. Come abbiamo già visto, Gesù imitava alla perfezione suo Padre. Quindi l’esempio di Gesù ci indica come vivere per piacere a Geova. Se vogliamo avvicinarci a Geova dobbiamo dunque seguire le orme di Gesù (1 Pietro 2:21).

      “Io sono [...] la verità”

      13, 14. (a) In che senso Gesù fu veritiero nel parlare? (b) Per essere “la verità” cosa doveva fare Gesù, e perché?

      13 Gesù ha sempre detto la verità riguardo alle parole profetiche del Padre (Giovanni 8:40, 45, 46). Non fu mai “trovato inganno nella sua bocca” (1 Pietro 2:22). Persino gli oppositori riconobbero che insegnava “la via di Dio secondo verità” (Marco 12:13, 14). Comunque quando disse “io sono [...] la verità” Gesù non si riferiva semplicemente al fatto che faceva conoscere la verità quando parlava, predicava e insegnava. C’era molto di più.

      14 Secoli prima Geova aveva ispirato scrittori biblici a mettere per iscritto molte profezie riguardo al Messia, o Cristo. Quelle profezie predicevano particolari relativi alla sua vita, al suo ministero e alla sua morte. Inoltre nella Legge mosaica si trovavano ombre, o quadri profetici, che additavano il Messia (Ebrei 10:1). Gesù sarebbe stato fedele fino alla morte, adempiendo così tutto quello che era stato predetto di lui? Solo in questo modo si sarebbe dimostrato che Geova è un Dio le cui profezie sono vere. La responsabilità che gravava sulle spalle di Gesù era enorme. Con il suo modo di vivere, con ogni parola che pronunciò e ogni azione che compì, Gesù fece diventare realtà tutto ciò che era stato profetizzato (2 Corinti 1:20). Quindi Gesù era “la verità”, nel senso che le parole profetiche di Geova si avverarono nella persona di Gesù (Giovanni 1:17; Colossesi 2:16, 17).

      “Io sono [...] la vita”

      15. Cosa significa esercitare fede nel Figlio, e a cosa può portare?

      15 Gesù è “la vita” perché solo tramite lui possiamo ricevere la vita, “la vera vita” (1 Timoteo 6:19). La Bibbia dice: “Chi esercita fede nel Figlio ha vita eterna; chi disubbidisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui” (Giovanni 3:36). Cosa significa esercitare fede nel Figlio di Dio? Significa essere convinti che senza di lui non possiamo ottenere la vita. Inoltre significa dimostrare con le opere che abbiamo fede, continuare a imparare da Gesù e fare del nostro meglio per seguire i suoi insegnamenti e il suo esempio (Giacomo 2:26). Quindi esercitare fede nel Figlio di Dio porta alla vita eterna: vita spirituale immortale in cielo per un “piccolo gregge” di cristiani unti con lo spirito e vita umana perfetta in un paradiso terrestre per “una grande folla” di “altre pecore” (Luca 12:32; 23:43; Rivelazione 7:9-17; Giovanni 10:16).

      16, 17. (a) In che modo Gesù dimostrerà di essere “la vita” anche per quelli che sono morti? (b) Quale fiducia possiamo avere?

      16 Che dire di quelli che ormai sono morti? Anche per loro Gesù è “la vita”. Poco prima di risuscitare il suo amico Lazzaro, Gesù disse a Marta, sorella di Lazzaro: “Io sono la risurrezione e la vita. Chi esercita fede in me, anche se muore, tornerà a vivere” (Giovanni 11:25). Geova ha affidato al Figlio “le chiavi della morte e della Tomba”, dandogli il potere di risuscitare i morti (Rivelazione 1:17, 18). Con queste chiavi il glorificato Gesù aprirà le porte del luogo simbolico in cui si trovano i morti e li libererà (Giovanni 5:28, 29).

      17 “Io sono la via e la verità e la vita”: con questa semplice affermazione Gesù riassunse l’obiettivo della sua vita e del suo ministero sulla terra. Queste parole sono piene di significato per noi. Dopo questa affermazione Gesù aggiunse: “Nessuno arriva al Padre se non tramite me” (Giovanni 14:6). Le parole di Gesù sono valide oggi come quando le pronunciò. Possiamo quindi avere piena fiducia che seguendo Gesù non ci perderemo mai. Lui, e lui solo, ci indicherà la via che porta al Padre.

      Come risponderemo?

      18. Cosa comporta essere veri discepoli di Gesù?

      18 Tenendo conto del ruolo fondamentale di Gesù e della sua profonda conoscenza del Padre, abbiamo valide ragioni per seguire il Figlio. Come abbiamo visto nel capitolo precedente, essere veri discepoli di Gesù richiede delle azioni, non solo parole o sentimenti. Per seguire Cristo bisogna conformare la propria vita ai suoi insegnamenti e al suo esempio (Giovanni 13:15). Il libro che state leggendo vi può aiutare in questo.

      19, 20. Come può aiutarci questo libro mentre ci sforziamo di seguire Cristo?

      19 Nei prossimi capitoli faremo un attento studio della vita e del ministero di Gesù. Questi capitoli sono raggruppati in tre parti. Nella prima ci faremo un’idea delle sue qualità e del suo modo di agire. Nella seconda prenderemo in esame il suo zelante esempio nel predicare e insegnare. Nella terza vedremo come ha mostrato amore. Dal capitolo 3 in poi troveremo un riquadro intitolato “Come possiamo seguire Gesù?” I versetti e le domande hanno l’obiettivo di aiutarci a meditare su come possiamo imitare le parole e le azioni di Gesù.

      20 Grazie a Geova Dio non ci sentiamo persi, lontani da lui a motivo del peccato ereditato. A caro prezzo Geova ha amorevolmente mandato suo Figlio a indicarci la via che conduce a una relazione approvata con Lui (1 Giovanni 4:9, 10). Ciascuno di noi si senta motivato a rispondere a questo grande amore accettando l’invito di Gesù “sii mio discepolo” e agendo di conseguenza (Giovanni 1:43).

      a Il ruolo del Figlio è così importante che nella Bibbia gli vengono attribuiti diversi nomi e titoli profetici. (Vedi il riquadro “Alcuni titoli attribuiti a Gesù Cristo”.)

      b Vedi ad esempio le parole di Gesù riportate in Matteo 10:29-31; 18:12-14, 21-35; 22:36-40.

      c In Giovanni 14:6 l’uso del pronome personale “io” e dell’articolo determinativo “la”, così come nella lingua originale, evidenzia che la posizione di Gesù è unica, che lui è la via, la sola via per arrivare al Padre.

      Alcuni titoli attribuiti a Gesù Cristo

      L’Amen (la parola “amen” significa “così sia” o “di sicuro”). È in lui che le promesse di Dio hanno sicuro adempimento (2 Corinti 1:19, 20).

      Padre eterno. Geova gli ha concesso l’autorità e il potere di offrire agli esseri umani la prospettiva della vita eterna in condizioni perfette sulla terra (Isaia 9:6).

      Sommo sacerdote. Gesù può purificarci dal peccato e liberarci dai suoi effetti mortiferi (Ebrei 3:1; 9:13, 14, 25, 26).

      Re dei re. Quale Re celeste costituito da Dio, Gesù è di gran lunga più potente di qualsiasi sovrano terreno (Rivelazione 17:14).

      Principe della pace. In quanto Re del Regno di Dio, Gesù porterà su tutta la terra una pace che non finirà mai (Isaia 9:6).

      Consigliere meraviglioso. I consigli di Gesù sono sempre perfetti e pratici. Seguendoli avremo la salvezza (Isaia 9:6; Giovanni 6:68).

      La Parola. È il portavoce di Geova (Giovanni 1:1).

  • “Io sono [...] modesto di cuore”
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • CAPITOLO TRE

      “Io sono [...] modesto di cuore”

      Gesù cavalca un puledro mentre le persone lungo la strada gridano e agitano rami di palma. Altri stendono i loro mantelli e rami di palma sulla strada.

      “Ecco, il tuo re viene da te”

      1-3. In che modo Gesù fa il suo ingresso a Gerusalemme, e perché alcuni dei presenti rimangono stupiti?

      GERUSALEMME è in fermento. Sta per arrivare un grande uomo. Fuori città molti si radunano lungo la strada, ansiosi di dargli il benvenuto. C’è chi dice che sia un erede di Davide e il legittimo Re d’Israele. Alcuni portano rami di palma da agitare in segno di saluto, altri stendono mantelli e rami sulla strada per spianargli il cammino (Matteo 21:7, 8; Giovanni 12:12, 13). Molti probabilmente si chiedono come si presenterà.

      2 Forse alcuni si aspettano qualcosa di sontuoso. Sicuramente sanno di personaggi importanti che fecero un ingresso in grande stile. Per esempio, quando Absalom figlio di Davide si proclamò re, 50 uomini correvano davanti al suo carro (2 Samuele 15:1, 10). Giulio Cesare pretese qualcosa di ancora più coreografico: una volta salì in Campidoglio a Roma alla testa di un corteo trionfale fiancheggiato da 40 elefanti che portavano torce. Adesso però la popolazione di Gerusalemme aspetta qualcuno di molto più grande. Che le folle lo capiscano pienamente o no, si tratta del Messia, il più grande uomo in assoluto. Ma alla vista di questo futuro Re alcuni rimangono stupiti.

      3 Non vedono carri, cortei o cavalli, e certo non elefanti. Gesù cavalca un’umile bestia da soma, un asino.a Né il cavaliere né la sua cavalcatura portano abiti o finimenti sgargianti. E i discepoli di Gesù non hanno messo sull’asino una sella costosa, ma dei mantelli. Perché Gesù preferisce entrare a Gerusalemme in modo così modesto, quando uomini molto meno importanti hanno voluto presentarsi in pompa magna?

      4. Cosa predisse la Bibbia circa il modo in cui il Re messianico sarebbe entrato a Gerusalemme?

      4 Gesù sta adempiendo una profezia: “Gioisci grandemente [...]. Urla trionfante, o figlia di Gerusalemme. Ecco, il tuo re viene da te. È giusto e porta salvezza, umile e cavalca un asino” (Zaccaria 9:9). Questa profezia indicava che l’Unto di Dio, il Messia, un giorno si sarebbe presentato alla popolazione di Gerusalemme quale Re designato da Dio. Inoltre il modo stesso in cui l’avrebbe fatto, inclusa la scelta della cavalcatura, avrebbe rivelato una sua bellissima caratteristica: la profonda umiltà.

      5. Perché l’umiltà di Gesù è toccante, e perché è importante che impariamo a imitarlo sotto questo aspetto?

      5 L’umiltà è una delle qualità più belle e toccanti di Gesù. Come abbiamo visto nel capitolo precedente, solo Gesù è “la via e la verità e la vita” (Giovanni 14:6). Nessuno dei miliardi di esseri umani vissuti su questa terra è mai stato importante, neanche lontanamente, quanto il Figlio di Dio. Eppure Gesù, a differenza di tanti esseri umani imperfetti, non fu mai neanche minimamente orgoglioso, superbo o altezzoso. Per essere discepoli di Cristo dobbiamo combattere la tendenza all’orgoglio (Giacomo 4:6). Ricordiamo che Geova odia la superbia. È indispensabile, quindi, che impariamo a imitare l’umiltà di Gesù.

      Umile fin dal principio

      6. Cos’è l’umiltà, e come faceva Geova a sapere che il Messia sarebbe stato umile?

      6 L’umiltà è modestia di mente, il contrario di orgoglio o superbia. È una qualità che nasce nel cuore e si manifesta nel parlare, nel comportamento e nei rapporti con gli altri. Come faceva Geova a sapere che il Messia sarebbe stato umile? Sapeva che il Figlio rispecchiava il suo perfetto esempio di umiltà (Giovanni 10:15). Inoltre aveva visto la sua umiltà all’opera. In quali circostanze?

      7-9. (a) In che modo Michele mostrò umiltà nella controversia con Satana? (b) In che modo i cristiani possono imitare Michele mostrando umiltà?

      7 Il libro di Giuda rivela un episodio molto interessante: “L’arcangelo Michele [...], quando ebbe una controversia con il Diavolo e disputava riguardo al corpo di Mosè, non osò pronunciare un giudizio contro di lui in termini offensivi, ma disse: ‘Ti rimproveri Geova’” (Giuda 9). Michele è uno dei nomi di Gesù, prima e dopo la vita terrena, nel ruolo di arcangelo, cioè capo del celeste esercito angelico di Geova (1 Tessalonicesi 4:16).b Ma notate come si comportò Michele nella controversia con Satana.

      8 Giuda non ci dice cosa voleva fare Satana il Diavolo con il corpo di Mosè, ma possiamo essere certi che aveva qualche intento malvagio. Forse voleva favorire l’uso errato dei resti di quell’uomo fedele nella falsa religione. Pur opponendosi al perfido progetto di Satana, Michele ebbe un notevole autocontrollo. Sicuramente al tempo di quella controversia Satana meritava di essere rimproverato, ma Michele, a cui non era ancora stato “interamente affidato il giudizio”, ritenne che questo spettasse solo a Geova Dio (Giovanni 5:22). In qualità di arcangelo, Michele aveva molta autorità. Ma anziché ambire ad averne ancora di più si sottomise umilmente a Geova. Oltre all’umiltà manifestò anche modestia, cioè consapevolezza dei propri limiti.

      9 Giuda fu ispirato a menzionare questo episodio per un valido motivo. Purtroppo ai suoi giorni alcuni cristiani non erano umili: con arroganza ‘parlavano in modo offensivo di tutto ciò che in realtà non capivano’ (Giuda 10). Per noi esseri umani imperfetti è facile lasciare che l’orgoglio abbia il sopravvento. Quando non comprendiamo quello che succede nella congregazione, magari una decisione presa dal corpo degli anziani, come ci comportiamo? Se cominciassimo a parlarne in tono critico, negativo, per di più non conoscendo tutti i fattori che hanno portato a quella decisione, non mostreremmo mancanza di umiltà? Imitiamo piuttosto Michele, cioè Gesù, astenendoci dall’emettere giudizi in merito a cose su cui Dio non ci ha dato autorità.

      10, 11. (a) Perché la prontezza con cui il Figlio di Dio accettò l’incarico di venire sulla terra è straordinaria? (b) Come possiamo imitare l’umiltà di Gesù?

      10 Il Figlio di Dio mostrò umiltà anche accettando l’incarico di venire sulla terra. Considerate cosa dovette lasciarsi alle spalle. Era l’arcangelo. Ed era anche “la Parola”, il portavoce di Geova (Giovanni 1:1-3). Risiedeva in cielo, l’“eccelsa dimora di santità e gloria” di Geova (Isaia 63:15). Ciò nonostante “svuotò sé stesso, assunse la forma di uno schiavo e divenne come gli uomini” (Filippesi 2:7). Pensate a cosa comportò il suo incarico terreno. La sua vita fu trasferita nel grembo di una vergine ebrea, dove si sarebbe sviluppato per nove mesi diventando un bambino. Nacque come neonato indifeso nella famiglia di un povero falegname, e dovette attraversare l’infanzia e l’adolescenza. Benché fosse perfetto, da ragazzo rimase sottomesso a genitori umani imperfetti (Luca 2:40, 51, 52). Che straordinaria umiltà!

      11 Possiamo imitare l’umiltà di Gesù accettando volentieri incarichi di servizio che a volte sembrano poco prestigiosi? L’incarico di predicare la buona notizia del Regno di Dio, ad esempio, potrebbe sembrarci così quando la gente risponde con apatia, ostilità o scherni (Matteo 28:19, 20). Tuttavia se perseveriamo in quest’opera potremmo contribuire a salvare delle vite. In ogni caso impareremo molto in quanto a umiltà e seguiremo le orme del nostro Maestro, Gesù Cristo.

      Umile come uomo

      12-14. (a) In che modo Gesù mostrò umiltà quando la gente lo lodava? (b) In che modo Gesù si dimostrò umile nei rapporti con gli altri? (c) Da cosa si capisce che l’umiltà di Gesù non era solo una questione di forma o di buone maniere?

      12 Dall’inizio alla fine il ministero terreno di Gesù fu contrassegnato dall’umiltà. Gesù mostrò questa qualità rivolgendo tutta la lode e tutta la gloria a suo Padre. A volte la gente lodava Gesù per la saggezza delle sue parole, per la potenza dei suoi miracoli, persino per la sua bontà d’animo. Gesù rifiutò sempre la gloria per sé stesso e la attribuì a Geova (Marco 10:17, 18; Giovanni 7:15, 16).

      13 Gesù mostrava umiltà nei suoi rapporti con la gente. Infatti spiegò che non era venuto sulla terra per essere servito, ma per servire gli altri (Matteo 20:28). Mostrò umiltà trattandoli in modo mite e ragionevole. Quando i suoi discepoli lo deludevano, non li rimproverava; cercava con pazienza di arrivare al loro cuore (Matteo 26:39-41). Quando le folle andavano da lui mentre cercava un po’ di riposo e di privacy, non le mandava via; continuava a spendersi per loro, insegnando loro “molte cose” (Marco 6:30-34). E quando una donna non israelita lo pregò con insistenza di sanare sua figlia, inizialmente fece capire che non intendeva farlo. Tuttavia, come vedremo nel capitolo 14, non la allontanò infastidito; osservando la straordinaria fede della donna, la accontentò (Matteo 15:22-28).

      14 In moltissimi modi Gesù si dimostrò coerente con quello che disse di sé: “Io sono mite e modesto di cuore” (Matteo 11:29). La sua non era un’umiltà di facciata, solo una questione di forma o di buone maniere. Veniva dal cuore, dal suo intimo. Non sorprende quindi che Gesù considerasse della massima importanza insegnare ai suoi discepoli a essere umili.

      Insegnò ai suoi discepoli a essere umili

      15, 16. Cosa disse Gesù in merito alla differenza che doveva esserci tra l’atteggiamento dei governanti del mondo e quello dei suoi discepoli?

      15 Gli apostoli di Gesù facevano fatica a coltivare l’umiltà, e lui cercò più volte di aiutarli. Per esempio, in un’occasione Giacomo e Giovanni tramite la madre chiesero a Gesù di promettere loro posizioni elevate nel Regno di Dio. Con modestia Gesù rispose: “Quanto a sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo; quei posti appartengono a coloro per i quali sono stati preparati dal Padre mio”. Gli altri 10 apostoli “si indignarono” contro Giacomo e Giovanni (Matteo 20:20-24). Come risolse Gesù questo problema?

      16 Li riprese tutti con gentilezza dicendo: “Voi sapete che i governanti delle nazioni le dominano e che i grandi esercitano la loro autorità su di esse. Fra voi non dev’essere così, ma chiunque vuole diventare grande fra voi dev’essere vostro servitore, e chiunque vuole essere il primo fra voi dev’essere vostro schiavo” (Matteo 20:25-27). Gli apostoli probabilmente avevano visto quanto potevano essere arroganti, ambiziosi ed egoisti “i governanti delle nazioni”. Gesù indicò che i suoi discepoli dovevano essere diversi da quei tiranni assetati di potere. Dovevano essere umili. Gli apostoli afferrarono il punto?

      17-19. (a) Quale memorabile lezione di umiltà diede Gesù agli apostoli la sera prima di morire? (b) Quale fu la più straordinaria lezione di umiltà data da Gesù come uomo?

      17 Non fu facile per loro. Non era la prima volta che Gesù dava una lezione del genere. Tempo prima, quando discutevano su chi fosse il più grande, lui aveva fatto avvicinare a loro un bambino e aveva detto che dovevano assomigliare di più ai bambini, che di solito non sono orgogliosi, ambiziosi o preoccupati di salvare la faccia come tanti adulti (Matteo 18:1-4). Eppure proprio la sera prima della sua morte Gesù vide che gli apostoli lottavano ancora contro l’orgoglio. Allora diede loro una lezione memorabile. Si mise attorno alla vita un telo e svolse il compito più umile, quello che di solito, quando c’erano ospiti, era affidato ai servi. Lavò i piedi a ciascuno degli apostoli, anche a Giuda che stava per tradirlo (Giovanni 13:1-11).

      18 Gesù li aiutò a capire il punto dicendo: “Vi ho dato l’esempio” (Giovanni 13:15). Gli apostoli misero finalmente a fuoco la lezione? Purtroppo più tardi, quella stessa sera, si misero di nuovo a discutere animatamente su chi di loro fosse il più grande (Luca 22:24-27). Gesù fu ancora paziente e ragionò umilmente con loro. Poi diede la lezione più straordinaria di tutte: “Umiliò sé stesso e divenne ubbidiente fino alla morte, la morte su un palo di tortura” (Filippesi 2:8). Fu disposto a subire una morte umiliante, condannato ingiustamente come criminale e bestemmiatore. Così il Figlio di Dio dimostrò di essere unico: fra tutte le creature di Geova, in lui l’umiltà trovò la perfetta, massima espressione.

      19 Forse fu questa lezione di umiltà, l’ultima data da Gesù come uomo, a lasciare un segno indelebile nel cuore dei suoi apostoli fedeli. La Bibbia ci dice che anni, anzi decenni dopo, quegli uomini si davano ancora umilmente da fare nell’opera. Che dire di noi?

      Seguiremo il modello lasciato da Gesù?

      20. Come facciamo a sapere se siamo modesti di cuore?

      20 Paolo ci esorta: “Abbiate lo stesso modo di pensare di Cristo Gesù” (Filippesi 2:5). Come Gesù, dobbiamo essere modesti di cuore. Come facciamo a sapere se abbiamo un cuore umile? Paolo dice: “Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma, con umiltà, considerate gli altri superiori a voi” (Filippesi 2:3). Tutto dipende quindi dal modo in cui consideriamo gli altri rispetto a noi. Dobbiamo ritenerli superiori, più importanti di noi. Metteremo in pratica questo consiglio?

      21, 22. (a) Perché i sorveglianti cristiani devono essere umili? (b) In che modo possiamo dimostrare di esserci ‘rivestiti’ di umiltà?

      21 Molti anni dopo la morte di Gesù, l’apostolo Pietro ricordava ancora quanto è importante l’umiltà. Ai sorveglianti cristiani insegnò a svolgere i loro incarichi umilmente, non spadroneggiando sulle pecore di Geova (1 Pietro 5:2, 3). Le responsabilità non ci autorizzano a essere orgogliosi. Al contrario, maggiori sono le responsabilità maggiore è il bisogno di vera umiltà (Luca 12:48). Naturalmente questa qualità non è importante solo per i sorveglianti, ma per ogni cristiano.

      22 Di certo Pietro non dimenticò mai la sera in cui Gesù gli aveva lavato i piedi nonostante lui all’inizio si opponesse (Giovanni 13:6-10). Pietro scrisse ai cristiani: “Rivestitevi tutti di umiltà nei confronti degli altri” (1 Pietro 5:5). L’espressione resa “rivestitevi” fa pensare all’azione di un servo che si mette un grembiule per compiere un lavoro umile. Potrebbe ricordarci l’occasione in cui Gesù si mise attorno alla vita un telo prima di chinarsi a lavare i piedi agli apostoli. Se imitiamo Gesù, nessun incarico affidatoci da Dio ci sembrerà troppo umile. L’umiltà del nostro cuore dovrebbe essere evidente a tutti, come se ne fossimo rivestiti.

      23, 24. (a) Perché dovremmo combattere qualsiasi tendenza a essere superbi? (b) Quale idea riguardo all’umiltà verrà sfatata nel prossimo capitolo?

      23 La superbia è un veleno. I suoi effetti possono essere devastanti. Può rendere inutile agli occhi di Geova Dio la persona più capace. L’umiltà, viceversa, può rendere anche la meno capace molto preziosa ai suoi occhi. Se coltiviamo ogni giorno questa importante qualità sforzandoci di seguire umilmente le orme di Cristo, possiamo attenderci una ricompensa meravigliosa. Pietro scrisse: “Umiliatevi, perciò, sotto la potente mano di Dio, affinché egli vi esalti a tempo debito” (1 Pietro 5:6). Geova certamente esaltò Gesù perché si era umiliato in modo così completo. Il nostro Dio sarà ugualmente felice di ricompensarci per la nostra umiltà.

      24 Purtroppo qualcuno pensa che l’umiltà sia segno di debolezza. L’esempio di Gesù ci aiuta a capire che non è così, dato che il più umile degli uomini è stato anche il più coraggioso. Di questo parleremo nel prossimo capitolo.

      a Nel descrivere questo evento un’opera di consultazione dice che gli asini “sono animali comuni”, e aggiunge: “Sono lenti, testardi, i tipici animali da lavoro dei poveri, e non sono particolarmente eleganti”.

      b Per ulteriori prove che Michele è Gesù, vedi l’articolo “Chi è l’arcangelo Michele?”, nella sezione “Bibbia: domande e risposte”, sul sito dei Testimoni di Geova, jw.org.

      Come possiamo seguire Gesù?

      • Quando siamo tentati di vantarci dei nostri successi, di che aiuto può esserci l’esempio di Gesù? (Matteo 12:15-19; Marco 7:35-37).

      • Come potremmo imitare l’esempio di Gesù svolgendo compiti umili a favore dei fratelli e delle sorelle? (Giovanni 21:1-13).

      • Come può aiutarci l’esempio di Gesù se siamo tentati di ricercare la preminenza e il successo in questo sistema di cose? (Giovanni 6:14, 15).

  • “Ecco, il Leone della tribù di Giuda”
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • CAPITOLO QUATTRO

      “Ecco, il Leone della tribù di Giuda”

      Mantenendo la calma Gesù rivela la sua identità a una folla inferocita in cui ci sono dei soldati. Gli apostoli fedeli osservano la scena da lontano.

      “Sono io”

      1-3. Quale pericolo incombe su Gesù, e qual è la sua reazione?

      UNA FOLLA inferocita è a caccia di Gesù. Gli uomini armati di spade e bastoni, accompagnati dai soldati, formano un gruppo numeroso. Come mossi da un unico intento malvagio, percorrono le vie buie di Gerusalemme, attraversano la Valle del Chidron e salgono sul Monte degli Ulivi. È una notte di luna piena, eppure hanno torce e lampade. Forse perché la luna è coperta dalle nuvole? O magari si aspettano che la loro preda si nasconda nel buio? Una cosa è certa: chi pensa che Gesù si spaventerà non lo conosce.

      2 Gesù si rende conto del pericolo imminente. Eppure rimane ad aspettare. La folla si avvicina, guidata da Giuda, un tempo un amico fidato. Giuda tradisce spudoratamente Gesù, indicando quello che era stato il suo maestro con un saluto ipocrita e un bacio. Ma Gesù non si scompone. Si fa avanti e chiede: “Chi cercate?” Gli rispondono: “Gesù il Nazareno”.

      3 Chiunque sarebbe indietreggiato dalla paura di fronte a quella folla armata. Forse questo è quello che la folla si aspetta dall’uomo che ha davanti. Ma Gesù non si nasconde, non scappa, non dice di getto una bugia. Dice semplicemente: “Sono io”. È così calmo, così coraggioso, che gli uomini rimangono sbalorditi; ‘indietreggiano e cadono a terra’ (Giovanni 18:1-6; Matteo 26:45-50; Marco 14:41-46).

      4-6. (a) A cosa viene paragonato il Figlio di Dio, e perché? (b) In quali tre modi Gesù mostrò coraggio?

      4 Cosa aiutò Gesù ad affrontare un pericolo così serio senza perdere la calma e l’autocontrollo? Il coraggio. Poche qualità sono più ammirate e ricercate in un leader, e nessun uomo ha mai uguagliato e tanto meno superato Gesù in questo. Nel capitolo precedente abbiamo visto quanto era umile e mite. Giustamente fu definito “l’Agnello” (Giovanni 1:29). Tuttavia il suo coraggio richiama un’immagine ben diversa. Del Figlio di Dio la Bibbia dice: “Ecco, il Leone della tribù di Giuda” (Rivelazione 5:5).

      5 Il leone è spesso associato al coraggio. Vi siete mai trovati davanti a un leone? Se sì, molto probabilmente eravate al sicuro, forse protetti dalle sbarre di una gabbia in uno zoo. In ogni caso vedere un leone può incutere timore. Se provaste a sostenere lo sguardo di questo grosso e possente animale, difficilmente pensereste che il leone possa fuggire per la paura. La Bibbia descrive il leone come “il più forte tra gli animali, che non indietreggia davanti a nessuno” (Proverbi 30:30). Tale è il coraggio di Gesù Cristo.

      6 Vediamo tre modi in cui Gesù mostrò un simile coraggio: difese la verità, sostenne la giustizia e affrontò l’opposizione. Vedremo pure che tutti noi, coraggiosi per natura o no, possiamo imitare Gesù e mostrare coraggio.

      Difese coraggiosamente la verità

      7-9. (a) Cosa accadde quando Gesù aveva 12 anni, e secondo voi perché quella situazione poteva metterlo in soggezione? (b) In che modo Gesù mostrò coraggio di fronte ai maestri nel tempio?

      7 In un mondo governato da Satana, che è “padre della menzogna”, spesso ci vuole coraggio per difendere la verità (Giovanni 8:44; 14:30). Gesù non aspettò di essere adulto per farlo. Quando aveva 12 anni, dopo la Festa della Pasqua, rimase a Gerusalemme senza i genitori. Per tre giorni Maria e Giuseppe lo cercarono dappertutto. Infine lo trovarono nel tempio. E cosa faceva lì? Era “seduto in mezzo ai maestri, intento ad ascoltarli e a far loro domande” (Luca 2:41-50). Analizziamo quello che stava accadendo.

      8 Secondo gli storici alcuni dei più eminenti capi religiosi erano soliti trattenersi nell’area del tempio dopo le feste e insegnare presso uno dei porticati. La gente sedeva ai loro piedi per ascoltare e fare domande. Quei maestri erano uomini dotti. Conoscevano a menadito sia la Legge mosaica che le infinitamente complesse leggi e tradizioni umane aggiunte nel corso degli anni. Stare seduti in mezzo a loro non vi avrebbe messo in soggezione? Molto probabilmente sì. Pensate poi se aveste avuto solo 12 anni. Molti ragazzi sono timidi (Geremia 1:6). Alcuni a scuola cercano disperatamente di non attirare l’attenzione degli insegnanti; hanno paura di essere interrogati, paura di essere al centro dell’attenzione, paura di essere messi in imbarazzo o in ridicolo.

      9 Eppure qui troviamo Gesù, seduto in mezzo a quei dotti, che senza alcun timore fa domande interessanti. E fa ancora di più. Leggiamo che “tutti quelli che lo ascoltavano erano pieni di stupore per la sua comprensione delle cose e le sue risposte” (Luca 2:47). La Bibbia non spiega cosa disse in quell’occasione, ma possiamo star certi che non ripeté a pappagallo le falsità propinate da quegli insegnanti religiosi (1 Pietro 2:22). Sostenne la verità della Parola di Dio, e i presenti rimasero sicuramente sbalorditi vedendo un ragazzino di 12 anni esprimersi con tanto acume e coraggio.

      Una giovane sorella mostra il libro “Esiste un Creatore che si interessa di noi?” alla sua insegnante.

      Molti ragazzi cristiani parlano con coraggio della loro fede

      10. In che modo oggi i ragazzi cristiani imitano il coraggio di Gesù?

      10 Oggi moltissimi ragazzi cristiani seguono le orme di Gesù. È vero, non sono perfetti come lo era Gesù. Ma come lui non aspettano di diventare adulti per difendere la verità. A scuola e nel vicinato fanno con tatto domande, ascoltano e parlano rispettosamente della verità (1 Pietro 3:15). Così sono riusciti ad aiutare compagni, insegnanti e vicini a diventare discepoli di Cristo. Quanto deve piacere a Geova il loro coraggio! La sua Parola paragona questi ragazzi a gocce di rugiada, rinfrescanti, piacevoli e numerose (Salmo 110:3).

      11, 12. Da adulto in che modo Gesù mostrò coraggio nel sostenere la verità?

      11 Da adulto, Gesù mostrò più volte coraggio nel difendere la verità. Infatti il suo ministero iniziò con un confronto che molti definirebbero terrificante. Non da potente arcangelo, ma da semplice uomo, Gesù dovette affrontare Satana, il più terribile e pericoloso di tutti i nemici di Geova. Gesù respinse Satana e confutò la sua interpretazione distorta delle Scritture ispirate. E concluse l’incontro ordinando con coraggio: “Va’ via, Satana!” (Matteo 4:2-11).

      12 È questa la linea che Gesù seguì nel suo ministero, difendendo con coraggio la Parola di suo Padre dai tentativi di torcerla o farne cattivo uso. A quel tempo una simile disonestà in campo religioso era fin troppo comune, proprio come oggi. Ai capi religiosi dei suoi giorni Gesù disse: “Con la tradizione che avete tramandato rendete la parola di Dio senza valore” (Marco 7:13). Quegli uomini erano riveriti dalla gente, ma Gesù non ebbe paura di definirli ipocriti e guide cieche (Matteo 23:13, 16).a Come possiamo imitare sotto questo aspetto il coraggio di Gesù?

      13. Nell’imitare Gesù di cosa siamo consapevoli, ma quale privilegio abbiamo?

      13 Naturalmente siamo consapevoli di non avere né la capacità di Gesù di leggere i cuori né la sua autorità di giudicare. Tuttavia possiamo imitarlo nel difendere con coraggio la verità. Per esempio, smascherando gli insegnamenti religiosi falsi — le menzogne così spesso insegnate riguardo a Dio, al suo proposito e alla sua Parola — illuminiamo un mondo ottenebrato dalla propaganda di Satana (Matteo 5:14; Rivelazione 12:9, 10). Contribuiamo a liberare le persone dalla schiavitù di dottrine false che riempiono il loro cuore di paura morbosa e avvelenano la loro relazione con Dio. Che privilegio vedere realizzarsi la promessa di Gesù: “La verità vi renderà liberi”! (Giovanni 8:32).

      Sostenne coraggiosamente la giustizia

      14, 15. (a) Qual è uno dei modi in cui Gesù fece sapere “cos’è la giustizia”? (b) Quali pregiudizi ignorò Gesù parlando con una samaritana?

      14 Le profezie della Bibbia avevano predetto che il Messia avrebbe fatto sapere alle nazioni “cos’è la giustizia” (Matteo 12:18; Isaia 42:1). Gesù in effetti cominciò a farlo quando era sulla terra. Con grande coraggio si mostrò sempre giusto e imparziale nei rapporti con la gente. Rifiutò, per esempio, di farsi influenzare dal pregiudizio e dal fanatismo molto comuni ai suoi tempi, ma contrari alle Scritture.

      15 Quando parlò a una samaritana presso un pozzo vicino a Sichar, i discepoli rimasero sorpresi. Perché? A quel tempo gli ebrei in generale detestavano i samaritani; questo odio risaliva a molti anni prima (Esdra 4:4). Inoltre alcuni rabbi consideravano le donne inferiori agli uomini. E regole rabbiniche, in seguito messe per iscritto, sconsigliavano agli uomini di conversare con le donne; insinuavano perfino che le donne erano indegne di essere istruite intorno alla Legge di Dio. Le samaritane in particolare erano considerate impure. Gesù ignorò questi ingiusti pregiudizi e si mise a insegnare apertamente alla samaritana (che per di più aveva una vita immorale), rivelandole perfino di essere il Messia (Giovanni 4:5-27).

      16. Perché i cristiani devono avere il coraggio di essere diversi e vincere il pregiudizio?

      16 Vi è mai capitato di trovarvi in compagnia di persone che nutrono assurdi pregiudizi? Forse fanno battute pesanti su persone di un’altra razza o nazionalità, denigrano le persone dell’altro sesso o disprezzano quelle che hanno una condizione sociale o economica diversa. I discepoli di Cristo non condividono questa assurda mentalità e si sforzano di sradicare ogni traccia di pregiudizio dal proprio cuore (Atti 10:34). Ciascuno di noi deve sviluppare il coraggio di essere imparziale.

      17. Quali azioni compì Gesù nel tempio, e perché?

      17 Il coraggio inoltre spinse Gesù a lottare per la purezza del popolo di Dio e a favore della pura adorazione. All’inizio del suo ministero rimase sconcertato quando vide nel tempio a Gerusalemme mercanti e cambiamonete che facevano affari. Pieno di giusta indignazione, Gesù scacciò da lì quegli uomini avidi con le loro mercanzie (Giovanni 2:13-17). Poi, verso la fine del suo ministero, compì un’azione simile (Marco 11:15-18). In questo modo si fece sicuramente dei nemici potenti, ma non esitò. Perché? Sin da ragazzo aveva detto che il tempio era la casa di suo Padre, e per lui era davvero così (Luca 2:49). Contaminare la pura adorazione che vi si svolgeva era un’ingiustizia che non poteva tollerare. Lo zelo gli diede il coraggio di fare quello che era necessario.

