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  • Perché non vanno in chiesa
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1963
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  • LE LORO LAMENTELE
  • IL PRINCIPE DELLA GUERRA
  • UN VISITATORE
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    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1975
Altro
La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1963
w63 15/2 pp. 101-104

Perché non vanno in chiesa

Vi sono buone ragioni per cui milioni di persone non vanno in chiesa. Eccovi la loro spiegazione.

IL potente esercito della cristianità composto di “soldati cristiani” è abbandonato da milioni di persone. Dalla Scandinavia, dall’Europa Centrale, dall’Inghilterra, dal Canada, dagli Stati Uniti e da altre parti del mondo, pastori scoraggiati comunicano che un sorprendente numero di frequentatori di chiesa si assentano senza permesso. Nei soli Stati Uniti, da trenta a quaranta milioni di membri delle chiese non assistono alle funzioni domenicali. Gli ecclesiastici perplessi chiedono: Perché?

Un’indagine rivela che vi sono essenzialmente due classi di persone che non vanno in chiesa. Un gruppo non si è mai unito a una chiesa e non ci va. L’altro gruppo appartiene a una chiesa ma non ci va ugualmente. I ministri chiamano coloro che fan parte del primo gruppo “quelli di fuori”. I milioni del secondo gruppo sono detti pecore che hanno smarrito la strada. Per colmo dell’ironia, molti di essi pensano che sia la chiesa ad aver smarrito la strada.

Secondo una recente indagine, “quelli di fuori” non vanno in chiesa perché non ne sentono il bisogno. Pochissimi di questi sono atei, tuttavia. Molti dicono di poter essere vicini a Dio senza unirsi a una chiesa. Parecchi tra questi preferiscono la loro personale filosofia religiosa che non rientra in nessun credo particolare. Alcuni si sentono offesi per i meschini sermoni che condannano il bere, il fumo o il ballo. “Quelli di fuori” non si curano eccessivamente dell’atteggiamento di santità che assumono nei loro confronti quelli che vanno in chiesa i quali, essi pensano, hanno riservato il cielo a se stessi e l’inferno ai loro simili. Alcuni di “quelli di fuori” evitano la chiesa come sistema pratico per risparmiare denaro. Questo fu reso particolarmente chiaro da un’indagine durata tre anni e fatta per conto della Chiesa Presbiteriana Unita. I risultati furono resi noti al pubblico il 15 febbraio dell’anno scorso.

Gli ecclesiastici controbatteranno affermando che “quelli di fuori” non si rendono conto del profondo significato religioso della chiesa. La considerano solo un’istituzione sociologica che offre compagnie e comodità appena appena condite di etica. Se ciò è vero, non si spiega perché milioni di membri delle chiese che trascorsero anni nella chiesa preferiscano ora passare la domenica altrove. Perché il fatto che essi afferrarono il “profondo significato religioso” della chiesa non li fece tornare ad essa?

LE LORO LAMENTELE

Se chiedeste a quelli che stanno a casa che cosa li allontanò, in molti casi esprimerebbero le loro lamentele pressappoco così:

‘Ero molto attivo nell’opera della chiesa. Esserne membro consisteva in un’intensa attività di adunanze del comitato, telefonate, preparazione di programmi, aiutare ad essere presenti. Qui stava la difficoltà; il ministro e la congregazione si preoccupavano troppo di raccogliere fondi, dei gruppi di giovani esploratori e di altre attività sociali che non avevano nulla a che fare con la nostra salvezza. Questa preoccupazione per le cose mondane si rifletteva anche nei sermoni domenicali.

‘Il nostro ministro sapeva essere un eloquente oratore, ma io desideravo di continuo che la terra lo inghiottisse. Solo in rare occasioni diceva qualcosa che potevo ricordare un’ora dopo. Di tanto in tanto citava Gesù o Paolo dal pulpito, ma essi avevano moltissimi concorrenti in Bertrand Russell, Reinhold Niebuhr, nel dott. Norman Vincent Peale e in chiunque altro il ministro scegliesse di nominare.

