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  • Lo scopo della mia vita
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1961
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1961
w61 15/2 pp. 104-107

Lo scopo della mia vita

Narrato da Homer McKay

MENTRE scrivo questo racconto sono in treno. Di fuori si vedono campi di riso, alberi di palme e, di tanto in tanto, scimmie che giocano sugli alberi. Alle stazioni le persone son vestite per lo più di bianco, poiché siamo nei tropici e fa molto caldo. Tra la folla si vedono corpi mezzo nudi e dipinti dei “sadhus”, i capi religiosi. Come sono giunto fin qui? Tutto cominciò circa ventuno anni fa, benché non avessi alcuna idea allora che quanto imparavo mi avrebbe portato nella parte opposta della terra e in ambienti così strani. Nel 1939 due miei amici mi presentarono le verità insegnate dalla Bibbia. Ho spesso ammirato la loro diligenza, perché non solo io non credevo alla Bibbia, ma non credevo nemmeno che Dio esistesse.

Fu per me un giorno lieto quando acquistai conoscenza della verità a Brampton, nell’Ontario, a pochi chilometri da Toronto, nel Canada. La lettura della Bibbia mi aprì una vita interamente nuova. Mi fecero particolarmente impressione testimoni come Paolo, che viaggiava in un territorio così vasto testimoniando alle persone che non avevano mai udito la buona notizia del regno di Dio. In quel tempo non sapevo niente dell’opera continua dei cristiani di ogni genere. Fu dunque un momento molto importante della mia vita quando conobbi il servitore di circoscrizione, il fratello Wainwright. Io mi proposi una nuova mèta da perseguire nella mia vita, facendo di continuo il pioniere. Fu solo questione di mesi prima che facessi la dedicazione e iniziassi l’opera di pioniere. Quindi fu proibita la Società Torre di Guardia nel Canada; l’opera di pioniere cessò e io tornai al mio lavoro secolare e, nel frattempo, mi sposai. Che cambiamento fu tutto questo, con alcune cose materiali in più!

Prima che la proibizione fosse tolta, fu rivolto un invito a tutti i pionieri dal Ministero del Regno (Informatore). Ora le comodità di una casa e la sua sicurezza sembravano buone e io non le volevo lasciare, quindi giustificai la mia coscienza col mio “obbligo scritturale”, una moglie da mantenere, e, fra l’altro, Geova mi impiegava come servitore di congregazione. Dentro di me sapevo, però, d’aver dedicato tutta la mia vita e non parte d’essa, e questo mi dava da pensare. Un giorno arrivò quindi dalla Società una lettera speciale sull’opera di pioniere ed era più difficile a metter da parte di tutte le altre. Mentre vi meditavo, mia moglie mi disse: “Ebbene, perché non andiamo?” Il mio “obbligo” se ne andò. Non avevo scuse. Immediatamente mia moglie ed io facemmo i piani di cedere la nostra casa e perseguire lo scopo della nostra vita, facendo i pionieri insieme. La mia dedicazione lo richiedeva e io lo sapevo, perciò provai un vero senso di gioia e soddisfazione comprendendo che facevo l’opera giusta. Ringraziai Geova, inoltre, perché avevo un’aiutante che m’incoraggiava a servirlo.

Dopo due settimane trascorse ad Ottawa, nostra prima assegnazione, la gioia dell’opera di pioniere mi fece superare ogni rimpianto che avevo provato all’inizio. Mentre vi era ancora la proibizione contro la nostra letteratura, avemmo una splendida opportunità di andare alle porte con la sola Bibbia in mano per parlare alle persone delle sue meravigliose verità. Nonostante queste difficoltà, le persone prendevano la loro decisione e dedicavano la loro vita a Geova. Collingwood, nell’Ontario, fu la nostra terza assegnazione, e ivi dovemmo prendere di nuovo una decisione che cambiò il resto della nostra vita. Ricevemmo l’invito di andare alla Scuola di Galaad. Si poneva la domanda: “Andremo in un territorio estero?” Il fratello Knorr aveva parlato ai congressi delle difficoltà del campo estero, della differenza di cibo, condizioni di vita, ecc. Ma il servizio di pioniere mi aveva aiutato a porre le cose al loro giusto posto. Non vi poteva essere che una risposta, considerati i miei voti di dedicazione; oltre a ciò, sapevo che non sono le condizioni nelle quali si vive a recare la felicità, ma l’opera che si compie e la soddisfazione che se ne prova. Stare nel proprio Paese era piacevole, ma non disse Isaia a Geova: “Dipende da dove mi mandi”. No. Egli disse: “Eccomi! Manda me”.

