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  • g82 8/10 pp. 18-20
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  • Uomini chiamati “dèi”
  • Svegliatevi! 1982
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  • Il “Kojiki” (Memorie di antichi fatti)
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Altro
Svegliatevi! 1982
g82 8/10 pp. 18-20

Uomini chiamati “dèi”

Dal corrispondente di “Svegliatevi!” in Giappone

I GOVERNANTI di quasi tutte le nazioni sono oggetto di molta pubblicità e la loro personalità è ben nota. Ma la situazione è alquanto diversa con l’imperatore del Giappone. Le informazioni personali su di lui non sono molto diffuse, e perfino il suo nome è usato di rado. Per la persona comune egli è “Tenno” o “Ten no Heika”, che significa “Sua Maestà” o “Imperatore”. La maggioranza dei giapponesi deve pensarci qualche secondo per ricordare il suo nome.

Ma l’imperatore è molto rispettato, addirittura riverito. Questo è mostrato dal fatto che durante le feste di capodanno i giardini del palazzo imperiale sono aperti al pubblico in un giorno stabilito e molte migliaia di persone vanno a vedere l’imperatore e la sua famiglia che si affacciano a un balcone protetti da un vetro a prova di proiettile.

Il XX secolo però ha visto grandi cambiamenti nell’atteggiamento del popolo verso l’imperatore. Molti giapponesi hanno anche messo in dubbio la linea di discendenza imperiale e la data ufficiale della fondazione della nazione, l’11 febbraio 660 a.E.V. Perché mai? e quali sono i fatti?

Aumentano le ricerche

Non è facile conoscere i fatti. Il dott. Michiko Y. Aoki spiega perché: “Nei dieci anni anteriori al 1945 non poterono apparire studi degni di nota sugli inizi della civiltà giapponese perché i seri studiosi del soggetto erano perseguitati, direttamente e indirettamente. Ma alla fine della seconda guerra mondiale il veto su tali studi fu tolto, e da allora nessuno è stato oggetto di meschini pregiudizi. Nondimeno il sentimento nazionalistico di lunga data è ancora così forte tra i giapponesi da ostacolare lo studio obiettivo della nascita della civiltà giapponese”. Questo veniva scritto nel 1974.

Al presente si stanno facendo molti studi mentre gli storici giapponesi tentano di compilare una storia accurata del Giappone. Gli archeologi sono occupati a scavare fra le rovine di vecchi villaggi e castelli. Inoltre è anche permesso di scavare con discrezione nelle tombe. Ma che dire dei documenti scritti?

Il “Kojiki” (Memorie di antichi fatti)

Il fatto è che non esistono documenti scritti veramente antichi. Il primo documento scritto avente importanza storica si chiama Kojiki. Si crede sia stato terminato nell’ottavo secolo (712 E.V.). Rimane quindi un vuoto di oltre 1.300 anni fino alla presunta data di inizio della fondazione della stirpe imperiale giapponese. Come fu preservato il racconto — in tutti quei secoli — prima che venisse messo per iscritto? Si dice che furono i kataribe (che imparavano a memoria e narravano le storie) a tramandare intatti i racconti.

Riguardo al Kojiki una fonte dice che fu “compilato in base ai ricordi di una vecchia ciambellana e che consiste primariamente di una breve mitologia e di liste genealogiche”. Un altro documento scritto è il Nihon Shoki o Nihongi. È un po’ più particolareggiato del Kojiki e fu portato a termine otto anni più tardi. Il Nihon Shoki fu scritto in cinese, non in giapponese.

Un attento esame di questi due documenti mostra che furono scritti espressamente per dimostrare che gli imperatori discendevano dalla dea del sole Amaterasu o-mikami. Prima del 1939 il Nihon Shoki era il testo usato in Giappone per studiare la storia.

Questi documenti scritti sono abbastanza chiari? Un esempio fornirà qualche indicazione. Il primo imperatore del Giappone fu chiamato dopo la sua morte imperatore Jimmu. Ma non si sa con certezza qual era il suo nome. Potete scegliere quello che preferite tra i seguenti: Hatsukunishirasu Sumeramikoto, Kami-yamato Ihare Biko Hohodemi, Kanyamato Iware Hiko no Mikoto, oppure principe Ihare!

Espressi alcuni dubbi

Gli eruditi giapponesi si affidano a questi documenti per avere la data precisa dell’inizio della linea di discendenza imperiale? In effetti no. Si noti questa dichiarazione del libro Fifty Years of Light and Dark — The Hirohito Era (Cinquant’anni di luce e di tenebre: l’era di Hirohito) circa il tempo in cui l’attuale imperatore fu presentato al pubblico nel 1926, alla morte del padre, l’imperatore Taisho: “Hirohito era ora ‘Dio imperatore’ della nazione che ha una storia di quasi 2.600 anni, il 124º nella linea di discendenza dal capostipite di nome Jimmu di stirpe celeste. Sebbene gli studiosi avessero seri dubbi sulla prima parte della discendenza imperiale nonché sulla data esatta della fondazione della nazione, non uno degli ‘amati sudditi’ doveva contestare l’‘affermata’ divinità del nuovo Governante del Giappone”.