      18. In che modo oggi i cristiani mostrano coraggio per salvaguardare la purezza della congregazione?

      18 Anche oggi i discepoli di Gesù hanno a cuore la purezza del popolo di Dio e la pura adorazione. Se vedono che un altro cristiano è implicato in una trasgressione grave, non fanno finta di niente. Si fanno coraggio e parlano (1 Corinti 1:11). Si accertano che gli anziani della congregazione siano informati. Gli anziani possono aiutare coloro che sono malati spiritualmente e possono anche intervenire per proteggere la purezza delle pecore di Geova (Giacomo 5:14, 15).

      19, 20. (a) Quali ingiustizie erano evidenti ai giorni di Gesù, e quali pressioni vennero esercitate su di lui? (b) Perché i discepoli di Cristo non vogliono avere niente a che fare con la politica e la violenza, e qual è un modo in cui vengono ricompensati per la loro neutralità?

      19 Dovremmo concludere che Gesù combatteva l’ingiustizia sociale dilagante nel mondo? Certamente tutto intorno a lui c’erano ingiustizie. Il suo paese era occupato da una potenza straniera. I romani opprimevano gli ebrei con una massiccia presenza militare, imponevano loro pesanti tasse e si intromettevano persino nelle loro usanze religiose. Non sorprende che molti suoi contemporanei volessero che Gesù si impegnasse in politica (Giovanni 6:14, 15). Lui dovette mostrare coraggio anche in questo.

      20 Gesù spiegò che il suo Regno non faceva parte del mondo. Con l’esempio, insegnò ai suoi discepoli a non intromettersi nelle battaglie politiche e a concentrarsi invece sulla predicazione della buona notizia del Regno di Dio (Giovanni 17:16; 18:36). Quando quella folla inferocita venne ad arrestarlo, lui diede una chiara lezione di neutralità. Pietro passò all’azione, brandendo impulsivamente la spada e ferendo un uomo. La reazione di Pietro è comprensibile. Mai come quella notte, mentre l’innocente Figlio di Dio veniva attaccato, la violenza poteva sembrare giustificata. Ma Gesù in quell’occasione stabilì il modello che i suoi discepoli sulla terra avrebbero dovuto seguire, modello tuttora valido. Disse: “Rimetti la spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada moriranno di spada” (Matteo 26:51-54). I discepoli di Cristo di allora dovettero sicuramente avere coraggio per rimanere pacifici, e vale lo stesso oggi. Grazie alla loro neutralità cristiana, i servitori di Dio sono conosciuti per la loro completa estraneità agli innumerevoli conflitti, genocidi, tumulti e atti di violenza dei nostri giorni. La loro eccellente reputazione è una ricompensa per il coraggio mostrato.

      Affrontò coraggiosamente l’opposizione

      21, 22. (a) Quale aiuto ricevette Gesù prima di affrontare la sua prova più dura? (b) In che modo si mostrò coraggioso sino alla fine?

      21 Il Figlio di Geova sapeva bene che qui sulla terra avrebbe dovuto affrontare una forte opposizione (Isaia 50:4-7). Più volte subì minacce di morte, fino a quella descritta all’inizio di questo capitolo. Come fece Gesù a non perdersi di coraggio di fronte al pericolo? Prima che la folla venisse ad arrestarlo aveva pregato intensamente Geova. E Geova cosa aveva fatto? La Bibbia ci dice che Gesù era stato “ascoltato” (Ebrei 5:7). Geova aveva mandato un angelo dal cielo a rafforzare il suo coraggioso Figlio (Luca 22:42, 43).

      22 Poco dopo essere stato rafforzato, Gesù disse agli apostoli: “Alzatevi, andiamo” (Matteo 26:46). Pensate al coraggio racchiuso in queste parole. Lui disse “andiamo” sapendo che avrebbe chiesto a quella folla inferocita di risparmiare i suoi amici, sapendo che questi l’avrebbero abbandonato e sarebbero fuggiti, e sapendo che avrebbe dovuto affrontare da solo la prova più dura della sua vita. Solo, affrontò un processo illegale e ingiusto, gli scherni, la tortura e una morte straziante. Nonostante tutto questo non si perse mai d’animo.

      23. Spiegate perché nell’affrontare il pericolo e la minaccia di morte Gesù non può essere definito temerario.

      23 Gesù era forse un temerario? No, essere temerari non ha niente a che fare con il vero coraggio. Infatti Gesù insegnò ai suoi discepoli a essere cauti, a evitare prudentemente il pericolo per continuare a fare la volontà di Dio (Matteo 4:12; 10:16). In questo caso, però, sapeva che non doveva assolutamente tirarsi indietro. Sapeva qual era la volontà di Dio. Gesù era determinato a mantenere l’integrità, quindi l’unico modo era andare avanti, affrontare la prova.

      Tre fratelli con le uniformi carcerarie che con decisione hanno sopportato la persecuzione nella Germania nazista.

      I Testimoni di Geova hanno mostrato coraggio nonostante la persecuzione

      24. Perché possiamo essere certi che avremo il coraggio necessario per affrontare qualunque prova?

      24 Quante volte i discepoli di Gesù hanno seguito coraggiosamente le sue orme! Molti sono rimasti saldi nonostante scherni, persecuzione, arresti, prigionia, tortura e persino la morte. Ma dove trovano questo coraggio degli esseri umani imperfetti? Non è qualcosa di innato. I discepoli di Gesù ricevono aiuto da Dio, proprio come lo ricevette lui (Filippesi 4:13). Quindi non temiamo quello che può riservarci il futuro. Siamo determinati a mantenere l’integrità, e Geova ci darà il coraggio necessario. Continuiamo a trarre forza dall’esempio del nostro leader, Gesù, che disse: “Fatevi coraggio! Io ho vinto il mondo” (Giovanni 16:33).

      a Alcuni storici hanno osservato che le tombe dei rabbi erano venerate proprio come quelle dei profeti e dei patriarchi.

      Come possiamo seguire Gesù?

      • In che modo l’esempio di Gesù può aiutarci a parlare con coraggio, anche se la gente è infastidita dalle verità che diciamo? (Giovanni 8:31-59).

      • Perché non dovremmo mai permettere che il timore morboso di Satana o dei demòni ci impedisca di aiutare altri? (Matteo 8:28-34; Marco 1:23-28).

      • Perché dovremmo essere disposti a rischiare la persecuzione per mostrare compassione agli oppressi? (Giovanni 9:1, 6, 7, 22-41).

      • In che modo la speranza per il futuro aiutò Gesù ad affrontare le prove, e perché la speranza che abbiamo ci può infondere coraggio? (Giovanni 16:28; 17:5; Ebrei 12:2).

  • “Tutti i tesori della sapienza”
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • CAPITOLO CINQUE

      “Tutti i tesori della sapienza”

      1-3. Qual è il contesto del discorso che Gesù pronuncia nella primavera del 31 E.V., e perché i presenti sono stupiti?

      È UN giorno di primavera del 31 E.V. Gesù si trova nei pressi di Capernaum, città piena di vita sulla riva nord-occidentale del Mar di Galilea. Tutta la notte è rimasto a pregare da solo su un monte vicino. Al mattino raduna i discepoli e ne sceglie 12, che chiama apostoli. Nel frattempo grandi folle lo hanno raggiunto, anche da lontano, e si sono radunate in un luogo pianeggiante alle pendici del monte. Tutti sono ansiosi di sentire cosa ha da dire e di essere guariti dalle loro malattie. Gesù non li delude (Luca 6:12-19).

      2 Gesù si avvicina alla folla e guarisce tutti quelli che stanno male. Infine, quando non c’è più nessuno che soffre a causa di una grave infermità, si siede e comincia a insegnare.a Quello che dice quel giorno di primavera di sicuro sorprende i presenti: non hanno mai sentito nessuno insegnare come lui. A sostegno dei suoi insegnamenti non menziona tradizioni orali o rabbi famosi. Piuttosto cita ripetutamente le ispirate Scritture Ebraiche. Il messaggio è diretto, le parole sono semplici, il significato è chiaro. Quando termina, le folle sono stupite. Ma d’altronde, come non esserlo? Hanno appena ascoltato l’uomo più saggio che sia mai esistito! (Matteo 7:28, 29).

      Gesù pronuncia il Discorso della Montagna davanti a una grande folla.

      “Le folle erano stupite del suo modo d’insegnare”

      3 Quel discorso è riportato nella Parola di Dio, insieme a molte altre cose che Gesù disse e fece. Facciamo bene ad approfondire quello che la Bibbia dice di Gesù, perché in lui troviamo “tutti i tesori della sapienza” (Colossesi 2:3). Da dove traeva una tale sapienza, cioè la capacità di mettere in pratica conoscenza e intendimento? Come dimostrò di avere sapienza, e come possiamo seguire il suo esempio?

      “Come fa quest’uomo ad avere una tale sapienza?”

      4. Cosa si chiedevano gli ascoltatori di Gesù a Nazaret, e perché?

      4 Durante uno dei viaggi che fece per predicare, Gesù andò a Nazaret, dove era cresciuto, e lì cominciò a insegnare nella sinagoga. Molti si chiedevano meravigliati: “Come fa quest’uomo ad avere una tale sapienza?” Conoscevano la sua famiglia, i suoi genitori e i suoi fratelli, e sapevano che erano di umili origini (Matteo 13:54-56; Marco 6:1-3). Inoltre senza dubbio sapevano che quel falegname così eloquente non aveva frequentato nessuna prestigiosa scuola rabbinica (Giovanni 7:15). Era logico che si facessero quella domanda.

      5. Cosa disse Gesù in merito all’origine della sua sapienza, da dove proveniva?

      5 La sapienza che aveva Gesù non era semplicemente frutto della sua mente perfetta. In un’occasione, mentre svolgeva il suo ministero insegnando pubblicamente nel tempio, Gesù rivelò che la sua sapienza proveniva da una fonte ben superiore. “Quello che insegno non è mio”, disse, “ma di colui che mi ha mandato” (Giovanni 7:16). Era il Padre, che l’aveva mandato, la vera Fonte della sapienza di Gesù (Giovanni 12:49). Ma in che modo il Figlio ricevette sapienza da Geova?

      6, 7. In quali modi Gesù ricevette sapienza da suo Padre?

      6 Lo spirito santo di Geova agiva sul cuore e sulla mente di Gesù. Riguardo al Messia promesso, Isaia aveva predetto: “Su di lui si poserà lo spirito di Geova, lo spirito di sapienza e di intendimento, lo spirito di consiglio e di potenza, lo spirito di conoscenza e del timore di Geova” (Isaia 11:2). Dato che era lo spirito di Geova a guidare i suoi pensieri e le sue decisioni, non c’è da meravigliarsi che le parole e le azioni di Gesù rispecchiassero la superlativa sapienza di Dio.

      7 Gesù acquisì sapienza dal Padre in un altro modo importante. Come abbiamo visto nel capitolo 2, durante la sua vita preumana, per incalcolabili ere, Gesù ebbe l’opportunità di fare propri i pensieri del Padre. Non possiamo immaginare neanche lontanamente quanto è profonda la sapienza che il Figlio acquisì stando accanto al Padre, collaborando con lui quale “artefice” nella creazione di ogni altra cosa, animata e inanimata. Per questa ragione il Figlio nella sua esistenza preumana viene descritto come la sapienza personificata (Proverbi 8:22-31; Colossesi 1:15, 16). Durante tutto il suo ministero poté attingere alla sapienza che aveva acquisito mentre era in cielo accanto al Padre (Giovanni 8:26, 28, 38).b Perciò non ci sorprendono affatto la vasta conoscenza, il profondo intendimento e l’acuto discernimento che Gesù rivelò in tutto quello che disse e fece.

      8. Quali discepoli di Gesù, come possiamo ottenere sapienza?

      8 Quali discepoli di Gesù, anche noi dobbiamo ricercare la sapienza che viene da Geova (Proverbi 2:6). Certo Geova non ce la impartisce miracolosamente. Tuttavia esaudisce le nostre sentite preghiere dandoci la sapienza necessaria per affrontare con successo i problemi della vita (Giacomo 1:5). Ottenere questa sapienza richiede molto impegno. Dobbiamo continuare a ricercarla “come i tesori nascosti” (Proverbi 2:1-6). Dobbiamo continuare a scavare a fondo nella Parola di Dio, dove si trova la sua sapienza, e mettere in pratica nella nostra vita quello che impariamo. In particolare l’esempio del Figlio di Geova ci aiuta ad acquistare sapienza. Prendiamo in esame diversi campi in cui Gesù manifestò sapienza, e vediamo come possiamo imitarlo.

      Parole di sapienza

      Un fratello legge la Bibbia. Aperte sulla scrivania ci sono varie pubblicazioni basate sulla Bibbia.

      La Bibbia rivela la sapienza di Dio

      9. Cosa rendeva così saggi gli insegnamenti di Gesù?

      9 La gente accorreva numerosa solo per sentir parlare Gesù (Marco 6:31-34; Luca 5:1-3). Questo non sorprende perché dalla sua bocca uscivano parole di ineguagliabile sapienza. I suoi insegnamenti rispecchiavano una profonda conoscenza della Parola di Dio e una straordinaria capacità di arrivare al nocciolo della questione. Sono insegnamenti universali e la loro validità è senza tempo. Vediamo alcuni esempi della sapienza evidente nelle parole di Gesù, il predetto “Consigliere meraviglioso” (Isaia 9:6).

      10. Quali qualità positive Gesù ci esorta a coltivare, e perché?

      10 Il Discorso della Montagna, menzionato all’inizio, è la più vasta raccolta di insegnamenti di Gesù non interrotta da narrazione o da interventi di altri. In questo discorso Gesù non si limita a dare consigli su come parlare e agire. I suoi consigli vanno ben oltre. Consapevole del fatto che parole e azioni sono il risultato di pensieri e sentimenti, Gesù ci esorta a desiderare e a coltivare nella mente e nel cuore qualità positive come mitezza, giustizia, misericordia, pace e amore per il prossimo (Matteo 5:5-9, 43-48). Man mano che coltiviamo queste qualità nel cuore, le nostre parole e le nostre azioni saranno piacevoli; e non piaceranno solo a Geova, favoriranno anche buoni rapporti con gli altri (Matteo 5:16).

      11. Perché si può dire che i consigli che dà Gesù riguardo ai comportamenti peccaminosi vanno alla radice del problema?

      11 I consigli che dà Gesù riguardo ai comportamenti peccaminosi vanno alla radice del problema. Non ci dice semplicemente di evitare azioni violente, piuttosto ci avverte di non covare odio nel cuore (Matteo 5:21, 22; 1 Giovanni 3:15). Non si limita a vietare l’adulterio, ma mette in guardia dalla passione che nasce nel cuore e porta al tradimento. Ci esorta a non permettere che i nostri occhi stimolino desideri sbagliati e concupiscenza (Matteo 5:27-30). Gesù si concentra sulle cause, non semplicemente sui sintomi. Evidenzia gli atteggiamenti e i desideri che sono all’origine delle azioni peccaminose (Salmo 7:14).

      12. Come considerano i consigli di Gesù i suoi discepoli, e perché?

      12 Quanta sapienza c’è nelle parole di Gesù! È naturale che le folle fossero “stupite del suo modo d’insegnare” (Matteo 7:28). Come discepoli di Gesù, facciamo dei suoi saggi consigli il nostro stile di vita. Cerchiamo di coltivare le qualità positive che lui ha promosso, come la misericordia, la pace e l’amore, perché in questo modo riusciremo ad avere comportamenti che Dio approva. Ci sforziamo di sradicare dal nostro cuore i sentimenti e i pensieri sbagliati da cui ci ha messo in guardia, come ira e desideri immorali, perché questo ci permetterà di evitare comportamenti peccaminosi (Giacomo 1:14, 15).

      Una vita guidata dalla sapienza

      13, 14. Cosa dimostra che Gesù scelse in modo saggio come vivere la propria vita?

      13 Gesù manifestava sapienza non solo in quello che diceva, ma anche in quello che faceva. Le sue decisioni, il concetto che aveva di sé e i suoi rapporti con gli altri, ogni aspetto della sua vita, denotavano sapienza in tutte le sue sfaccettature. Vediamo alcuni esempi di come Gesù rese evidenti nella sua vita “la saggezza e la capacità di riflettere” (Proverbi 3:21).

      14 La sapienza permette di fare scelte sagge. Gesù scelse in modo saggio come vivere la propria vita. Riuscite a immaginare tutto quello che avrebbe potuto fare, la casa che avrebbe potuto costruirsi e il successo che avrebbe potuto raggiungere a livello politico o commerciale? Gesù sapeva che una vita incentrata su questi obiettivi “è vanità e un correre dietro al vento” (Ecclesiaste 4:4; 5:10). Un comportamento del genere denota stoltezza, l’esatto opposto della sapienza. Gesù scelse una vita semplice. Non gli interessava fare soldi o accumulare beni materiali (Matteo 8:20). Pensandola così, si concentrò su un unico obiettivo: fare la volontà di Dio (Matteo 6:22). Saggiamente Gesù dedicò tempo ed energie agli interessi del Regno, che sono di gran lunga più importanti e gratificanti delle cose materiali (Matteo 6:19-21). In questo modo diede un esempio da imitare.

      15. In che modo i discepoli di Gesù possono dimostrare di avere l’occhio concentrato sugli interessi del Regno, e perché questa è la cosa più saggia da fare?

      15 Oggi i discepoli di Gesù capiscono quanto è saggio tenere l’occhio concentrato sugli interessi del Regno. Perciò evitano di addossarsi il peso di debiti inutili e di dedicarsi ad attività secolari che richiedono troppa attenzione ed energie (1 Timoteo 6:9, 10). Molti hanno semplificato la propria vita per poter dedicare più tempo al ministero, magari impegnandosi nel servizio a tempo pieno. Non avrebbero potuto fare una scelta più saggia, perché la massima felicità e la soddisfazione più grande derivano dal mettere gli interessi del Regno al primo posto (Matteo 6:33).

      16, 17. (a) In quali modi Gesù si dimostrò modesto e realista in quello che si aspettava da sé stesso? (b) Come possiamo dimostrare di essere modesti e realisti in quello che ci aspettiamo da noi stessi?

      16 La Bibbia associa la sapienza alla modestia, che include la consapevolezza dei propri limiti (Proverbi 11:2). Gesù fu modesto e realista in quello che richiedeva da sé stesso. Sapeva che non avrebbe convertito tutti quelli che avrebbero ascoltato il suo messaggio (Matteo 10:32-39). Si rendeva pure conto che c’era un limite al numero di persone che avrebbe potuto raggiungere. Perciò affidò saggiamente ai suoi discepoli l’opera di predicare e fare altri discepoli (Matteo 28:18-20). Riconobbe modestamente che avrebbero compiuto “opere più grandi” delle sue, perché avrebbero raggiunto più persone, in una zona più vasta e per un periodo di tempo più lungo (Giovanni 14:12). Gesù inoltre ammise di avere anche lui bisogno di aiuto. Degli angeli andarono a servirlo nel deserto e un angelo andò a rafforzarlo nel Getsemani, e lui accettò il loro aiuto. Nel momento più critico, il Figlio di Dio chiese aiuto “con forti grida” (Matteo 4:11; Luca 22:43; Ebrei 5:7).

      17 Anche noi dobbiamo essere modesti e realisti in quello che ci aspettiamo da noi stessi. Di certo vogliamo darci da fare con tutta l’anima e fare ogni sforzo per predicare e fare discepoli (Luca 13:24; Colossesi 3:23). Al tempo stesso dobbiamo ricordare che Geova non ci paragona l’uno con l’altro, e non dovremmo farlo neanche noi (Galati 6:4). La saggezza ci aiuterà a porci mete realistiche secondo le nostre capacità e circostanze. Inoltre la sapienza spingerà chi ha incarichi di responsabilità ad ammettere di avere dei limiti e di avere ogni tanto bisogno di aiuto e di incoraggiamento. Con modestia accetteranno di buon grado l’aiuto degli altri, riconoscendo che Geova può usare un compagno di fede come “fonte di grande conforto” (Colossesi 4:11).

      18, 19. (a) Cosa indica che Gesù era sia ragionevole che positivo nei confronti dei discepoli? (b) Perché è importante essere positivi e ragionevoli nei nostri rapporti con gli altri, e come possiamo farlo?

      18 In Giacomo 3:17 leggiamo che “la sapienza che viene dall’alto è [...] ragionevole”. Gesù fu ragionevole e positivo nei rapporti con i suoi discepoli. Si rendeva conto dei difetti che avevano, eppure cercava il buono in loro (Giovanni 1:47). Sapeva che la notte del suo arresto lo avrebbero abbandonato, ma non dubitò della loro lealtà (Matteo 26:31-35; Luca 22:28-30). Pietro negò tre volte persino di conoscerlo. Eppure Gesù pregò a favore di Pietro ed espresse fiducia nel fatto che sarebbe rimasto fedele (Luca 22:31-34). La sera prima di morire, pregando il Padre, non mise in risalto gli errori che avevano fatto i discepoli, anzi parlò in modo positivo di come si erano comportati fino a quella sera, dicendo: “Hanno ubbidito alla tua parola” (Giovanni 17:6). Nonostante i difetti che avevano, affidò loro l’opera di predicare la buona notizia del Regno e fare discepoli (Matteo 28:19, 20). Dando loro fiducia, senza dubbio li rafforzò per l’opera che dovevano svolgere.

      19 I discepoli di Gesù fanno bene a imitare il suo esempio sotto questo aspetto. Se il perfetto Figlio di Dio era paziente con i suoi imperfetti discepoli, quanto più noi esseri umani peccatori dovremmo essere ragionevoli nei nostri rapporti con gli altri (Filippesi 4:5). Anziché concentrarci sulle mancanze dei nostri compagni di fede, facciamo bene a cercare quello che c’è di buono in loro. È saggio ricordare che Geova li ha attirati a sé (Giovanni 6:44). Sicuramente vede qualcosa di buono in loro, e lo stesso dovremmo fare noi. Essendo positivi non solo riusciremo a ‘passare sopra alle offese’, ma troveremo anche motivi per cui lodare gli altri (Proverbi 19:11). Esprimendo fiducia nei fratelli e nelle sorelle, li aiuteremo a fare del loro meglio e a provare gioia nel servire Geova (1 Tessalonicesi 5:11).

      20. Come dovremmo usare l’inesauribile sapienza che si trova nei Vangeli, e perché?

      20 Le informazioni che troviamo nei Vangeli sulla vita e il ministero di Gesù sono un’inesauribile fonte di sapienza. Come dovremmo usare questo dono di inestimabile valore? Nella conclusione del Discorso della Montagna Gesù esortò gli ascoltatori non solo ad ascoltare le sue sagge parole, ma anche a metterle in pratica (Matteo 7:24-27). Plasmando i nostri pensieri, i nostri motivi e le nostre azioni secondo il modello delle sagge parole e azioni di Gesù avremo la miglior vita possibile ora e rimarremo sulla strada che conduce alla vita eterna (Matteo 7:13, 14). Sicuramente non c’è via migliore o più saggia da seguire!

      a Il discorso che Gesù pronunciò quel giorno è chiamato Discorso della Montagna. In Matteo 5:3–7:27 questo discorso è racchiuso in 107 versetti, e per pronunciarlo probabilmente ci saranno voluti solo una ventina di minuti.

      b A quanto pare, quando “i cieli si aprirono” al momento del suo battesimo, Gesù fu in grado di ricordare la sua vita preumana (Matteo 3:13-17).

      Come possiamo seguire Gesù?

      • Qual è la cosa più saggia da fare se ci accorgiamo di aver offeso un compagno di fede? (Matteo 5:23, 24).

      • Se veniamo insultati o provocati, in che modo le parole di Gesù potrebbero aiutarci a reagire in maniera saggia? (Matteo 5:38-42).

      • Perché riflettere sulle parole di Gesù può aiutarci ad avere una veduta equilibrata del denaro e dei beni materiali? (Matteo 6:24-34).

      • Nello stabilire la nostra scala di valori, in che modo seguire l’esempio di Gesù può aiutarci a prendere decisioni sagge? (Luca 4:43; Giovanni 4:34).

  • “Imparò l’ubbidienza”
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • CAPITOLO SEI

      “Imparò l’ubbidienza”

      1, 2. Perché un padre amorevole è contento vedendo che suo figlio gli ubbidisce, e in che modo i suoi sentimenti rispecchiano quelli di Geova?

      IL PAPÀ guarda dalla finestra e osserva suo figlio che gioca con degli amichetti. La palla rimbalza fuori dal cortile e finisce in strada. Il bambino la segue con lo sguardo. Uno dei suoi amici lo incita a correre in strada a prenderla, ma lui scuote la testa e dice: “No, non posso”. Il padre sorride fra sé.

      2 Perché il padre è contento? Perché ha insegnato al figlio a non uscire in strada da solo. Vedendo che il bambino ubbidisce pur non sapendo di essere osservato, il padre capisce che suo figlio sta imparando a essere ubbidiente e di conseguenza corre meno pericoli. Quel padre prova gli stessi sentimenti del nostro Padre celeste. Geova Dio sa che dobbiamo imparare a confidare in lui e a ubbidirgli se vogliamo rimanere fedeli e godere del meraviglioso futuro che ha in serbo per noi (Proverbi 3:5, 6). Per questo ci ha mandato il migliore insegnante di tutti.

      3, 4. In che modo Gesù “imparò l’ubbidienza” e fu “reso perfetto”? Fate un esempio.

      3 La Bibbia dice qualcosa di sorprendente riguardo a Gesù: “Nonostante fosse figlio, imparò l’ubbidienza da ciò che soffrì. E, dopo essere stato reso perfetto, è diventato causa di salvezza eterna per tutti quelli che gli ubbidiscono” (Ebrei 5:8, 9). Questo Figlio primogenito era esistito in cielo per incalcolabili ere. Era presente quando Satana e gli altri angeli ribelli disubbidirono, ma non si unì mai a loro. Profeticamente si applicano a lui le seguenti parole: “Io non sono stato ribelle” (Isaia 50:5). Allora come mai si poté dire che questo Figlio perfettamente ubbidiente “imparò l’ubbidienza”? Come poteva una creatura già perfetta essere ‘resa perfetta’?

      4 Facciamo un esempio. Un soldato ha una spada di ferro. Anche se non è mai stata collaudata in battaglia, è ben fatta e forgiata alla perfezione. Il soldato però la scambia con una spada di acciaio temprato, più resistente, che è già stata usata con successo. Similmente l’ubbidienza che Gesù aveva dimostrato prima di venire sulla terra era impeccabile. Dopo, però, la sua ubbidienza era di una qualità del tutto diversa: era stata per così dire collaudata, temprata da prove che Gesù non avrebbe mai incontrato in cielo.

      5. Perché l’ubbidienza di Gesù era così importante, e cosa prenderemo in esame in questo capitolo?

      5 Per compiere la sua missione sulla terra Gesù doveva essere ubbidiente. Quale “ultimo Adamo”, venne a fare quello che il nostro primogenitore non fece: continuare a ubbidire a Geova Dio anche nelle prove (1 Corinti 15:45). Tuttavia Gesù non ubbidì meccanicamente, ma con tutta la mente, il cuore e l’anima. E lo fece con gioia. Per lui fare la volontà del Padre era più importante che mangiare (Giovanni 4:34). Cosa ci aiuterà a imitare l’ubbidienza di Gesù? Prima di tutto vediamo quali motivi lo spingevano a ubbidire. Coltivando gli stessi motivi saremo aiutati a resistere alle tentazioni e a fare la volontà di Dio. Poi vedremo alcuni benefìci di un’ubbidienza simile a quella di Cristo.

      I motivi che spinsero Gesù a ubbidire

      6, 7. Da cos’era motivata l’ubbidienza di Gesù?

      6 L’ubbidienza di Gesù scaturiva dal cuore. Come abbiamo visto nel capitolo 3, Cristo aveva un cuore umile. L’arroganza induce a non dare valore all’ubbidienza, mentre l’umiltà ci aiuta a ubbidire di buon grado a Geova (Esodo 5:1, 2; 1 Pietro 5:5, 6). Inoltre l’ubbidienza di Gesù era determinata da quello che amava e da quello che odiava.

      7 Prima di tutto, Gesù amava il suo Padre celeste, Geova, come vedremo meglio nel capitolo 13. Questo amore generò in lui il timore di Dio. Il suo amore per il Padre era così intenso e il suo rispetto così profondo che Gesù temeva di dispiacergli. E questo timore fu una delle ragioni per cui le sue preghiere furono ascoltate (Ebrei 5:7). Anche il modo in cui governa quale Re messianico è caratterizzato dal timore di Geova (Isaia 11:3).

      Due fratelli davanti alla locandina di un film violento. Un fratello ha un’espressione disgustata, e l’altro alza il braccio come per respingere quello che vede e distoglie lo sguardo.

      Le nostre scelte in fatto di svaghi e divertimenti dimostrano che odiamo il male?

      8, 9. Com’era stato profetizzato, cosa provava Gesù per la giustizia e per la malvagità, e come espresse i suoi sentimenti?

      8 L’amore per Geova presuppone anche odio per ciò che Geova odia. Notate, per esempio, questa profezia relativa al Re messianico: “Hai amato la giustizia e odiato la malvagità, perciò Dio, il tuo Dio, ti ha unto con olio di esultanza più dei tuoi compagni” (Salmo 45:7). I “compagni” di Gesù sono gli altri re della discendenza del re Davide. Nessuno di loro ebbe motivo di esultare, di provare intensa gioia, quanto Gesù alla sua unzione. Perché? La ricompensa che ha ricevuto è di gran lunga maggiore della loro, e il suo governo infinitamente migliore. È stato ricompensato perché il suo amore per la giustizia e il suo odio per la malvagità lo spinsero a ubbidire a Dio in ogni cosa.

      9 Come espresse Gesù i sentimenti che provava per la giustizia e per la malvagità? Ad esempio, come reagì quando i suoi discepoli ebbero ottimi risultati dopo aver seguito le sue istruzioni nell’opera di predicazione? Si rallegrò (Luca 10:1, 17, 21). Ma cosa provò Gesù quando gli abitanti di Gerusalemme si dimostrarono più volte disubbidienti, respingendo i suoi amorevoli sforzi per aiutarli? Pianse a motivo del comportamento ribelle di quella città (Luca 19:41, 42). Fu tutt’altro che indifferente sia ai comportamenti giusti che a quelli sbagliati.

      10. Quali sentimenti dobbiamo coltivare in fatto di azioni giuste o sbagliate, e cosa ci aiuterà a farlo?

      10 Meditare sui sentimenti di Gesù ci aiuta a valutare i motivi per cui ubbidiamo a Geova. Per quanto imperfetti, possiamo coltivare un intenso amore per le azioni giuste e un profondo odio per i comportamenti sbagliati. Dobbiamo chiedere a Geova in preghiera che ci aiuti a coltivare sentimenti simili ai suoi e a quelli di suo Figlio (Salmo 51:10). Dobbiamo anche evitare qualsiasi cosa possa minare questi sentimenti. È indispensabile scegliere con cura gli svaghi, i divertimenti e le compagnie (Proverbi 13:20; Filippesi 4:8). Se i nostri motivi sono simili a quelli di Cristo, la nostra ubbidienza non sarà solo formale. Come il nostro Maestro, faremo ciò che è giusto perché amiamo farlo. Eviteremo le azioni sbagliate non per paura di essere colti in flagrante, ma perché odiamo comportamenti del genere.

      “Non commise alcun peccato”

      11, 12. (a) Cosa accadde all’inizio del ministero di Gesù? (b) Quale strategia usò Satana quando tentò la prima volta Gesù?

      11 L’odio che Gesù provava per il peccato fu messo alla prova all’inizio del suo ministero. Dopo il battesimo, trascorse 40 giorni e 40 notti nel deserto senza mangiare. Solo a quel punto Satana il Diavolo venne per tentarlo. Notate la sua astuzia (Matteo 4:1-11).

      12 Per prima cosa Satana disse: “Se tu sei figlio di Dio, comanda a queste pietre di diventare pani” (Matteo 4:3). Come si sentiva Gesù dopo quel lungo digiuno? La Bibbia dice espressamente che “ebbe fame” (Matteo 4:2). Quindi Satana approfittò del desiderio naturale di mangiare, senza dubbio aspettando di proposito che Gesù fosse fisicamente debole. Notate inoltre il tono provocatorio di Satana: “Se tu sei figlio di Dio”. Satana sapeva che Gesù era “il primogenito di tutta la creazione” (Colossesi 1:15). Comunque Gesù non permise che Satana lo inducesse a disubbidire. Sapeva che non era volontà di Dio che lui usasse il suo potere per fini egoistici. Si rifiutò di farlo, dimostrando così che confidava nel sostegno e nella guida di Geova (Matteo 4:4).

      13-15. (a) In che modo Satana tentò Gesù una seconda e una terza volta, e come reagì Gesù? (b) Come sappiamo che Gesù non poté mai abbassare la guardia?

      13 Per la seconda tentazione, Satana portò Gesù in alto sul parapetto del tempio. Distorcendo scaltramente la Parola di Dio, Satana cercò di indurre Gesù a richiamare l’attenzione su di sé gettandosi giù da quell’altezza, così gli angeli sarebbero dovuti venire in suo aiuto. Se le folle radunate al tempio avessero visto un miracolo del genere, in seguito chi avrebbe osato mettere in dubbio che Gesù era il promesso Messia? E se le folle lo avessero riconosciuto quale Messia a motivo di quell’azione spettacolare, forse Gesù avrebbe evitato un sacco di difficoltà e di guai. Ma Gesù sapeva che era volontà di Geova che il Messia compisse la sua opera in maniera umile, senza ricorrere a gesti plateali per convincere la gente a credere in lui (Isaia 42:1, 2). Di nuovo Gesù si rifiutò di disubbidire a Geova. Non gli interessava diventare famoso.

      14 Ma sarebbe stato allettato dall’offerta di avere un grande potere? Facendo un terzo tentativo, Satana offrì a Gesù tutti i regni del mondo in cambio di un solo atto di adorazione. Gesù non prese assolutamente in considerazione l’offerta di Satana. La sua risposta fu: “Va’ via, Satana!” E aggiunse: “Perché è scritto: ‘È Geova tuo Dio che devi adorare, e a lui solo devi rendere sacro servizio’” (Matteo 4:10). Niente avrebbe mai potuto indurre Gesù ad adorare un altro dio. Nessuna offerta di potere o autorità in questo mondo l’avrebbe spinto a commettere un atto di disubbidienza.

      15 Satana si diede per vinto? È vero che al comando di Gesù se ne andò, ma il Vangelo di Luca precisa che il Diavolo lo lasciò “in attesa di un’altra occasione propizia” (Luca 4:13). Senz’altro Satana avrebbe trovato altre occasioni per mettere alla prova e tentare Gesù sino alla fine. La Bibbia ci dice che Gesù fu “messo alla prova in ogni cosa” (Ebrei 4:15). Quindi non poté mai abbassare la guardia, e non possiamo farlo neanche noi.

      16. In quali modi Satana tenta tuttora i servitori di Dio, e come possiamo respingere i suoi attacchi?

      16 Satana continua tuttora a tentare i servitori di Dio. Purtroppo la nostra imperfezione spesso ci rende facili bersagli. Satana approfitta astutamente dell’egoismo, dell’orgoglio e della sete di potere. Con l’esca del materialismo, Satana può persino ricorrere a tutti questi fattori contemporaneamente. È essenziale che di tanto in tanto ci esaminiamo in modo onesto. Dovremmo riflettere sulle parole di 1 Giovanni 2:15-17. Mentre lo facciamo, potremmo chiederci se i desideri carnali di questo sistema di cose, il desiderio di avere più beni materiali e il desiderio di far colpo sugli altri hanno in qualche modo minato l’amore per il nostro Padre celeste. Bisogna ricordare che questo mondo sta per sparire, proprio come chi lo governa, Satana. Respingiamo i suoi astuti tentativi di indurci a peccare. Seguiamo l’esempio del nostro Maestro, che “non commise alcun peccato” (1 Pietro 2:22).

      “Faccio sempre ciò che gli è gradito”

      17. Cosa pensava Gesù dell’ubbidienza a suo Padre, ma quale obiezione potrebbe sollevare qualcuno?

      17 Ubbidire richiede molto più che astenersi dal peccare. Cristo eseguì ogni comando di suo Padre, e disse: “Faccio sempre ciò che gli è gradito” (Giovanni 8:29). Questa ubbidienza gli fece provare grande gioia. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che per Gesù era più facile ubbidire. Potrebbe pensare che lui doveva rendere conto solo a Geova, che è perfetto, mentre noi spesso dobbiamo rendere conto a esseri umani imperfetti che hanno autorità. Ma in realtà Gesù era ubbidiente anche agli esseri umani imperfetti che avevano autorità su di lui.