‘Dai sermoni sull’inferno di fuoco e zolfo, la moda passò all’altro estremo di tranquillizzanti sermoni che trattavano il modo di vincere la tensione e le difficoltà. Il tempo dedicato sul pulpito al successo e alla “pace mentale” mi turbava. La necessità della virtù cedeva il posto al desiderio di energia, vigore e vitalità. La psicologia applicata sembrava erratamente applicata quando era trattata dall’uomo che era pagato per insegnarci le cose di Dio. Non è strano ch’io evitassi di parlare di religione; anche della mia. Non ne sapevo abbastanza. Parecchie volte uscivo dalle funzioni domenicali con la sensazione di non essere stato nutrito spiritualmente. V’era qualcosa di radicalmente errato.

‘Un missionario della chiesa disse che eravamo afflitti dall’infiltrazione buddista, e aveva ragione. Eravamo a poco a poco giunti a credere che una religione valeva l’altra, purché si credesse. Il missionario disse che i buddisti affermano la stessa cosa: tutte le religioni sono soltanto strade diverse che conducono alla stessa mèta. Se Gesù si fosse levato nella nostra chiesa e avesse ripetuto la sua affermazione, cioè: “Stretta invece è la porta ed angusta la via che mena alla vita, e pochi son quelli che la trovano”, dubito che sarebbe stato accolto bene un’altra volta. — Matt. 7:14, VR.

IL PRINCIPE DELLA GUERRA

‘Un’altra cosa che rendeva Gesù inadatto per la nostra chiesa era il suo titolo, Principe della pace. Gli piacesse o no, la nostra chiesa lo aveva trasformato nel Principe della guerra. Il nostro cristianesimo era assolutamente nazionalistico. Per fortuna, il governo sotto il quale era la nostra chiesa si trovava sempre dalla parte moralmente giusta della guerra che si combatteva; per lo meno, questo è ciò che ci dicevano. Così era conveniente per il clero predicare la causa di una guerra santa o di una crociata per l’umanità. Mi sconvolgeva tuttavia scoprire che gli eserciti nemici erano costituiti di membri delle stesse chiese, compresa la mia. Un ecclesiastico ci assicurò che la guerra è il mezzo che Dio usa per popolare il cielo. Ne dubitavo, ma non c’era dubbio che le molte disgrazie tendevano a spopolare la terra. Nella nostra chiesa solo il 25 dicembre Cristo tornava ad essere il Principe della pace. Per me un cristianesimo bellicoso era assurdo.

‘Una volta o due il pastore ci rammentò che avremmo dovuto essere la luce del mondo. Ma non avevamo neppure abbastanza zelo per illuminare la nostra città. Infatti, da un punto di vista dottrinale, le cose erano un po’ confuse, perfino entro la chiesa. Molto era dovuto alla dottrina della trinità, poiché in qualche modo il conto non tornava. La chiesa diceva che era un mistero e che dovevamo accettarlo come tale. Ogni tanto il pastore parlava della risurrezione, specialmente la domenica di Pasqua. Ma poi quando si faceva il funerale di qualcuno, era data importanza all’immortalità dell’anima e alla sua partenza per il cielo. Anche questo mi rendeva perplesso. Se Cristo o chiunque altro avesse avuto un’anima immortale, perché ci sarebbe voluta anche la risurrezione? Sembrava superflua. Il pastore diceva che la risurrezione unì il corpo di Cristo alla sua anima immortale e che entrambi andarono in cielo. Scoprii in seguito che la Bibbia dice che questo è impossibile. (1 Cor. 15:50) Non udivamo troppo spesso considerazioni bibliche dal pulpito, poiché il ministro riteneva necessario parlare di argomenti più urgenti della vita eterna. La dottrina che ci veniva spiegata lasciava molte domande senza risposta.

