In viaggio verso l’avventura
IL LUNEDÌ 14 agosto, a Sarafand, in Israele, due fanciulle arabe furono condannate alla prigionia a vita per aver partecipato al dirottamento di un aereo di linea belga e per averlo fatto atterrare forzatamente nell’aeroporto di Lod in Israele. Uno dei giudici era stato a favore della pena di morte.
Tre mesi prima, mentre la notizia del dirottamento era trasmessa in tutto il mondo, il 9 maggio, i cronisti radiofonici narravano ciò che avveniva nell’intenso dramma che si svolgeva a Lod. Noi ascoltavamo.
Quale sensazione si prova, sapendo di atterrare più tardi in giornata nello stesso aeroporto? I componenti del nostro gruppo erano eccitati! Dopo pochi minuti dovevamo salire su un DC 9 della British European Airlines e partire dall’aeroporto internazionale di Londra in viaggio per Israele. Che sarebbe accaduto all’arrivo del nostro volo? ci chiedevamo.
Quattro componenti dell’organizzazione Settembre Nero dei commando arabi avevano dirottato un Boeing 707 della Sabena e avevan minacciato di farlo saltare in aria, uccidendo tutti quelli che erano a bordo, a meno che non fossero liberati cento terroristi della guerriglia araba.
Le notizie dicevano che l’aereo era pieno di cariche al plastico e che i dirottatori portavano bombe a mano. La tensione crebbe mentre le trattative fra gli Arabi e il generale David Elazar, capo di stato maggiore delle forze armate d’Israele, continuavano durante la notte.
Il nostro aereo non sarebbe arrivato che sette ore dopo. Di sicuro per quell’ora, cercavamo di rassicurarci, il problema sarebbe stato risolto.
Le misure di sicurezza nell’aeroporto di Londra non diminuirono affatto i nostri timori. Prima di salire sull’aereo i passeggeri furono sottoposti ai raggi X. Ogni cosa fu verificata accuratamente: bagaglio, borsette, perfino i tubetti di rossetto furono aperti. Solo allora i passeggeri poterono salire a bordo.
I passeggeri sono un mosaico della popolazione d’Israele
Che gruppo vario formavamo! I contrasti erano rimarchevoli! In uno dei nuovi posti ben assegnati, un patriarca abbronzato dal sole e vestito in fluenti lunghe vesti guardava fuori del finestrino mentre l’aereo scendeva sulla pista d’atterraggio a oltre 240 chilometri l’ora. Un apposito fazzoletto bianco gli fasciava la testa con una doppia fila di nastri che gli incorniciavano il viso dai tratti molto marcati. Il passeggero accavallò le gambe, mostrando i suoi sandali molto logori muniti di legacci. In quest’èra della velocità supersonica, egli sembrava uscito dal passato. Il patriarca biblico Abraamo poté vestire così quando Geova gli promise che il suo seme avrebbe ereditato la Terra Promessa.
La nostra affaccendata hostess forse non si rendeva conto dell’assurda scena che aveva creata quando aveva condotto due donne ai posti accanto a questo viaggiatore. Ebree americane, esse andavano a Israele in pantaloni di stoffa stampata a colori vivaci. I loro tintinnanti braccialetti emettevano un suono ritmico secondo i gesti che accompagnavano la loro animata conversazione. Tuttavia, con gli alti zigomi, i nasi aquilini, i capelli scuri, il portamento orgoglioso, avevano i tratti della bellezza.
E c’erano i fanciulli. Un padre giocherellò con tre piccoli dagli occhietti scuri passandoli durante il lungo viaggio da un ginocchio all’altro, ma rivelava la sua irritazione. Qui era l’imperfezione umana, priva della pazienza di Gesù, che prese in braccio i fanciullini non per l’irritazione, ma per benedirli. — Mar. 10:16.
Emigranti, turisti, Arabi, studenti, sacerdoti: i nostri passeggeri erano un mosaico in piccole proporzioni della diversa popolazione della stessa Israele, poiché il paese è una raccolta di minoranze provenienti da luoghi rimarchevolmente disparati.
Perché il paese li attrae?
Che cos’è che attrae le persone da ogni parte della terra in questo paese come la candela attrae le farfalle? Di sicuro non può essere la ricerca della pace, poiché Israele non è un paese di pace. Oscilla precariamente sull’orlo della guerra ed è circondato, in gran parte, da paesi nemici che hanno giurato di distruggerlo. Si fanno ancora giacere le pecore d’Israele in verdi pascoli e si conducono in irrigui luoghi di riposo come quelle descritte dal salmista Davide, ma oggi il pastore porta alla spalla il fucile.