      18. Da ragazzo, quale esempio di ubbidienza diede Gesù?

      18 Mentre cresceva, Gesù era sottomesso all’autorità dei suoi genitori umani imperfetti, Giuseppe e Maria. Probabilmente, più di tanti altri ragazzi, era in grado di vedere i difetti dei suoi genitori. Si ribellò forse, non rispettando il ruolo datogli da Dio e dicendo loro come gestire la famiglia? Luca 2:51 dice che il dodicenne Gesù “rimase loro sottomesso”. Con questa ubbidienza diede un ottimo esempio ai ragazzi cristiani, che si sforzano di ubbidire ai genitori e mostrare loro il dovuto rispetto (Efesini 6:1, 2).

      19, 20. (a) In quanto a ubbidire a esseri umani imperfetti, in quali situazioni difficili si trovò Gesù? (b) Perché oggi i veri cristiani dovrebbero ubbidire ai fratelli che guidano la congregazione?

      19 In quanto a ubbidire a esseri umani imperfetti, Gesù si trovò in situazioni difficili in cui oggi i veri cristiani non si trovano mai. Pensiamo ai tempi particolari in cui visse. Il sistema religioso ebraico, con il tempio di Gerusalemme e il suo sacerdozio, aveva avuto per molto tempo l’approvazione di Geova, ma stava per essere rigettato e sostituito dalla congregazione cristiana (Matteo 23:33-38). Nel frattempo molti capi religiosi insegnavano falsità basate sulla filosofia greca. Nel tempio la corruzione dilagava al punto che Gesù lo definì “un covo di ladri” (Marco 11:17). Gesù evitò forse di recarsi in quel tempio e nelle sinagoghe? No. Geova si serviva ancora di quelle istituzioni. Finché Dio non intervenne e non apportò dei cambiamenti, Gesù ubbidientemente continuò ad andare nella sinagoga e alle feste nel tempio (Luca 4:16; Giovanni 5:1).

      20 Se Gesù fu ubbidiente in quelle circostanze, quanto più oggi i veri cristiani dovrebbero essere ubbidienti. Infatti noi viviamo in un periodo ben diverso, quello da tempo predetto del ristabilimento della pura adorazione. Dio ci assicura che non permetterà mai a Satana di corrompere il suo popolo che pratica la pura adorazione (Isaia 2:1, 2; 54:17). È vero, nella congregazione cristiana si commettono errori e peccati. Ma non dovremmo mai usare gli sbagli degli altri come una scusa per disubbidire a Geova, forse smettendo di assistere alle adunanze cristiane o cominciando a criticare gli anziani. Piuttosto diamo pieno appoggio ai fratelli che guidano la congregazione. Ubbidientemente assistiamo alle adunanze e alle assemblee e mettiamo in pratica i consigli scritturali che ci vengono dati in queste occasioni (Ebrei 10:24, 25; 13:17).

      Fratelli e sorelle parlano felici davanti alla Sala del Regno.

      Con ubbidienza mettiamo in pratica quello che impariamo alle adunanze

      21. Come reagì Gesù quando qualcuno cercò di indurlo a disubbidire a Dio, e quale esempio ci diede?

      21 Gesù non lasciò che nessuno, nemmeno qualche amico animato da buone intenzioni, gli impedisse di ubbidire a Geova. L’apostolo Pietro, per esempio, cercò di convincerlo che non era necessario che soffrisse e morisse. Gesù respinse con fermezza l’invito di Pietro, dettato da buone intenzioni ma sconsiderato, a essere buono con sé stesso (Matteo 16:21-23). Oggi i discepoli di Gesù spesso hanno a che fare con parenti benintenzionati che cercano di dissuaderli dall’ubbidire alle leggi di Dio e dal seguire i suoi princìpi. Come i discepoli di Gesù del I secolo, siamo convinti che “dobbiamo ubbidire a Dio quale governante anziché agli uomini” (Atti 5:29).

      Ricompense per chi ubbidisce come Gesù

      22. A quale domanda diede risposta Gesù, e in che modo?

      22 Gesù affrontò la più difficile prova di ubbidienza quando si trovò di fronte alla morte. Durante quel triste giorno “imparò l’ubbidienza” nel senso più pieno. Fece la volontà del Padre, non la propria (Luca 22:42). Così diede un perfetto esempio di integrità (1 Timoteo 3:16). Rispose a una domanda rimasta in sospeso per molto tempo: un essere umano perfetto può rimanere ubbidiente a Geova anche mentre affronta una prova? Sia Adamo che Eva non ci riuscirono. Poi arrivò Gesù, che con la sua vita e la sua morte eliminò ogni dubbio. La più grande di tutte le creature di Geova non avrebbe potuto dare una risposta più chiara. Ubbidì anche quando l’ubbidienza gli costò molto cara.

      23-25. (a) Che relazione c’è tra ubbidienza e integrità? Fate un esempio. (b) Cosa sarà trattato nel prossimo capitolo?

      23 L’integrità, cioè la devozione a Geova di tutto cuore, si esprime con l’ubbidienza. Ubbidendo, Gesù rimase integro, e questo fu di beneficio a tutto il genere umano (Romani 5:19). Geova lo ricompensò grandemente. Se ubbidiremo al nostro Maestro, Cristo, Geova ricompenserà anche noi. L’ubbidienza a Cristo porta alla “salvezza eterna” (Ebrei 5:9).

      24 Inoltre l’integrità è di per sé una ricompensa. Proverbi 10:9 dice: “Chi cammina con integrità camminerà al sicuro”. Se paragoniamo l’integrità a una grande casa costruita con ottimi mattoni, possiamo considerare ogni atto di ubbidienza un singolo mattone. Un mattone potrebbe sembrare insignificante, eppure ha il suo posto, la sua importanza. E quando se ne uniscono insieme tanti si costruisce qualcosa che ha un valore molto più grande. Rimanendo ubbidienti giorno dopo giorno e anno dopo anno, costruiamo la bella casa della nostra integrità.

      25 Un comportamento ubbidiente che si protrae nel tempo ci ricorda un’altra qualità: la perseveranza. Nel prossimo capitolo vedremo l’esempio che Gesù diede sotto questo aspetto.

      Come possiamo seguire Gesù?

      • Quali sono alcuni comandamenti di Cristo, come possiamo ubbidire a questi comandamenti, e quali benedizioni ne risulteranno? (Giovanni 15:8-19).

      • Cosa pensavano inizialmente i parenti di Gesù del suo ministero, e cosa impariamo dal modo in cui reagì Gesù? (Marco 3:21, 31-35).

      • Perché non dovremmo mai temere che ubbidire a Geova possa impedirci di avere una vita felice? (Luca 11:27, 28).

      • Cosa possiamo imparare dalla prontezza di Gesù a ubbidire a una legge che in realtà non lo riguardava? (Matteo 17:24-27).

  • “Considerate attentamente colui che ha sopportato”
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • CAPITOLO SETTE

      “Considerate attentamente colui che ha sopportato”

      1-3. (a) Quanto è profonda l’angoscia di Gesù nel giardino di Getsemani, e perché si sente così? (b) Cosa si può dire dell’esempio di perseveranza di Gesù, e quali domande sorgono?

      LA PRESSIONE è tremenda. Gesù non è mai stato così provato sul piano mentale ed emotivo. Sono le ultime ore della sua vita terrena. Insieme agli apostoli va in un luogo che conoscono bene, il giardino di Getsemani. Spesso è stato lì con loro. Quella sera però ha bisogno di stare un po’ da solo. Si allontana dagli apostoli, si inoltra nel giardino e, inginocchiatosi, si mette a pregare. Prega con tanta intensità e angoscia che, come dice la Bibbia, ‘il suo sudore diviene come gocce di sangue che cadono a terra’ (Luca 22:39-44).

      2 Perché Gesù è così turbato? Sa che presto dovrà affrontare terribili sofferenze fisiche, ma non è questa la ragione della sua angoscia. Questioni molto più importanti gravano su di lui. È profondamente preoccupato per il nome di suo Padre e si rende conto che dalla sua fedeltà dipende il futuro del genere umano. Sa quanto sia importante rimanere fedele. Se dovesse fallire, recherebbe un grande disonore al nome di Geova! Ma Gesù non fallisce. Più tardi quel giorno, attimi prima di esalare l’ultimo respiro, la persona che sulla terra ha dato il massimo esempio di perseveranza grida vittorioso: “È compiuto!” (Giovanni 19:30).

      3 La Bibbia ci dice: “Considerate attentamente colui che ha sopportato” (Ebrei 12:3). Perciò è importante farsi queste domande: Quali sono alcune delle prove che Gesù ha sopportato? Cosa gli ha permesso di perseverare? Come possiamo seguire il suo esempio? Prima di rispondere vediamo cos’è la perseveranza.

      Cos’è la perseveranza?

      4, 5. (a) Cosa significa il termine “perseveranza”? (b) Quale esempio si potrebbe fare per spiegare che perseverare non significa solo sopportare sofferenze inevitabili?

      4 Prima o poi, tutti veniamo “afflitti da varie prove” (1 Pietro 1:6). Il fatto che affrontiamo una prova significa necessariamente che stiamo perseverando? No. In un lessico il sostantivo greco reso “perseveranza” viene definito così: “La capacità di tener duro, di non arrendersi di fronte alle difficoltà”. A proposito del tipo di perseveranza di cui si parla nella Bibbia, un’opera di consultazione spiega: “È lo spirito che sopporta non con semplice rassegnazione, ma con fervida speranza [...]. È la qualità che fa stare in piedi un uomo con la faccia rivolta al vento. È la virtù che può trasformare in gloria la prova più ardua perché, guardando oltre la sofferenza, si intravede la meta”.

      5 Perseverare, quindi, non vuol dire semplicemente sopportare sofferenze inevitabili. Nel senso biblico, la perseveranza comporta fermezza, un giusto atteggiamento mentale e un punto di vista positivo di fronte alle prove. Facciamo un esempio: due uomini sono detenuti in condizioni simili ma per motivi molto diversi. Il primo, un criminale comune, non può far altro che rassegnarsi a scontare la pena, anche se malvolentieri. L’altro, un vero cristiano detenuto per il suo comportamento fedele, rimane saldo ed è positivo perché vede nella sua situazione un’opportunità di dimostrare la propria fede. Il criminale non si può di certo considerare un esempio di perseveranza, mentre il cristiano leale lo è senza dubbio (Giacomo 1:2-4).

      6. Come si consegue la perseveranza?

      6 La perseveranza è essenziale per ottenere la salvezza (Matteo 24:13). Tuttavia non è una qualità innata e quindi va coltivata. Come? Romani 5:3 dice: “La tribolazione produce perseveranza”. Se vogliamo veramente sviluppare la perseveranza, non possiamo sottrarci per paura a tutte le prove di fede. Dobbiamo affrontarle. La perseveranza si consegue quando giorno dopo giorno ci troviamo davanti a prove grandi e piccole e le superiamo. Ogni prova che superiamo ci rafforza per affrontare la successiva. Ovviamente non possiamo sviluppare la perseveranza con le nostre sole forze, ma “dipendendo dalla forza che Dio fornisce” (1 Pietro 4:11). Per aiutarci a rimanere saldi Geova ci ha dato il migliore aiuto possibile, l’esempio di suo Figlio. Esaminiamo nei particolari il perfetto esempio di perseveranza di Gesù.

      Quello che Gesù sopportò

      7, 8. Cosa sopportò Gesù alla fine della sua vita terrena?

      7 Man mano che si avvicinava la fine della sua vita terrena, Gesù sopportò crudeltà di ogni genere. Oltre all’estremo stress mentale dell’ultima notte, pensate alla delusione che deve aver provato e alle umiliazioni che subì. Fu tradito da uno stretto collaboratore, abbandonato dai più intimi amici e sottoposto a un processo illegale durante il quale membri della più alta corte religiosa del paese lo schernirono, gli sputarono in faccia e lo presero a pugni. Eppure sopportò tutto serenamente, con dignità e forza (Matteo 26:46-49, 56, 59-68).

      8 Nelle ultime ore, Gesù subì terribili atrocità. Fu sottoposto a flagellazione, un doloroso supplizio che causa profonde lacerazioni e notevole perdita di sangue. Venne condannato a una morte lenta ed estremamente dolorosa. Pensate al dolore atroce che provò quando gli furono conficcati grossi chiodi nelle mani e nei piedi mentre veniva fissato al palo (Giovanni 19:1, 16-18). Immaginate il dolore lancinante quando il palo venne sollevato, mentre il peso del corpo ricadeva sui chiodi e il dorso straziato sfregava contro il palo. E sopportò queste sofferenze estreme essendo al tempo stesso gravato dal peso della responsabilità descritto all’inizio del capitolo.

      9. Cosa implica prendere il “palo di tortura” e seguire Gesù?

      9 Quali discepoli di Cristo, cosa potremmo dover sopportare? Gesù disse: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, [...] prenda il suo palo di tortura e mi segua di continuo” (Matteo 16:24). L’espressione “palo di tortura” indica in senso figurato sofferenze, vergogna o persino la morte. Seguire Cristo non è facile. Le norme cristiane ci rendono diversi. Questo mondo ci odia perché non ne facciamo parte (Giovanni 15:18-20; 1 Pietro 4:4). Tuttavia siamo disposti a prendere il nostro palo di tortura: siamo pronti a soffrire e persino a morire, pur di non rinunciare a seguire Gesù (2 Timoteo 3:12).

      10-12. (a) In che modo la perseveranza di Gesù fu messa alla prova dall’imperfezione di chi gli stava intorno? (b) Quali furono alcune situazioni difficili che Gesù affrontò?

      10 Durante il suo ministero Gesù affrontò altre prove dovute all’imperfezione di chi gli stava intorno. Gesù era stato l’“artefice” impiegato da Geova per creare la terra e tutte le forme di vita sulla terra (Proverbi 8:22-31). Quindi sapeva qual era il proposito di Geova per gli esseri umani: dovevano rispecchiare le Sue qualità e vivere in perfetta salute (Genesi 1:26-28). Quando era sulla terra, Gesù vide i tragici risultati del peccato da una prospettiva diversa: lui stesso era un uomo, in grado di provare sentimenti umani. Come avrà sofferto constatando di persona quanto gli esseri umani si erano allontanati dalla perfezione di Adamo ed Eva! A Gesù si presentava quindi una prova di perseveranza. Si sarebbe scoraggiato e dato per vinto, considerando gli esseri umani peccatori una causa persa? Vediamo.

      11 Gesù era così afflitto dall’insensibilità degli ebrei che si mise a piangere. Ma non permise che la loro indifferenza affievolisse il suo zelo o lo inducesse a smettere di predicare. “Ogni giorno continuava a insegnare nel tempio” (Luca 19:41-44, 47). Era “molto addolorato” per l’insensibilità di cuore dei farisei, che stavano lì a vedere se avrebbe guarito un uomo di Sabato. Ma non si lasciò intimidire dall’ipocrisia di quegli oppositori. Con decisione sanò l’uomo, proprio al centro della sinagoga (Marco 3:1-5).

      12 Qualcos’altro deve aver messo alla prova Gesù: i difetti dei discepoli a lui più vicini. Come abbiamo visto nel capitolo 3, manifestavano di continuo il desiderio di preminenza (Matteo 20:20-24; Luca 9:46). Più di una volta Gesù ricordò loro che dovevano essere umili (Matteo 18:1-6; 20:25-28). Eppure erano lenti a capire. Persino l’ultima sera che trascorsero con lui si fecero prendere da “un’accesa discussione” su chi fosse il più grande tra loro (Luca 22:24). Gesù non concluse che fossero incorreggibili. Al contrario rimase paziente, positivo e fiducioso, continuando a vedere il buono che c’era in loro. Sapeva che amavano Geova di tutto cuore e volevano davvero fare la Sua volontà (Luca 22:25-27).

      Una sorella che sta predicando si allontana serena da una casa. Sullo sfondo la padrona di casa la guarda arrabbiata.

      Lasceremo che l’opposizione raffreddi il nostro entusiasmo, o continueremo a predicare con zelo?

      13. Quali prove simili a quelle che sopportò Gesù potrebbero presentarsi?

      13 Forse affrontiamo prove simili a quelle che sopportò Gesù. Per esempio, incontriamo persone indifferenti o persino contrarie al messaggio del Regno. Permetteremo che queste reazioni negative raffreddino il nostro entusiasmo, o continueremo invece a predicare con zelo? (Tito 2:14). L’imperfezione dei nostri fratelli potrebbe metterci alla prova. Una parola o un’azione sconsiderata potrebbe ferire i nostri sentimenti (Proverbi 12:18). Permetteremo che le mancanze dei compagni di fede ci spingano a evitarli, o piuttosto continueremo a passare sopra agli errori e a cercare il buono che c’è in loro? (Colossesi 3:13).

      Perché Gesù perseverò

      14. Quali due fattori aiutarono Gesù a rimanere saldo?

      14 Cosa aiutò Gesù a rimanere saldo e a mantenere l’integrità nonostante tutte le umiliazioni, le delusioni e le sofferenze che sopportò? Due fattori importanti gli furono di aiuto. Primo, Gesù guardava in alto, rivolgendosi all’“Iddio che dà perseveranza” (Romani 15:5). Secondo, guardava avanti, concentrandosi sul risultato della sua perseveranza. Soffermiamoci su questi due fattori.

      15, 16. (a) Cosa indica che Gesù non confidò nelle proprie forze per perseverare? (b) Quale fiducia aveva Gesù in suo Padre, e perché?

      15 Gesù, pur essendo il perfetto Figlio di Dio, non confidò nelle proprie forze per perseverare, ma si rivolse al Padre celeste e pregò per ricevere aiuto dall’alto. L’apostolo Paolo scrisse: “Cristo, con forti grida e lacrime, offrì suppliche e richieste a colui che poteva salvarlo dalla morte” (Ebrei 5:7). Notate che Gesù offrì non solo richieste, ma anche suppliche. Il termine “supplica” si riferisce a un’implorazione particolarmente sentita e sincera, una fervida richiesta di aiuto. Il fatto che ricorra al plurale indica che Gesù invocò Geova più volte. Indubbiamente nel giardino di Getsemani Gesù pregò ripetutamente e con fervore (Matteo 26:36-44).

      16 Gesù aveva completa fiducia che Geova avrebbe esaudito le sue suppliche, perché sapeva che suo Padre ‘ascolta le preghiere’ (Salmo 65:2). Durante la sua esistenza preumana, il Figlio primogenito aveva visto il Padre rispondere alle preghiere dei suoi leali adoratori. Per esempio, in cielo aveva visto di persona Geova inviare un angelo in risposta alla sentita preghiera del profeta Daniele, ancor prima che Daniele avesse finito di pregare (Daniele 9:20, 21). Come avrebbe potuto il Padre non rispondere quando il Figlio unigenito gli aprì il suo cuore “con forti grida e lacrime”? Geova infatti rispose alle suppliche del Figlio e mandò un angelo a rafforzarlo perché riuscisse a sopportare quella terribile prova (Luca 22:43).

      17. Per perseverare, in che senso dobbiamo rivolgere lo sguardo al cielo, e come possiamo farlo?

      17 Per perseverare dobbiamo rivolgere lo sguardo al cielo, all’Iddio che “dà potenza” (Filippesi 4:13). Se il perfetto Figlio di Dio sentì il bisogno di implorare l’aiuto di Geova, tanto più dovremmo sentirlo noi. Come Gesù, forse dovremo supplicare Geova molte volte (Matteo 7:7). Non ci aspettiamo di ricevere una visita angelica, ma di una cosa possiamo essere sicuri: il nostro amorevole Dio risponderà alle richieste di ogni cristiano leale che “persevera nelle suppliche e nelle preghiere giorno e notte” (1 Timoteo 5:5). Qualsiasi prova affrontiamo — problemi di salute, la morte di una persona cara o la persecuzione — Geova esaudirà le sentite preghiere che facciamo per ricevere da lui sapienza, coraggio e la forza di perseverare (2 Corinti 4:7-11; Giacomo 1:5).

      Una sorella prega intensamente.

      Geova esaudirà le nostre sentite preghiere aiutandoci a perseverare

      18. In che modo Gesù guardava oltre le sofferenze e si concentrava su ciò che lo attendeva?

      18 Il secondo fattore che permise a Gesù di perseverare fu il fatto che guardava avanti, al di là delle sofferenze. Pensava a quello che lo attendeva. Di lui la Bibbia dice: “Per la gioia che gli era stata messa davanti ha sopportato il palo di tortura” (Ebrei 12:2). L’esempio di Gesù evidenzia in che modo speranza, gioia e perseveranza interagiscono tra loro. Lo si può riassumere così: la speranza produce gioia e la gioia perseveranza (Romani 15:13; Colossesi 1:11). Gesù aveva delle prospettive meravigliose. Sapeva che la sua fedeltà avrebbe contribuito a santificare il nome di suo Padre e che gli avrebbe permesso di riscattare l’umanità dal peccato e dalla morte. Inoltre Gesù aveva la prospettiva di governare come Re e di servire come Sommo Sacerdote, così da elargire ulteriori benedizioni agli esseri umani ubbidienti (Matteo 20:28; Ebrei 7:23-26). Concentrandosi sulla speranza e sulle prospettive che aveva, Gesù provava un’immensa gioia. Questa gioia, a sua volta, lo aiutò a perseverare.

      19. Di fronte alle prove di fede, come possiamo fare in modo che speranza, gioia e perseveranza interagiscano tra loro a nostro favore?

      19 Come Gesù, dobbiamo lasciare che speranza, gioia e perseveranza interagiscano tra loro a nostro favore. “Rallegratevi nella speranza”, disse l’apostolo Paolo, e aggiunse: “Perseverate nella tribolazione” (Romani 12:12). In questo momento state affrontando una difficile prova di fede? Allora a tutti i costi guardate avanti. Non perdete di vista il fatto che la vostra perseveranza darà lode al nome di Geova. Mettete ben a fuoco la preziosa speranza del Regno. Vedetevi già nel nuovo mondo di Dio ormai vicino e immaginate come sarà la vita nel Paradiso. Pregustare il momento in cui si realizzeranno le cose meravigliose che Geova ha promesso — fra cui la santificazione del suo nome e la fine della malvagità, delle malattie e della morte — vi riempirà il cuore di gioia, e questa gioia potrà aiutarvi a sopportare qualunque prova vi si presenti. In confronto alla realizzazione della speranza del Regno, qualsiasi sofferenza in questo sistema di cose è davvero “momentanea e leggera” (2 Corinti 4:17).

      ‘Seguiamo attentamente le sue orme’

      20, 21. In quanto a perseveranza, cosa si aspetta Geova da noi, e cosa dovremmo essere determinati a fare?

      20 Gesù sapeva che essere suoi discepoli sarebbe stato difficile, una scelta di vita che avrebbe richiesto perseveranza (Giovanni 15:20). Fu pronto a indicare la via, sapendo che il suo esempio avrebbe rafforzato altri (Giovanni 16:33). Ovviamente Gesù diede un esempio perfetto di perseveranza, mentre noi siamo tutt’altro che perfetti. Cosa si aspetta Geova da noi? Pietro spiega: “Cristo [...] soffrì per voi, lasciandovi un modello, affinché seguiate attentamente le sue orme” (1 Pietro 2:21). Affrontando le prove, Gesù lasciò “un modello” da imitare.a L’esempio di perseveranza che diede nel corso del suo ministero si può paragonare a delle “orme”, o impronte. Noi non siamo in grado di seguire quelle orme perfettamente, ma possiamo seguirle “attentamente”.

      21 Seguiamo dunque l’esempio di Gesù al meglio delle nostre capacità. Non dimentichiamo mai che più attentamente seguiamo le sue orme, più preparati saremo a perseverare “sino alla fine”, la fine di questo vecchio sistema o la fine della nostra vita. Non sappiamo quale delle due cose succederà prima, ma una cosa la sappiamo: Geova ci ricompenserà per la nostra perseveranza per tutta l’eternità (Matteo 24:13).

      a Il termine greco tradotto “modello” significa letteralmente “scritto sotto”. L’apostolo Pietro è l’unico che nelle Scritture Greche Cristiane usa questa parola, che ha il senso di “modello che serve d’esempio”, e si riferisce a un esempio perfetto di scrittura che il bambino deve copiare il più esattamente possibile.

      Come possiamo seguire Gesù?

      • Come dovremmo considerare qualsiasi sofferenza affrontiamo quali discepoli di Cristo? (Matteo 5:10-12).

      • Secondo le parole di Gesù cosa potevano aspettarsi i suoi discepoli, e come possiamo seguire i suoi consigli? (Matteo 10:16-22).

      • Di fronte a opposizione o persecuzione, come possiamo seguire l’esempio di Gesù? (1 Pietro 2:18-25).

      • Se perseveriamo nonostante le sofferenze, di cosa possiamo essere sicuri? (1 Pietro 4:12-14).

  • “È per questo che sono stato mandato”
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • CAPITOLO OTTO

      “È per questo che sono stato mandato”

      1-4. (a) In che modo Gesù insegna efficacemente a una samaritana, e con quale risultato? (b) Come reagiscono gli apostoli?

      SONO ore che camminano. Dalla Giudea, Gesù e gli apostoli sono diretti a nord, verso la Galilea. Il tragitto più breve, un viaggio di circa tre giorni, passa per la Samaria. È quasi mezzogiorno quando raggiungono la cittadina di Sichar, dove si fermano per riposarsi un po’.

      Gesù parla con una donna samaritana al pozzo.

      2 Mentre gli apostoli vanno a comprare da mangiare, Gesù rimane presso un pozzo fuori dalla città. Una donna si avvicina per attingere acqua. Gesù potrebbe ignorarla. È “stanco del viaggio” (Giovanni 4:6). Sarebbe comprensibile se Gesù si limitasse a chiudere gli occhi senza badare a quella samaritana. Come abbiamo visto nel capitolo 4, la donna poteva aspettarsi che un ebreo la trattasse con disprezzo. Invece Gesù inizia una conversazione con lei.

      3 Comincia con un esempio basato sulla vita quotidiana della donna, anzi proprio su quello che sta facendo in quel momento. È lì per attingere acqua e Gesù le parla di acqua che dà vita eterna, un’acqua che placherà la sua sete spirituale. Più volte lei menziona punti potenzialmente controversi.a Gesù li evita con tatto e non si discosta da quello che intende dire. Si concentra su argomenti spirituali: le parla della pura adorazione e di Geova Dio. Le sue parole hanno grande risonanza, perché la donna le riferisce agli uomini della città e anche loro vogliono ascoltare Gesù (Giovanni 4:3-42).

      4 Al loro ritorno, cosa pensano gli apostoli del fatto che Gesù stia dando questa straordinaria testimonianza? Non manifestano alcun entusiasmo. Sono persino stupiti che Gesù parli con quella donna, e a quanto pare non le rivolgono parola. Dopo che se ne va, insistono che Gesù mangi quello che hanno comprato. Tuttavia Gesù dice loro: “Ho un cibo da mangiare che voi non conoscete”. Perplessi, sul momento prendono alla lettera le sue parole. Quindi lui spiega: “Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e portare a termine la sua opera” (Giovanni 4:32, 34). Così Gesù insegna loro che per lui l’opera che ha da svolgere è più importante che mangiare, e vuole che anche loro la pensino allo stesso modo. Di che opera si tratta?

      5. Qual era l’opera più importante per Gesù, e cosa prenderemo in esame in questo capitolo?

      5 Gesù una volta disse: “Devo annunciare la buona notizia del Regno di Dio [...], perché è per questo che sono stato mandato” (Luca 4:43). In effetti era stato mandato per predicare e insegnare la buona notizia del Regno di Dio.b È la stessa opera che oggi devono compiere i suoi discepoli. Perciò è importante capire perché Gesù predicava, cosa predicava e come considerava il suo incarico.

      Perché Gesù predicava

      6, 7. Secondo Gesù come dovrebbe sentirsi “ogni insegnante” riguardo al compito di portare ad altri la buona notizia? Fate un esempio.

      6 Prima vediamo cosa pensava Gesù delle verità che insegnava; poi parleremo del suo atteggiamento nei confronti di coloro a cui insegnava. Gesù usò una parabola semplice per far capire quanto fosse importante per lui parlare ad altri delle verità che Geova gli aveva insegnato. Disse: “Ogni insegnante che è stato istruito riguardo al Regno dei cieli è simile a un uomo, a un padrone di casa, che tira fuori dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie” (Matteo 13:52). Perché questo padrone di casa tira fuori delle cose dal suo tesoro?

      7 Il padrone di casa non lo fa per mostrare con orgoglio i suoi possedimenti, come una volta aveva fatto il re Ezechia nell’antichità, con conseguenze disastrose (2 Re 20:13-20). Allora per quale motivo lo fa? Per capirlo immaginiamo di andare a trovare a casa un insegnante che stimiamo. Lui apre un cassetto della scrivania e tira fuori due lettere scritte da suo padre: una, ingiallita dal tempo, ricevuta decenni prima quando era solo un ragazzo, l’altra più recente. Gli brillano gli occhi mentre ci dice quanto sono preziose per lui quelle lettere e come i consigli che contengono abbiano cambiato la sua vita e potrebbero aiutare anche noi. È chiaro che quelle lettere gli stanno molto a cuore (Luca 6:45). Ce le fa vedere non per vantarsi o per trarne qualche vantaggio, ma per farci capire il valore che hanno.

      8. Perché per noi le verità che impariamo dalla Parola di Dio sono dei tesori?

      8 Gesù, il Maestro, faceva conoscere le verità di Dio spinto da motivi simili. Per lui quelle verità erano un tesoro inestimabile. Le amava ed era ansioso di renderne partecipi altri. Voleva che ognuno dei suoi discepoli, “ogni insegnante”, la pensasse allo stesso modo. E noi? Abbiamo tutte le ragioni di amare ogni verità che impariamo dalla Parola di Dio. Facciamo tesoro delle gemme spirituali, sia quelle in cui crediamo da tempo che quelle che ultimamente sono state chiarite. Parlando con entusiasmo e continuando ad amare quello che Geova ci ha insegnato trasmettiamo questo amore, come fece Gesù.

      9. (a) Cosa provava Gesù per le persone a cui insegnava? (b) Come possiamo imitare l’atteggiamento di Gesù?

      9 Gesù inoltre amava le persone a cui insegnava, come vedremo meglio nella terza parte. Era stato predetto che il Messia avrebbe avuto “pietà del misero e del povero” (Salmo 72:13). Gesù aveva a cuore le persone. Si interessava dei pensieri e degli atteggiamenti che c’erano dietro le loro azioni. Si preoccupava dei pesi che gravavano su di loro e degli ostacoli che impedivano loro di afferrare la verità (Matteo 11:28; 16:13; 23:13, 15). Ripensiamo, per esempio, alla samaritana. Senza dubbio rimase profondamente colpita dall’interessamento di Gesù. Il fatto che lui fosse a conoscenza della situazione in cui si trovava la spinse a riconoscere che era un profeta e a parlarne ad altri (Giovanni 4:16-19, 39). È vero, noi non possiamo leggere il cuore delle persone a cui predichiamo. Comunque, come Gesù, possiamo interessarci di loro; possiamo mostrarci attenti e scegliere con cura le nostre parole in base ai loro interessi, ai loro problemi e alle loro necessità.

      Quello che Gesù predicava

      10, 11. (a) Cosa predicava Gesù? (b) Perché sorse la necessità del Regno di Dio?

      10 Cosa predicava Gesù? Se dovessimo trovare la risposta in base a quello che insegnano le tante religioni che sostengono di rappresentarlo, potremmo concludere che predicasse una specie di vangelo sociale, o che magari volesse attuare una riforma politica, oppure che insegnasse che la salvezza dell’individuo era la cosa più importante. Tuttavia, come abbiamo visto prima, Gesù disse chiaramente: “Devo annunciare la buona notizia del Regno di Dio”. Cosa significava esattamente?

      11 Ricordiamo che Gesù era presente in cielo quando Satana calunniò il santo nome di Geova e mise in discussione il modo di governare di Dio. Come dovette dispiacersi vedendo che il suo buon Padre veniva accusato di essere un Sovrano ingiusto, che priva di qualcosa di buono le Sue creature! Come dovette soffrire il Figlio di Dio quando Adamo ed Eva, i futuri genitori dell’umanità, diedero ascolto alla calunnia di Satana! Il Figlio vide che in seguito a quella ribellione il peccato e la morte contagiarono il genere umano (Romani 5:12). Che emozione dovette essere, però, apprendere che il Padre un giorno avrebbe risolto ogni questione!

      12, 13. Quali torti cancellerà il Regno di Dio, e in che modo Gesù fece del Regno il fulcro del suo ministero?

      12 Ma qual era la questione più importante da risolvere? Si doveva santificare il nome di Geova: ripulirlo dal fango che era stato gettato da Satana e da tutti coloro che si erano schierati dalla sua parte. Dato che il nome di Geova rappresenta anche la sua reputazione come Sovrano, andava rivendicata la legittimità della sua sovranità, cioè del suo modo di governare. Gesù capiva queste importantissime questioni meglio di chiunque altro. Nella preghiera modello insegnò ai suoi discepoli a chiedere prima che il nome del Padre fosse santificato, poi che venisse il Suo Regno e quindi che si compisse la volontà di Dio sulla terra (Matteo 6:9, 10). Il Regno di Dio, con a capo Cristo Gesù, presto libererà la terra dal corrotto sistema di Satana e confermerà in modo definitivo che Geova è il miglior Sovrano (Daniele 2:44).

      13 Quel Regno era il tema del ministero di Gesù. Ogni sua parola e azione contribuì a chiarire cos’è il Regno e in che modo adempirà il proposito di Geova. Gesù non permise che alcuna cosa lo distogliesse dalla missione di predicare la buona notizia del Regno di Dio. Ai suoi giorni c’erano grandi problemi sociali e molte ingiustizie, ma lui si concentrò sul suo messaggio e sulla sua opera. Questo significa forse che Gesù fosse di vedute ristrette, che fosse noioso e ripetitivo quando predicava? Tutt’altro!

      14, 15. (a) In che modo Gesù si dimostrò “più di Salomone”? (b) Come possiamo imitare Gesù quando predichiamo?

      14 Come vedremo in questa parte, Gesù rese interessante e vario il suo insegnamento. Arrivava al cuore. Questo potrebbe ricordarci il saggio re Salomone, che ricercò “parole piacevoli” e “accurate parole di verità” per comunicare le idee che Geova lo ispirò a mettere per iscritto (Ecclesiaste 12:10). Geova dotò quell’uomo imperfetto di “un cuore con una perspicacia vasta” che gli permise di parlare di molte cose, tra cui alberi, uccelli, pesci e altri animali. La gente veniva da molto lontano per sentir parlare Salomone (1 Re 4:29-34). Eppure Gesù era “più di Salomone” (Matteo 12:42). Era molto più saggio e la sua perspicacia era molto più profonda. Quando insegnava, Gesù attingeva all’ottima conoscenza che aveva della Parola di Dio, come pure del mondo animale, dell’agricoltura, del clima, degli avvenimenti di attualità, della storia e delle condizioni sociali. Al tempo stesso non ostentò mai la sua conoscenza per fare colpo sugli altri. Il suo messaggio era semplice e chiaro. Non sorprende che la gente lo ascoltasse con piacere (Marco 12:37; Luca 19:48).

      15 Oggi i cristiani cercano di seguire l’esempio di Gesù. Non abbiamo l’immensa sapienza e conoscenza che aveva lui, ma tutti abbiamo una certa conoscenza ed esperienza a cui attingere quando parliamo ad altri delle verità della Parola di Dio. I genitori, per esempio, possono avvalersi dell’esperienza che hanno acquisito nell’educare i figli per insegnare in che modo Geova ama i Suoi figli. Altri possono fare esempi tratti dal mondo del lavoro o della scuola, oppure attingere alla loro conoscenza di personaggi o di avvenimenti di attualità. Al tempo stesso stiamo attenti che niente distolga l’attenzione dal nostro messaggio: la buona notizia del Regno di Dio (1 Timoteo 4:16).

      L’atteggiamento di Gesù verso il ministero

      16, 17. (a) Qual era l’atteggiamento di Gesù verso il ministero? (b) In che modo Gesù dimostrò che il ministero era l’obiettivo principale della sua vita?

