Rendete piacevole l’ubbidienza
GENTILEZZA e considerazione sono come un olio che lubrifica la macchina dei rapporti umani. Questo può dirsi specialmente quando tali qualità sono manifestate da chi ha il compito di farsi ubbidire. Molti si irritano all’idea di dover ubbidire; e questo vale tanto per i ragazzi che per gli adulti. Ma quando chi esercita l’autorità è gentile e premuroso, l’ubbidienza può essere piacevole mentre altrimenti potrebbe essere un fastidioso dovere.
Per esempio, Dio ha affidato ai genitori l’autorità sui figli. Ma come la esercitano? Alcuni genitori pretendono l’ubbidienza dei figli senza pensare minimamente se questi ubbidiscono spontaneamente o per forza. Questa mancanza di considerazione da parte degli adulti è senza dubbio una ragione per cui, in questi “ultimi giorni”, tanti figli sono “disubbidienti ai genitori”. (2 Tim. 3:1, 2) Come possono i genitori rendere piacevole l’ubbidienza ai figli? È molto utile mostrare empatia, poiché l’empatia porta a mostrare gentilezza e considerazione. Per avere empatia i genitori devono mettersi, per così dire, nei panni dei figli. Devono impartire i comandi in termini che il figlio capisca facilmente e partendo dal suo punto di vista. È pure importante che il comando o la richiesta siano fatti con un tono di voce gentile e amorevole, sebbene con fermezza se occorre. Soprattutto, non si dovrebbe mai impartire un comando con ira incontrollata.
Tempo e circostanze permettendo, è di grande utilità spiegare perché si deve fare una certa cosa. Naturalmente, le ragioni ci sono sempre. L’ideale è di poter lavorare insieme, il padre con il figlio o la madre con la figlia. Se non è possibile, si può accompagnare la richiesta con un commento come: ‘Mentre tu fai questo, io faccio quello’. Per rendere piacevole l’ubbidienza, è necessario anche essere coerenti. I genitori devono fare quello che dicono. Se vogliono farsi rispettare, devono anch’essi rispettare l’autorità. Si potrebbe dire che tutti questi fattori si applichino anche con maggior forza agli adulti. Ubbidire significa sottostare all’autorità debitamente esercitata da qualcuno su un altro, ciò che potrebbe andare contro il proprio orgoglio. Pertanto la Bibbia dice al cristiano di non fare “nulla per . . . egotismo, ma con modestia di mente, considerando che gli altri siano superiori a voi”. — Filip. 2:3; confronta Galati 5:26.
Alle mogli è detto di ‘essere sottoposte ai loro mariti in ogni cosa’. Ma se anche il marito segue il consiglio della Bibbia e ‘ama sua moglie come ama il proprio corpo’, se mostra empatia e considerazione, sarà certamente un piacere per la moglie ubbidire. (Efes. 5:22-28) Facciamo un esempio: Il marito generoso, comprensivo e dotato di acuto discernimento mentale quando chiede qualcosa a sua moglie farà appello alla ragione di lei, alla sua lealtà, al suo amore. Non dimenticherà di lodarla per il valido appoggio che gli dà come sua compagna e per la sua operosità, anche nelle piccole cose. — Prov. 31:10, 27-31.
Allo stesso modo si mostra gentilezza e considerazione esponendo le ragioni prima di fare una richiesta. Per esempio, un marito può dire: ‘Il mese scorso le spese hanno superato le entrate e se continuiamo così quest’anno non potremo andare in vacanza. Perciò questo mese cercheremo di vivere secondo le nostre possibilità, vero cara?’ I mariti non dovrebbero dimenticare d’essere ragionevoli nelle loro richieste, ricordando le parole dell’apostolo Pietro: “Mariti, continuate a dimorare in maniera simile con [le vostre mogli] secondo conoscenza, assegnando loro onore come a un vaso più debole, il femminile”. — 1 Piet. 3:7.
Principi simili possono essere seguiti nella relazione fra un dipendente e il principale, il caporeparto o il sorvegliante. A coloro che esercitano autorità su altri nel lavoro secolare la Bibbia comanda di non minacciarli con ingiurie, come sono spesso portati a fare i padroni, cosa che non può rendere piacevole l’ubbidienza. La Parola di Dio comanda inoltre di ‘trattare con giustizia ed equità’. Nulla toglie la gioia del lavoro più che il dover lavorare in condizioni ingiuste e oppressive. — Efes. 6:9; Col. 4:1.
Anche in questo caso è utile fare appello alla ragione e alla buona volontà dell’altra persona. Pertanto un anziano di una congregazione cristiana potrebbe far precedere le sue richieste, o gli incarichi che affida, da una parola di lode per i compiti o i lavori svolti volenterosamente in passato. Un sorvegliante potrebbe chiedere la cooperazione dei suoi collaboratori domandando loro gentilmente se vogliono partecipare a questo o a quel lavoro, o dividendo con loro il peso del lavoro che stanno facendo.
Di speciale utilità per rendere piacevole l’ubbidienza è dire parole di ringraziamento per il lavoro compiuto. È una cosa così semplice che si può considerare superata e dimenticarsene, ma funziona ancora, come mostra una notizia pubblicata in Today’s Health dell’agosto 1972. Un commesso aveva vari lavori da svolgere, tra cui quello di spazzare il corridoio centrale del magazzino della ditta. La prima volta che il proprietario notò come il commesso aveva spazzato bene il pavimento, esclamò: “Hai fatto un buon lavoro!” Commentando questo fatto, il commesso disse: “Tutto qui, nient’altro, ma tutti i giorni o tutte le volte che spazzavo il pavimento egli diceva qualcosa di gentile in merito. . . . Parole semplici come queste possono farti sentire utile. Qualcuno si interessa di quello che fai e lo considera importante. Così ogni volta che lo fai, lo fai meglio”.
È facile per i genitori smettere di dialogare con i figli, per i mariti mancare di considerazione verso la moglie e per i datori di lavoro o i sorveglianti nel mondo commerciale o industriale essere così presi dalle proprie responsabilità da trascurare l’elemento umano nei rapporti con quelli che lavorano sotto di loro. Ma l’empatia, che tanto aiuta coloro che fanno richieste o danno ordini a essere gentili e premurosi, può contribuire molto a rendere l’ubbidienza un piacere, anziché un dovere assolto a malincuore.