Nel 1966 il governo dichiarò ufficialmente che l’11 febbraio, la data tradizionale della fondazione della nazione, era festa nazionale. La cosa però suscitò reazioni contrastanti nella popolazione. Un editoriale più recente protestava: “La data stabilita come giorno della fondazione non è accettabile sul piano storico”.

Questo editoriale proseguiva dicendo: “La nostra apprensione è forse ingiustificata se si considera che l’appoggio governativo all’Anniversario della Fondazione della Nazione significa la restaurazione del Kigensetsu o anniversario dell’ascesa al trono dell’imperatore Jimmu, leggenda che un tempo era pienamente sfruttata dai capi militari per realizzare i loro obiettivi nei giorni prima della guerra e in tempo di guerra?”

Come indica questo editoriale, da quando l’Anniversario della Fondazione è stato dichiarato festa nazionale ci sono state alcune controversie. Persone a favore e contro si sono riunite in vari luoghi e hanno espresso le loro idee attraverso l’altoparlante. La maggioranza delle persone comunque sono indifferenti al significato di questa festa. Sono felici solo d’avere un giorno di libertà dal lavoro.

La mentalità cambia

Senz’altro le cose sono cambiate negli scorsi quarant’anni! L’edizione del 1941 del Japan Photo Almanac era un’edizione speciale che commemorava il 2.600º anno dell’impero. La prefazione cominciava con queste parole: “I cento milioni di sudditi di Sua Maestà l’imperatore hanno appena celebrato il 2.600º anno della fondazione dell’Impero; si sono congratulati per l’ininterrotto regno della famiglia imperiale, che non ha uguale nella storia secolare, e hanno rinnovato la loro devota lealtà al sovrano”.

In quei giorni nessuno avrebbe contestato l’Anniversario della Fondazione della Nazione, né alcun’altra cosa relativa all’imperatore. L’imperatore era considerato un dio, e gli era dimostrata irremovibile fedeltà. “Morire per amore del Tenno Heika (Sua Maestà l’imperatore)” era considerata una cosa onorevole dall’intera nazione. Come veniva suscitato tale zelo?

Era un risultato naturale della costituzione promulgata nel 1889 con l’approvazione dell’imperatore Meiji, nonno dell’imperatore attuale. L’imperatore Meiji è considerato il fondatore del Giappone moderno. Con l’aiuto di persone fidate fece redarre una costituzione seguendo il modello della forma di governo prussiano, costituzione che, fra l’altro, indicava chiaramente che si doveva riverire l’imperatore. La sua posizione era definita ‘sacra e inviolabile’. La sua parola era irrevocabile e tutti i sudditi dovevano ubbidirgli senza discutere.

Questo fatto fu avvalorato facendo della religione scintoista la religione di Stato, purificata da ogni elemento buddista. Fu attraverso questa religione che venne insegnato attentamente alla popolazione a rendere completa ubbidienza all’imperatore.

Solo un uomo

Ma alla fine della seconda guerra mondiale, da cui il Giappone uscì sconfitto, tutto questo cambiò. Questa era la prima sconfitta documentata nella lunga storia del Giappone. I giapponesi erano perplessi, e si chiedevano perché il loro imperatore avesse lasciato accadere una tal cosa.

I paesi vincitori decisero che era meglio far proclamare all’imperatore che non era un dio, e che tale insegnamento era errato, anziché processarlo come criminale di guerra.

Fotografie fatte alla fine della guerra mostrano persone, alcune in lacrime, che si prostrano davanti al palazzo imperiale mentre esprimono il loro rammarico per non avere aiutato a vincere la guerra. Ugualmente espressive sono le foto che mostrano i visi delle persone il 1º gennaio 1946. Quel giorno l’imperatore annunciò ai suoi sudditi che la credenza che fosse un discendente degli dèi era errata. Era un uomo mortale come loro.

Fu un colpo per la nazione. Molti furono amareggiati. Alcuni si suicidarono. Altri ancora si rifiutano ancor oggi di credere all’annuncio e continuano a considerarlo un dio. Ma se interrogate una persona sui trent’anni o più giovane, vedrete che non ha mai considerato l’imperatore nulla più che un uomo.

Alla ricerca della verità

Gli imperatori del Giappone sono stati chiamati dèi per un periodo, si afferma, di 2.600 anni. Ma nel XX secolo un uomo che un tempo molti consideravano un dio ha ammesso realisticamente di non esserlo.

Nonostante l’impressione che la cosa fece all’epoca, questo ha avuto effetti benefici sul Giappone. Ora gli studiosi giapponesi, non più ostacolati da un mito ufficiale, possono investigare la loro storia e cercare di scoprire cos’è veramente accaduto durante i lunghi secoli di storia nazionale del Giappone.

Forse la cosa più importante è che il riconoscere che Dio non è un semplice uomo ha dato ai giapponesi la possibilità di cercare il vero Dio. In almeno 93.000 case giapponesi, singoli individui e famiglie studiano insieme la Bibbia per conoscerLo. In molti casi la loro ricerca ha successo. Più di 66.000 giapponesi hanno conosciuto Geova, il Creatore e Sovrano non solo del Giappone, ma dell’intero universo. Le benedizioni che hanno servendo lui sono molto più numerose di quelle che avrebbero potuto ricevere servendo un “dio” umano.

[Immagine a pagina 19]

Statua in bronzo dell’imperatore Jimmu

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