      16 Gesù considerava il suo ministero un tesoro prezioso. Per lui era un piacere aiutare la gente a vedere il suo Padre celeste per quello che è veramente, non come veniva dipinto dalle confuse dottrine e tradizioni umane. Amava aiutare altri ad avere l’approvazione di Geova e la speranza della vita eterna. Provava piacere nel portare il messaggio confortante e gioioso della buona notizia. Come dimostrò di provare questi sentimenti? Vediamo tre modi in cui lo fece.

      17 Primo, Gesù fece del ministero l’obiettivo principale della sua vita. Parlare del Regno era l’attività e l’interesse principale della sua esistenza. Per questo, come abbiamo visto nel capitolo 5, Gesù mantenne saggiamente una vita semplice. Come consigliò ad altri, lui stesso tenne lo sguardo fisso sulla cosa più importante. Non si lasciò distrarre da una quantità di oggetti che gli sarebbe costato comprare, mantenere, e col tempo riparare o sostituire. Viveva una vita semplice, affinché niente potesse distrarlo dal suo ministero (Matteo 6:22; 8:20).

      18. In quali modi Gesù si spese interamente nel ministero?

      18 Secondo, Gesù si spendeva interamente nel ministero. Si spese con tutte le sue energie, percorrendo a piedi in lungo e in largo la Palestina alla ricerca di persone a cui portare la buona notizia. Parlava loro nelle case, nelle piazze, nei mercati e in molti altri luoghi. Parlava loro anche quando aveva bisogno di riposare, mangiare e bere, o di un po’ di tranquillità insieme ai più intimi amici. Non smise di parlare della buona notizia del Regno di Dio nemmeno quando stava per morire (Luca 23:39-43).

      19, 20. Come illustrò Gesù l’urgenza dell’opera di predicazione?

      19 Terzo, Gesù considerava il ministero qualcosa di urgente. Pensiamo alla conversazione che ebbe con la samaritana presso il pozzo vicino a Sichar. A quanto pare gli apostoli non videro in quella situazione la necessità urgente di parlare della buona notizia. Gesù disse loro: “Non dite forse che mancano ancora quattro mesi alla mietitura? Ebbene, io vi dico, alzate gli occhi e guardate i campi: sono pronti per la mietitura” (Giovanni 4:35).

      20 Per questo esempio Gesù prese spunto dalla stagione in corso. Evidentemente era il mese di chislev (novembre/dicembre). La mietitura dell’orzo sarebbe iniziata solo quattro mesi dopo, più o meno al tempo della Pasqua, il 14 nisan. Perciò in quel momento gli agricoltori non avevano nessuna fretta, la mietitura era ancora lontana. Ma che dire della mietitura spirituale? Molti erano pronti ad ascoltare, a imparare, a diventare discepoli di Cristo e ottenere la meravigliosa speranza che Geova offriva loro. Era come se Gesù, guardando quei simbolici campi, vedesse che erano bianchi a motivo di tutte le spighe mature che ondeggiavano dolcemente alla brezza e che erano pronte per la mietitura.c Il momento era arrivato, e il lavoro era urgente. Perciò quando gli abitanti di una città cercarono di trattenerlo, Gesù rispose: “Devo annunciare la buona notizia del Regno di Dio anche in altre città, perché è per questo che sono stato mandato” (Luca 4:43).

      21. Come possiamo imitare Gesù?

      21 Possiamo imitare Gesù in tutti e tre i modi summenzionati. Possiamo fare del ministero il principale obiettivo della nostra vita. Anche se abbiamo una famiglia e delle responsabilità, possiamo dimostrare che il ministero ha la priorità svolgendolo con zelo e costanza come fece Gesù (Matteo 6:33; 1 Timoteo 5:8). Possiamo spenderci nel ministero, dedicandovi generosamente tempo, energie e risorse (Luca 13:24). E dobbiamo ricordare sempre che la nostra opera è urgente (2 Timoteo 4:2). Dobbiamo approfittare di ogni occasione per predicare.

      22. Cosa vedremo nel prossimo capitolo?

      22 Capiamo che per Gesù l’opera era della massima importanza anche dal fatto che si assicurò che quest’opera continuasse dopo la sua morte. Incaricò i suoi discepoli di portare avanti l’opera di predicare e insegnare. Questo sarà l’argomento del prossimo capitolo.

      a Per esempio la donna chiede come mai un ebreo si rivolga a una samaritana, sollevando la questione dell’ostilità esistente da secoli fra i due popoli (Giovanni 4:9). Afferma inoltre che i samaritani sono discendenti di Giacobbe, cosa che gli ebrei dell’epoca negano con decisione (Giovanni 4:12). Infatti chiamano i samaritani cutei, a sottolineare la loro discendenza da popolazioni straniere.

      b Predicare significa proclamare, o enunciare, un messaggio. Insegnare ha un significato simile ma richiede che si spieghi il messaggio in modo più approfondito e dettagliato. Un bravo insegnante sa trovare i modi per arrivare al cuore dello studente così da spingerlo ad agire in base a quello che ascolta.

      c A proposito di questo versetto, un’opera di consultazione osserva: “Il grano, quando è maturo, da verde diventa giallo pallido, a indicare che è ora di mieterlo”.

      Come possiamo seguire Gesù?

      • In che modo le nostre preghiere e le nostre azioni indicano che consideriamo urgente il ministero? (Matteo 9:35-38).

      • Se ci accorgiamo che il nostro zelo per il ministero si sta affievolendo, come ci può motivare l’esempio di Gesù? (Marco 1:35-39).

      • Quando predichiamo, come dovremmo considerare chi è misero, oppresso o emarginato? (Luca 18:35–19:10).

      • Perché nel ministero non dovremmo permettere che reazioni negative o indifferenza raffreddino il nostro zelo? (Giovanni 7:32-52).

  • “Andate e fate discepoli”
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • CAPITOLO NOVE

      “Andate e fate discepoli”

      Un grande campo pronto per essere mietuto.

      Cosa può fare l’agricoltore se la messe è troppo abbondante per raccoglierla da solo?

      1-3. (a) Cosa fa l’agricoltore quando la messe è troppo abbondante per mieterla da solo? (b) Che problema si presenta a Gesù nella primavera del 33 E.V., e come lo risolve?

      UN AGRICOLTORE si trova davanti a una situazione difficile da gestire. Mesi fa ha arato e seminato i campi. Ha osservato con attenzione i primi germogli ed era contento man mano che vedeva le pianticelle crescere. Adesso vede la ricompensa del suo duro lavoro, perché è arrivato il tempo della mietitura. Il problema è che la messe è troppo abbondante per raccoglierla da solo. Per risolvere questo problema, decide saggiamente di assumere dei lavoratori da mandare nei campi. Infatti sa che il tempo per raccogliere la sua preziosa messe è limitato.

      2 Dopo la sua risurrezione, nella primavera del 33 E.V., Gesù si trova in una situazione simile. Durante il suo ministero terreno ha seminato i semi della verità. Adesso è tempo di mietere, e la messe è abbondante. Sono molte le persone ricettive che devono essere radunate per diventare discepoli (Giovanni 4:35-38). Come risolve Gesù questo problema? Su un monte della Galilea, poco prima di ascendere al cielo, dà ai suoi discepoli l’incarico di trovare altri operai, dicendo: “Andate e fate discepoli di persone di tutte le nazioni, battezzandole [...], insegnando loro a osservare tutte le cose che vi ho comandato” (Matteo 28:19, 20).

      3 Essere un vero discepolo di Cristo significa fondamentalmente assolvere questo incarico. Rispondiamo quindi a tre domande: Perché Gesù affidò l’incarico di trovare altri operai? Come insegnò ai suoi discepoli ad assolverlo? In che modo questo incarico ci riguarda?

      Perché ci volevano altri operai

      4, 5. Perché Gesù non avrebbe portato a termine l’opera che aveva intrapreso, e chi avrebbe continuato a svolgerla dopo il suo ritorno in cielo?

      4 Nel 29 E.V., quando iniziò il suo ministero, Gesù sapeva di intraprendere un’opera che non avrebbe portato a termine da solo. Nel breve tempo che gli rimaneva sulla terra poteva raggiungere solo una zona circoscritta, e poteva portare il messaggio del Regno solo a un certo numero di persone. È vero che si limitò a predicare principalmente agli ebrei e ai proseliti, le “pecore smarrite della casa d’Israele” (Matteo 15:24). Comunque quelle “pecore smarrite” erano sparpagliate in tutto Israele, un territorio di migliaia di chilometri quadrati. E poi con il tempo si sarebbe dovuta portare la buona notizia al resto del mondo (Matteo 13:38; 24:14).

      5 Gesù era consapevole che dopo la sua morte ci sarebbe stato ancora molto lavoro da fare. Agli 11 apostoli fedeli disse: “In verità, sì, in verità vi dico: chi esercita fede in me farà anche lui le opere che faccio io; anzi, farà opere più grandi di queste, perché io vado dal Padre” (Giovanni 14:12). Dato che il Figlio stava per tornare in cielo, sarebbero stati i suoi discepoli — non solo gli apostoli, ma anche tutti quelli che sarebbero diventati discepoli in seguito — a continuare a predicare e insegnare (Giovanni 17:20). Gesù ammise umilmente che le loro opere sarebbero state “più grandi” delle sue. In che senso? Sarebbero state più grandi sotto tre aspetti.

      6, 7. (a) Sotto quali aspetti le opere fatte dai discepoli di Gesù sarebbero state più grandi delle sue? (b) Come possiamo dimostrare che la fiducia di Gesù nei suoi discepoli non è malriposta?

      6 Primo, i discepoli di Gesù avrebbero coperto un territorio più vasto. Oggi con la loro testimonianza sono arrivati fino alla più distante parte della terra, molto oltre i confini del paese in cui predicò lo stesso Gesù. Secondo, avrebbero raggiunto più persone. Ben presto i pochi discepoli che Gesù lasciò diventarono migliaia (Atti 2:41; 4:4). Adesso sono milioni, e ogni anno centinaia di migliaia di nuovi si battezzano. Terzo, avrebbero predicato per un periodo di tempo più lungo, fino ai nostri giorni, quasi 2.000 anni dopo la fine dei tre anni e mezzo del ministero di Gesù.

      7 Dicendo che i suoi discepoli avrebbero fatto “opere più grandi” delle sue, Gesù espresse fiducia in loro. Stava affidando loro un’opera che era della massima importanza per lui, quella di predicare e insegnare “la buona notizia del Regno di Dio” (Luca 4:43). Era convinto che avrebbero assolto fedelmente l’incarico. Cosa significa questo per noi oggi? Quando ci impegniamo con zelo e con tutto il cuore nel ministero, dimostriamo che la fiducia di Gesù nei suoi discepoli non è malriposta. Questo è davvero un grande onore (Luca 13:24).

      Gesù insegnò ai suoi discepoli a predicare

      Una sorella dà testimonianza al responsabile di un negozio.

      L’amore ci spinge a predicare ovunque si possano trovare persone

      8, 9. Che esempio diede Gesù nel ministero, e come possiamo imitarlo?

      8 Gesù diede ai discepoli la migliore formazione possibile per il ministero. Soprattutto diede loro un esempio perfetto (Luca 6:40). Nel capitolo precedente abbiamo parlato del suo atteggiamento verso il ministero. Pensate un momento ai discepoli che accompagnavano Gesù nella predicazione. Vedevano che lui predicava ovunque ci fossero persone: in riva ai laghi, sulle colline, nelle città, nei mercati e nelle case (Matteo 5:1, 2; Luca 5:1-3; 8:1; 19:5, 6). Vedevano che lavorava sodo, alzandosi presto e dandosi da fare fino a notte inoltrata. Per lui il ministero non era un semplice passatempo (Luca 21:37, 38; Giovanni 5:17). Senza dubbio i discepoli si accorsero che era motivato da un profondo amore per il prossimo. Forse videro riflessa sul suo viso la compassione che provava nel cuore (Marco 6:34). Che effetto pensate abbia avuto su di loro l’esempio di Gesù? Che effetto avrebbe avuto su di noi?

      9 Nel ministero noi discepoli di Cristo seguiamo il suo esempio, quindi facciamo ogni sforzo per “predicare [...] in modo completo” (Atti 10:42). Come Gesù andiamo a trovare le persone in casa loro (Atti 5:42). Se necessario modifichiamo il nostro programma per andarci quando è più probabile che siano a casa. Predichiamo loro con discrezione anche nei luoghi pubblici: per le strade, nei parchi e in zone commerciali. “Fatichiamo e ci sforziamo” di continuo nel ministero perché prendiamo sul serio quest’opera (1 Timoteo 4:10). Il sincero e profondo amore per il prossimo ci spinge a continuare a cercare le occasioni per predicare in qualsiasi momento e ovunque ci siano persone (1 Tessalonicesi 2:8).

      I discepoli pieni di gioia raccontano a Gesù i buoni risultati che hanno ottenuto nell’opera di predicazione.

      “I 70 tornarono pieni di gioia”

      10-12. Prima di mandare i discepoli a predicare quali istruzioni importanti diede loro Gesù?

      10 Un altro modo in cui Gesù insegnò ai discepoli fu quello di dare loro istruzioni esaurienti. Prima di mandare i 12 apostoli e poi i 70 discepoli a predicare, Gesù diede loro istruzioni specifiche (Matteo 10:1-15; Luca 10:1-12). Questo portò a buoni risultati, infatti Luca 10:17 dice che “i 70 tornarono pieni di gioia”. Soffermiamoci su due cose importanti che Gesù insegnò, ricordando che vanno intese alla luce delle consuetudini ebraiche dell’epoca.

      11 Gesù insegnò ai discepoli a confidare in Geova, dicendo: “Non procuratevi oro né argento né rame da portare nelle vostre cinture, né bisaccia da cibo per il viaggio, né una tunica di ricambio, né sandali, né bastone, perché l’operaio merita il suo cibo” (Matteo 10:9, 10). A quel tempo era normale che i viaggiatori avessero una cintura in cui mettere il denaro, una bisaccia per le provviste di cibo e un paio di sandali di ricambio.a Insegnando ai discepoli a non preoccuparsi per cose del genere, in effetti Gesù stava dicendo: “Confidate pienamente in Geova, penserà lui alle vostre necessità”. Geova avrebbe provveduto alle loro necessità spingendo chi accettava la buona notizia a offrire ospitalità, come era consuetudine in Israele (Luca 22:35).

      12 Gesù insegnò inoltre ai discepoli a evitare inutili distrazioni. Disse: “Non salutate nessuno lungo la strada” (Luca 10:4). Stava forse dicendo loro di essere freddi o distaccati? Niente affatto. Nei tempi biblici salutarsi richiedeva molto più che un semplice “ciao”. Abitualmente i saluti comportavano diversi convenevoli e lunghe conversazioni. Un biblista afferma: “Fra gli orientali i saluti non consistevano, come per noi, in un semplice cenno del capo o in una stretta di mano, ma in numerosi abbracci, inchini e tanti salamelecchi. Tutto ciò richiedeva molto tempo”. Dicendo ai discepoli di evitare i saluti tradizionali, in un certo senso Gesù stava dicendo: “Dovete sfruttare al massimo il tempo che avete perché il messaggio che portate è urgente”.b

      13. In quali modi possiamo dimostrare che prendiamo a cuore le istruzioni che Gesù diede ai discepoli del I secolo?

      13 Noi prendiamo a cuore le istruzioni che Gesù diede ai discepoli del I secolo. Nel compiere il nostro ministero, riponiamo completa fiducia in Geova (Proverbi 3:5, 6). Sappiamo che se ‘continuiamo a cercare prima il Regno’ non ci mancherà mai il necessario per vivere (Matteo 6:33). In tutto il mondo proclamatori del Regno a tempo pieno possono confermare che, anche nei momenti difficili, la mano di Geova non è mai corta (Salmo 37:25). Riconosciamo la necessità di evitare le distrazioni. Se non stiamo attenti, questo sistema di cose può facilmente farci perdere di vista ciò che conta davvero (Luca 21:34-36). Questo però non è il momento di farsi distrarre. Il nostro messaggio è urgente, sono in gioco delle vite (Romani 10:13-15). Tenendo vivo nel cuore il senso di urgenza, eviteremo che le distrazioni di questo mondo ci sottraggano il tempo e le energie che sarebbe meglio impiegare nel ministero. Ricordiamo che è rimasto poco tempo e la messe è grande (Matteo 9:37, 38).

      Un incarico che ci riguarda

      14. Da cosa si capisce che l’incarico riportato in Matteo 28:18-20 riguarda tutti i discepoli di Cristo? (Vedi anche la nota in calce.)

      14 Con le parole “andate e fate discepoli”, Gesù, dopo essere stato risuscitato, affidò una grande responsabilità ai suoi discepoli, ma non solo a quelli che in quel giorno di primavera erano lì sul monte in Galilea.c L’incarico che diede comportava che si raggiungessero “persone di tutte le nazioni” e che quest’opera continuasse “fino alla conclusione del sistema di cose”. Chiaramente questo riguarda tutti i discepoli di Cristo, noi compresi. Consideriamo più da vicino le parole di Gesù riportate in Matteo 28:18-20.

      15. Perché facciamo bene a ubbidire al comando di Gesù di fare discepoli?

      15 Prima di dare l’incarico Gesù dice: “Ogni autorità mi è stata data in cielo e sulla terra” (versetto 18). Gesù ha davvero così tanta autorità? Senz’altro. Lui è l’arcangelo, al cui comando rispondono miriadi di angeli (1 Tessalonicesi 4:16; Rivelazione 12:7). Essendo “capo della congregazione” ha autorità sui suoi discepoli sulla terra (Efesini 5:23). Dal 1914 regna quale Re messianico in cielo (Rivelazione 11:15). Ha autorità anche sulla morte, dato che ha il potere di risuscitare i morti (Giovanni 5:26-28). Dichiarando prima la sua grande autorità, Gesù indica che le parole successive non sono un consiglio ma un comando. Facciamo bene a ubbidire, dato che Gesù non ha assunto tale autorità di sua iniziativa, ma gli è stata conferita da Dio (1 Corinti 15:27).

      16. Cosa implica l’invito che ci fa Gesù dicendo “andate”, e come assolviamo questo incarico?

      16 Quando Gesù affidò ai suoi discepoli l’incarico, iniziò con una sola parola: “Andate” (versetto 19). Pertanto ci ordina di prendere l’iniziativa e di portare ad altri il messaggio del Regno. Ci sono svariati metodi per assolvere questo incarico. La predicazione di casa in casa è il modo più efficace per stabilire un contatto diretto con le persone (Atti 20:20). Cerchiamo anche le occasioni per dare testimonianza informale; nella vita di tutti i giorni siamo pronti a iniziare una conversazione sulla buona notizia ogni volta che le circostanze lo permettono. I nostri metodi possono variare in base ai bisogni e alle circostanze locali. Una cosa però non cambia: ‘andiamo’ e cerchiamo chi è meritevole (Matteo 10:11).

      17. In che modo ‘facciamo discepoli’?

      17 Poi Gesù spiega l’obiettivo dell’incarico, cioè ‘fare discepoli di persone di tutte le nazioni’ (versetto 19). Come ‘facciamo discepoli’? Fondamentalmente il discepolo è colui che apprende, impara. Tuttavia per ‘fare discepoli’ non basta impartire conoscenza ad altri. Quando studiamo la Bibbia con qualcuno, il nostro obiettivo è aiutarlo a diventare un discepolo di Cristo. Ogni volta che è possibile diamo risalto all’esempio di Gesù affinché le persone imparino a considerarlo il loro Maestro e a seguirne l’esempio, vivendo come visse lui e compiendo l’opera che compì lui (Giovanni 13:15).

      18. Perché il battesimo è il passo più importante nella vita di un discepolo?

      18 Una parte essenziale dell’incarico è espressa con le parole: “Battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello spirito santo” (versetto 19). Il battesimo è il passo più importante nella vita di un discepolo, perché dimostra chiaramente che si è dedicato con tutto il cuore a Geova. Quindi è essenziale per la salvezza (1 Pietro 3:21). Infatti, continuando a fare del suo meglio per servire Geova, il discepolo battezzato può aspettarsi di ricevere moltissime benedizioni nel nuovo mondo. Avete aiutato qualcuno a diventare un discepolo battezzato di Cristo? Nel ministero non c’è motivo di gioia più grande (3 Giovanni 4).

      19. Cosa insegniamo ai nuovi, e perché l’insegnamento potrebbe continuare dopo il loro battesimo?

      19 Gesù spiega la parte successiva dell’incarico dicendo: “Insegnando loro a osservare tutte le cose che vi ho comandato” (versetto 20). Insegniamo ai nuovi a ubbidire ai comandamenti di Gesù, tra cui quello di amare Dio, di amare il prossimo e di fare discepoli (Matteo 22:37-39). Insegniamo loro gradualmente a spiegare le verità bibliche e a difendere la fede che sta crescendo in loro. Quando sono idonei per l’opera di predicazione, la svolgiamo insieme a loro, insegnando a parole e con l’esempio a compiere quest’opera in modo produttivo. L’opera di insegnamento non finisce necessariamente prima che un discepolo si battezzi. Chi si è appena battezzato può ancora avere bisogno di aiuto per poter affrontare i problemi che incontrerà seguendo Cristo (Luca 9:23, 24).

      “Sono con voi tutti i giorni”

      20, 21. (a) Mentre assolviamo l’incarico che Gesù ci ha affidato, perché non c’è motivo di avere paura? (b) Perché non è il momento di rallentare, e cosa dovremmo essere determinati a fare?

      20 Quello che Gesù disse ai suoi discepoli subito dopo aver dato loro l’incarico è rassicurante: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla conclusione del sistema di cose” (Matteo 28:20). Gesù riconosce che questo è un incarico impegnativo. E sa che assolverlo a volte provocherà reazioni ostili da parte degli oppositori (Luca 21:12). Ma non c’è motivo di aver paura. Gesù non si aspetta che assolviamo l’incarico da soli o senza aiuto. Non è confortante sapere che lui, che ha “ogni autorità [...] in cielo e sulla terra”, è con noi per aiutarci a portarlo a termine?

      21 Gesù assicurò ai discepoli che sarebbe stato con loro mentre svolgevano il ministero per tutti i secoli fino alla “conclusione del sistema di cose”. Finché non verrà la fine, dobbiamo continuare ad assolvere il compito affidatoci da Gesù. Non è il momento di rallentare. È in corso un’abbondante raccolta spirituale. Vengono radunate persone ricettive in gran numero. Quali discepoli di Cristo siamo determinati a svolgere l’impegnativo incarico che ci ha affidato. Siamo risoluti a dedicare tempo, energie e risorse per ubbidire al comando di Gesù: “Andate e fate discepoli”.

      a La cintura per il denaro aveva una specie di tasca in cui mettere le monete. La bisaccia era una borsa più grande, di solito di pelle, portata sulla spalla e usata per riporvi viveri o altre provviste.

      b Il profeta Eliseo una volta aveva dato istruzioni simili. Quando mandò Gheazi, suo servitore, a casa della donna a cui era appena morto il figlio, Eliseo disse: “Se incontri qualcuno, non lo salutare” (2 Re 4:29). La missione era urgente, quindi non era il momento di attardarsi inutilmente.

      c Dato che la maggior parte dei suoi discepoli si trovava in Galilea, forse è nella circostanza descritta in Matteo 28:16-20 che Gesù apparve “a più di 500” (1 Corinti 15:6). Perciò quando diede l’incarico di fare discepoli i presenti potevano essere centinaia.

      Come possiamo seguire Gesù?

      • Che atteggiamento dovremmo avere quando portiamo il messaggio del Regno alle persone? (Matteo 10:11-13; Luca 10:5).

      • In che modo le parole di Gesù possono aiutarci ad andare avanti quando incontriamo opposizione nell’opera di predicazione? (Marco 13:9-13).

      • Come dobbiamo comportarci con chi non ascolta il nostro messaggio? (Luca 10:10, 11).

      • Se mettiamo al primo posto l’opera di predicazione, che fiducia possiamo avere? (Luca 12:22-31).

  • “È scritto”
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • CAPITOLO DIECI

      “È scritto”

      Gesù legge da un rotolo nella sinagoga.

      “Oggi questo passo della Scrittura [...] si è adempiuto”

      1-3. Quale importante verità Gesù desidera che gli abitanti di Nazaret capiscano, e quali prove presenta?

      GESÙ CRISTO è all’inizio del suo ministero. È tornato a Nazaret, il paese in cui è cresciuto. Il suo obiettivo è aiutare la gente a comprendere una verità molto importante: è lui il Messia predetto da tempo! Quali prove fornisce?

      2 Molti senza dubbio si aspettano un miracolo. Hanno sentito parlare delle incredibili opere compiute da Gesù. Lui però non fa niente del genere. Piuttosto, com’è sua abitudine, va alla sinagoga. Quando si alza in piedi per leggere gli porgono il rotolo di Isaia. È un rotolo lungo, e Gesù lo srotola con cura da una parte all’altra finché trova il brano che cerca. Poi legge ad alta voce le parole che oggi troviamo in Isaia 61:1-3 (Luca 4:16-19).

      3 Sicuramente è un brano ben noto ai presenti. È una profezia che riguarda il Messia. Nella sinagoga tutti gli sguardi sono fissi su Gesù. Il silenzio è assoluto. Poi Gesù comincia a spiegare, forse aggiungendo ulteriori particolari: “Oggi questo passo della Scrittura che avete appena ascoltato si è adempiuto”. L’uditorio si meraviglia delle sue parole avvincenti, ma molti a quanto pare vogliono ancora vedere un segno spettacolare. Invece Gesù, deciso, ricorre a un esempio scritturale per evidenziare la loro mancanza di fede. Poco dopo la gente di Nazaret cerca di ucciderlo (Luca 4:20-30).

      4. Che modello stabilì Gesù nel suo ministero, e cosa prenderemo in considerazione in questo capitolo?

      4 In quell’occasione Gesù si attenne rigorosamente all’ispirata Parola di Dio, stabilendo il modello che avrebbe seguito durante tutto il suo ministero. I suoi miracoli costituirono senz’altro un’importante prova che aveva lo spirito di Dio. Ma per Gesù niente aveva maggior peso delle Sacre Scritture. Esaminiamo il suo esempio sotto questo aspetto. Vedremo in che modo il nostro Maestro citava, difendeva e spiegava la Parola di Dio.

      Citava la Parola di Dio

      5. Cosa voleva far capire Gesù ai suoi ascoltatori, e come dimostrò quanto fossero vere le sue parole?

      5 Gesù voleva che la gente sapesse da dove veniva il suo messaggio. Dichiarò: “Quello che insegno non è mio, ma di colui che mi ha mandato” (Giovanni 7:16). In un’altra occasione disse: “Non faccio nulla di mia iniziativa, ma dico queste cose come me le ha insegnate il Padre” (Giovanni 8:28). Inoltre affermò: “Le cose che vi dico non le dico di mia iniziativa ma è il Padre, che rimane unito a me, a fare le sue opere” (Giovanni 14:10). Gesù dimostrò quanto fossero vere queste affermazioni citando ripetutamente la Parola di Dio.

      6, 7. (a) Quanto estesamente Gesù citò le Scritture Ebraiche, e perché questo è degno di nota? (b) In che modo l’insegnamento di Gesù differiva da quello degli scribi?

      6 Un attento studio delle parole di Gesù che sono state messe per iscritto rivela che citò direttamente o indirettamente più di metà dei libri del canone delle Scritture Ebraiche. Sulle prime potrebbe sembrare che non ci sia niente di straordinario in questo. Qualcuno potrebbe chiedersi perché in tre anni e mezzo di predicazione e insegnamento non abbia citato tutti i libri ispirati che aveva a disposizione. In realtà può darsi benissimo che l’abbia fatto. Ricordiamo però che solo di una piccola parte delle parole e delle azioni di Gesù abbiamo una documentazione scritta (Giovanni 21:25). Infatti basterebbero poche ore per leggere ad alta voce tutte le parole di Gesù riportate nella Bibbia. Immaginate di parlare di Dio e del suo Regno solo per poche ore. Sareste in grado di citare più di metà dei libri delle Scritture Ebraiche? Inoltre il più delle volte Gesù non aveva a portata di mano i rotoli. Quando pronunciò il famoso Discorso della Montagna incluse decine di riferimenti diretti e indiretti alle Scritture Ebraiche, tutti a memoria!

      7 Le sue citazioni dimostravano il profondo rispetto che aveva per la Parola di Dio. I presenti “si stupivano del suo modo d’insegnare, perché insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi” (Marco 1:22). Agli scribi piaceva insegnare rifacendosi alla cosiddetta legge orale, cioè citando dotti rabbi del passato. Gesù non citò neanche una volta come autorità la legge orale o qualche rabbi. Per lui la massima autorità era la Parola di Dio. Infatti più volte disse: “È scritto”. Nell’insegnare ai suoi discepoli e nel correggere idee sbagliate usava spesso queste o parole simili.

      8, 9. (a) Quando purificò il tempio, in che modo Gesù sostenne l’autorità della Parola di Dio? (b) Perché possiamo dire che i capi religiosi mostrarono grave mancanza di rispetto per la Parola di Dio?

      8 Quando purificò il tempio a Gerusalemme, Gesù disse: “È scritto: ‘La mia casa sarà chiamata casa di preghiera’, ma voi ne fate un covo di ladri” (Matteo 21:12, 13; Isaia 56:7; Geremia 7:11). Il giorno prima, sempre nel tempio, aveva compiuto molte opere straordinarie. Dei ragazzini, profondamente colpiti, avevano cominciato a lodarlo. Tuttavia i capi religiosi, indignati, avevano chiesto a Gesù se aveva sentito quello che dicevano quei ragazzini, e lui aveva risposto: “Sì. Non avete mai letto questo: ‘Dalla bocca dei bambini e dei lattanti ti sei procurato lode’?” (Matteo 21:16; Salmo 8:2). Gesù voleva far sapere loro che tutto quello che stava accadendo era stato profetizzato nella Parola di Dio.

      9 Più tardi quei capi religiosi si radunarono e affrontarono Gesù, chiedendo: “Con quale autorità fai queste cose?” (Matteo 21:23). Gesù aveva indicato chiaramente da dove proveniva la sua autorità. Non aveva inventato niente, né introdotto nuove dottrine. Si era limitato a mettere in pratica quello che diceva l’ispirata Parola del Padre. In realtà, quindi, quei sacerdoti e quegli scribi stavano mostrando grave mancanza di rispetto per Geova e per la sua Parola. Meritavano pienamente la condanna di Gesù, che smascherò i loro malvagi motivi (Matteo 21:23-46).

      10. Come possiamo imitare Gesù nell’usare la Parola di Dio, e quali strumenti abbiamo a disposizione che lui non aveva?

      10 Come Gesù, oggi i veri cristiani basano il loro insegnamento sulla Parola di Dio. Noi Testimoni di Geova siamo conosciuti in tutto il mondo per lo zelo con cui portiamo agli altri il messaggio della Bibbia. Le nostre pubblicazioni contengono moltissime citazioni bibliche. Similmente nel ministero cerchiamo di dare risalto alle Scritture ogni volta che parliamo con le persone (2 Timoteo 3:16). Siamo davvero felici quando qualcuno ci lascia aprire la Bibbia e spiegare il valore e il significato della Parola di Dio! Non abbiamo una memoria perfetta come Gesù, ma abbiamo a disposizione molti strumenti che lui non aveva. Oltre alla Bibbia completa, pubblicata in sempre più lingue, abbiamo molti strumenti per lo studio della Bibbia che ci aiutano a trovare qualsiasi versetto cerchiamo. Continuiamo a sfruttare ogni occasione per citare la Bibbia e incoraggiare le persone a leggerla.

      Difendeva la Parola di Dio

      11. Perché Gesù dovette spesso difendere la Parola di Dio?

      11 Gesù sapeva che la Parola di Dio era costantemente sotto attacco, e questo non lo sorprendeva. “La tua parola è verità”, disse in preghiera a suo Padre (Giovanni 17:17). E sapeva bene che Satana, “il governante del mondo”, è “bugiardo e padre della menzogna” (Giovanni 8:44; 14:30). Nel respingere le tentazioni di Satana, Gesù citò tre volte le Scritture. Satana citò un versetto dei Salmi, travisandolo deliberatamente, e Gesù replicò difendendo la Parola di Dio da quell’inganno (Matteo 4:6, 7).

      12-14. (a) In quali modi i capi religiosi mancavano di rispetto per la Legge mosaica? (b) In che modo Gesù difese la Parola di Dio?

      12 Gesù difese spesso le Sacre Scritture quando venivano interpretate o applicate male. I maestri religiosi dei suoi giorni presentavano la Parola di Dio in modo distorto. Davano molta importanza all’osservanza dei minimi particolari della Legge mosaica, ma pochissima all’applicazione dei princìpi su cui si basavano le leggi. Così incoraggiavano una forma di adorazione superficiale, che dava risalto all’apparenza invece che alle cose che contavano davvero, quali giustizia, misericordia e fedeltà (Matteo 23:23). In che modo Gesù difese la Legge di Dio?

      13 Nel Discorso della Montagna Gesù ripeté più volte la frase “avete sentito che fu detto” per introdurre un comando della Legge mosaica. Poi aggiungeva “ma io vi dico” ed esponeva un principio molto più profondo dell’osservanza superficiale della Legge. Metteva forse in discussione la Legge? No, la difendeva. Per esempio, i presenti conoscevano bene il comando “non devi assassinare”, ma Gesù precisò che odiare una persona violava lo spirito di quel comando. In modo simile, provare passione per chi non era il proprio coniuge violava il principio su cui si basava la legge di Dio che vietava l’adulterio (Matteo 5:17, 18, 21, 22, 27-39).

      14 Infine Gesù disse: “Avete sentito che fu detto: ‘Devi amare il tuo prossimo e odiare il tuo nemico’. Ma io vi dico: continuate ad amare i vostri nemici e a pregare per quelli che vi perseguitano” (Matteo 5:43, 44). Il comando di ‘odiare il nemico’ era forse tratto dalla Parola di Dio? No, era qualcosa che insegnavano di propria iniziativa i capi religiosi, inquinando la perfetta Legge di Dio con idee umane. Gesù difese con coraggio la Parola di Dio dai deleteri effetti delle tradizioni umane (Marco 7:9-13).

      15. In che modo Gesù difese la Legge di Dio dai tentativi di farla apparire troppo restrittiva, persino opprimente?

      15 Inoltre i capi religiosi mettevano in cattiva luce la Legge di Dio facendola apparire troppo restrittiva, persino opprimente. Quando i discepoli di Gesù passando per un campo colsero delle spighe di grano, alcuni farisei li accusarono di violare il Sabato. Gesù usò un esempio tratto dalle Scritture per difendere la Parola di Dio da quella veduta distorta. Citò l’unico riferimento scritturale che riguardava l’uso del pane di presentazione fuori dal santuario: l’episodio in cui Davide e i suoi uomini affamati lo mangiarono. Gesù mostrò a quei farisei che non avevano afferrato il senso della misericordia e della compassione di Geova (Marco 2:23-27).

      16. In che modo i capi religiosi avevano storpiato il comando di Mosè relativo al divorzio, e come reagì Gesù?

      16 I capi religiosi escogitarono anche scappatoie legali per rendere inefficace la Legge di Dio. Per esempio la Legge consentiva a un uomo di divorziare dalla moglie se trovava “qualcosa di sconveniente” in lei, evidentemente un problema grave che recava disonore alla famiglia (Deuteronomio 24:1). Tuttavia, sulla base di quella concessione, ai giorni di Gesù i capi religiosi scusavano chi divorziava dalla moglie per qualsiasi motivo, persino per aver bruciato la cena.a Gesù dimostrò che avevano snaturato le parole ispirate di Mosè. Quindi riaffermò la norma originale di Geova per il matrimonio, cioè la monogamia, indicando che l’unico motivo per cui è consentito il divorzio è l’immoralità sessuale (Matteo 19:3-12).

      17. In che modo oggi i cristiani possono imitare Gesù difendendo la Parola di Dio?

      17 Allo stesso modo oggi i discepoli di Cristo si sentono in obbligo di difendere le Sacre Scritture. Certi capi religiosi in effetti attaccano la Parola di Dio sostenendo che le sue norme morali sono antiquate. Lo stesso accade anche quando le religioni insegnano falsità e le presentano come dottrine bibliche. Per noi è un privilegio difendere la verità della sacra Parola di Dio, spiegando per esempio che Dio non fa parte di una Trinità (Deuteronomio 4:39). E lo facciamo gentilmente, con mitezza e profondo rispetto (1 Pietro 3:15).

      Spiegava la Parola di Dio

      18, 19. Quali esempi dimostrano la straordinaria capacità che aveva Gesù di spiegare la Parola di Dio?

