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  • g90 22/7 pp. 13-14
  • ‘Questa ignobile usanza del tabacco’

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  • ‘Questa ignobile usanza del tabacco’
  • Svegliatevi! 1990
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  • Usi medicinali e d’altro genere
  • Il manifesto di Giacomo I
  • Peccati e vanità
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Altro
Svegliatevi! 1990
g90 22/7 pp. 13-14

‘Questa ignobile usanza del tabacco’

‘DETESTABILE agli occhi, disgustosa al naso, nociva per il cervello, pericolosa per i polmoni’.

Con questa descrizione, fatta quasi quattrocento anni fa, termina il manifesto antifumo (intitolato A Counterblaste to Tobacco) pubblicato niente meno che da Giacomo I, re d’Inghilterra, sotto i cui auspici fu fatta la traduzione della Bibbia del 1611, nota col nome di “Bibbia del re Giacomo”.

Cosa lo spinse a scriverlo e quali lezioni possiamo imparare?

Usi medicinali e d’altro genere

Quando tornò in Europa dopo avere scoperto l’America nel 1492, Cristoforo Colombo portò con sé i semi di una pianta molto apprezzata dagli indiani d’America per le sue proprietà medicinali. Successivamente, Nicholas Monardes identificò questa pianta erbacea col nome di tabaco (o picielt, secondo gli indiani). I conquistatori spagnoli ne avevano riconosciuto i pregi per curare le loro ferite, ‘essendo molto aiutati a guarire’. — Joyful News Out of the New Found World, traduzione inglese di John Frampton, 1577.

Fu però un altro impiego di questa pianta a destare in particolare l’attenzione degli esploratori. Monardes spiega:

‘Una delle meraviglie di questa pianta erbacea, quella che suscita più interesse, è il modo in cui la usavano i sacerdoti indiani. Quando tra gli indiani c’era qualche faccenda, di grande importanza, per cui i capi dovevano consultare i sacerdoti, il capo Sacerdote prendeva certe foglie del Tabaco e le gettava nel fuoco, aspirandone il fumo con la bocca e col naso attraverso una canna, dopo di che cadeva a terra, come morto, e lì rimaneva, secondo la quantità di fumo che aveva aspirato. Quando la pianta erbacea aveva fatto il suo lavoro, lui tornava in sé e si svegliava e dava loro le risposte secondo le visioni e le allucinazioni che aveva avuto. In modo simile gli altri indiani aspirano il fumo del Tabaco, per passatempo’.

Sir Walter Raleigh prese possesso della Virginia nel 1584. Man mano che la colonia si espandeva, l’usanza indiana di fumare tabacco si diffuse anche tra i colonizzatori. Tornato in Inghilterra, ‘fu Raleigh colui che più contribuì a introdurre il vizio e incoraggiare il culto’, afferma lo storico A. L. Rowse.

Il manifesto di Giacomo I

Comunque, fu il suo stesso re, Giacomo, a opporsi a questo nuovo vizio. Egli mise mano alla penna per avvertire i suoi sudditi riguardo ai pericoli del fumo del tabacco.

‘Per meglio comprendere i molteplici danni di questa ignobile usanza del tabacco, si conviene prima considerare sia le origini che le ragioni per cui fece il suo ingresso in questo paese’. Così comincia il famoso manifesto di Giacomo I. Dopo avere preso in esame quella che il re definisce la ‘puzzolente e nauseante’ usanza di impiegare il fumo del tabacco per curare le malattie, Giacomo elenca quattro argomenti usati per giustificare il vizio.

1. Che il cervello umano è freddo e umido, per cui tutte le cose secche e calde (come il fumo del tabacco) dovrebbero giovargli.

2. Che questo fumo, attraverso il calore, la forza e le proprietà naturali, dovrebbe liberare la testa dai raffreddori e lo stomaco dalle indigestioni.

3. Che questa usanza non si sarebbe tanto diffusa se la gente non avesse personalmente riscontrato che le giovava.

4. Che molti traggono sollievo dalle malattie e che nessun uomo è mai stato danneggiato dal fumo del tabacco.

Alla luce della moderna conoscenza scientifica, sarete senz’altro d’accordo sugli argomenti con cui Giacomo confuta quanto sopra. È vero che il fumo del tabacco è caldo e secco, ma ‘questo calore è accompagnato da una certa proprietà venefica’. ‘Non giova aspirare questo fumo per curare un raffreddore più di quanto non giovi mangiare carne e bere bevande che causano flatulenza per impedire dolori colici!’ Alcuni affermeranno di avere fumato per anni senza esserne stati danneggiati, ma questo rende forse benefico il fumo?

Giacomo fece un ragionamento efficace: ‘Anche se le vecchie meretrici attribuiscono la loro longevità alle pratiche immorali, ignorano il fatto che molte prostitute muoiono prematuramente’ per le malattie trasmesse per via sessuale che contraggono. E che dire dei vecchi ubriaconi che credono di prolungare i loro giorni ‘mangiando come porci’ ma non pensano mai a quanti altri muoiono ‘affogati nel bere prima di arrivare alla metà dei loro anni’?

Peccati e vanità

Avendo demolito gli argomenti a favore del fumo, Giacomo richiama quindi l’attenzione su ‘i peccati e le vanità’ commessi dai fumatori. Primo fra tutti, sostiene, è il peccato della concupiscenza. Non contenti di avere aspirato un po’ di fumo di tabacco, la maggioranza ne desidera avidamente dell’altro. In effetti, l’assuefazione alla nicotina è ormai un fenomeno comune.

E che dire delle ‘vanità’? Giacomo aggredisce il fumatore di tabacco con questo argomento: ‘Non è indice di grande vanità e impurità che a tavola, un luogo rispettabile, si tirino boccate di sudicio e fetido fumo, e poi lo si butti fuori, infettando l’aria, quando altri presenti detestano una tale usanza?’

Come se fosse consapevole dei numerosi rischi per la salute cui si espongono i fumatori, Giacomo fa questo ragionamento: ‘Certo il fumo si addice più a una cucina che a una sala da pranzo, eppure spesse volte trasforma a mo’ di cucina le parti interne degli uomini, insozzandole e infettandole, con una sorta di fuliggine untuosa e oleosa, come si è visto in alcuni grandi consumatori di tabacco che dopo la loro morte sono stati aperti’.

A conclusione del suo argomento Giacomo dice: ‘In questo c’è non solo una gran vanità ma anche un gran disprezzo per i buoni doni di Dio, che la dolcezza dell’alito umano, uno dei buoni doni di Dio, sia volutamente rovinata da questo fumo puzzolente!’

[Immagine a pagina 13]

Re Giacomo I

[Fonte]

Ashmolean Museum, Oxford

[Immagine a pagina 13]

Sir Walter Raleigh

[Fonte]

Per cortesia degli amministratori del British Museum

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