‘Un’altra cosa che poneva un punto interrogativo nella mia mente era l’insegnamento della chiesa secondo cui Dio pose l’uomo sulla terra per provarlo e vedere se era degno del cielo. Questo significava che la terra non aveva altro scopo che essere un banco di prova. Ma come mai gli angeli del cielo furono creati per il loro reame senza passare attraverso le sofferenze coi figli di Adamo? E se questo empio mondo è come Dio lo volle, sorge un’altra domanda: Perché insegnavamo ai nostri figli a pregare perché fosse fatta la volontà di Dio sulla terra come in cielo? Mi pareva che Gesù avesse detto di pregare per la trasformazione dell’attuale situazione, ma la chiesa continuava a insistere che dovevamo essere pronti a lasciare questa terra in qualunque momento. Poiché la chiesa non soddisfece la mia fame spirituale, giunsi alla conclusione che potevo benissimo farne a meno. Infine smisi di andare in chiesa’.

Questa è in sostanza la storia di migliaia di persone che non frequentano la chiesa. Succede che in tutte le parti del mondo moltissimi individui che non vanno in chiesa per tali ragioni ricevono un’inaspettata benedizione che provoca un cambiamento nel loro modo di vivere. In effetti, ecco ciò che succede, come lo racconta uno che l’ha provato:

UN VISITATORE

‘Una domenica mattina indugiavo in casa dopo aver fatto colazione tardi, allorché un giovane venne alla nostra porta con la Bibbia in mano. Era uno di quelli contro i quali ci avvertiva di solito la nostra chiesa: gli zelanti con la dottrina “assurda”. Non volendo essere scortese, mi sforzai di ascoltare. “Dio mise l’uomo sulla terra perché vivesse per sempre”, egli disse, “ma questo dipendeva dall’ubbidienza dell’uomo. La caduta di Adamo recò la morte su tutti noi, ma non cambiò il proposito di Geova di fare della terra un paradiso. La preghiera modello di Gesù ci dice di pregare perché il governo del Regno di Dio distrugga questo empio mondo e faccia in modo che il paradiso divenga una realtà. Guerre, lacrime e morte spariranno e Dio farà nuove tutte le cose. Questa è la buona notizia che i testimoni di Geova portano fino alle estremità della terra, in armonia con Matteo 24:14”. Confermò i suoi argomenti citando Genesi 1:28; Daniele 2:44; 2 Pietro 3:13 e Apocalisse 21:4, 5. Lo invitai a entrare.

‘Lo bombardai di domande, e ogni volta ricevetti una risposta scritturale. Mi spiegò che la trinità è una dottrina pagana, apertamente contraddetta da versetti come Giovanni 14:28 e 1 Corinzi 11:3, tra le altre. “L’uomo è un’anima”, egli disse, “e la Bibbia mostra che l’anima muore”. (Mi fece vedere Ezechiele 18:4, Ecclesiaste 9:5, 10 e Giacomo 5:20). “Poiché l’anima muore, Dio ci offre la risurrezione nel suo nuovo mondo di giustizia. La vita eterna è qualcosa che dobbiamo cercare; non nasciamo con essa”. — Giov. 17:3.

‘Nelle visite successive questo giovane ministro rispose a domande bibliche che mi avevano reso perplesso per anni. Con la pioggia o col sole, rispettava i suoi appuntamenti e apprendevo sempre qualcosa di interessante e prezioso. Cominciai a comprendere che il cristianesimo si accentra ancora in Dio, non in se stesso. Esso ha ancora notizie per il mondo, anziché gli insulsi discorsi su come ottenere successo e pace ad ogni costo. Il vero cristianesimo esige ancora virtù e fede dimostrate mediante le opere. Si deve ancora dare una testimonianza, e Dio si serve a questo scopo di uomini, donne e bambini come fece 1900 anni fa. Ora, come allora, nessuno di essi è pagato; si dedicano a fare la volontà di Dio per amore. E questo amore li mantiene uniti ai fratelli di tutto il mondo. Io ho udito e visto tutto ciò fra i testimoni di Geova. Anche voi potete accertarvene personalmente nelle loro Sale del Regno.

‘La prossima domenica visiterò qualcuno dei miei ex associati della chiesa, non in chiesa, ma nelle loro case. Molti di essi non andranno in chiesa, come facevo io, perché hanno bisogno di qualcosa di meglio. Sarà un piacere mostrar loro che lo possono trovare proprio nella Bibbia. Vi andrò, se Geova lo permetterà, perché ora sono un testimone di Geova’.

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