      18 Gesù era in cielo durante la stesura delle Scritture Ebraiche. Come sarà stato felice di venire sulla terra e aiutare gli esseri umani a comprendere la Parola di Dio! Pensate, per esempio, a quel giorno memorabile dopo la sua risurrezione quando incontrò due discepoli sulla via di Emmaus. Prima di riconoscerlo, quei discepoli gli confidarono di essere molto tristi e confusi per la morte del loro amato Maestro. Cosa fece allora Gesù? “Cominciando da Mosè e da tutti i Profeti, spiegò loro tutto ciò che le Scritture dicevano riguardo a lui”. Quale fu la loro reazione? In seguito si dissero l’un l’altro: “Non ardeva il nostro cuore mentre ci parlava lungo il cammino e ci spiegava le Scritture?” (Luca 24:15-32).

      19 Più tardi quel giorno Gesù si incontrò con gli apostoli e altri. Notate cosa fece: “Aprì loro la mente perché afferrassero appieno il significato delle Scritture” (Luca 24:45). Senza dubbio quella felice occasione ricordò loro le tante volte in cui Gesù aveva fatto qualcosa di simile per loro, e per chiunque volesse ascoltare. Spesso aveva citato passi biblici che conoscevano bene e li aveva spiegati in modo tale da aprire la mente degli ascoltatori a un nuovo e più profondo intendimento della Parola di Dio.

      20, 21. Come spiegò Gesù quello che Geova aveva detto a Mosè al roveto ardente?

      20 Una volta Gesù stava parlando a un gruppo di sadducei. I sadducei, setta del giudaismo che aveva stretta relazione con il sacerdozio, non credevano nella risurrezione. Gesù disse loro: “Riguardo alla risurrezione dei morti, non avete letto ciò che vi fu dichiarato da Dio, che disse: ‘Io sono l’Iddio di Abraamo, l’Iddio di Isacco e l’Iddio di Giacobbe’? Egli non è l’Iddio dei morti, ma dei vivi” (Matteo 22:31, 32). Era un passo che conoscevano bene, scritto da Mosè, di cui i sadducei avevano profondo rispetto. Che spiegazione efficace diede Gesù!

      21 Mosè aveva parlato con Geova presso il roveto ardente verso il 1514 a.E.V. (Esodo 3:2, 6). All’epoca Abraamo era morto da 329 anni, Isacco da 224 e Giacobbe da 197. Eppure Geova disse “io sono” il loro Dio. Quei sadducei sapevano che Geova non è un dio pagano dei morti, che domina un mitico mondo dell’oltretomba. No, è l’Iddio “dei vivi”, come disse Gesù. Cosa significa questo? La conclusione di Gesù fu incisiva: “Per lui sono tutti vivi” (Luca 20:38). I cari servitori di Geova Dio che sono morti sono al sicuro nella sua memoria perfetta e illimitata. Il proposito di Geova di risuscitarli è così certo che si possono considerare vivi (Romani 4:16, 17). Questa è davvero una bellissima spiegazione della Parola di Dio. Non c’è da meravigliarsi se “le folle rimasero stupite” (Matteo 22:33).

      22, 23. (a) Come possiamo imitare Gesù quando spieghiamo la Parola di Dio? (b) Cosa prenderemo in esame nel prossimo capitolo?

      22 Oggi i cristiani hanno il privilegio di imitare il modo in cui Gesù spiegava la Parola di Dio. È vero, noi non abbiamo una mente perfetta. Comunque spesso riusciamo a spiegare ad altri un passo biblico che già conoscono e a portare alla loro attenzione degli aspetti a cui forse non avevano mai pensato. Per esempio, magari ripetono da una vita “sia santificato il tuo nome” e “venga il tuo Regno” senza nemmeno sapere qual è il nome di Dio e cos’è il suo Regno (Matteo 6:9, 10). Che straordinaria opportunità abbiamo quando qualcuno ci permette di dare spiegazioni chiare e semplici di queste verità bibliche!

      23 Citando, difendendo e spiegando la Parola di Dio imitiamo il modo in cui Gesù insegnava la verità. Ora prenderemo in esame alcuni metodi efficaci che Gesù usò per arrivare al cuore delle persone con le verità bibliche.

      a Giuseppe Flavio, storico del I secolo, fariseo e lui stesso divorziato, afferma che il divorzio è consentito “per qualsivoglia motivo”. E aggiunge: “Tra gli uomini possono sorgere molti di questi motivi” (Antichità giudaiche, IV, 253, a cura di L. Moraldi, UTET, Torino, 2006).

      Come possiamo seguire Gesù?

      • Perché non dobbiamo permettere che opinioni o tradizioni umane diventino per noi più importanti della Parola di Dio? (Matteo 15:2-11).

      • Quando rispondiamo a delle domande, perché è bene indirizzare l’attenzione alla Bibbia? (Luca 10:25-28).

      • Come possiamo imitare la prontezza con cui Gesù si fece guidare dalle parole profetiche di Dio nella vita e nel prendere decisioni? (Luca 18:31-34; 22:37).

      • Se qualcuno mette in discussione le nostre convinzioni, perché dovremmo sempre basare la nostra difesa sulla Parola di Dio? (Giovanni 10:31-39).

  • “Nessuno ha mai parlato così”
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • CAPITOLO UNDICI

      “Nessuno ha mai parlato così”

      1, 2. (a) Perché le guardie che erano state mandate ad arrestare Gesù tornarono a mani vuote? (b) Cosa rendeva Gesù un insegnante eccezionale?

      I FARISEI sono furibondi. Gesù è nel tempio e insegna riguardo a suo Padre. Gli ascoltatori sono divisi: molti ripongono fede in Gesù, mentre altri vogliono fermarlo. In preda alla rabbia i capi religiosi mandano delle guardie ad arrestarlo. Le guardie, però, tornano a mani vuote. I capi sacerdoti e i farisei esigono una spiegazione: “Perché non lo avete portato qui?” Le guardie rispondono: “Nessuno ha mai parlato così”. Erano rimaste talmente colpite dal modo di insegnare di Gesù che non se l’erano sentita di arrestarlo (Giovanni 7:45, 46).a

      2 Il modo di insegnare di Gesù non colpì soltanto quelle guardie. Si radunavano in tantissimi per ascoltarlo (Marco 3:7, 9; 4:1; Luca 5:1-3). Cosa rendeva Gesù un insegnante eccezionale? Come abbiamo visto al capitolo 8, amava le verità che insegnava e amava la gente a cui le insegnava. Ma sapeva anche usare magistralmente i metodi didattici. Esaminiamo tre degli efficaci metodi che usò e vediamo come possiamo imparare a usarli anche noi.

      Semplicità

      3, 4. (a) Perché Gesù usava un linguaggio semplice quando insegnava? (b) Perché si può dire che il Discorso della Montagna è un esempio della semplicità con cui Gesù insegnava?

      3 Riuscite a immaginare la ricchezza di vocaboli che Gesù avrebbe potuto sfoggiare? Eppure quando insegnava non parlò mai in modo incomprensibile per gli ascoltatori, molti dei quali erano “illetterati e comuni” (Atti 4:13). Teneva conto dei loro limiti, non subissandoli mai di informazioni (Giovanni 16:12). Le sue parole erano semplici ma trasmettevano verità davvero profonde.

      4 Prendiamo per esempio il Discorso della Montagna, riportato in Matteo 5:3–7:27. In questo discorso Gesù dà consigli molto profondi, che vanno alla radice delle cose. Non ci sono idee o frasi complicate, non c’è neanche una parola che persino un bambino non possa capire. Quindi non c’è da sorprendersi se quando Gesù terminò, le folle — fra cui probabilmente c’erano molti agricoltori, pastori e pescatori — “erano stupite del suo modo d’insegnare” (Matteo 7:28).

      5. Fate esempi di frasi semplici, ma ricche di significato, pronunciate da Gesù.

      5 Quando insegnava, Gesù usava spesso frasi semplici, brevi, ma piene di significato. Così, molto prima che esistessero i libri stampati, impresse in modo indelebile il suo messaggio nella mente e nel cuore degli ascoltatori. Facciamo qualche esempio. “Smettete di giudicare affinché non siate giudicati”. “Non sono quelli che stanno bene ad avere bisogno del medico, ma i malati”. “Lo spirito è volenteroso, ma la carne è debole”. “Rendete a Cesare ciò che è di Cesare, ma a Dio ciò che è di Dio”. “C’è più felicità nel dare che nel ricevere” (Matteo 7:1; 9:12; 26:41; Marco 12:17; Atti 20:35).b Sono passati quasi 2.000 anni, ma quelle frasi sono rimaste memorabili.

      6, 7. (a) Per insegnare con semplicità, perché è importante usare un linguaggio chiaro? (b) Come possiamo evitare di subissare lo studente di informazioni?

      6 Come si fa a insegnare con semplicità? L’importante è usare un linguaggio chiaro che la maggioranza delle persone può afferrare facilmente. Le verità basilari della Parola di Dio non sono complicate. Geova ha rivelato il suo proposito a coloro che sono di cuore umile e sincero (1 Corinti 1:26-28). Parole semplici scelte con cura possono trasmettere con efficacia le verità della Parola di Dio.

      Un fratello studia la Bibbia con un uomo.

      Quando insegnate, siate semplici

      7 Per insegnare con semplicità dobbiamo evitare di subissare lo studente di informazioni. Perciò, quando studiamo la Bibbia con qualcuno, non cerchiamo di spiegare ogni particolare; non occorre neanche trattare in fretta e furia il materiale come se la cosa più importante fosse trattarne una determinata quantità. Piuttosto, è meglio che siano i bisogni e le capacità dello studente a determinare il ritmo dello studio. Il nostro obiettivo è aiutare chi studia a diventare un discepolo di Cristo e un servitore di Geova. Per questo dobbiamo prenderci tutto il tempo necessario per aiutare lo studente a capire in misura ragionevole quello che sta imparando. Solo allora la verità della Bibbia arriverà al suo cuore e lo spingerà a mettere in pratica quello che ha studiato (Romani 12:2).

      Domande efficaci

      8, 9. (a) Perché Gesù faceva domande? (b) In che modo Gesù si servì di domande per aiutare Pietro a trarre la conclusione giusta circa il pagamento della tassa del tempio?

      8 Gesù faceva molte domande, anche quando sarebbe stato più sbrigativo dire direttamente agli ascoltatori come stavano le cose. Perché lo faceva? A volte usava domande incisive per smascherare i motivi degli oppositori e così metterli a tacere (Matteo 21:23-27; 22:41-46). In molti casi, però, poneva domande per aiutare i discepoli a esprimere quello che avevano in mente e per stimolarli e abituarli a riflettere. Infatti faceva domande del tipo: “Che ne pensate?” e “Tu ci credi?” (Matteo 18:12; Giovanni 11:26). In questo modo Gesù arrivava al cuore dei discepoli. Facciamo un esempio.

      9 Una volta degli esattori di tasse chiesero a Pietro se Gesù pagava la tassa del tempio.c Pietro rispose immediatamente: “Sì”. Più tardi Gesù ragionò con lui: “Che ne pensi, Simone? Da chi i re della terra ricevono imposte o tributi? Dai loro figli o dagli estranei?” Pietro rispose: “Dagli estranei”. E Gesù disse: “I figli dunque sono esenti dalle tasse” (Matteo 17:24-27). A Pietro senza dubbio era chiaro il senso di quelle domande, perché si sapeva che i familiari dei monarchi non dovevano pagare le tasse. Perciò, essendo il Figlio unigenito del Re celeste che veniva adorato nel tempio, Gesù non era tenuto a pagare la tassa. Invece di limitarsi a dare a Pietro la risposta corretta, Gesù fece con tatto delle domande per aiutarlo a trarre la conclusione giusta e magari a capire che in futuro avrebbe dovuto riflettere un po’ di più prima di rispondere.

      Una sorella predica a una donna che tiene in braccio il bambino.

      Adattate le domande agli interessi della persona

      10. Come possiamo usare in modo efficace le domande quando predichiamo di casa in casa?

      10 Come possiamo usare in modo efficace le domande nel ministero? Quando predichiamo di casa in casa, possiamo fare domande per suscitare interesse e magari riuscire a parlare della buona notizia. Per esempio, se viene alla porta una persona anziana, potremmo chiedere in modo rispettoso: “Ha visto com’è cambiato il mondo durante la sua vita?” Ascoltata la risposta, potremmo chiedere: “Secondo lei cosa servirebbe per rendere questo mondo più vivibile?” (Matteo 6:9, 10). Se ci apre una mamma con dei bambini piccoli, potremmo dire: “Si è mai chiesta come sarà il mondo quando i suoi bambini saranno cresciuti?” (Salmo 37:10, 11). Essendo buoni osservatori saremo in grado di scegliere una domanda adatta, una domanda che susciti l’interesse della persona.

      11. Come possiamo usare in modo efficace le domande quando studiamo la Bibbia con qualcuno?

      11 Come possiamo usare in modo efficace le domande quando studiamo la Bibbia con qualcuno? Domande scelte con attenzione possono aiutarci a scoprire cosa pensa davvero lo studente (Proverbi 20:5). Per esempio, supponiamo che stiamo studiando la lezione 43, “Che punto di vista dovrebbero avere i cristiani sull’alcol?”, del libro Puoi vivere felice per sempre.d La lezione evidenzia il punto di vista di Dio sul consumo eccessivo di alcol e sull’ubriachezza. Magari le risposte dello studente indicano che capisce quello che la Bibbia insegna, ma è d’accordo con quello che sta imparando? Potremmo chiedere: “Ti sembra ragionevole il punto di vista di Dio su questo argomento?” Oppure: “Come puoi mettere in pratica queste informazioni nella tua vita?” Ricordiamo però che è necessario avere tatto e rispettare la dignità dello studente. Non vorremo mai fare domande che lo mettano in imbarazzo (Proverbi 12:18).

      Ragionamenti logici

      12-14. (a) In quali modi Gesù usò efficacemente la sua capacità di fare ragionamenti logici? (b) Quale logica stringente usò Gesù quando i farisei attribuirono il suo potere a Satana?

      12 Avendo una mente perfetta Gesù ragionava con gli altri in modo magistrale. A volte si serviva di una logica stringente per confutare le false accuse degli oppositori. In molti casi ricorreva a ragionamenti persuasivi per impartire preziose lezioni ai suoi discepoli. Vediamo alcuni esempi.

      13 Dopo che aveva guarito un indemoniato che era cieco e muto, i farisei accusarono Gesù dicendo: “Quest’uomo non espelle i demòni se non per mezzo di Beelzebub [Satana], capo dei demòni”. Ammisero che per espellere i demòni ci voleva un potere sovrumano, ma attribuirono a Satana il potere di Gesù. L’accusa non solo era falsa, ma anche illogica. Per smascherare l’assurdità del loro ragionamento, Gesù replicò: “Ogni regno diviso al suo interno finisce in rovina, e ogni città o casa divisa al suo interno non resterà in piedi. Allo stesso modo, se Satana espelle Satana, in realtà è in lotta contro sé stesso; come potrà dunque il suo regno restare in piedi?” (Matteo 12:22-26). Gesù in effetti stava dicendo: “Se io agissi per conto di Satana ma nello stesso tempo ostacolassi quello che fa lui, Satana andrebbe contro i suoi interessi e presto cadrebbe”. Come potevano confutare una logica così convincente?

      14 Gesù non aveva ancora finito di ragionare con loro. Sapendo che alcuni discepoli degli stessi farisei avevano espulso demòni, fece una domanda semplice ma efficace: “Se io espello i demòni per mezzo di Beelzebub, per mezzo di chi li espellono i vostri figli [o discepoli]?” (Matteo 12:27). Il senso del ragionamento di Gesù era questo: “Se io espello i demòni grazie al potere di Satana, allora i vostri discepoli devono agire mediante lo stesso potere”. Cosa potevano rispondere i farisei? Non avrebbero mai ammesso che i loro discepoli agivano sotto il potere di Satana. Sfruttando le loro affermazioni erronee, Gesù li costrinse a giungere a una conclusione molto scomoda. Non è emozionante anche solo leggere di come Gesù ragionò con loro? Immaginate le folle che lo sentirono parlare dal vivo: senza dubbio il suo aspetto e il tono della sua voce davano ancor più forza alle sue parole.

      15-17. Fate esempi di come Gesù ricorse al ragionamento del “quanto più” per insegnare verità rassicuranti riguardo a suo Padre.

      15 Gesù ricorse a ragionamenti logici e persuasivi anche per insegnare verità positive e rassicuranti riguardo a suo Padre. Spesso si servì di quello che potremmo definire il ragionamento del “quanto più”, aiutando gli ascoltatori a passare da una verità ben nota a un’altra da accettare per ragioni ancora più forti.e Incentrato sull’analogia, questo modo di ragionare può lasciare un segno profondo. Vediamo solo due esempi.

      16 Rispondendo ai discepoli che gli avevano chiesto di insegnare loro a pregare, Gesù descrisse la prontezza dei genitori umani imperfetti a “dare doni buoni” ai figli. Quindi concluse: “Se dunque voi, pur essendo malvagi, sapete dare doni buoni ai vostri figli, quanto più il Padre che è in cielo darà spirito santo a quelli che glielo chiedono!” (Luca 11:1-13). L’argomento di Gesù si basa su un’analogia. Se dei genitori umani peccatori provvedono alle necessità dei figli, quanto più il nostro Padre celeste, che è perfetto e giusto sotto ogni aspetto, darà spirito santo ai suoi leali servitori che si rivolgono umilmente a lui in preghiera.

      17 Gesù fece un ragionamento simile dando saggi consigli su come far fronte alle ansietà: “Prendete per esempio i corvi: non seminano né mietono, non hanno granai né depositi, eppure Dio li nutre. Voi non valete forse molto più degli uccelli? [...] Riflettete su come crescono i gigli: non faticano né filano [...]. Quindi, se Dio veste così la vegetazione dei campi, che oggi c’è e domani viene gettata nel forno, quanto più vestirà voi, uomini di poca fede!” (Luca 12:24, 27, 28). Se Geova si prende cura degli uccelli e dei fiori, quanto più si prenderà cura degli esseri umani che lo amano e lo adorano! Con questo ragionamento senz’altro Gesù arrivò al cuore dei suoi ascoltatori.

      18, 19. Che ragionamento potremmo fare con qualcuno che dice di non credere in un Dio che non si vede?

      18 Nel ministero vogliamo usare ragionamenti logici per confutare idee false. Vogliamo anche usare argomenti persuasivi per insegnare la verità riguardo a Geova (Atti 19:8; 28:23, 24). Dobbiamo imparare a fare ragionamenti complicati? Niente affatto. Da Gesù impariamo che gli argomenti logici presentati in modo semplice sono i più efficaci.

      19 Per esempio, cosa potremmo rispondere a qualcuno che dice di non credere in un Dio che non si vede? Potremmo ragionare sulla legge naturale di causa ed effetto. Quando vediamo un effetto, diamo per scontato che dev’esserci una causa. Potremmo dire: “Se in una zona isolata lei si imbattesse in una casa ben costruita e con la dispensa piena (l’effetto), darebbe per scontato che qualcuno (la causa) abbia costruito quella casa e abbia riempito la dispensa. Così quando vediamo il progetto evidente nella natura e il cibo in abbondanza che c’è nella ‘dispensa’ della terra (l’effetto), non è logico riconoscere che dietro a tutto questo ci sia qualcuno (la causa)? È lo stesso ragionamento che fa la Bibbia quando dice: ‘Ogni casa è costruita da qualcuno, ma chi ha costruito ogni cosa è Dio’” (Ebrei 3:4). Ovviamente, per quanto i nostri ragionamenti siano sensati, non tutti ne saranno convinti (2 Tessalonicesi 3:2).

      Due anziani ragionano con un fratello usando la Bibbia.

      Fate ragionamenti che arrivino al cuore della persona

      20, 21. (a) Come possiamo avvalerci del ragionamento del “quanto più” per mettere in risalto le qualità e il modo di agire di Geova? (b) Di cosa parleremo nel prossimo capitolo?

      20 Quando insegniamo, sia nel ministero che nella congregazione, possiamo usare il ragionamento del “quanto più” per mettere in risalto le qualità e il modo di agire di Geova. Ad esempio, per spiegare che la dottrina del tormento eterno nell’inferno di fuoco in realtà disonora Geova, potremmo dire: “Quale padre amorevole punirebbe il suo bambino mettendogli la manina sul fuoco? Quanto più l’idea stessa dell’inferno di fuoco dev’essere ripugnante per Dio, che è il nostro amorevole Padre!” (Geremia 7:31). Per confermare a un compagno di fede depresso che Geova lo ama, potremmo dire: “Se Geova attribuisce valore persino a un passerotto, quanto più deve avere a cuore e amare tutti i suoi servitori sulla terra, incluso te” (Matteo 10:29-31). Ragionamenti come questi possono aiutarci a toccare i sentimenti degli altri.

      21 Dopo aver preso in esame solo tre dei metodi usati da Gesù nell’insegnare, ci rendiamo conto che quelle guardie che avevano rinunciato ad arrestarlo non esageravano quando dissero: “Nessuno ha mai parlato così”. Nel prossimo capitolo ci concentreremo sul metodo di insegnamento per cui Gesù forse è più famoso: le parabole.

      a Le guardie erano probabilmente alle dipendenze del Sinedrio e sotto l’autorità dei capi sacerdoti.

      b L’ultima frase, riportata in Atti 20:35, è citata solo dall’apostolo Paolo. Può darsi che gli fosse stata trasmessa a voce (da qualcuno che l’aveva sentita da Gesù o dallo stesso Gesù dopo che era stato risuscitato) o per rivelazione divina.

      c Gli ebrei dovevano versare al tempio una tassa annuale di due dramme, più o meno equivalente al salario di due giorni. Un’opera di consultazione dice: “Questa entrata era usata principalmente per coprire le spese dell’olocausto quotidiano e di tutti i sacrifici in genere fatti a nome della popolazione” (E. Schürer, Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo, trad. di V. Gatti, Paideia, Brescia, 1987, vol. II, p. 337).

      d Edito dai Testimoni di Geova.

      e Questo tipo di ragionamento è detto a fortiori, espressione latina che significa “tanto più, a maggior ragione”.

      Come possiamo seguire Gesù?

      • In che modo quello che Gesù disse a suo Padre ci aiuta nella scelta delle parole quando pronunciamo discorsi in congregazione? (Matteo 11:25).

      • In quali modi gli oratori pubblici possono usare come Gesù questo tipo di domande? (Matteo 11:7-9).

      • Quando insegniamo, come potremmo usare con discrezione delle iperboli? (Matteo 7:3; 19:24).

      • In quale altro modo possiamo imitare Gesù quando insegniamo? (Giovanni 13:5, 14).

  • “Senza parabole non parlava loro”
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • CAPITOLO DODICI

      “Senza parabole non parlava loro”

      1-3. (a) Quale opportunità straordinaria hanno i discepoli di Gesù, e in che modo Gesù rende loro facile ricordare quello che insegna? (b) Perché le parabole efficaci si ricordano facilmente?

      I DISCEPOLI che accompagnano Gesù nei suoi viaggi hanno un’opportunità straordinaria: essere istruiti direttamente dal Maestro. Possono sentirne la voce mentre spiega loro entusiasmanti verità. Per il momento le sue preziose parole devono conservarle nella mente e nel cuore; non è ancora tempo di metterle per iscritto.a Comunque Gesù rende loro facile ricordare quello che insegna. Quello che fa la differenza è il modo in cui insegna, soprattutto l’uso magistrale che fa di esempi e parabole.

      2 Gli esempi efficaci non si dimenticano facilmente. Uno scrittore ha detto che gli esempi “trasformano gli orecchi in occhi e permettono a chi ascolta di pensare in termini di immagini”. Dato che pensando in termini di immagini riusciamo a capire meglio le cose, grazie alle parabole possiamo afferrare anche concetti astratti. Gli esempi fanno vivere le parole, impartendoci lezioni che rimangono impresse nella mente.

      3 Sulla terra non c’è mai stato un insegnante più bravo di Gesù Cristo nell’uso di esempi e parabole. Le sue parabole si ricordano facilmente ancora oggi. Perché Gesù usava spesso questo metodo di insegnamento? Cosa rendeva le sue parabole così efficaci? Come possiamo imparare a usare lo stesso metodo?

      Perché Gesù si serviva di parabole

      4, 5. Perché Gesù si serviva di parabole?

      4 La Bibbia indica due motivi fondamentali per cui Gesù si serviva di parabole. Primo: in questo modo adempiva le profezie. In Matteo 13:34, 35 leggiamo: “Gesù disse tutte queste cose alla folla servendosi di parabole. In effetti, senza parabole non parlava loro, affinché si adempisse ciò che era stato detto tramite il profeta: ‘Aprirò la bocca per pronunciare parabole’”. Il profeta citato da Matteo era lo scrittore di Salmo 78:2 che, ispirato dallo spirito di Dio, scrisse queste parole secoli prima della nascita di Gesù. Pensate a cosa significa questo. Con centinaia di anni di anticipo Geova aveva stabilito che il Messia avrebbe insegnato mediante parabole. Sicuramente Geova dà grande valore a questo metodo di insegnamento.

      5 Secondo: Gesù spiegò che si serviva di parabole per individuare le persone il cui cuore era “diventato insensibile” (Matteo 13:10-15; Isaia 6:9, 10). In che modo le sue parabole riuscivano a mettere a nudo i motivi di chi ascoltava? In alcuni casi Gesù voleva che gli ascoltatori chiedessero una spiegazione per afferrare il pieno significato delle sue parole. Gli umili erano disposti a chiedere, mentre gli orgogliosi e gli indifferenti no (Matteo 13:36; Marco 4:34). Le parabole di Gesù rivelavano quindi la verità a quelli che desideravano di cuore conoscerla; al tempo stesso la tenevano nascosta alle persone orgogliose.

      6. Quali obiettivi raggiungevano le parabole di Gesù?

      6 Le parabole di Gesù raggiungevano altri importanti obiettivi. Suscitavano interesse e invogliavano ad ascoltare. Dipingevano immagini mentali facili da afferrare. Come si è notato all’inizio, le parabole aiutavano gli ascoltatori a ricordare le parole di Gesù. Il Discorso della Montagna dimostra ampiamente che Gesù usava un linguaggio figurato. Secondo una stima, in Matteo 5:3–7:27 ricorrono almeno 50 volte delle figure retoriche. Per farci un’idea, teniamo presente che questo discorso si può leggere ad alta voce in una ventina di minuti, e questo significa che in media c’è una figura retorica ogni 20 secondi! Senza dubbio Gesù sapeva bene che grande impatto potevano avere le parabole.

      7. Perché dovremmo imitare il modo in cui Gesù usava le parabole?

      7 Quali discepoli di Cristo vogliamo imitare il suo modo di insegnare, compreso l’uso di esempi e parabole. Come gli aromi che rendono più gustoso un piatto, gli esempi efficaci possono rendere più interessante quello che insegniamo. Inoltre grazie a esempi ben pensati è più facile afferrare anche verità profonde. Esaminiamo alcuni fattori che rendevano le parabole di Gesù davvero efficaci, così anche noi saremo in grado di usare bene questo ottimo metodo di insegnamento.

      Paragoni semplici

      Due gabbiani che volano e un fiore.

      In che modo, servendosi di fiori e uccelli, Gesù spiegò che Dio ha cura di noi?

      8, 9. Perché Gesù fece uso di paragoni semplici, e cosa li rendeva così efficaci?

      8 Nell’insegnare Gesù si serviva spesso di paragoni che non erano complicati e si potevano esprimere in poche parole. Eppure con quelle poche parole semplici riusciva a creare vivide immagini mentali e a insegnare con chiarezza importanti verità spirituali. Per esempio, quando esortò i discepoli a non essere ansiosi per le necessità quotidiane si riferì agli “uccelli del cielo” e ai “gigli dei campi”. Gli uccelli non seminano né mietono e nemmeno i gigli filano e tessono. Eppure Dio ha cura di loro. È facile capire il punto: se Dio si prende cura degli uccelli e dei fiori, sicuramente si prenderà cura degli esseri umani che ‘continuano a cercare prima il Regno’ (Matteo 6:26, 28-33).

      9 Gesù usò molto anche le metafore, che sono paragoni ancora più incisivi. Nella metafora ci si riferisce a una cosa come se fosse un’altra. Anche in questo caso Gesù era semplice. In un’occasione disse ai discepoli: “Voi siete la luce del mondo”. I discepoli non potevano fraintendere cosa intendeva dire, cioè che con le loro parole e azioni potevano far risplendere la luce della verità e aiutare altri a dare gloria a Dio (Matteo 5:14-16). Alcune altre metafore usate da Gesù sono: “Voi siete il sale della terra” e “Io sono la vite e voi siete i tralci” (Matteo 5:13; Giovanni 15:5). Figure retoriche come queste sono incisive proprio perché sono semplici.

      10. Fate esempi di come si possono usare le parabole per insegnare.

      10 Come si possono usare le parabole per insegnare? Non serve inventare storie lunghe e complicate. Basta pensare a dei paragoni semplici. Immaginiamo di voler spiegare che per Geova non sarà un problema risuscitare i morti. Che esempio vi viene in mente? Metaforicamente la Bibbia paragona la morte al sonno. Si potrebbe dire: “Dio potrà risuscitare i morti con la stessa facilità con cui si può svegliare qualcuno dal sonno” (Giovanni 11:11-14). Supponiamo di voler spiegare che, per crescere bene, i bambini hanno bisogno di amore e di affetto. Che esempio potremmo fare? La Bibbia fa questo paragone: i bambini sono “come germogli d’olivo” (Salmo 128:3). Potremmo dire: “Per un bambino l’amore e l’affetto sono come il sole e l’acqua per una pianta”. Più semplice è il paragone, più facile sarà per chi ascolta afferrare il punto.

      Parabole ispirate alla vita di ogni giorno

      11. Fate esempi di come le parabole di Gesù traevano spunto da cose che senza dubbio aveva osservato mentre cresceva in Galilea.

      11 Gesù era un maestro nell’uso di parabole che avevano attinenza con la vita della gente. Molte delle sue parabole traevano spunto da situazioni quotidiane che senza dubbio aveva osservato mentre cresceva in Galilea. Pensate per un attimo ai primi anni della sua vita. Quante volte avrà visto sua madre macinare il grano, aggiungere il lievito all’impasto, accendere una lampada o spazzare la casa (Matteo 13:33; 24:41; Luca 15:8). Quante volte avrà osservato i pescatori calare le reti nelle acque del Mar di Galilea (Matteo 13:47). Quante volte avrà visto i bambini giocare nelle piazze (Matteo 11:16). Senza dubbio anche per le altre parabole Gesù trasse spunto da quello che vedeva attorno a sé: la semina, gioiose feste di nozze e campi di grano che maturano al sole (Matteo 13:3-8; 25:1-12; Marco 4:26-29).

      12, 13. Nella parabola del buon samaritano, perché è interessante che per far capire il punto Gesù abbia menzionato la strada che andava “da Gerusalemme a Gerico”?

      12 Nelle sue parabole Gesù menzionò particolari ben noti ai suoi ascoltatori. Per esempio, iniziò la parabola del buon samaritano dicendo: “Un uomo che scendeva da Gerusalemme a Gerico cadde vittima di briganti che lo spogliarono, lo picchiarono e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto” (Luca 10:30). È degno di nota che per far capire il punto Gesù abbia menzionato la strada che andava “da Gerusalemme a Gerico”. Quando usò questa parabola era in Giudea, non lontano da Gerusalemme, per cui di sicuro i suoi ascoltatori conoscevano la strada in questione. Era una strada notoriamente pericolosa, specie per chi viaggiava da solo. Si snodava attraverso una zona disabitata, dove abbondavano i nascondigli per i briganti.

      13 Gesù incluse altri particolari conosciuti riguardo alla strada “da Gerusalemme a Gerico”. Nella parabola, prima un sacerdote e poi un levita passarono per quella strada, ma nessuno dei due si fermò a soccorrere l’uomo (Luca 10:31, 32). I sacerdoti prestavano servizio nel tempio di Gerusalemme e i leviti erano i loro assistenti. Quando non lavoravano nel tempio, molti sacerdoti e leviti risiedevano a Gerico, che si trovava solo a una ventina di chilometri da Gerusalemme. Perciò percorrevano spesso quella strada. Si noti inoltre che Gesù disse che il viaggiatore “scendeva da Gerusalemme”, non che saliva. Questo per i suoi ascoltatori era logico. Gerusalemme si trovava a un’altitudine maggiore di quella di Gerico, quindi venendo “da Gerusalemme” un viaggiatore senza dubbio “scendeva”.b È chiaro che Gesù teneva conto dei suoi ascoltatori.

      14. Nel decidere quali esempi e metafore fare, come possiamo tener conto delle persone a cui stiamo parlando?

      14 Nel decidere quali esempi e metafore fare, anche noi dobbiamo tener conto di coloro a cui stiamo parlando. Potremmo pensare a fattori come età, ambiente culturale o familiare e lavoro. Forse un esempio che contiene particolari sull’agricoltura potrebbe essere più comprensibile in una zona di campagna che in una grande città. La vita e le attività quotidiane di chi ci ascolta — i figli, la casa, gli hobby, il cibo — potrebbero offrire spunti per fare esempi efficaci.

      Parabole ispirate alla creazione

      15. Perché non sorprende che Gesù conoscesse a fondo la creazione?

      15 Molte parabole di Gesù rivelano che conosceva bene la natura, le piante, gli animali e i fenomeni atmosferici (Matteo 16:2, 3; Luca 12:24, 27). Come aveva acquisito queste informazioni? Mentre cresceva in Galilea senza dubbio aveva avuto molte opportunità di osservare la creazione. Ma soprattutto, Gesù è “il primogenito di tutta la creazione”, e Geova lo impiegò come “artefice” per creare ogni cosa (Colossesi 1:15, 16; Proverbi 8:30, 31). Quindi non c’è da sorprendersi che Gesù conoscesse a fondo la creazione. Vediamo in che modo mise a frutto tale conoscenza.

      16, 17. (a) Da cosa si capisce che Gesù conosceva bene le caratteristiche delle pecore? (b) Quale esempio dimostra che le pecore conoscono davvero la voce del loro pastore?

      16 Ricordiamo che Gesù definì sé stesso il “pastore eccellente” e i suoi discepoli “le pecore”. Le parole di Gesù rivelano che conosceva bene le caratteristiche delle pecore e lo stretto legame che unisce pastori e pecore. Sapeva che queste docili creature si lasciano guidare e seguono fedelmente il loro pastore. Perché lo seguono? “Perché conoscono la sua voce”, disse Gesù (Giovanni 10:2-4, 11). Le pecore conoscono davvero la voce del loro pastore?

      Un pastore che guida le sue pecore.

      17 Basandosi su ciò che aveva osservato di persona, George A. Smith scrisse: “A volte verso mezzogiorno ci riposavamo vicino a uno di quei pozzi della Giudea dove si radunano tre o quattro pastori con le rispettive greggi. Le greggi si mescolavano, e ci domandavamo come avrebbero fatto i pastori a recuperare le rispettive pecore. Ma dopo che queste avevano finito di bere e di giocherellare, i pastori se ne andavano per la valle in direzioni diverse e ciascuno chiamava le sue pecore con il proprio richiamo: le pecore si separavano dalla massa e si dirigevano verso il loro pastore, e così le greggi se ne andavano in ordine come erano venute” (The Historical Geography of the Holy Land). Difficilmente Gesù avrebbe potuto trovare modo migliore per illustrare il punto: se accettiamo e osserviamo i suoi insegnamenti e seguiamo il suo esempio, possiamo contare sulla cura amorevole del “pastore eccellente”.

      18. Dove possiamo trovare informazioni sulle opere creative di Geova?

      18 Come possiamo imparare a usare esempi ispirati alla creazione? Le straordinarie caratteristiche degli animali possono costituire la base di paragoni semplici ma efficaci. Dove possiamo trovare informazioni sulle opere creative di Geova? La Bibbia ne contiene molte e a volte menziona caratteristiche di vari animali per insegnare qualcosa. Parla di essere veloci come la gazzella o il leopardo, cauti come il serpente e innocenti come la colomba (1 Cronache 12:8; Abacuc 1:8; Matteo 10:16).c Altre informazioni utili si trovano nelle riviste La Torre di Guardia e Svegliatevi! e su jw.org negli articoli e nei video della serie “Frutto di un progetto?” Possiamo prendere spunto da tutti questi contenuti che parlano delle tante opere creative di Geova.

      Parabole ispirate a fatti ben noti

      19, 20. (a) Per confutare un’idea falsa, in che modo Gesù si servì efficacemente di un avvenimento accaduto poco tempo prima? (b) Nell’insegnare come possiamo usare esperienze o fatti realmente accaduti?