ASSEGNAZIONE: INDIA

Il conferimento dei diplomi fu tenuto a Galaad nel febbraio del 1947. Fu un giorno bellissimo con studenti di diciassette Paesi: la prima classe internazionale. Per alcuni mesi facemmo poi il lavoro di circoscrizione nel Canada. Furono mesi nei quali avemmo molto da fare, ma alcuni dei più felici che abbia trascorsi da quel tempo in poi. Un giorno ricevemmo quindi a Ottawa la nostra assegnazione estera. Il nostro nuovo Paese sarebbe stato l’India. Non potevamo andare molto più lontano. Quando perciò la nostra nave, la “Marine Swallow”, partì dal porto di San Francisco nel tardo pomeriggio del 27 novembre 1947, mia moglie ed io eravamo su di essa diretti in Oriente. Mentre navigavamo nel Pacifico e la costa americana scompariva alla nostra vista, pensavamo alle esperienze che avevamo avute e agli amici e alle famiglie che pensavamo di non vedere più prima di Armaghedon. D’altra parte, le nostre menti cominciavano a formarsi il quadro di un nuovo paese con condizioni diverse.

Fu un viaggio meraviglioso, con amici che vedevamo di continuo. A Yokohama i due soli visitatori giapponesi che vennero a bordo — ufficialmente eravamo ancora in guerra — furono amici che vennero a salutarci. A Shanghai e a Singapore i nostri ex compagni di scuola erano al porto per accoglierci, insieme ai loro amici di buona volontà. I nostri compagni di viaggio, quantunque per la maggior parte missionari, si sorpresero quando, un porto dopo l’altro, i nostri fratelli vennero a salutarci. Uno disse: “Pare che voi abbiate amici dappertutto”. Ci offrì l’eccellente opportunità di testimoniare loro, poiché non aveva Gesù promesso: “Nessuno ha lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per amor mio e per amor della buona notizia che non riceverà ora in questo tempo il centuplo”? — Mar. 10:29, 30.

Trentadue giorni dopo aver lasciato San Francisco sbarcammo nel nostro nuovo Paese a Bombay, in India. Fui sorpreso? Questa non è la parola da usare. Non avevo mai compreso prima quanto fosse necessario un nuovo mondo. Guardai la povera gente la cui unica dimora era il marciapiede. Oltre ad una situazione già difficile, vi erano migliaia di profughi fuggiti dal Pakistan, dopo la divisione, col solo vestito che avevano addosso. D’altra parte, ero felice d’essere nella mia nuova assegnazione? Moltissimo. I nostri fratelli indiani furono pronti ad esprimerci il loro amore e a farci sentire a nostro agio, traboccando di apprezzamento perché eravamo venuti ad aiutarli.

Che dire dell’opera di testimonianza? Ebbene, anche questa fu una sorpresa. La gente era amichevole e ci invitava prontamente ad entrare nelle loro case, ma gli argomenti erano a volte del tutto nuovi. Infatti, essi dicevano: “I nostri libri hanno l’antichità di 25-40.000 anni, mentre la Bibbia è qualche cosa di nuovo”. Il fatto ch’essi avessero pochi manoscritti anteriori al dodicesimo secolo, o all’incirca del tempo in cui Wycliffe traduceva la Bibbia in inglese, non sembrava di nessuna importanza. I fatti scientifici? Ecco, erano ridotti a goffaggini in paragone con le meraviglie della filosofia indù. Non sapevamo noi che essi avevano i telefoni, gli aeroplani e la televisione molto tempo prima in Oriente? Ma con tutte queste pretese, credevano alle più primitive superstizioni: adorano la mucca come la madre di tutta la creazione, i segni fallici sono ancora preminenti in molti templi e in parte della loro adorazione. Com’ero felice dell’addestramento ricevuto a Galaad e dell’insormontabile evidenza dell’autenticità della Bibbia! Da principio pensai che sarebbe sicuramente accaduto qualche cosa che mi avrebbe fatto andar via; tutto sembrava così sorprendente e privo di speranza. Ma questo era ciò che la mia dedicazione richiedeva, e, spesso pensai, “sia che odano o che non odano” essi devono avere l’opportunità di udire la buona notizia.