      19 Le parabole efficaci possono ispirarsi a fatti realmente accaduti. Una volta, per confutare l’idea falsa secondo cui le disgrazie capitano a chi se le merita, Gesù si servì di un avvenimento che si era verificato poco tempo prima. Disse: “Prendete il caso di quei 18 che sono rimasti uccisi nel crollo della torre di Siloam: pensate che avessero una colpa più grande di tutti gli altri abitanti di Gerusalemme?” (Luca 13:4). Quelle 18 persone non erano morte a causa di qualche peccato che aveva attirato l’ira di Dio. In realtà a causare la loro tragica morte erano stati “il tempo e l’avvenimento imprevisto” (Ecclesiaste 9:11). Così Gesù confutò un insegnamento falso citando un avvenimento ben noto ai suoi ascoltatori.

      20 Come possiamo servirci di fatti realmente accaduti per insegnare? Supponiamo di parlare dell’adempimento della profezia di Gesù relativa al segno della sua presenza (Matteo 24:3-14). Si potrebbero citare recenti notizie di guerre, carestie o terremoti per dimostrare che specifici aspetti del segno si stanno adempiendo. O immaginiamo di voler illustrare con una storia di vita i cambiamenti necessari per rivestirsi della nuova personalità (Efesini 4:20-24). Dove si possono trovare storie del genere? Si potrebbero menzionare quelle di alcuni compagni di fede, o altre tratte da una pubblicazione dei Testimoni di Geova. Si possono trovare storie di vita anche nella serie di articoli e video “La Bibbia ha cambiato la loro vita” su jw.org.

      21. Come viene ripagato chi insegna efficacemente la Parola di Dio?

      21 Gesù era davvero un insegnante straordinario. Come abbiamo visto in questa parte, ‘insegnare e predicare la buona notizia’ era l’opera più importante per lui (Matteo 4:23). E lo è anche per noi. I bravi insegnanti vengono senza dubbio ripagati per il loro impegno. Quando insegniamo diamo agli altri, e questo ci rende felici (Atti 20:35). Siamo felici perché sappiamo che stiamo dando qualcosa che ha un grande valore che dura nel tempo: la verità riguardo a Geova. Possiamo anche avere la soddisfazione di sapere che stiamo seguendo l’esempio di Gesù, il più grande insegnante che sia mai vissuto sulla terra.

      a A quanto pare la prima documentazione ispirata della vita terrena di Gesù fu il Vangelo di Matteo, scritto circa otto anni dopo la sua morte.

      b Gesù disse inoltre che il sacerdote e il levita venivano “da Gerusalemme”, per cui si allontanavano dal tempio. Nessuno poteva quindi giustificare la loro indifferenza dicendo che evitarono l’uomo che sembrava morto per paura di diventare temporaneamente non idonei per prestare servizio nel tempio (Levitico 21:1; Numeri 19:16).

      c Per un elenco più completo di animali le cui caratteristiche sono usate nella Bibbia in senso figurato, vedi Perspicacia nello studio delle Scritture, volume 1, pagine 342, 344-345, edito dai Testimoni di Geova.

      Come possiamo seguire Gesù?

      • Quali aspetti della creazione incluse Gesù nelle sue parabole, e come potremmo fare esempi simili? (Matteo 13:24-32).

      • In che modo Gesù si servì di una parabola semplice per spiegare un punto importante, e cosa impariamo dal suo esempio? (Matteo 18:12-14).

      • Da quali situazioni quotidiane trasse spunto Gesù, e come possiamo anche noi scegliere esempi efficaci? (Luca 11:5-8; 12:6).

  • “Io amo il Padre”
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • CAPITOLO TREDICI

      “Io amo il Padre”

      1, 2. Cosa rivela l’apostolo Giovanni circa l’ultima sera che gli apostoli trascorsero con Gesù?

      UN UOMO anziano intinge la penna nell’inchiostro. Tanti ricordi riaffiorano alla sua mente. È Giovanni, l’ultimo apostolo di Gesù Cristo ancora in vita. Ormai centenario, Giovanni ritorna con il pensiero a 70 anni prima, a una serata memorabile, l’ultima che lui e gli altri apostoli trascorsero con Gesù prima che morisse. Guidato dallo spirito santo di Dio, Giovanni è in grado di ricordare e mettere per iscritto nei minimi particolari ciò che avvenne.

      2 Quella sera Gesù disse chiaramente che presto sarebbe stato ucciso. Solo Giovanni riporta le parole con cui Gesù spiegò perché stava per sottoporsi a quella morte terribile: “Perché il mondo sappia che io amo il Padre, faccio proprio come il Padre mi ha comandato di fare. Alzatevi, andiamocene da qui” (Giovanni 14:31).

      3. In che modo Gesù dimostrò di amare il Padre?

      3 “Io amo il Padre”. Niente era più importante per Gesù. La sua non era una frase fatta che ripeteva di continuo. Anzi, Giovanni 14:31 è l’unico passo biblico in cui troviamo un’espressione così diretta del suo amore per il Padre. Comunque Gesù visse quelle parole. Il suo amore per Geova era evidente ogni giorno. Il suo coraggio, la sua ubbidienza e la sua perseveranza erano tutte dimostrazioni del suo amore per Dio. Il suo ministero fu sempre motivato da questo amore.

      4, 5. Che tipo di amore incoraggia la Bibbia, e cosa si può dire dell’amore che Gesù nutriva per Geova?

      4 Per molti oggi l’amore è solo un sentimento romantico. Forse hanno in mente l’idea leggera che a volte poesie e canzoni trasmettono sull’amore. Anche la Bibbia parla dell’amore romantico, ma in modo molto più dignitoso di quanto si faccia oggi (Proverbi 5:15-21). Comunque la Parola di Dio dedica molto più spazio a un altro tipo di amore. Questo amore non è una semplice infatuazione o un sentimento passeggero, e non è neanche un concetto arido, puramente intellettuale. Coinvolge sia la mente che il cuore. È un amore che nasce dal profondo, è guidato da princìpi nobili e si esprime con azioni positive. È tutt’altro che frivolo. “L’amore non viene mai meno”, dice la Parola di Dio (1 Corinti 13:8).

      5 Di tutti gli esseri umani che siano mai vissuti, Gesù è colui che ha amato di più Geova. Nessuno più di lui è riuscito a seguire quello che lui stesso definì il più grande di tutti i comandamenti di Dio: “Devi amare Geova tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza” (Marco 12:30). Come nacque in Gesù questo amore? Come fece Gesù a mantenerlo forte mentre era sulla terra? E come possiamo imitarlo?

      Il più antico e forte vincolo di amore

      6, 7. Come facciamo a sapere che Proverbi 8:22-31 descrive il Figlio di Dio e non semplicemente la qualità della sapienza?

      6 Avete mai fatto un lavoro insieme a un amico e riscontrato che questo vi ha fatto diventare più amici di prima? Quell’esperienza piacevole può darvi un’idea dell’amore che si sviluppò tra Geova e il suo Figlio unigenito. Abbiamo citato più volte Proverbi 8:30, ma esaminiamo con maggiore attenzione questo passo nel suo contesto. Nei versetti da 22 a 31 troviamo l’ispirata descrizione della sapienza personificata. Come facciamo a sapere che queste parole si riferiscono al Figlio di Dio?

      7 Nel versetto 22 la sapienza dice: “Geova mi produsse come principio della sua attività, la prima delle sue imprese di molto tempo fa”. Queste parole non possono applicarsi semplicemente alla sapienza, dato che questa qualità non è mai stata ‘prodotta’. Non ha mai avuto un principio, perché Geova è sempre esistito ed è sempre stato sapiente (Salmo 90:2). Il Figlio di Dio, invece, è “il primogenito di tutta la creazione”. È stato prodotto, o creato, ed è la prima di tutte le opere di Geova (Colossesi 1:15). Come dice Proverbi, il Figlio esisteva prima della terra e dei cieli. Ed essendo la Parola, cioè il portavoce di Dio, è l’espressione perfetta della sapienza di Geova (Giovanni 1:1).

      8. Di cosa si occupava il Figlio durante la sua esistenza preumana, e a cosa potremmo pensare quando ammiriamo la creazione?

      8 Di cosa si occupava il Figlio durante tutto quel tempo prima di venire sulla terra? Il versetto 30 ci dice che era accanto a Dio come “un artefice”. Cosa significa questo? Colossesi 1:16 spiega: “Tramite lui sono state create tutte le altre cose nei cieli e sulla terra [...]. Tutte le altre cose sono state create tramite lui e per lui”. Quindi Geova, il Creatore, si servì del Figlio, l’“artefice”, per portare all’esistenza ogni altra cosa, dalle creature spirituali nel reame celeste all’immenso universo fisico, alla terra con la sua straordinaria varietà di piante e animali, fino al culmine della creazione terrestre: l’uomo. Sotto certi aspetti potremmo paragonare questa cooperazione tra Padre e Figlio a quella tra un architetto capace di ideare progetti ingegnosi e un imprenditore edile specializzato nel realizzarli. Quando rimaniamo affascinati da qualche aspetto della creazione, di fatto stiamo lodando Geova, il grande architetto (Salmo 19:1). Forse però ci torna in mente anche la lunga e felice collaborazione tra il Creatore e il suo “artefice”.

      9, 10. (a) Cosa rafforzò il legame tra Geova e suo Figlio? (b) Cosa può rafforzare il legame che ci unisce al nostro Padre celeste?

      9 Quando due esseri umani imperfetti lavorano a stretto contatto, a volte fanno fatica ad andare d’accordo. Non fu così per Geova e suo Figlio. Il Figlio lavorò con il Padre per incalcolabili ere, eppure disse: “Mi rallegravo davanti a lui in ogni momento” (Proverbi 8:30). Era felice di stare in compagnia del Padre, e il sentimento era reciproco. Naturalmente il Figlio, imparando a imitare le qualità del Padre, gli assomigliava sempre di più. Non sorprende quindi che il vincolo tra Padre e Figlio sia diventato così forte. Giustamente si può definire il più antico e forte vincolo di amore in tutto l’universo.

      10 Ma cosa può significare questo per noi? Si potrebbe pensare che sia impossibile stringere un legame così stretto con Geova. È vero che nessuno di noi ha una posizione elevata come quella del Figlio. Tuttavia abbiamo una straordinaria opportunità. Ricordiamo che Gesù si avvicinò maggiormente a suo Padre lavorando con lui. Geova ci offre amorevolmente la possibilità di essere suoi “collaboratori” (1 Corinti 3:9). Mentre seguiamo l’esempio di Gesù nel ministero teniamo sempre a mente che siamo collaboratori di Dio. Così il legame di amore che ci unisce a Geova diventerà sempre più forte. Può esistere privilegio più grande?

      In che modo Gesù mantenne forte il suo amore per Geova

      11-13. (a) Perché è utile pensare all’amore come a qualcosa di vivo, e in che modo da ragazzo Gesù mantenne forte il suo amore per Geova? (b) In che modo il Figlio di Dio dimostrò di voler imparare da Geova, sia prima di venire sulla terra che poi come uomo?

      11 Per capire come possiamo mantenere forte il nostro amore per Geova, è utile immaginare l’amore come qualcosa di vivo. A somiglianza di una bella pianta, l’amore ha bisogno di essere nutrito e curato per crescere sano e forte. Se viene trascurato, privato del nutrimento, si secca e muore. Gesù non diede per scontato il suo amore per Geova. Lo mantenne vivo e forte per tutto il tempo che rimase sulla terra. Come?

      12 Pensiamo a come si espresse Gesù, ancora ragazzo, quando era nel tempio a Gerusalemme. Ricordate cosa disse ai genitori preoccupati: “Perché mi cercavate? Non sapevate che devo stare nella casa del Padre mio?” (Luca 2:49). A quanto pare da bambino Gesù non aveva ancora nessun ricordo della sua esistenza preumana. Eppure l’amore per suo Padre, Geova, era intenso. Sapeva che quell’amore trovava la sua espressione naturale nell’adorazione. Perciò sulla terra non c’era posto a lui più caro di quello in cui veniva adorato suo Padre. Gli piaceva stare lì e non voleva andarsene. Inoltre non era uno spettatore passivo. Desiderava fortemente imparare riguardo a Geova ed esprimere quello che sapeva. Non fu a 12 anni che cominciò a provare quei sentimenti, né smise di provarli allora.

      13 Nella sua esistenza preumana il Figlio era ansioso di imparare da suo Padre. Una profezia riportata in Isaia 50:4-6 rivela che Geova diede al Figlio istruzioni specifiche circa il ruolo del Messia. Per quanto quelle istruzioni includessero informazioni in merito alle sofferenze che l’Unto di Geova avrebbe subìto, il Figlio fu ansioso di conoscerle. Poi, una volta venuto sulla terra e diventato adulto, Gesù fu sempre felice di andare nella casa del Padre e partecipare all’adorazione e al programma di istruzione che Geova voleva vi fossero promossi. La Bibbia infatti riferisce che Gesù andava abitualmente al tempio e alla sinagoga (Luca 4:16; 19:47). Se vogliamo mantenere vivo e forte il nostro amore per Geova dobbiamo assistere regolarmente alle adunanze, dove lo adoriamo, lo conosciamo sempre meglio e ci avviciniamo ancora di più a lui.

      Gesù prega su un monte.

      “Salì tutto solo su un monte a pregare”

      14, 15. (a) Perché Gesù ricercava la solitudine? (b) In che modo le preghiere che Gesù rivolgeva al Padre rivelavano intimità e rispetto?

      14 Gesù inoltre mantenne forte il suo amore per Geova pregando regolarmente. Pur essendo un uomo cordiale e socievole, è significativo che apprezzasse la solitudine. Per esempio, Luca 5:16 dice che “spesso si ritirava in luoghi isolati per pregare”. Similmente, in Matteo 14:23 si legge: “Congedata la folla, salì tutto solo su un monte a pregare. Venuta la sera, lui era lì da solo”. In queste e in altre occasioni Gesù ricercò la solitudine non perché fosse un asceta o non gli piacesse la compagnia, ma perché voleva stare da solo con Geova, parlare liberamente al Padre in preghiera.

      15 Quando pregava, Gesù a volte usava l’espressione “Abba, Padre” (Marco 14:36). A quei tempi “Abba” era l’appellativo confidenziale, ma rispettoso, usato in famiglia per “padre”. Spesso era una delle prime parole che imparava il bambino. Pur rivelando l’intimità con cui il Figlio si rivolgeva al suo amato Padre Geova, denotava anche profondo rispetto per la sua autorità. Dalle preghiere di Gesù emergeva questa combinazione tra intimità e rispetto. Per esempio, in Giovanni capitolo 17 possiamo leggere la lunga e accorata preghiera che Gesù pronunciò l’ultima sera. È davvero commovente studiare quella preghiera ed è importante prenderne spunto, ovviamente non ripetendo le parole di Gesù, ma cercando di aprire il nostro cuore a Geova il più spesso possibile. Questo manterrà vivo e forte il nostro amore per lui.

      16, 17. (a) In che modo Gesù espresse l’amore che provava per suo Padre? (b) Come descrisse Gesù la generosità del Padre?

      16 Come abbiamo già visto, Gesù non diceva continuamente “io amo il Padre”. Eppure espresse molte volte il suo amore per lui. Come? Gesù stesso disse: “Ti lodo pubblicamente, Padre, Signore del cielo e della terra” (Matteo 11:25). Nella seconda parte di questo libro abbiamo visto che Gesù amava lodare suo Padre aiutando le persone a conoscerlo. Una volta paragonò Geova a un padre così ansioso di perdonare il figlio ribelle ormai pentito che ne attese l’arrivo, lo vide da lontano, gli corse incontro e lo abbracciò (Luca 15:20). È impossibile leggere questo passo biblico senza essere toccati dal modo in cui Gesù descrisse l’amore di Geova e la sua prontezza a perdonare.

      17 Gesù lodò spesso il Padre per la sua generosità. Prendendo come esempio i genitori imperfetti, mostrò che possiamo essere certi che il nostro Padre celeste darà a tutti noi lo spirito santo di cui abbiamo bisogno (Luca 11:13). Gesù parlò anche della speranza offerta generosamente dal Padre. Espresse con vivo desiderio la propria speranza di riavere un posto accanto a suo Padre in cielo (Giovanni 14:28; 17:5). Parlò ai suoi discepoli della speranza che Geova ha offerto al “piccolo gregge”, quella di andare in cielo e regnare insieme al Re messianico (Luca 12:32; Giovanni 14:2). E consolò un peccatore morente dandogli la speranza della vita nel Paradiso (Luca 23:43). Parlare in questi modi della grande generosità di Geova sicuramente aiutò Gesù a mantenere forte il suo amore per lui. Molti discepoli di Cristo hanno riscontrato che niente rafforza il loro amore per Geova o la loro fede quanto parlare di lui e della speranza che offre a quelli che lo amano.

      Ameremo Geova come lo amò Gesù?

      18. Qual è il modo più importante in cui dobbiamo seguire Gesù, e perché?

      18 Di tutti i modi in cui dobbiamo seguire Gesù, nessuno è più importante di questo: amare Geova con tutto il cuore, l’anima, la mente e la forza (Luca 10:27). Questo amore non si misura solo dall’intensità dei nostri sentimenti, ma anche dalla concretezza delle nostre azioni. Gesù non si limitò a provare amore per il Padre, né semplicemente a dire “io amo il Padre”. Affermò: “Perché il mondo sappia che io amo il Padre, faccio proprio come il Padre mi ha comandato di fare” (Giovanni 14:31). Satana aveva insinuato che nessun essere umano avrebbe servito Geova mosso da amore altruistico (Giobbe 2:4, 5). Per dare la miglior risposta possibile alla calunnia di Satana, Gesù non si tirò indietro e con coraggio dimostrò al mondo quanto amava suo Padre. Ubbidì al punto di cedere la propria vita. Imiteremo Gesù? Mostreremo al mondo che amiamo veramente Geova Dio?

      19, 20. (a) Per quali motivi è importante assistere regolarmente alle adunanze? (b) Come dobbiamo considerare lo studio personale, la meditazione e la preghiera?

      19 Siamo stati creati con il bisogno innato di amare Geova e di rimanere vicini a lui. Per questo Geova ha fatto in modo che l’adorazione che gli rendiamo favorisca e faccia crescere il nostro amore per lui. Quando assistiamo alle adunanze, ricordiamoci che siamo lì per adorare il nostro Dio. Questa adorazione include pregare in modo sentito, cantare cantici di lode, ascoltare con attenzione e partecipare attivamente quando è possibile. Le adunanze ci danno anche la possibilità di incoraggiare i nostri compagni di fede (Ebrei 10:24, 25). Adorare regolarmente Geova alle adunanze rafforzerà sempre di più il nostro amore per lui.

      20 Lo stesso si può dire dello studio personale, la meditazione e la preghiera. Consideriamoli dei modi per stare da soli con Geova. Quando studiamo la Parola di Dio e ci prendiamo il tempo per meditare, Geova ci comunica quello che pensa. Quando preghiamo, abbiamo noi l’opportunità di aprirgli il nostro cuore. Ricordiamo che la preghiera non consiste solo nel fare richieste a Dio. Ci dà anche la possibilità di ringraziare Geova per le benedizioni che abbiamo ricevuto e di lodarlo per le sue meravigliose opere (Salmo 146:1). Inoltre lodare Geova predicando con gioia ed entusiasmo è il modo migliore per ringraziarlo e per dimostrare che lo amiamo.

      21. Quanto è importante amare Geova, e cosa vedremo nei prossimi capitoli?

      21 Amare Dio è il segreto della nostra felicità eterna. Sarebbe stato questo amore a permettere ad Adamo ed Eva di vivere felici per sempre, ma fu proprio quello in cui vennero meno. Ed è questo amore, più di ogni altra cosa, che ci permetterà di superare qualsiasi prova di fede, respingere qualsiasi tentazione, sopportare qualsiasi difficoltà. Amare Dio è fondamentale per essere discepoli di Gesù. Naturalmente l’amore per Dio è strettamente legato all’amore per il prossimo (1 Giovanni 4:20). Nei capitoli che seguono esamineremo in che modo Gesù dimostrò di amare il prossimo. Nel capitolo 14 vedremo perché in tanti trovavano Gesù avvicinabile.

      Come possiamo seguire Gesù?

      • Quando preghiamo, in che modo dimostriamo di confidare in Geova, come fece Gesù? (Giovanni 11:41, 42; Ebrei 11:6).

      • In che modo usando il nome di Dio possiamo riflettere il sincero amore che proviamo per lui? (Giovanni 17:6-8).

      • Perché l’amore per Geova richiede che imitiamo Gesù rimanendo separati dal mondo? (Giovanni 17:14-16; Giacomo 4:8).

      • Come possiamo seguire il consiglio di Gesù e continuare ad amare intensamente Geova? (Rivelazione 2:1-5).

  • “Si avvicinò a lui una grande folla”
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • CAPITOLO QUATTORDICI

      “Si avvicinò a lui una grande folla”

      Gesù abbraccia con affetto bambini di varie età mentre i genitori guardano contenti.

      “Lasciate che i bambini vengano da me”

      1-3. Cosa accade quando i genitori portano i bambini da Gesù, e cosa capiamo dalla sua reazione?

      GESÙ sa che la fine della sua vita terrena si avvicina rapidamente. Gli rimangono solo poche settimane e c’è ancora tanto da fare. Sta predicando insieme agli apostoli in Perea, regione a est del Giordano. Sono diretti a sud verso Gerusalemme, dove Gesù assisterà alla sua ultima Pasqua.

      2 Gesù ha avuto una conversazione animata con alcuni capi religiosi, e ora molte persone si accalcano attorno a lui. Alcuni portano i loro bambini perché vedano Gesù. A quanto pare i bambini hanno età diverse, perché Marco ne parla usando lo stesso termine usato in precedenza a proposito di una ragazzina di 12 anni, mentre Luca usa un termine che si riferisce ai bambini piccoli (Marco 5:41, 42; 10:13; Luca 18:15). Naturalmente dove ci sono bambini spesso c’è parecchio rumore e confusione. I discepoli di Gesù rimproverano i genitori, forse supponendo che il loro Maestro sia troppo occupato per dedicare del tempo ai bambini. Cosa fa Gesù?

      3 A Gesù non piace affatto la reazione dei suoi discepoli. Dice loro: “Lasciate che i bambini vengano da me e non cercate di fermarli, perché il Regno di Dio appartiene a quelli come loro. In verità vi dico: chi non riceve il Regno di Dio come un bambino non vi entrerà affatto”. Poi Gesù prende i bambini “fra le braccia” e li benedice (Marco 10:13-16). L’espressione usata da Marco fa pensare che Gesù li abbracci teneramente, forse anche prendendone in braccio alcuni e coccolandoli. È chiaro che ama i bambini. Ma impariamo anche qualcos’altro: Gesù è avvicinabile.

      4, 5. (a) Perché possiamo dire che Gesù era avvicinabile? (b) A quali domande risponderemo in questo capitolo?

      4 Se Gesù fosse stato severo, freddo o altezzoso, probabilmente quei bambini non ne sarebbero stati attratti, né i loro genitori si sarebbero sentiti liberi di avvicinarlo. Riuscite a immaginare la gioia di quei genitori mentre Gesù manifesta affetto ai loro bambini, indica quanto sono preziosi agli occhi di Dio e li benedice? Anche se su di lui gravavano enormi responsabilità, Gesù rimase la persona più avvicinabile in assoluto.

      5 Chi altri riscontrò che Gesù era avvicinabile? Cosa rendeva così facile avvicinarlo? E come possiamo imparare a essere come Gesù sotto questo aspetto? Vediamo.

      Chi lo trovava avvicinabile?

      6-8. In compagnia di chi stava spesso Gesù, e in che modo il suo atteggiamento era diverso da quello dei capi religiosi?

      6 Leggendo i Vangeli rimarrete colpiti dal fatto che un gran numero di persone non esitava ad avvicinare Gesù. In relazione a lui spesso vengono menzionati grandi gruppi di persone: “grandi folle lo seguirono dalla Galilea”; “si radunò attorno a lui una folla [...] numerosa”; “si avvicinò a lui una grande folla”; “grandi folle viaggiavano insieme a Gesù” (Matteo 4:25; 13:2; 15:30; Luca 14:25). Gesù era spesso circondato da tantissima gente.

      7 In genere si trattava di persone comuni, che i capi religiosi sprezzantemente chiamavano “popolo del paese”. I farisei e i sacerdoti dicevano apertamente: “Questa folla che non conosce la Legge è gente maledetta!” (Giovanni 7:49). Successivi scritti rabbinici confermano questo atteggiamento. Molti capi religiosi consideravano spregevoli quelle persone e si rifiutavano di mangiare con loro, fare acquisti da loro o stare in loro compagnia. Infatti alcuni asserivano che chi non conosceva la legge orale non aveva neanche la speranza della risurrezione. Sicuramente molte persone umili stavano alla larga da quei capi anziché chiedere loro aiuto e guida. Ma Gesù era diverso.

      8 Gesù stava volentieri con le persone comuni. Mangiava con loro, le guariva, insegnava e dava loro speranza. Realisticamente si rendeva conto che la maggioranza non avrebbe colto l’opportunità di servire Geova (Matteo 7:13, 14). Tuttavia sperava che ognuno di loro avesse una reazione positiva, ed era convinto che molti avrebbero fatto la scelta giusta. Com’era diverso da quei farisei e sacerdoti insensibili! Persino dei sacerdoti e dei farisei avvicinarono Gesù, e molti di loro diventarono suoi discepoli (Atti 6:7; 15:5). Anche alcuni ricchi e potenti riscontrarono che Gesù era avvicinabile (Marco 10:17, 22).

      9. Perché le donne trovavano Gesù avvicinabile?

      9 Le donne non esitavano ad avvicinare Gesù. Spesso dovevano sentirsi umiliate dal disprezzo dei capi religiosi. I rabbi in generale disapprovavano che si insegnasse alle donne, a cui non era permesso nemmeno di testimoniare nei casi giudiziari: la loro testimonianza era ritenuta inaffidabile. I rabbi pronunciavano persino una preghiera in cui ringraziavano Dio di non essere donne! Ma le donne capivano che Gesù era totalmente diverso. Molte lo avvicinavano, ansiose di imparare da lui. Per esempio leggiamo che Maria, sorella di Lazzaro, si mise a sedere ai piedi del Signore, assorta ad ascoltare quello che diceva, mentre Marta, l’altra sorella, era tutta affaccendata e preoccupata di preparare da mangiare. Gesù lodò Maria perché aveva scelto di concentrarsi su ciò che era più importante (Luca 10:39-42).

      10. Che differenza c’era tra Gesù e i capi religiosi nel modo di trattare i malati?

      10 Anche i malati accorrevano da Gesù, mentre erano spesso emarginati dai capi religiosi. La Legge mosaica prevedeva che i lebbrosi stessero in quarantena per motivi sanitari, ma questo non autorizzava a trattarli male (Levitico, capitolo 13). Successive regole rabbiniche, invece, dicevano che i lebbrosi erano ripugnanti come gli escrementi. Alcuni capi religiosi arrivavano a prendere a sassate i lebbrosi per tenerli a distanza. Era impensabile che chi era stato trattato in quel modo trovasse il coraggio di avvicinare qualche insegnante, mentre i lebbrosi avvicinavano Gesù. Uno di loro espresse la sua fede con le famose parole: “Signore, se tu vuoi, puoi purificarmi” (Luca 5:12). Nel prossimo capitolo vedremo come rispose Gesù. Per ora basta dire che questa è la più chiara prova del fatto che Gesù fosse avvicinabile.

      11. Quale esempio indica che chi era schiacciato dal senso di colpa si sentiva libero di avvicinare Gesù, e perché questo è importante?

      11 Chi era schiacciato dal senso di colpa si sentiva libero di avvicinare Gesù. Pensiamo, per esempio, alla volta in cui Gesù mangiò a casa di un fariseo. Una nota peccatrice entrò e si inginocchiò ai piedi di Gesù, piangendo per i suoi peccati. Le sue lacrime gli bagnavano i piedi e lei li asciugava con i capelli. Il fariseo era inorridito e giudicò Gesù con severità per averle permesso di avvicinarsi, ma Gesù lodò benignamente la donna per il suo pentimento sincero e le assicurò che Geova l’aveva perdonata (Luca 7:36-50). Oggi più che mai chi si sente schiacciato dal senso di colpa deve sentirsi libero di avvicinare chi può aiutarlo a mettere le cose a posto con Dio. Ma cosa rendeva Gesù così avvicinabile?

      Cosa lo rendeva avvicinabile?

      12. Perché non sorprende che Gesù fosse avvicinabile?

      12 Teniamo presente che Gesù imitava alla perfezione il suo amato Padre celeste (Giovanni 14:9). La Bibbia ci ricorda che Geova ‘non è lontano da ognuno di noi’ (Atti 17:27). Geova, che ‘ascolta le preghiere’, è sempre disponibile per i suoi servitori fedeli e per chiunque voglia sinceramente trovarlo e servirlo (Salmo 65:2). Pensate: la persona più importante e più potente dell’universo è anche la più avvicinabile. Come suo Padre, Gesù ama le persone. Nei capitoli che seguono parleremo del profondo amore di Gesù. E Gesù era avvicinabile soprattutto perché il suo amore per le persone era evidente. Prendiamo in esame alcune caratteristiche di Gesù che facevano risaltare questo amore.

      13. In che modo i genitori possono imitare Gesù?

      13 La gente si accorgeva subito che Gesù aveva a cuore ogni singolo individuo. Questo sentimento non svaniva quando Gesù era sotto pressione. Come abbiamo già visto, quando quei genitori gli portarono i loro bambini Gesù fu avvicinabile anche se era occupato, oberato da gravose responsabilità. Che grande esempio per i genitori! Nel mondo di oggi educare i figli è difficile. Ma è importante che i figli vedano che i genitori sono avvicinabili. Se sei un genitore, è normale che ci siano momenti in cui hai troppo da fare per dedicare a tuo figlio l’attenzione di cui ha bisogno. Puoi assicurargli però che appena possibile troverai il tempo per stare con lui? Se mantieni la parola, tuo figlio imparerà che vale la pena essere pazienti. Imparerà inoltre che potrà sempre parlarti di qualsiasi problema o preoccupazione.

      14-16. (a) Quali circostanze indussero Gesù a compiere il suo primo miracolo, e perché quella fu un’azione meravigliosa? (b) Cosa rivela riguardo a Gesù il miracolo che compì a Cana, e quale lezione possono imparare i genitori?

      14 Gesù rese chiaro che per lui i problemi della gente erano importanti. Pensiamo per esempio al primo miracolo che compì. Stava assistendo a una festa di nozze a Cana, città della Galilea, quando sorse un problema imbarazzante: era finito il vino. La madre di Gesù, Maria, informò il figlio. E cosa fece lui? Disse ai servitori di prendere sei grossi recipienti di pietra e di riempirli d’acqua. Quando il vino venne portato al responsabile del banchetto perché lo assaggiasse, lui constatò che era ottimo vino! Si trattava di un trucco, di un gioco di prestigio? No, l’acqua “era stata trasformata in vino” (Giovanni 2:1-11). Trasformare una cosa in un’altra è sempre stato il sogno degli esseri umani. Per secoli gli alchimisti hanno cercato di trasformare il piombo in oro, ma non ci sono mai riusciti, per quanto il piombo e l’oro siano in effetti elementi molto simili.a Che dire dell’acqua e del vino? Chimicamente l’acqua non è altro che la combinazione di due elementi fondamentali. Il vino invece ha quasi un migliaio di componenti, molti dei quali assai complessi. Perché Gesù avrebbe compiuto un’opera così straordinaria per risolvere un problema da poco come la mancanza di vino a una festa di nozze?

      15 Per gli sposi non era un problema da poco. Anticamente in Medio Oriente l’ospitalità era molto importante. Rimanere senza vino al banchetto nuziale sarebbe stato davvero imbarazzante per gli sposi e avrebbe rovinato il giorno delle nozze e il suo ricordo negli anni avvenire. Per loro il problema era serio, e lo era anche per Gesù. Perciò fece qualcosa al riguardo. Capite perché la gente gli esponeva le proprie preoccupazioni?

      Una madre consola sua figlia che è triste perché si è staccato un braccio del suo orsetto.

      Dimostriamo ai nostri figli che siamo avvicinabili e che ci stanno a cuore

      16 Ancora una volta i genitori possono imparare un’utile lezione. Che dire se vostro figlio si rivolge a voi preoccupato per qualche motivo? Forse siete tentati di ignorare il problema considerandolo una sciocchezza. Magari vi viene persino da riderci su. Rispetto ai problemi che avete voi, quello di vostro figlio potrebbe sembrare davvero insignificante. Ricordate, però, che per lui non è una sciocchezza. Se importa a qualcuno che amate tanto, non dovrebbe importare anche a voi? Facendo capire a vostro figlio che le sue preoccupazioni vi stanno a cuore dimostrerete di essere dei genitori avvicinabili.

      17. Quale esempio di mitezza diede Gesù, e perché questa qualità è una dimostrazione di forza?

      17 Come abbiamo visto nel capitolo 3, Gesù era mite e umile (Matteo 11:29). La mitezza è una bellissima qualità; chi è mite dimostra di avere un cuore umile. La mitezza fa parte del frutto dello spirito santo di Dio e ha a che fare con la sapienza divina (Galati 5:22, 23; Giacomo 3:13). Gesù non perse il controllo neanche davanti alla peggiore provocazione. La sua mitezza era tutt’altro che debolezza. Di questa qualità uno studioso disse: “Dietro la dolcezza c’è la forza dell’acciaio”. In effetti spesso ci vuole forza per non perdere la calma e trattare gli altri con mitezza. Ma con l’aiuto di Geova possiamo imitare Gesù ed essere miti, e questo ci renderà più avvicinabili.

      18. Quale esempio rivela la ragionevolezza di Gesù, e perché pensate che questa qualità renda avvicinabili?

      18 Gesù era ragionevole. Quando si trovava a Tiro, una donna andò da lui perché sua figlia era ‘indemoniata e soffriva moltissimo’. Gesù le fece capire in tre diversi modi che non aveva intenzione di fare quello che lei chiedeva. Primo, rispose con il silenzio; secondo, le spiegò perché non l’avrebbe accontentata; terzo, fece un esempio che rese ancora più chiaro il punto. Ma fu freddo, inflessibile? Diede a intendere che osando contraddire un uomo importante come lui quella donna correva un grosso rischio? No. Lei infatti continuò a sentirsi libera di parlare. Non solo chiese aiuto ma insisté nonostante l’apparente riluttanza di Gesù ad aiutarla. Gesù vide la notevole fede che la spingeva a insistere e guarì sua figlia (Matteo 15:22-28). Sicuramente grazie alla ragionevolezza di Gesù, la sua prontezza ad ascoltare e a cedere quando era il caso, la gente si sentiva libera di avvicinarlo.

      Siamo avvicinabili?

      19. Come possiamo sapere se siamo davvero avvicinabili?

      19 Alla gente piace pensare di essere avvicinabile. Chi ha una certa autorità ama dire che la sua porta è sempre aperta, che i suoi dipendenti sono liberi di avvicinarlo in qualsiasi momento. La Bibbia però mette in guardia: “Molti uomini dicono di avere amore leale, ma chi può trovare un uomo fidato?” (Proverbi 20:6). È facile dire di essere avvicinabili, ma siamo davvero fedeli nell’imitare questo aspetto dell’amore di Gesù? La risposta non sta nel modo in cui ci vediamo noi, ma nel modo in cui ci vedono gli altri. Paolo disse: “La vostra ragionevolezza sia nota a tutti” (Filippesi 4:5). Ciascuno di noi fa bene a chiedersi: “Come mi vedono gli altri? Che reputazione ho?”

      Un anziano accoglie con affetto un fratello che lo ha avvicinato.

      Gli anziani si sforzano di essere avvicinabili

      20. (a) Perché è importante che gli anziani cristiani siano avvicinabili? (b) Perché dovremmo essere ragionevoli in ciò che ci aspettiamo dagli anziani nella congregazione?

      20 Gli anziani cristiani in particolare si sforzano di essere avvicinabili. Desiderano sinceramente essere all’altezza della descrizione che troviamo in Isaia 32:1, 2: “Ognuno di loro sarà come un riparo dal vento, un rifugio dal temporale, come ruscelli d’acqua in una terra arida, come l’ombra di un’imponente roccia in una terra riarsa”. Un anziano può offrire protezione, ristoro e sollievo solo se rimane avvicinabile. È vero che non è sempre facile, dato che in questi tempi difficili il compito degli anziani è molto impegnativo. Comunque gli anziani si sforzano di non dare mai l’idea di avere troppo da fare per occuparsi delle pecore di Geova (1 Pietro 5:2). Gli altri componenti della congregazione cercano di essere ragionevoli in ciò che si aspettano da questi uomini fedeli, mostrandosi umili e pronti a cooperare (Ebrei 13:17).

      21. In che modo i genitori possono essere sempre disponibili per i loro figli, e cosa prenderemo in considerazione nel prossimo capitolo?

      21 I genitori cercano di essere sempre disponibili per i loro figli. Questo è della massima importanza. Vogliono che i figli sappiano di poter confidare sempre in papà e mamma. Quindi i genitori cristiani cercano di essere miti e ragionevoli, non reagendo in modo eccessivo quando un figlio confessa di aver fatto un errore o fa qualche ragionamento sbagliato. Mentre educano pazientemente i figli, i genitori si sforzano di tenere aperte le linee di comunicazione. E comunque tutti noi vogliamo essere sempre avvicinabili, come lo era Gesù. Nel prossimo capitolo parleremo della sincera compassione di Gesù, una delle qualità che contribuirono maggiormente a renderlo avvicinabile.

      a Chi studia chimica sa che il piombo e l’oro sono molto vicini sulla tavola periodica degli elementi. Nel nucleo di un atomo di piombo ci sono solo tre protoni in più che nell’oro. Nei nostri tempi alcuni fisici hanno persino trasformato in oro piccole quantità di piombo, ma l’energia necessaria per realizzare questo processo è tale da renderlo troppo dispendioso.

      Come possiamo seguire Gesù?

      • Perché fare domande e ascoltare con attenzione le risposte ci rende più avvicinabili? (Matteo 16:13-17).

      • In che modo Gesù dimostrò di essere avvicinabile anche quando voleva starsene un po’ da solo, e come potremmo seguire il suo esempio? (Marco 6:31-34).

      • Come considerava Gesù chi non era suo discepolo, e in che modo imitando il suo punto di vista equilibrato saremo avvicinabili? (Luca 5:29-32).

      • In che modo vedere le persone in chiave positiva, come faceva Gesù, ci aiuterà a essere avvicinabili? (Giovanni 1:47).

  • “Mosso a compassione”
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • CAPITOLO QUINDICI

      “Mosso a compassione”

      Gesù guarisce due ciechi.

      “Signore, fa’ che i nostri occhi si aprano”

      1-3. (a) Cosa fa Gesù quando due mendicanti ciechi lo supplicano di aiutarli? (b) Cosa si intende con l’espressione “mosso a compassione”? (Vedi la nota in calce.)

      DUE ciechi sono seduti lungo la strada, nei pressi di Gerico. Vengono qui ogni giorno, cercano un posto dove passa molta gente e chiedono la carità. Oggi però sta per accadere qualcosa che cambierà completamente la loro vita.

      2 Tutto a un tratto i mendicanti sentono una gran confusione. Non vedendo quello che succede, uno di loro chiede perché la gente è così entusiasta, e gli viene detto: “Sta passando Gesù il Nazareno!” Gesù sta andando a Gerusalemme per l’ultima volta, e non è solo: lo segue una grande folla. A quel punto i mendicanti si fanno sentire e gridano: “Signore, Figlio di Davide, abbi misericordia di noi!” La gente infastidita dice loro di stare zitti. Ma i mendicanti sono disperati e non si fanno mettere a tacere.

      3 Gesù sente le loro grida che sovrastano il rumore della folla. Cosa farà? Mentalmente ed emotivamente è sotto pressione. Sta per iniziare l’ultima settimana della sua vita terrena. Sa che a Gerusalemme lo attendono sofferenze e una morte crudele. Eppure non ignora le grida insistenti dei due. Si ferma e chiede che siano portati da lui. “Signore, fa’ che i nostri occhi si aprano”, supplicano i mendicanti. “Mosso a compassione”, Gesù tocca i loro occhi, e loro recuperano la vista.a Senza esitare cominciano a seguire Gesù (Luca 18:35-43; Matteo 20:29-34).

      4. Come adempì Gesù la profezia secondo cui avrebbe avuto “pietà del misero”?

      4 Quello non fu un caso isolato. In molte occasioni e in circostanze molto diverse Gesù si sentì spinto a mostrare profonda compassione. Una profezia biblica aveva predetto che avrebbe avuto “pietà del misero” (Salmo 72:13). Infatti Gesù era davvero sensibile ai sentimenti degli altri, e prendeva l’iniziativa per aiutarli. Era questa compassione a motivarlo a predicare. Vediamo in che modo i Vangeli rivelano la tenera compassione implicita nelle parole e nelle azioni di Gesù, e riflettiamo su come anche noi possiamo mostrare compassione.

      Teneva conto dei sentimenti degli altri

      5, 6. Quali esempi dimostrano che Gesù provava grande empatia?

      5 Gesù provava profonda empatia. Si immedesimava in coloro che soffrivano e partecipava al loro dolore. Anche se non si trovava nelle stesse circostanze, dentro di sé provava la loro pena (Ebrei 4:15). Quando guarì una donna che soffriva di una perdita di sangue da 12 anni, definì il suo disturbo una “dolorosa malattia”, riconoscendo che le aveva causato molte sofferenze (Marco 5:25-34). Vedendo Maria e quelli che erano con lei piangere per la morte di Lazzaro, fu così toccato dalla loro sofferenza che si turbò. Gesù sapeva che stava per risuscitare Lazzaro, ma era così commosso che gli occhi gli si riempirono di lacrime (Giovanni 11:33, 35).

      6 In un’altra occasione un lebbroso avvicinò Gesù e lo supplicò: “Se tu vuoi, puoi purificarmi”. Quale fu la reazione di Gesù, che essendo perfetto non era mai stato malato? Fu “mosso a compassione” (Marco 1:40-42). Così fece qualcosa di straordinario. Sapeva bene che sotto la Legge i lebbrosi erano impuri e non potevano stare in mezzo alla gente (Levitico 13:45, 46). Certamente era in grado di guarire quell’uomo senza nessun contatto fisico (Matteo 8:5-13). Eppure preferì stendere la mano e toccare il lebbroso, dicendo: “Lo voglio! Sii purificato”. Immediatamente la lebbra sparì. Che grande empatia mostrò Gesù!

      Una sorella conforta un’altra sorella.

      Mostriamo empatia

      7. Cosa può aiutarci a coltivare l’empatia, e come la si può esprimere?

      7 Come cristiani, siamo invitati a imitare Gesù ‘mostrando empatia’ (1 Pietro 3:8).b Non è sempre facile capire i sentimenti di chi soffre di una malattia cronica o di depressione, specie se noi non ci siamo mai passati. Ricordiamo però che l’empatia non dipende dal trovarsi nelle stesse circostanze degli altri. Quando vedeva delle persone malate, Gesù provava empatia anche se lui non era mai stato malato. Come possiamo coltivare questa qualità? Ascoltando pazientemente quando chi soffre si confida con noi e ci dice quello che prova. Potremmo chiederci: “Se mi trovassi nella sua situazione, come mi sentirei?” (1 Corinti 12:26). Se affiniamo la nostra sensibilità saremo maggiormente in grado di “confortare chi è depresso” (1 Tessalonicesi 5:14). A volte l’empatia si può esprimere non solo a parole ma anche con le lacrime. “Piangete con quelli che piangono”, dice Romani 12:15.

      8, 9. In quali modi Gesù tenne conto dei sentimenti degli altri?

      8 Gesù era premuroso e attento a non ferire i sentimenti degli altri. Una volta gli fu portato un sordo che aveva difficoltà a parlare. Evidentemente Gesù si accorse che l’uomo era a disagio, infatti fece qualcosa che di solito non faceva quando guariva altri, “lo prese in disparte”. Poi, lontano dagli sguardi della gente, lo guarì (Marco 7:31-35).

      9 Agì con la stessa premura quando gli portarono un cieco chiedendo che fosse guarito. Gesù “prese il cieco per mano e lo portò fuori dal villaggio”. Poi lo guarì gradualmente. Forse questo permise al cervello e agli occhi dell’uomo di adattarsi un po’ alla volta allo splendore e alla complessità del mondo intorno a lui illuminato dal sole (Marco 8:22-26). Gesù era davvero premuroso!

      10. In quali modi possiamo tener conto dei sentimenti degli altri?

      10 Essendo discepoli di Gesù dobbiamo tener conto dei sentimenti degli altri. Perciò dobbiamo fare attenzione a come parliamo, ricordando che parlare in modo sconsiderato può ferire i sentimenti (Proverbi 12:18; 18:21). Parole aspre, osservazioni denigratorie e sarcasmo sono inaccettabili per i cristiani, che si preoccupano di come si sentono gli altri (Efesini 4:31). Anziani, come potete essere premurosi? Quando date consigli, usate parole gentili, rispettando la dignità di chi vi ascolta (Galati 6:1). Genitori, come potete tener conto dei sentimenti dei vostri figli? Quando li disciplinate, cercate di non metterli in imbarazzo (Colossesi 3:21).

      Prendeva l’iniziativa nell’aiutare gli altri

      11, 12. Quali episodi biblici indicano che Gesù non mostrava compassione solo se gli veniva chiesto?

      11 Gesù non mostrava compassione solo quando gli veniva chiesto. Infatti la compassione non è una qualità passiva, si esprime piuttosto con azioni positive. Non sorprende, quindi, che la tenera compassione spingesse Gesù a prendere l’iniziativa nell’aiutare gli altri. Per esempio, quando una grande folla che era rimasta con lui per tre giorni non aveva niente da mangiare, nessuno dovette dirgli che la gente aveva fame o suggerirgli di fare qualcosa al riguardo. Leggiamo: “Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: ‘Provo compassione per la folla, perché sono già tre giorni che queste persone stanno con me e non hanno niente da mangiare. Non voglio mandarle via digiune, perché potrebbero venir meno per strada’”. Poi, di sua spontanea volontà, sfamò miracolosamente la folla (Matteo 15:32-38).

      12 Riflettiamo su un altro episodio. Nel 31 E.V., mentre stava per arrivare a Nain, Gesù assisté a una scena straziante. Un corteo funebre stava lasciando la città, forse diretto a un vicino cimitero in collina, per seppellire il “figlio unico di una [...] vedova”. Riuscite a immaginare il dolore di quella donna? Stava per seppellire il suo unico figlio, e non aveva un marito con cui condividere la sofferenza. In mezzo a tutto il corteo, Gesù ‘vide’ la vedova che aveva appena perso il figlio. Quella scena lo toccò, infatti “ebbe compassione” per lei. Nessuno dovette implorarlo. La compassione lo spinse a prendere l’iniziativa. Così “si avvicinò e toccò la bara”, poi riportò in vita il ragazzo. Cosa accadde dopo? Gesù non lo invitò a unirsi alla folla che lo seguiva, ma “lo restituì a sua madre”, ricostituendo così il nucleo familiare e assicurandosi che la vedova avesse qualcuno che si occupasse di lei (Luca 7:11-15).

      Una sorella giovane aiuta una sorella avanti negli anni a piantare dei fiori.

      Prendiamo l’iniziativa e aiutiamo chi è nel bisogno

      13. Come possiamo imitare Gesù prendendo l’iniziativa e aiutando chi è nel bisogno?

      13 Come possiamo seguire l’esempio di Gesù? Certo non possiamo sfamare miracolosamente le folle o riportare in vita i morti. Possiamo però imitare Gesù prendendo l’iniziativa e aiutando chi è nel bisogno. Forse un compagno di fede ha seri problemi economici o ha perso il lavoro (1 Giovanni 3:17). Oppure una vedova ha bisogno di riparazioni urgenti a casa (Giacomo 1:27). Magari sappiamo che una famiglia ha subìto un lutto e ha bisogno di conforto o di aiuto pratico (1 Tessalonicesi 5:11). Quando qualcuno ha bisogno, non offriremo il nostro aiuto soltanto se ci viene chiesto (Proverbi 3:27). La compassione ci spingerà a prendere l’iniziativa e a dare tutto l’aiuto necessario, in base alle nostre circostanze. Non dimentichiamo mai che un semplice atto di benignità o poche parole di conforto dette dal cuore possono essere potenti espressioni di compassione (Colossesi 3:12).

      La compassione lo spingeva a predicare

      14. Perché Gesù mise al primo posto l’opera di predicare la buona notizia?

      14 Come abbiamo visto nella seconda parte di questo libro, Gesù diede uno straordinario esempio nel predicare la buona notizia. Lui disse: “Devo annunciare la buona notizia del Regno di Dio anche in altre città, perché è per questo che sono stato mandato” (Luca 4:43). Perché metteva al primo posto quest’opera? Principalmente perché amava Dio. Ma Gesù lo faceva anche per un altro motivo: la sincera compassione lo spingeva a soddisfare i bisogni spirituali degli altri. Di tutti i modi in cui Gesù mostrò compassione, il più importante era soddisfare la sete spirituale delle persone. Analizziamo due casi che rivelano come considerava le persone a cui predicava. Questa analisi aiuterà ciascuno di noi a riflettere sui motivi per cui partecipiamo al ministero.

      15, 16. Descrivete due episodi che rivelano come considerava Gesù le persone a cui predicava.

      15 Nel 31 E.V., dopo essersi impegnato instancabilmente nel ministero per circa due anni, Gesù intensificò la sua attività intraprendendo “un giro di tutte le città e i villaggi” della Galilea. Quello che vide lo toccò nel profondo. L’apostolo Matteo riferisce: “Vedendo le folle ne ebbe compassione, perché erano mal ridotte e disperse come pecore senza pastore” (Matteo 9:35, 36). Gesù provava compassione per la gente comune. Era ben consapevole della loro triste condizione spirituale. Sapeva che le persone venivano maltrattate e ignorate proprio dai loro pastori, i capi religiosi. Motivato da profonda compassione fece di tutto per portare loro un messaggio di speranza. Quello di cui avevano maggiormente bisogno era la buona notizia del Regno di Dio.

      16 Qualcosa di simile accadde alcuni mesi dopo, verso la Pasqua del 32 E.V. Quella volta Gesù e gli apostoli erano saliti in barca per attraversare il Mar di Galilea in cerca di un luogo tranquillo dove riposare. Ma molte persone iniziarono a correre lungo la riva e arrivarono dall’altra parte prima della barca. Cosa fece Gesù? “Scendendo dalla barca, Gesù vide una grande folla e provò compassione per quelle persone, perché erano come pecore senza pastore. E cominciò a insegnare loro molte cose” (Marco 6:31-34). Ancora una volta Gesù “provò compassione” a motivo della loro triste condizione spirituale. Come “pecore senza pastore”, quelle persone erano spiritualmente affamate e abbandonate a sé stesse. Era la compassione, più che il senso del dovere, a spingere Gesù a predicare.

      Una sorella parla in modo compassionevole a una donna nel ministero.

      Quando predichiamo, mostriamo compassione

      17, 18. (a) Quali motivi ci spingono a svolgere il ministero? (b) Come si coltiva la compassione per il prossimo?

      17 Quali motivi spingono noi discepoli di Gesù a svolgere il ministero? Come spiegava il capitolo 9, abbiamo l’incarico, la responsabilità, di predicare e fare discepoli (Matteo 28:19, 20; 1 Corinti 9:16). Ma non svolgiamo quest’opera per semplice senso del dovere. È soprattutto l’amore per Geova che ci spinge a predicare la buona notizia del Regno. La nostra predicazione è motivata anche dalla compassione per chi non ha la nostra stessa fede (Marco 12:28-31). Come possiamo coltivare la compassione?

      18 Dobbiamo vedere le persone come le vedeva Gesù, “mal ridotte e disperse come pecore senza pastore”. Immaginiamo di trovare un agnello che si è perso. Senza un pastore che lo guidi a una fonte d’acqua e a verdi pascoli, il povero agnellino è assetato e affamato. Non ci si stringerebbe il cuore nel vederlo? Non faremmo del nostro meglio per dargli qualcosa da mangiare e da bere? Quell’agnello è come tante persone che non conoscono ancora la buona notizia. Trascurate dai falsi pastori religiosi, sono spiritualmente affamate e assetate e non hanno nessuna vera speranza per il futuro. Noi possiamo dar loro quello di cui hanno bisogno: il nutriente cibo spirituale e le dissetanti acque di verità che si trovano nella Parola di Dio (Isaia 55:1, 2). Quando riflettiamo sui bisogni spirituali di chi ci sta intorno proviamo compassione. Se come Gesù amiamo profondamente gli altri, faremo tutto il possibile per parlare loro della speranza del Regno.

      19. Cosa possiamo fare per motivare una persona con cui studiamo la Bibbia, e che è idonea, a partecipare al ministero?

      19 Come possiamo aiutare altri a seguire l’esempio di Gesù? Supponiamo di voler motivare una persona con cui studiamo la Bibbia, e che è idonea, a partecipare all’opera di predicazione. Oppure vogliamo incoraggiare un inattivo a impegnarsi di nuovo nel ministero. Come possiamo aiutarli? Dobbiamo fare appello al loro cuore. Ricordiamo che Gesù prima “provò compassione”, e poi cominciò a insegnare (Marco 6:34). Quindi se aiutiamo quella persona o quel fratello che è diventato inattivo a coltivare la compassione, molto probabilmente si sentirà spinto a imitare Gesù e a parlare della buona notizia ad altri. Potremmo chiedergli: “Quanto è migliorata la tua vita da quando hai accettato il messaggio del Regno? Pensa a quelli che non conoscono ancora questo messaggio: non hanno bisogno anche loro della buona notizia? Cosa puoi fare per aiutarli?” Naturalmente i motivi più importanti per cui ci impegniamo nel ministero sono l’amore per Dio e il desiderio di servirlo.

      20. (a) Cosa comporta essere discepoli di Gesù? (b) Cosa vedremo nel prossimo capitolo?

      20 Per essere discepoli di Gesù non basta limitarsi a ripetere le sue parole e a imitare le sue azioni. Bisogna acquisire il suo “stesso modo di pensare” (Filippesi 2:5). Siamo davvero grati che la Bibbia ci riveli i pensieri e i sentimenti trasmessi dalle parole e dalle azioni di Gesù! Se impariamo a conoscere “la mente di Cristo”, ci sarà più facile diventare sensibili e compassionevoli e quindi trattare gli altri come li trattava lui (1 Corinti 2:16). Nel prossimo capitolo vedremo vari modi in cui Gesù mostrò amore in particolare ai suoi discepoli.

      a L’espressione greca resa “mosso a compassione” si riferisce a un’emozione intensa che una persona prova dentro di sé. È stata definita una delle espressioni più forti per esprimere il sentimento della compassione. Secondo un’opera di consultazione, indica “non solo un senso di pena alla vista della sofferenza, ma anche un forte desiderio di alleviarla ed eliminarla”.

      b Il termine greco reso “mostrate empatia” letteralmente trasmette l’idea di “soffrire insieme”.

      Come possiamo seguire Gesù?

      • Perché il modo in cui Gesù esercitava l’autorità era compassionevole, e come possiamo imitarlo? (Matteo 11:28-30).

      • Perché è importante che seguiamo l’esempio di Gesù essendo misericordiosi e compassionevoli? (Matteo 9:9-13; 23:23).

      • Quali azioni di Gesù dimostrano che capiva i sentimenti degli altri, e come possiamo seguire il suo esempio? (Luca 7:36-50).

      • In che modo la parabola del buon samaritano indica che la compassione è una qualità positiva, e come possiamo mettere in pratica l’insegnamento racchiuso in questa storia? (Luca 10:29-37).

  • “Gesù [...] li amò sino alla fine”
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • CAPITOLO SEDICI

      “Gesù [...] li amò sino alla fine”

      1, 2. Cosa fa Gesù l’ultima sera che trascorre con gli apostoli, e perché questi ultimi momenti sono preziosi per lui?

      GESÙ è insieme ai suoi apostoli nella stanza al piano di sopra di una casa a Gerusalemme e sa che questa è l’ultima sera che trascorre con loro. Si avvicina il momento di ritornare da suo Padre. Fra qualche ora sarà arrestato e la sua fede sarà più che mai messa alla prova. Eppure nemmeno il pensiero che di lì a poco morirà lo porta a trascurare i suoi apostoli.

      2 Gesù li ha preparati per quando sarebbe andato via, ma ha ancora molto da dire per rafforzarli in vista di quello che succederà. Perciò approfitta di questi ultimi preziosi momenti per impartire loro importanti lezioni che li aiuteranno a rimanere fedeli. Le sue parole sono fra le più calorose e profonde che abbia mai detto loro. Ma perché Gesù si preoccupa per gli apostoli più che per sé stesso? Perché queste ultime ore con i suoi apostoli sono così preziose per lui? In poche parole, perché li ama, li ama profondamente.

      3. Come facciamo a sapere che Gesù non aspettò l’ultima sera per mostrare amore ai suoi discepoli?

      3 Decenni dopo, nell’introdurre il resoconto ispirato degli avvenimenti di quella sera, l’apostolo Giovanni scrisse: “Gesù sapeva, prima della Festa della Pasqua, che era venuta la sua ora di lasciare questo mondo e tornare dal Padre. E avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Giovanni 13:1). Gesù non aspettò quell’ultima sera per dimostrare che amava “i suoi”. Durante tutto il suo ministero diede prova in moltissimi modi del suo amore per i discepoli. Facciamo bene a riflettere su alcuni modi in cui dimostrò il suo amore perché, imitandolo sotto questo aspetto, dimostreremo di essere veramente suoi discepoli.

      Era paziente

      4, 5. (a) Perché Gesù dovette essere paziente con i discepoli? (b) Come reagì Gesù quando tre apostoli non rimasero vigilanti nel giardino di Getsemani?

      4 L’amore e la pazienza vanno a braccetto. “L’amore è paziente”, dice 1 Corinti 13:4, e la pazienza implica sopportare gli altri. Gesù dovette essere paziente con i discepoli. Come abbiamo visto nel capitolo 3, gli apostoli facevano fatica a coltivare l’umiltà. Più di una volta si misero a discutere su chi di loro fosse il più grande. Come reagì Gesù? Si arrabbiò e ribatté irritato o risentito? No. Ragionò pazientemente con loro anche l’ultima sera, quando nacque “un’accesa discussione” al riguardo (Luca 22:24-30; Matteo 20:20-28; Marco 9:33-37).

      5 Più tardi, quando Gesù andò nel giardino di Getsemani con gli 11 apostoli fedeli, la sua pazienza fu ancora una volta messa alla prova. Lasciati otto apostoli, Gesù si addentrò nel giardino con Pietro, Giacomo e Giovanni. “Sono profondamente addolorato, tanto da morire”, disse loro. “Restate qui e vigilate”. Poi si allontanò un po’ e cominciò a pregare intensamente. Dopo aver pregato a lungo tornò dai tre apostoli. Cosa stavano facendo? In quel momento di massima tensione, li trovò profondamente addormentati. Gesù li rimproverò perché non erano stati vigilanti? No, li esortò con pazienza. Le sue parole gentili dimostrarono che capiva che erano fragili e sotto pressione.a “Certo, lo spirito è volenteroso”, disse, “ma la carne è debole”. Quella sera Gesù non perse la pazienza, neanche quando li trovò addormentati una seconda e una terza volta (Matteo 26:36-46).

      6. Come possiamo imitare Gesù nei rapporti con gli altri?

      6 È incoraggiante notare che Gesù non li considerò irrecuperabili. La sua pazienza alla fine portò frutto, perché quegli uomini fedeli capirono l’importanza sia di essere umili sia di rimanere vigilanti (1 Pietro 3:8; 4:7). Come possiamo imitare Gesù nei nostri rapporti con gli altri? Specialmente gli anziani devono avere pazienza. Forse un anziano è stanco o ha le sue preoccupazioni e un compagno di fede va a parlargli dei suoi problemi. A volte chi ha bisogno di aiuto fa fatica a recepire e applicare i consigli. Comunque gli anziani pazienti istruiranno “con mitezza” e “tratteranno il gregge con tenerezza” (2 Timoteo 2:24, 25; Atti 20:28, 29). Anche i genitori fanno bene a imitare Gesù avendo pazienza, perché a volte i figli non reagiscono subito ai consigli o alla disciplina. L’amore e la pazienza aiuteranno i genitori a non darsi per vinti quando cercano di educare i figli. Le ricompense di una simile pazienza possono essere davvero grandi (Salmo 127:3).

      Provvedeva alle loro necessità

      7. In quali modi Gesù si prendeva cura dei bisogni materiali dei suoi discepoli?

      7 L’amore si manifesta con azioni altruistiche (1 Giovanni 3:17, 18). “Non cerca il proprio interesse” (1 Corinti 13:5). L’amore spingeva Gesù a provvedere ai bisogni materiali dei discepoli. Spesso faceva qualcosa per loro ancor prima che glielo chiedessero. Ad esempio in un’occasione, vedendo che erano stanchi, disse loro: “Venite in disparte, in un posto isolato, e riposatevi un po’” (Marco 6:31). Quando si accorse che avevano fame, prese l’iniziativa e sfamò sia loro che migliaia di altri che erano venuti per sentirlo insegnare (Matteo 14:19, 20; 15:35-37).

      8, 9. (a) Da cosa si capisce che Gesù riconosceva i bisogni spirituali dei discepoli e li soddisfaceva? (b) Quando era al palo, in che modo Gesù dimostrò di preoccuparsi del benessere spirituale di sua madre?

      8 Gesù riconosceva i bisogni spirituali dei discepoli e li soddisfaceva (Matteo 4:4; 5:3). Quando insegnava, spesso prestava loro particolare attenzione. Il Discorso della Montagna fu pronunciato principalmente per i discepoli (Matteo 5:1, 2, 13-16). Quando si serviva di parabole, “ai suoi discepoli spiegava ogni cosa in privato” (Marco 4:34). Gesù predisse che avrebbe nominato uno “schiavo fedele e saggio” per garantire che durante gli ultimi giorni i suoi discepoli fossero ben nutriti spiritualmente. Dal 1919 questo schiavo fedele, composto da un piccolo gruppo di fratelli di Gesù unti con lo spirito che sono sulla terra, provvede “cibo [spirituale] al tempo giusto” (Matteo 24:45).

      9 È toccante il modo in cui Gesù, il giorno della sua morte, dimostrò di avere a cuore il benessere spirituale dei suoi cari. Immaginiamo la scena: Gesù era al palo e soffriva in maniera straziante. Per respirare doveva sollevarsi facendo forza sui piedi. Questo senza dubbio causava un dolore atroce perché il peso del corpo lacerava le ferite dei chiodi, e il dorso flagellato sfregava contro il palo. Anche parlare, che richiede il controllo della respirazione, doveva essere difficile e penoso. Eppure, appena prima di morire, Gesù pronunciò delle parole che resero evidente il suo profondo amore per la madre. Vedendo Maria e l’apostolo Giovanni in piedi lì vicino, Gesù, con voce abbastanza forte da essere sentito dai presenti, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!” Poi disse a Giovanni: “Ecco tua madre!” (Giovanni 19:26, 27). Gesù sapeva che il fedele apostolo si sarebbe preso cura di Maria provvedendo non solo ai suoi bisogni materiali ma anche a quelli spirituali.b

      Collage: 1. Padre, madre e i tre figli fanno insieme l’adorazione in famiglia. 2. La famiglia gioca con un aquilone. 3. I componenti della famiglia si godono un pasto insieme.

      I genitori premurosi sono pazienti e soddisfano i bisogni dei figli

      10. In che modo i genitori possono imitare Gesù nel soddisfare i bisogni dei figli?

      10 Per i genitori premurosi è utile riflettere sull’esempio di Gesù. Il padre che ama davvero la famiglia provvederà materialmente ai suoi (1 Timoteo 5:8). I capifamiglia equilibrati e amorevoli riservano del tempo per il riposo e lo svago. Ma soprattutto, i genitori cristiani soddisfano i bisogni spirituali dei figli. Come? Studiando regolarmente la Bibbia come famiglia, e cercando di rendere questi momenti edificanti e piacevoli per i figli (Deuteronomio 6:6, 7). A parole e con l’esempio insegnano loro che il ministero è un’attività importante e che prepararsi per le adunanze e frequentarle è fondamentale (Ebrei 10:24, 25).

      Era pronto a perdonare

      11. Cosa insegnò Gesù ai suoi discepoli circa il perdono?

      11 L’amore si esprime anche con la prontezza a perdonare (Colossesi 3:13, 14). L’amore “non tiene conto del male”, dice 1 Corinti 13:5. In molte occasioni Gesù insegnò ai suoi discepoli quanto sia importante il perdono. Li esortò a perdonare “non [...] fino a 7 volte, ma fino a 77 volte”, cioè senza limiti (Matteo 18:21, 22). Insegnò loro a perdonare il peccatore che dopo essere stato rimproverato mostra pentimento (Luca 17:3, 4). Gesù però non era come gli ipocriti farisei che insegnavano solo a parole: insegnava anche con l’esempio (Matteo 23:2-4). Vediamo come dimostrò di essere pronto a perdonare persino quando un amico fidato lo deluse.

      Gesù guarda Pietro, che è giù nel cortile e sta negando di conoscerlo.

      12, 13. (a) In che modo Pietro deluse Gesù la notte del suo arresto? (b) In che modo ciò che Gesù fece dopo la risurrezione dimostra che non si limitava a insegnare agli altri il perdono?

      12 Gesù era molto legato all’apostolo Pietro, un uomo di cuore che a volte era impulsivo. Riconosceva le sue buone qualità e gli diede dei privilegi speciali. Pietro, insieme a Giacomo e Giovanni, assisté a certi miracoli che agli altri apostoli non fu concesso di vedere (Matteo 17:1, 2; Luca 8:49-55). Come abbiamo già visto, Pietro fu uno di quelli che accompagnarono Gesù quando si addentrò nel giardino di Getsemani la notte del suo arresto. Eppure quella stessa notte, quando Gesù fu tradito e arrestato, Pietro e gli altri apostoli lo abbandonarono e fuggirono. Più tardi Pietro fu abbastanza coraggioso da rimanere fuori ad aspettare mentre Gesù veniva sottoposto a un processo illegale. Ma poi ebbe paura e fece un grave errore: mentì negando per tre volte di averlo mai conosciuto (Matteo 26:69-75). Come reagì Gesù? Cosa avreste fatto voi se un caro amico vi avesse deluso così?

      13 Gesù fu pronto a perdonare Pietro. Sapeva che era schiacciato dal peso del suo peccato. Effettivamente l’apostolo era pentito, ed ‘era scoppiato a piangere’ (Marco 14:72). Il giorno della sua risurrezione Gesù gli apparve, probabilmente per confortarlo e rassicurarlo (Luca 24:34; 1 Corinti 15:5). Meno di due mesi dopo Gesù onorò Pietro, lasciando che fosse lui a prendere l’iniziativa nel dare testimonianza alle folle che erano a Gerusalemme il giorno di Pentecoste (Atti 2:14-40). Ricordiamo inoltre che Gesù non se la prese con gli apostoli perché l’avevano abbandonato. Al contrario, dopo la risurrezione li chiamò ancora “miei fratelli” (Matteo 28:10). È evidente che Gesù non si limitava a insegnare agli altri il perdono.

      14. Perché dobbiamo imparare a perdonare, e come possiamo dimostrare che siamo pronti a farlo?

      14 Come discepoli di Cristo dobbiamo imparare a perdonare. A differenza di Gesù infatti siamo imperfetti, proprio come chi potrebbe peccare contro di noi. Di tanto in tanto tutti sbagliamo in parole e azioni (Romani 3:23; Giacomo 3:2). Se perdoniamo quando c’è ragione di mostrare misericordia, ci mettiamo nella condizione giusta affinché i nostri peccati vengano perdonati da Dio (Marco 11:25). Come possiamo quindi mostrarci pronti a perdonare chi pecca contro di noi? In molti casi l’amore ci aiuta a passare sopra alle mancanze e alle debolezze degli altri (1 Pietro 4:8). Quando chi ci ha fatto un torto è sinceramente pentito, come lo era Pietro, di sicuro come Gesù vorremo essere pronti a perdonare. Anziché prendercela, scegliamo saggiamente di non covare risentimento (Efesini 4:32). Così contribuiremo alla pace della congregazione e alla nostra stessa pace interiore (1 Pietro 3:11).

      Aveva fiducia

      15. Perché Gesù aveva fiducia nei discepoli nonostante le loro mancanze?

      15 Amore e fiducia sono strettamente legati. L’amore “crede ogni cosa” (1 Corinti 13:7).c Spinto dall’amore, Gesù fu pronto a fidarsi dei discepoli nonostante i loro difetti. Era convinto che amavano veramente Geova e volevano fare la Sua volontà. Anche se fecero degli errori, Gesù non mise in discussione i loro motivi. Per esempio, quando Giacomo e Giovanni chiesero tramite la madre di sedere accanto a lui nel suo Regno, Gesù non mise in dubbio la loro lealtà, né pensò che non potevano più essere suoi apostoli (Matteo 20:20-28).

      16, 17. Quali responsabilità delegò Gesù ai discepoli?

      16 Dando prova di fiducia, Gesù delegò varie responsabilità ai discepoli. Nelle due occasioni in cui moltiplicò il cibo e sfamò le folle, affidò loro il compito di distribuire il cibo (Matteo 14:19; 15:36). Per la sua ultima Pasqua, incaricò Pietro e Giovanni di andare a Gerusalemme e occuparsi dei preparativi. Loro procurarono l’agnello, il vino, il pane senza lievito, le erbe amare e tutte le altre cose necessarie. Non era un incarico da poco, perché la Legge mosaica richiedeva che la Pasqua venisse celebrata in un determinato modo, e Gesù doveva attenersi alla Legge. Inoltre quella sera, istituendo la Commemorazione della sua morte, Gesù usò quel vino e quel pane come importanti simboli (Matteo 26:17-19; Luca 22:8, 13).

      17 Gesù ritenne opportuno affidare ai discepoli responsabilità ancora più grandi. Ricordiamo che diede loro l’impegnativo compito di predicare e fare discepoli (Matteo 28:18-20). Come abbiamo già visto, aveva predetto che avrebbe delegato a un piccolo gruppo di suoi discepoli unti sulla terra la grande responsabilità di dispensare il cibo spirituale (Luca 12:42-44). Tuttora, benché sia invisibile e governi dal cielo, Gesù affida la sua congregazione sulla terra alla cura di “doni sotto forma di uomini” spiritualmente qualificati (Efesini 4:8, 11, 12).

      18-20. (a) Come possiamo dimostrare di avere fiducia nei compagni di fede? (b) Come possiamo imitare Gesù essendo pronti a delegare? (c) Di cosa parleremo nel prossimo capitolo?

      18 Come facciamo a seguire l’esempio di Gesù nei nostri rapporti con gli altri? La fiducia che abbiamo nei compagni di fede è un’espressione di amore. Ricordiamo che l’amore non è una qualità negativa, ma positiva. Quando altri ci deludono, cosa che prima o poi accade, l’amore ci impedirà di concludere frettolosamente che i loro motivi siano sbagliati (Matteo 7:1, 2). Se abbiamo un concetto positivo dei nostri compagni di fede ci comporteremo in modo da edificarli anziché abbatterli (1 Tessalonicesi 5:11).

      19 Possiamo imitare la prontezza di Gesù a delegare? È bene che chi ha incarichi di responsabilità nella congregazione deleghi ad altri compiti adeguati e utili, con la fiducia che questi faranno del loro meglio. Gli anziani che hanno esperienza possono così provvedere necessario e prezioso addestramento a uomini più giovani che sono qualificati e ‘aspirano’ a essere di aiuto nella congregazione (1 Timoteo 3:1; 2 Timoteo 2:2). Questo addestramento è essenziale. Dato che Geova fa crescere l’opera del Regno sempre più rapidamente, servono uomini qualificati per far fronte a questa crescita (Isaia 60:22).

      20 Gesù ci ha dato uno straordinario esempio di amore per gli altri. Imitare il suo amore è il miglior modo in cui possiamo dimostrare di essere suoi discepoli. Nel prossimo capitolo parleremo della massima espressione del suo amore: fu pronto a dare la vita per noi.

      a La sonnolenza degli apostoli non era dovuta solo a stanchezza fisica. La descrizione parallela in Luca 22:45 dice che Gesù “li trovò addormentati, sfiniti dallo sconforto”.

      b A quanto pare allora Maria era vedova e gli altri figli non erano ancora discepoli di Gesù (Giovanni 7:5).

      c Questo naturalmente non significa che l’amore sia ingenuo o credulone. Significa piuttosto che non è critico né sospettoso. L’amore non salta alle conclusioni giudicando i motivi degli altri o pensando male di loro.

      Come possiamo seguire Gesù?

      • Perché è importante seguire il consiglio di Gesù riguardo al perdono? (Matteo 6:14, 15).