Dopo breve tempo i miei occhi si abituarono a tutte le vedute strane. Le idee pessimistiche cedettero presto il posto a una veduta più ottimistica allorché cominciarono a mostrarsi degli interessati. Nonostante i pochi cristiani nominali, la nostra congregazione cominciò a crescere e similmente l’opera in tutta l’India. Fu incoraggiante vedere che di anno in anno potevamo raggiungere le nostre quote di aumento in proclamatori del Regno. Quando arrivammo in India vi erano a Bombay cinquantacinque proclamatori e una sola congregazione. Ora, dopo dodici anni, sono sei unità che tengono adunanze in tre lingue diverse. Certamente vi era la prova, scritta nei cuori umani, che il popolo amava la verità qui come in qualsiasi altra parte della terra, se solo potevano avere l’opportunità di udirla. Come ero felice di lavorare qui dove il bisogno era tanto grande!

In Oriente vi sono molte malattie per la mancanza di misure sanitarie, e il tifo è una di esse, per cui non era innaturale che io lo prendessi. Mi ammalai il 21 marzo 1951 e non tornai di nuovo al mio lavoro che in settembre. Sei mesi possono essere un lungo tempo quando si è malati, ma ricevendo lettere da molti amici vecchi e nuovi, ed essendo visitato regolarmente dai fratelli, il tempo passò presto. Avevo ora qualche pensiero di andare a casa? Nemmeno per sogno. Questa era ora la mia casa ed io ero con i miei amici. Come fui felice in questo tempo della disposizione della casa missionaria che mi permise di rimanere nella mia opera missionaria!

ASSEMBLEE INTERNAZIONALI

Venne quindi la primavera del 1953. A mia moglie e a me era riservata una grande sorpresa. Eravamo lontanissimi dal nostro paese originale, ma Geova mediante la sua organizzazione non ci aveva perduti di vista, poiché ricevemmo l’invito di assistere all’assemblea di New York. Sembrava incredibile. La benignità di Geova sembrava illimitata quando salpammo da Bombay il 7 giugno 1953, diretti a New York attraverso l’Europa. Che viaggio felice! In Europa facevano servizio molti nostri ex compagni di scuola, e che piacere rivederli dopo sei anni nelle loro assegnazioni!

Con tutte le nostre famiglie e i nostri amici nella verità, New York fu più d’un congresso; fu anche una riunione familiare. Che gioia riempì i nostri cuori, e grazie siano rese a Geova per aver potuto sedere tutti insieme godendo il ricco cibo spirituale e nello stesso tempo raccontare le nostre esperienze! Come fummo felici d’aver compiuto “servizio oltremare”!

Ma, se il 1953 fu una gioia, potete immaginare quello che sentii nel 1958 quando il fratello Skinner, nostro servitore di filiale, lesse la lettera che invitava mia moglie e me all’“Assemblea Internazionale ‘Volontà Divina’”. Fu difficile trattenere le lagrime.

All’assemblea alcuni mi chiesero se tornavo in India. Come mi sentivo? Volevo veramente tornare? Penso che si tratta di stabilire: “Dov’è il tuo tesoro, ivi è anche il tuo cuore”. Io ho molti tesori in India. Per dieci anni, insieme ad altri, ho lavorato sperando di organizzare un’unità in Marathi, uno dei gruppi delle maggiori lingue locali. Abbiamo provato molte delusioni con quelli che vorrebbero ‘signoreggiare sopra coloro che sono l’eredità di Dio’ e abbiamo dovuto ricominciare tutto da capo. Ma poco prima di partire per New York, si formò un’unità in Marathi, ed ora eravamo ansiosi di tornare a vedere come andavano avanti. Sono felice di comunicare che vanno molto bene.

Ma questa non era la sola ragione di tornare subito. Avete voi provato la gioia di tornare da un fratello o una persona di buona volontà, sapendo che vi aspettava, per raccontargli dell’assemblea? Io sapevo che in India non ce n’era uno solo ma centinaia di fratelli che attendevano di udire la volontà di Geova rivelata all’assemblea. Infatti, noi tornavamo per preparare ai nostri fratelli la più grande assemblea che avessimo mai tenuto in India, per dir loro ciò che era avvenuto a New York. Qui, per la prima volta, avremmo tradotto tutti i discorsi in cinque lingue simultaneamente in modo che tutti potessero capire. Oh, quale felicità guardare quel mare di visi felici e ansiosi, vedendo che Geova aveva fatto prosperare la nostra opera nei precedenti dieci anni!

Ora in India vi sono 1.514 proclamatori del Regno. Come sono felice che Geova mi ha permesso di godere questi anni aiutando i miei fratelli e le persone di buona volontà in questo paese dove il bisogno è grande. So che questa è la sola opera che merita d’esser compiuta prima di Armaghedon e confido, mentre volgo lo sguardo agli anni avvenire, che adempiendo i miei voti di dedicazione proverò la più grande felicità trascorrendo gli anni in un soddisfacente servizio.

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