      • Come possiamo mettere in pratica la parabola di Gesù circa la necessità di perdonare? (Matteo 18:23-35).

      • In che modo Gesù mostrò considerazione per i discepoli, e come possiamo imitarlo? (Matteo 20:17-19; Giovanni 16:12).

      • In che modo Gesù fece sapere a Pietro che aveva fiducia in lui, e come possiamo dimostrare di avere fiducia negli altri? (Luca 22:31, 32).

  • “Nessuno ha un amore più grande”
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • CAPITOLO DICIASSETTE

      “Nessuno ha un amore più grande”

      Ponzio Pilato gesticola indicando Gesù. Gesù ha le mani legate, indossa una veste color porpora e sulla testa ha una corona di spine.

      1-4. (a) Cosa avviene quando Pilato presenta Gesù alla folla inferocita fuori dal palazzo del governatore? (b) Qual è la reazione di Gesù alle umiliazioni e alle sofferenze, e quali importanti domande sorgono?

      “ECCO l’uomo!” Con queste parole il procuratore romano Ponzio Pilato presenta Gesù Cristo alla folla inferocita, che la mattina della Pasqua del 33 E.V. si è radunata fuori dal palazzo del governatore (Giovanni 19:5). Solo pochi giorni fa, quando ha fatto il suo ingresso trionfale a Gerusalemme quale Re incaricato da Dio, Gesù è stato acclamato dal popolo. Ora però la folla ostile è di tutt’altro avviso.

      2 Gesù indossa un mantello regale color porpora, e ha una corona sul capo. Ma il mantello, poggiato sulle piaghe delle sferzate che ha sul dorso, e la corona di spine, calcata sul cranio ormai sanguinante, sono una beffa alla sua regalità. La popolazione, incitata dai capi sacerdoti, respinge quell’uomo martoriato. I sacerdoti gridano “Al palo! Al palo!” La folla assetata di sangue urla: “Deve morire” (Giovanni 19:1-7).

      3 Con dignità e coraggio, Gesù sopporta l’umiliazione e il dolore senza un lamento.a È pronto a morire. Più tardi, lo stesso giorno di Pasqua, si sottopone a una morte dolorosa su un palo di tortura (Giovanni 19:17, 18, 30).

      4 Cedendo la sua vita, Gesù si dimostrò un vero amico per i suoi discepoli. Disse: “Nessuno ha un amore più grande di chi cede la vita per i suoi amici” (Giovanni 15:13). Questo fa sorgere delle domande importanti. Era proprio necessario che Gesù sopportasse tutte quelle sofferenze e poi morisse? Perché fu disposto a farlo? Dato che siamo “suoi amici” e discepoli, come possiamo imitare il suo esempio?

      Perché era necessario che Gesù soffrisse e morisse?

      5. Perché Gesù sapeva esattamente quali prove lo attendevano?

      5 Essendo il Messia promesso, Gesù sapeva cosa aspettarsi. Era consapevole che molte profezie delle Scritture Ebraiche predicevano nei particolari le sofferenze e la morte del Messia (Isaia 53:3-7, 12; Daniele 9:26). Più di una volta preparò i discepoli per le prove che lo attendevano (Marco 8:31; 9:31). Mentre andava a Gerusalemme per la sua ultima Pasqua, disse espressamente agli apostoli: “Il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi sacerdoti e agli scribi. Lo condanneranno a morte e lo consegneranno a uomini delle nazioni, che lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno” (Marco 10:33, 34). Non erano parole dette a caso. Come abbiamo visto, Gesù subì davvero tutte queste cose.

      6. Perché era necessario che Gesù soffrisse e morisse?

      6 Ma perché era necessario che Gesù soffrisse e morisse? Per dei motivi importantissimi. Primo, rimanendo leale Gesù avrebbe dimostrato la propria integrità e santificato il nome di Geova. Ricordiamo che Satana aveva asserito falsamente che gli esseri umani servono Dio solo per un interesse egoistico (Giobbe 2:1-5). Restando fedele “fino alla morte [...] su un palo di tortura”, Gesù diede una risposta inconfutabile all’infondata accusa di Satana (Filippesi 2:8; Proverbi 27:11). Secondo, le sofferenze e la morte del Messia avrebbero reso possibile l’espiazione dei nostri peccati (Isaia 53:5, 10; Daniele 9:24). Gesù offrì “la sua vita come riscatto in cambio di molti”, dandoci la possibilità di avere una relazione approvata con Dio (Matteo 20:28). Terzo, sopportando sofferenze di ogni tipo, Gesù “è stato messo alla prova in ogni cosa come noi”. Quindi è un Sommo Sacerdote compassionevole, in grado di “capire le nostre debolezze” (Ebrei 2:17, 18; 4:15).

      Perché Gesù fu disposto a cedere la sua vita?

      7. A cosa rinunciò Gesù quando venne sulla terra?

      7 Per capire meglio quello che Gesù fu disposto a fare, provate a immaginare questa situazione: un uomo è disposto a lasciare la propria famiglia e la propria casa e a trasferirsi in un paese straniero pur sapendo che la maggioranza degli abitanti lo respingerà, che sarà sottoposto a umiliazioni e sofferenze e che alla fine verrà assassinato. Ma chi si sottoporrebbe mai a tutto questo? Adesso pensate a quello che fece Gesù. Prima di venire sulla terra godeva di una posizione speciale in cielo accanto al Padre. Eppure fu disposto a lasciare la sua dimora celeste e a venire sulla terra come uomo. E lo fece pur sapendo che sarebbe stato respinto dalla maggior parte delle persone e che avrebbe subìto crudeli umiliazioni, intense sofferenze e una morte dolorosa (Filippesi 2:5-7). Cosa spinse Gesù a fare un sacrificio simile?

      8, 9. Cosa spinse Gesù a cedere la sua vita?

      8 Soprattutto, Gesù fu spinto da un profondo amore per il Padre. Con la sua perseveranza dimostrò di amare Geova. Era a motivo di quell’amore che teneva così tanto al nome e alla reputazione del Padre (Matteo 6:9; Giovanni 17:1-6, 26). Più di ogni altra cosa, Gesù voleva che il biasimo recato al nome di suo Padre venisse cancellato. Soffrire per amore della giustizia era per lui il più grande onore e privilegio, perché sapeva che la sua integrità avrebbe contribuito a santificare il bel nome del Padre (1 Cronache 29:13).

      9 Gesù aveva un altro motivo per sacrificare la sua vita: l’amore per l’umanità. La Bibbia rivela che Gesù provava questo sentimento fin dall’inizio della storia dell’uomo. Molto prima di venire sulla terra aveva “particolare affetto per gli esseri umani” (Proverbi 8:30, 31). Quando era sulla terra il suo amore fu evidente. Come abbiamo considerato nei tre capitoli precedenti, Gesù manifestò in molti modi il suo amore per l’umanità in generale e per i suoi discepoli in particolare. Ma il 14 nisan del 33 E.V. fu disposto a cedere la sua vita per noi (Giovanni 10:11). Non c’era davvero modo migliore per dimostrare il suo amore. E noi dobbiamo imitare Gesù sotto questo aspetto. È lui stesso a comandarci di farlo.

      “Amatevi gli uni gli altri come vi ho amato io”

      10, 11. Qual è il nuovo comandamento che Gesù diede ai suoi discepoli, cosa comporta, e perché è importante che lo osserviamo?

      10 La sera prima di morire, Gesù disse ai discepoli che gli erano più cari: “Vi do un nuovo comandamento, che vi amiate gli uni gli altri; come vi ho amato io, amatevi gli uni gli altri anche voi. Grazie a questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore fra voi” (Giovanni 13:34, 35). “Amatevi gli uni gli altri”: in che senso questo è “un nuovo comandamento”? La Legge mosaica comandava già: “Devi amare il tuo prossimo come te stesso” (Levitico 19:18). Ma il nuovo comandamento richiede un amore più profondo, un amore che ci spingerebbe a dare la nostra vita per gli altri. Gesù stesso lo spiegò quando disse: “Questo è il mio comandamento: amatevi gli uni gli altri come vi ho amato io. Nessuno ha un amore più grande di chi cede la vita per i suoi amici” (Giovanni 15:12, 13). In sostanza il nuovo comandamento dice: “Ama gli altri non come te stesso, ma più di te stesso”. Con il modo in cui visse e morì, Gesù fu senza dubbio un esempio di questo amore.

      11 Perché è importante ubbidire al nuovo comandamento? Ricordiamo che Gesù disse: “Grazie a questo tutti sapranno che siete miei discepoli”. L’amore altruistico ci identifica come veri cristiani. Potremmo paragonare questo amore a un distintivo. Chi assiste ai congressi dei Testimoni di Geova porta un distintivo, su cui è indicato il suo nome e la congregazione di cui fa parte. L’amore altruistico è il “distintivo” che permette di riconoscere i veri cristiani. In altre parole, l’amore che proviamo l’uno per l’altro dovrebbe essere così evidente da diventare il segno, o distintivo, che indica a chi ci osserva che siamo veri discepoli di Cristo. Ciascuno di noi fa bene a chiedersi: “Nella mia vita porto ben in vista il ‘distintivo’ dell’amore altruistico?”

      Cos’è racchiuso nell’amore altruistico?

      12, 13. (a) Fino a che punto dovremmo essere disposti a mostrare amore gli uni per gli altri? (b) Cosa significa essere altruisti?

      12 Quali discepoli di Gesù, dobbiamo amarci l’un l’altro come ci ha amato lui. Questo significa essere disposti a fare sacrifici per i nostri compagni di fede. Fino a che punto? La Bibbia ci dice: “Da questo abbiamo conosciuto l’amore, dal fatto che lui ha ceduto la vita per noi; e noi abbiamo l’obbligo di cedere la vita per i nostri fratelli” (1 Giovanni 3:16). Come Gesù, se necessario dobbiamo essere disposti a morire per i nostri fratelli. In caso di persecuzione, saremo pronti a sacrificare la nostra vita piuttosto che tradire i nostri fratelli spirituali e quindi metterli in pericolo. In paesi divisi da lotte razziali o etniche, rischieremo la vita per proteggere i nostri fratelli di qualunque razza o etnia. In caso di guerra, affronteremo la prigione o anche la morte piuttosto che imbracciare le armi contro i nostri compagni di fede, o chiunque altro (Giovanni 17:14, 16; 1 Giovanni 3:10-12).

      13 Essere disposti a morire per i nostri fratelli non è l’unico modo in cui possiamo mostrare amore altruistico. Effettivamente soltanto pochi di noi potrebbero ritrovarsi davanti a una situazione del genere. Ma se amiamo i fratelli al punto da essere disposti a morire per loro, non dovremmo essere disposti a compiere anche sacrifici più piccoli, dandoci da fare per aiutarli adesso? Essere altruisti significa rinunciare al proprio vantaggio o alle proprie comodità per il bene degli altri. Mettiamo i loro bisogni e il loro benessere al di sopra dei nostri, anche quando ci costa qualcosa (1 Corinti 10:24). In quali modi pratici possiamo mostrare amore altruistico?

      Nella congregazione e in famiglia

      14. (a) Quali sacrifici sono richiesti dagli anziani? (b) Cosa pensate degli instancabili anziani della vostra congregazione?

      14 Gli anziani fanno molti sacrifici per ‘pascere il gregge’ (1 Pietro 5:2, 3). Oltre a occuparsi della propria famiglia, la sera o nel fine settimana devono dedicare del tempo a cose che riguardano la congregazione, come preparare parti per le adunanze, fare visite pastorali e trattare casi giudiziari. Molti anziani fanno ulteriori sacrifici, lavorando sodo alle assemblee, ai congressi e nell’ambito dei Comitati di assistenza sanitaria o dei Gruppi di visita ai pazienti. Altri servono come volontari per il Reparto della Filiale Progetti e Costruzioni. Anziani, non dimenticate mai che dedicando volenterosamente tempo, energie e risorse per pascere il gregge, mostrate amore altruistico (2 Corinti 12:15). Il vostro impegno è apprezzato non solo da Geova, ma anche dalla vostra congregazione (Filippesi 2:29; Ebrei 6:10).

      15. (a) Quali sacrifici fanno le mogli degli anziani? (b) Cosa pensate di queste donne che permettono altruisticamente al marito di occuparsi della congregazione?

      15 Che dire poi delle mogli degli anziani? Anche loro sono disposte a fare sacrifici affinché il marito possa occuparsi del gregge. A volte il marito deve dedicare a questioni di congregazione il tempo che altrimenti potrebbe trascorrere con la famiglia. Pensiamo anche alle mogli dei sorveglianti di circoscrizione e ai sacrifici che fanno per accompagnare il marito da una congregazione all’altra e da una circoscrizione all’altra. Rinunciano ad avere una casa propria e forse a volte devono dormire in un letto diverso ogni settimana. Sono disposte a mettere gli interessi della congregazione al di sopra dei propri, e vanno quindi lodate per la generosità e l’amore altruistico (Filippesi 2:3, 4).

      16. Quali sacrifici fanno i genitori cristiani per i figli?

      16 Come si può mostrare amore altruistico in famiglia? Genitori, fate tanti sacrifici per provvedere ai vostri figli e per “crescerli nella disciplina e nell’istruzione di Geova” (Efesini 6:4). Forse dovete dedicare molte ore a un lavoro faticoso per portare il cibo in tavola e assicurarvi che i vostri figli abbiano un tetto e abiti adeguati. Vi togliereste il pane di bocca pur di non far mancare loro nulla. E in più vi impegnate tanto per studiare con loro, per portarli alle adunanze e per svolgere insieme a loro il ministero (Deuteronomio 6:6, 7). Il vostro amore altruistico è molto apprezzato da Dio, che ha istituito la famiglia, e può significare vita eterna per i vostri figli (Proverbi 22:6; Efesini 3:14, 15).

      17. In che modo i mariti cristiani possono imitare l’altruismo di Gesù?

      17 Mariti, come potete imitare Gesù nel mostrare amore altruistico? La Bibbia risponde: “Mariti, continuate ad amare le vostre mogli, come il Cristo ha amato la congregazione e si è consegnato per lei” (Efesini 5:25). Come abbiamo visto, Gesù amava così tanto i suoi discepoli che morì per loro. Il marito cristiano imita l’altruismo di Gesù, che ‘non ha cercato di far piacere a sé stesso’ (Romani 15:3). È pronto a mettere i bisogni e gli interessi della moglie al di sopra dei propri. Non pretende che tutto venga fatto a modo suo, piuttosto è disposto a cedere quando non sono implicati princìpi biblici. Il marito che mostra amore altruistico ha l’approvazione di Geova e si guadagna l’amore e il rispetto della moglie e dei figli.

      Cosa faremo noi?

      18. Cosa ci motiva a ubbidire al nuovo comandamento di amarci gli uni gli altri?

      18 Non è facile ubbidire al nuovo comandamento di amarsi gli uni gli altri, ma abbiamo un valido motivo per farlo. Paolo scrisse: “L’amore del Cristo ci costringe, perché siamo giunti a questa conclusione, che un solo uomo è morto per tutti [...]. E lui è morto per tutti affinché quelli che vivono non vivano più per sé stessi, ma per colui che è morto per loro ed è stato risuscitato” (2 Corinti 5:14, 15). Dato che Gesù è morto per noi, non dovremmo sentirci ‘costretti’ a vivere per lui? Possiamo farlo seguendo il suo esempio di amore altruistico.

      19, 20. Quale prezioso dono ci ha fatto Geova, e come possiamo dimostrare di accettarlo?

      19 Gesù non esagerava quando disse: “Nessuno ha un amore più grande di chi cede la vita per i suoi amici” (Giovanni 15:13). Il fatto che fu disposto a cedere la sua vita a nostro favore è la massima espressione del suo amore per noi. Eppure qualcun altro ha mostrato un amore ancora più grande. Gesù spiegò: “Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo Figlio unigenito, affinché chiunque esercita fede in lui non sia distrutto ma abbia vita eterna” (Giovanni 3:16). Dio ci ama così tanto che ha dato suo Figlio come riscatto, rendendo possibile la liberazione dal peccato e dalla morte (Efesini 1:7). Il riscatto è un prezioso dono di Geova, ma lui non ci costringe ad accettarlo.

      20 Sta a noi accettare questo dono di Geova. Come? ‘Esercitando fede’ nel Figlio. La fede, però, non si esprime solo a parole, si dimostra con le azioni, con il modo di vivere (Giacomo 2:26). Dimostriamo di avere fede in Gesù Cristo seguendolo ogni giorno. Così avremo grandi benedizioni ora e in futuro, come spiega l’ultimo capitolo di questo libro.

      a Quel giorno i capi religiosi, e successivamente anche i soldati romani, gli sputarono addosso (Matteo 26:59-68; 27:27-30). Gesù sopportò senza un lamento anche questa offesa, adempiendo così le parole profetiche: “Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi” (Isaia 50:6).

      Come possiamo seguire Gesù?

      • Quale comportamento altruistico indicò Gesù ai suoi discepoli? (Matteo 16:24-26).

      • Perché vale la pena di comportarsi in maniera altruistica? (Marco 10:23-30).

      • In che modo Gesù si dimostrò il “pastore eccellente”, e cosa possono imparare dal suo esempio gli anziani? (Giovanni 10:11-15).

      • In quali modi pratici possiamo imitare Gesù mostrando amore altruistico? (1 Giovanni 3:17, 18).

  • “Continua a seguirmi”
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • CAPITOLO DICIOTTO

      “Continua a seguirmi”

      1-3. (a) Come si separò Gesù dai suoi apostoli, e perché quello non fu uno sconsolato addio? (b) Perché è importante sapere cosa fa Gesù da quando è tornato in cielo?

      UNDICI uomini in piedi su un monte guardano con grande affetto e ammirazione una dodicesima persona. Ha sembianze umane, ma in realtà è Gesù risuscitato, che è tornato a essere il più potente dei figli spirituali di Geova. Gesù ha invitato gli apostoli a incontrarsi per l’ultima volta con lui qui sul Monte degli Ulivi.

      2 Questo rilievo, parte di un gruppo di colline calcaree separate da Gerusalemme dalla Valle del Chidron, di sicuro richiama alla mente di Gesù molti ricordi. Su un suo pendio si trova Betania, dove ha risuscitato Lazzaro. Sono passate solo poche settimane da quando, partendo dalla vicina Betfage, ha fatto il suo ingresso trionfale a Gerusalemme. Sul Monte degli Ulivi si trova probabilmente anche il giardino di Getsemani, dove Gesù ha trascorso le ore drammatiche che hanno preceduto il suo arresto. Adesso, da questo stesso colle, si accinge a lasciare i suoi più intimi amici e discepoli. Dopo aver detto le sue ultime affettuose parole ai discepoli, inizia a sollevarsi da terra. Gli apostoli rimangono lì immobili, fissando il loro amato Signore che ascende al cielo. Poi una nube lo nasconde alla loro vista, e non lo vedono più (Atti 1:6-12).

      3 Questa ad alcuni potrebbe sembrare una conclusione un po’ triste, uno sconsolato addio. Ma in realtà non lo è. Infatti, come due angeli ricordano subito agli apostoli, la storia di Gesù è tutt’altro che finita (Atti 1:10, 11). Sotto molti aspetti il suo ritorno in cielo è solo un inizio. La Parola di Dio non ci lascia all’oscuro su ciò che gli accadde in seguito. E per noi è importante sapere cosa fa Gesù da quando ha lasciato la terra. Perché? Ricordiamo le parole che rivolse a Pietro: “Continua a seguirmi” (Giovanni 21:19, 22). Tutti noi dobbiamo ubbidire a quel comando, che non implica solo una scelta momentanea, ma un modo di vivere. Perciò dobbiamo capire cosa sta facendo ora il nostro Signore e il ruolo che ha in cielo.

      La vita di Gesù una volta tornato in cielo

      4. In che modo le Scritture avevano rivelato cosa sarebbe accaduto in cielo dopo il ritorno di Gesù?

      4 Le Scritture non parlano dell’arrivo di Gesù in cielo, dell’accoglienza che ricevette e del suo gioioso incontro con il Padre. Tuttavia avevano rivelato cosa sarebbe accaduto in cielo poco dopo il suo ritorno. Sappiamo che per oltre 15 secoli il popolo ebraico aveva assistito regolarmente a una cerimonia sacra. Un giorno all’anno il sommo sacerdote entrava nel Santissimo del tempio e spruzzava davanti all’Arca del Patto il sangue dei sacrifici del Giorno dell’Espiazione. Quel giorno il sommo sacerdote prefigurava il Messia. La cerimonia aveva un significato profetico, e dopo essere ritornato in cielo Gesù adempì una volta per tutte quanto profetizzato: entrò alla maestosa presenza di Geova in cielo, il luogo più santo dell’universo, e presentò al Padre il valore del suo sacrificio di riscatto (Ebrei 9:11, 12, 24). Geova lo accettò?

      5, 6. (a) Cosa rese evidente che Geova aveva accettato il sacrificio di riscatto di Cristo? (b) Chi trae beneficio dal riscatto, e come?

      5 Troviamo la risposta riflettendo su quello che avvenne pochi giorni dopo l’ascensione di Gesù. Circa 120 cristiani erano radunati in una stanza a Gerusalemme quando all’improvviso un rumore simile a quello di una forte raffica di vento riempì la casa. Lingue come di fuoco apparvero sulle loro teste e tutti, pieni di spirito santo, cominciarono a parlare lingue diverse (Atti 2:1-4). Questo avvenimento segnò la nascita di una nuova nazione, l’Israele spirituale, una nuova “razza eletta” e “un sacerdozio regale”, incaricato di portare a compimento la volontà di Dio sulla terra (1 Pietro 2:9). Chiaramente Geova Dio aveva accettato e approvato il sacrificio di riscatto di Cristo. Il versamento dello spirito santo fu una delle prime benedizioni rese possibili dal riscatto.

      6 Da allora i discepoli di Cristo in tutto il mondo beneficiano del suo sacrificio di riscatto. Ne traiamo beneficio sia che facciamo parte del “piccolo gregge” degli unti che regneranno con Cristo in cielo che delle “altre pecore” che si sottometteranno al suo governo sulla terra (Luca 12:32; Giovanni 10:16). Grazie a questo sacrificio possiamo avere una speranza e il perdono dei peccati. Finché continuiamo a ‘esercitare fede’ nel riscatto, seguendo Gesù ogni giorno, possiamo avere una coscienza pulita e una meravigliosa speranza per il futuro (Giovanni 3:16).

      7. Quale autorità ha Gesù da quando è tornato in cielo, e come possiamo sostenerlo?

      7 Cosa fa da allora Gesù in cielo? Ha un’enorme autorità (Matteo 28:18). Geova l’ha incaricato di dirigere la congregazione cristiana, incarico che svolge in modo amorevole e giusto (Colossesi 1:13). Come predetto, da allora Gesù provvede uomini fidati che si prendono cura del gregge (Efesini 4:8). Per esempio, scelse Paolo perché fosse “apostolo delle nazioni”, mandandolo a predicare la buona notizia in paesi lontani (Romani 11:13; 1 Timoteo 2:7). Verso la fine del I secolo Gesù inviò messaggi che contenevano lodi, consigli e correzioni a sette congregazioni della provincia romana dell’Asia (Rivelazione, capitoli 2-3). Riconosciamo il ruolo di Gesù quale capo della congregazione cristiana? (Efesini 5:23). Per continuare a seguirlo, dobbiamo promuovere nella nostra congregazione uno spirito ubbidiente essendo pronti a collaborare.

      8, 9. Quale autorità fu conferita a Gesù nel 1914, e come dovrebbe influire questo sulle nostre decisioni?

      8 Nel 1914 a Gesù fu conferita ancora maggiore autorità. Quell’anno fu intronizzato quale Re del Regno messianico di Geova. Quando cominciò a regnare, “scoppiò una guerra in cielo”. Quale fu il risultato? Satana e i demòni furono scagliati sulla terra e scatenarono un’era di “guai”. La società moderna è afflitta da guerre, criminalità, terrorismo, malattie, terremoti e carestie: questo ci ricorda che Gesù sta regnando in cielo. Satana continua a essere “il governante di questo mondo”, ma lo sarà ancora solo per “poco tempo” (Rivelazione 12:7-12; Giovanni 12:31; Matteo 24:3-7; Luca 21:11). Intanto Gesù sta dando alle persone in tutto il mondo l’opportunità di accettare lui in qualità di Re.

      9 È indispensabile che ci schieriamo dalla parte del Re messianico. In tutte le decisioni che prendiamo ogni giorno dobbiamo ricercare la sua approvazione, non quella del mondo corrotto. Mentre osserva l’umanità, il cuore di questo “Re dei re e Signore dei signori” è pieno di indignazione e allo stesso tempo trabocca di gioia (Rivelazione 19:16). Perché?

      L’indignazione e la gioia del Re messianico

      10. Com’è Gesù per natura, ma cosa lo riempie di giusta indignazione?

      10 Come suo Padre, il nostro Signore è per natura una persona felice (1 Timoteo 1:11). Come uomo, Gesù non era critico né esigente. Ma oggi sulla terra accadono cose che devono riempirlo di giusta indignazione. Di certo è adirato con tutte quelle organizzazioni religiose che affermano falsamente di rappresentarlo. Infatti predisse: “Non chiunque mi dice: ‘Signore, Signore’, entrerà nel Regno dei cieli, ma solo chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: ‘Signore, Signore, non abbiamo [...] nel tuo nome compiuto molte opere potenti?’ Allora io dichiarerò loro: ‘Non vi ho mai conosciuto! Andatevene via da me, voi che praticate l’illegalità!’” (Matteo 7:21-23).

      11-13. Perché qualcuno potrebbe rimanere perplesso a motivo delle parole forti che Gesù rivolge a coloro che compiono “molte opere potenti” nel suo nome, ma perché lui è indignato? Fate un esempio.

      11 Queste parole possono lasciare perplessi molti che oggi si definiscono cristiani. Perché Gesù rivolgerebbe parole così forti a persone che hanno compiuto “molte opere potenti” nel suo nome? Le chiese della cristianità hanno promosso opere di beneficenza, aiutato i poveri, costruito ospedali e scuole, e fatto molte altre cose. Per capire come mai hanno provocato l’indignazione di Gesù, facciamo un esempio.

      12 Un uomo e una donna, marito e moglie, devono mettersi in viaggio e, non potendo portare con sé i bambini, assumono una baby-sitter. Le istruzioni che le danno sono semplici: le dicono di prendersi cura dei bambini, dare loro da mangiare, assicurarsi che siano puliti e tenerli lontani dai pericoli. Quando i genitori ritornano, però, rimangono scioccati vedendo che i loro figli hanno fame, sono sporchi, non stanno bene e continuano a piangere per richiamare l’attenzione della baby-sitter. Ma lei li ignora. Come mai? È in cima a una scala a lavare i vetri. I genitori, arrabbiatissimi, esigono una spiegazione. La ragazza risponde: “Ma non vedete tutto quello che ho fatto? Guardate come sono puliti i vetri! Ho anche aggiustato alcune cose in casa; ho fatto tutto questo per voi!” Come pensate che reagirebbero quei genitori? Non le avevano chiesto di fare quelle cose, lei doveva badare ai bambini. Il fatto che non abbia seguito le loro istruzioni li manda su tutte le furie.

      13 La cristianità si è comportata come quella baby-sitter. Gesù aveva dato a coloro che l’avrebbero dovuto rappresentare l’incarico di nutrire spiritualmente le persone insegnando loro la verità della Parola di Dio e aiutandole a essere spiritualmente pure (Giovanni 21:15-17). Ma la cristianità ha fallito in pieno, non ha ubbidito. Ha lasciato la gente spiritualmente affamata, confusa da falsità e all’oscuro delle verità bibliche fondamentali (Isaia 65:13; Amos 8:11). Neanche i suoi tentativi di rendere il mondo migliore giustificano la sua sfacciata disubbidienza. Infatti questo sistema di cose è come un’abitazione che sta per essere demolita. La Parola di Dio indica chiaramente che il mondo di Satana sarà presto distrutto (1 Giovanni 2:15-17).

      14. Oggi quale opera rende felice Gesù, e perché?

      14 Viceversa Gesù deve essere molto felice vedendo dal cielo che milioni di persone assolvono l’incarico di fare discepoli, incarico che lui diede ai suoi discepoli prima di lasciare la terra (Matteo 28:19, 20). Che privilegio poter rallegrare il Re messianico! Non smettiamo mai di sostenere “lo schiavo fedele e saggio” (Matteo 24:45). A differenza del clero della cristianità, questo piccolo gruppo di fratelli unti ha ubbidientemente diretto l’opera di predicazione e cibato fedelmente le pecore di Cristo.

      15, 16. (a) Cosa prova Gesù per la mancanza di amore prevalente oggi, e come lo sappiamo? (b) In che modo la cristianità ha fatto indignare Gesù?

      15 Possiamo star certi che il Re è indignato vedendo la mancanza di amore che prevale sulla terra. Forse ricordiamo che i farisei criticavano Gesù perché compiva guarigioni di Sabato. Erano così insensibili e testardi che non riuscivano a vedere oltre la loro rigida interpretazione della Legge mosaica e della legge orale. I miracoli di Gesù recavano immensi benefìci. Ma la gioia, il sollievo, la forte fede che derivavano da quei miracoli li lasciavano indifferenti. Cosa pensava di loro Gesù? Una volta li guardò “con indignazione, molto addolorato per l’insensibilità dei loro cuori” (Marco 3:5).

      16 Oggi Gesù vede molte più cose che lo addolorano. I capi della cristianità sono accecati dalla loro devozione a tradizioni e dottrine che sono in contrasto con le Scritture. Inoltre odiano il fatto che venga predicata la buona notizia del Regno di Dio. In molte parti del mondo il clero ha fomentato un’accanita persecuzione contro quei cristiani che cercano sinceramente di predicare il messaggio che predicò Gesù (Giovanni 16:2; Rivelazione 18:4, 24). Al tempo stesso, in molti casi quegli ecclesiastici esortano i loro discepoli ad andare in guerra e uccidere, come se questo facesse piacere a Gesù Cristo.

      17. In che modo i veri discepoli di Gesù rallegrano il suo cuore?

      17 Invece i veri discepoli di Gesù cercano di mostrare amore al prossimo. Nonostante l’opposizione, portano la buona notizia a “ogni tipo di persona”, proprio come fece Gesù (1 Timoteo 2:4). E l’amore che si mostrano l’un l’altro viene notato: è il loro principale segno distintivo (Giovanni 13:34, 35). Trattando i compagni di fede in modo amorevole, rispettoso e dignitoso seguono davvero Gesù, il Re messianico, e rallegrano il suo cuore.

      18. Cosa rattrista il nostro Signore, ma come possiamo rallegrarlo?

      18 Ricordiamo inoltre che il nostro Signore si rattrista quando i suoi discepoli non perseverano, quando permettono che il loro amore per Geova si raffreddi e smettono così di servirlo (Rivelazione 2:4, 5). D’altra parte si compiace di quelli che perseverano sino alla fine (Matteo 24:13). A tutti i costi, teniamo sempre a mente il comando di Cristo: “Continua a seguirmi” (Giovanni 21:19). Vediamo alcune delle benedizioni che il Re messianico riverserà su chi avrà perseverato sino alla fine.

      I fedeli servitori del Re sono benedetti

      19, 20. (a) Seguendo Gesù quali benedizioni abbiamo fin da ora? (b) Perché seguendo Cristo troveremo un padre?

      19 Seguendo Gesù Cristo abbiamo fin da ora una vita davvero gratificante. Se ci sottomettiamo a lui, ne accettiamo la guida e seguiamo il suo esempio, troveremo tesori che la gente in tutto il mondo cerca invano. Saremo impegnati in un’opera che dà un senso e uno scopo alla nostra vita, avremo una famiglia di compagni di fede che ci amano sinceramente, una coscienza pulita e pace mentale. In poche parole, avremo una vita ricca e soddisfacente. Ma c’è dell’altro.

      20 Per volontà di Geova, Gesù riveste il ruolo di “Padre eterno” per chi ha la speranza di vivere per sempre sulla terra. Gesù ha preso il posto del nostro padre Adamo, che ha tradito miseramente tutti i suoi discendenti (Isaia 9:6, 7). Riconoscendo Gesù quale nostro “Padre eterno” ed esercitando fede in lui abbiamo la speranza sicura della vita eterna. Inoltre siamo sempre più vicini a Geova Dio. Come abbiamo imparato, cercare di seguire l’esempio di Gesù ogni giorno è il miglior modo di ubbidire al comando divino: “Imitate l’esempio di Dio, quali figli amati” (Efesini 5:1).

      21. In che modo i discepoli di Cristo fanno risplendere la luce in un mondo di tenebre?

      21 Imitando Gesù e suo Padre, Geova, abbiamo uno straordinario privilegio. Facciamo risplendere la luce. In un mondo ottenebrato, in cui miliardi di persone vengono ingannate da Satana e ne imitano le caratteristiche, noi che seguiamo Cristo diffondiamo ovunque la luce più fulgida, la luce delle verità bibliche, delle qualità cristiane, della gioia, della vera pace e del vero amore. Al tempo stesso ci avviciniamo maggiormente a Geova, e questo è il principale obiettivo, la più alta aspirazione, che una creatura intelligente possa avere.

      Gesù, sul suo trono celeste, regna sugli esseri umani fedeli.

      22, 23. (a) Quali benedizioni ci saranno per chi continua fedelmente a seguire Gesù? (b) Cosa dovremmo essere determinati a fare?

      22 Pensiamo inoltre a quello che Geova desidera fare per noi tramite il Re messianico. Ben presto il nostro Re combatterà una giusta guerra contro il malvagio sistema di cose di Satana. La vittoria di Gesù Cristo è sicura! (Rivelazione 19:11-15). Poi Cristo darà inizio al Regno millenario sulla terra. Il suo governo celeste estenderà i benefìci del riscatto a tutti gli esseri umani fedeli, elevandoli alla perfezione. Ci vediamo pieni di salute, giovani e forti, mentre felici collaboriamo come famiglia mondiale per trasformare la terra in un paradiso? Alla fine del Millennio Gesù consegnerà il Regno al Padre (1 Corinti 15:24). Se continueremo a seguire fedelmente Cristo, la ricompensa sarà così bella da superare ogni aspettativa: avremo “la gloriosa libertà dei figli di Dio” (Romani 8:21). Avremo tutte le benedizioni che Adamo ed Eva persero. Quali figli terreni di Geova, saremo per sempre liberi dalla macchia del peccato adamico. E finalmente “la morte non ci sarà più” (Rivelazione 21:4).

      23 Ricordate il giovane capo ricco di cui si parlava nel primo capitolo? Rifiutò l’invito che Gesù gli rivolse: “Vieni, sii mio discepolo” (Marco 10:17-22). Non facciamo lo stesso errore! Accettiamo con gioia ed entusiasmo l’invito di Gesù. Ciascuno di noi sia deciso a perseverare, a seguire sempre il Pastore eccellente, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Così vivremo per vederlo finalmente portare a compimento il glorioso proposito di Geova!

  • “Vieni e vedi” il Cristo
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • PRIMA PARTE

      “Vieni e vedi” il Cristo

      Gesù visse sulla terra circa 2.000 anni fa, eppure ancora oggi abbiamo la possibilità di ‘venire e vedere’ il Figlio di Dio (Giovanni 1:46). I Vangeli ne descrivono in modo vivido la personalità, l’atteggiamento e il modo di agire. Questa parte ci permetterà di farci un’idea delle sue straordinarie qualità.

  • “Insegnando” e “predicando la buona notizia”
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • SECONDA PARTE

      “Insegnando” e “predicando la buona notizia”

      Gesù era un falegname, un taumaturgo, un guaritore e molto di più. Eppure nessuno si rivolgeva a lui chiamandolo in questi modi: lo chiamavano Maestro. Davvero l’opera più importante della sua vita fu ‘insegnare e predicare la buona notizia’ (Matteo 4:23). Quali discepoli di Gesù dobbiamo compiere la stessa opera. In questa parte esamineremo l’esempio che ci ha lasciato a questo riguardo.

  • “L’amore del Cristo ci costringe”
    “Vieni, sii mio discepolo”
    • TERZA PARTE

      “L’amore del Cristo ci costringe”

      Cosa ci spinge a continuare a seguire Gesù? L’apostolo Paolo risponde: “L’amore del Cristo ci costringe” (2 Corinti 5:14). In questa parte ci concentreremo sull’amore di Gesù per Geova, per l’umanità e per ciascuno di noi. Sarà uno studio davvero coinvolgente. Arriverà al nostro cuore e ci spingerà ad agire, a seguire sempre meglio l’esempio del nostro Maestro.

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