Nei giorni biblici Mosè ebbe da Geova il comando di mandare esploratori a esplorare il paese prima che i figli d’Israele ne prendessero possesso. Essi trovarono un paese riccamente produttivo. Ma gli esploratori non dovettero portare mitragliatrici. Oggi mentre si fanno le balle di fieno e la terra produce di nuovo il suo frutto, il lavoro è diretto da fanciulle che indossano scolorite divise militari e portano armi. Maschi o femmine, quasi tutti fanno il servizio militare. Anche le donne che sono automaticamente esonerate se vengono da famiglie ortodosse, in molti casi decidono che è loro dovere unirsi alle forze che difendono il loro paese.
In questo paese ci sono in ogni luogo resti militari. Presso il mare di Galilea dove Gesù predicò: “Felici i pacifici, poiché saranno chiamati ‘figli di Dio’”, i trattori sono armati; i bambini giocano vicino ai rifugi antiaerei. Sono stati messi in guardia dai genitori perché ascoltino le sirene che danno il segnale di pericolo.
Sul Monte delle Beatitudini, dov’è un anfiteatro naturale con un’acustica così superba che migliaia di persone avrebbero potuto udirvi il Sermone del Monte, rimangono recinti di filo spinato, triste ricordo della guerra. Poiché nella zona vi è stata relativa pace solo dal 1967, quando Israele riportò la vittoria dopo la guerra di sei giorni con gli Arabi. In precedenza, per diciannove anni, cannoni e mortai avevano dalle alture sparato sugli abitanti.
Nelle strade che corrono lungo il vicino confine siro, piccoli triangoli rossi punteggiano il paesaggio avvertendo che può ancora esserci pericolo. Questi e i carri armati rovesciati che si trovano di tanto in tanto rimangono come evidenza dell’odio e dell’intimidazione politica.
Tali furono i sentimenti suscitati dal dirottamento che ora si tentava nell’aeroporto di Lod. I funzionari della Croce Rossa Internazionale erano pure impegnati nel disperato tentativo di negoziare una soluzione. I dirottatori, due uomini e due fanciulle, divenivano impazienti. In pericolo era la vita di novantasette passeggeri a bordo dell’aereo a reazione della Sabena. Eppure, durante tutto l’avvenimento, i funzionari d’Israele si rifiutarono di cedere. Eran decisi a dimostrare che lo Stato non avrebbe tollerato la pirateria aerea e il ricatto come mezzi per ottenere il rilascio dei guerriglieri imprigionati. La situazione era critica. Che sarebbe accaduto se i terroristi avessero fatto esplodere l’aereo e avessero distrutto la pista su cui dovevamo atterrare?
No, davvero, le migliaia di turisti che visitano Israele ogni anno non cercano un paese privo di tensione. Più spesso cercano di tornare indietro nel tempo, d’acquistare più profonda perspicacia e di rafforzare la loro fede, tornando in un paese dove si svolsero antichi drammi religiosi. Sotto questo aspetto la Terra Santa è all’altezza della sua promessa, poiché è stata il punto focale della formazione di tre maggiori religioni del mondo: giudaismo, cristianesimo e Islam, in cui i prediletti simboli ed edifici si mischiano intricatamente insieme.
Si rivivono avvenimenti del passato
Per il cristiano il paese è un deposito di tesori. Qui è Nazaret, città natale di Gesù, su un’altura. Il terreno rammenta che quando Gesù vi tornò a predicare, gli abitanti, convinti che fosse solo un figlio di Giuseppe, si adirarono alle sue parole e “lo condussero sul ciglio del monte sopra il quale la loro città era stata edificata per precipitarlo giù”. (Luca 4:29) Nel luogo di mercato, persone e asini ancora percorrono le stesse vie come nel giorno di Gesù. Gli artigiani ancora svolgono gli antichi mestieri. Un fabbro modella a mano una falce. Il pozzo dove Maria poté attingere acqua è un’attrattiva preferita.
La Bibbia torna davvero a vivere quando si sta sul monte Tabor e si immagina Barac che scende con 10.000 uomini al proprio seguito per sconfiggere le forze di Sisera dopo che Geova aveva gettato l’esercito nemico nella confusione. Il monte Ghilboa, che si erge fra il fiume Chison e la valle del Giordano, rammenta che qui furono uccisi Saul e tre suoi figli. E quello che fu in precedenza il piccolo villaggio di Nain fa tornare alla mente la felicità di una vedova sola, quando Gesù le destò l’unico figlio dai morti.
In Gerusalemme, la capitale, e dintorni, il visitatore può camminare attraverso migliaia d’anni di storia in pochi minuti. Qui sono il monte degli Ulivi, il Getsemani, il monte Sion e il Calvario. Ecco il famoso muro ebraico del pianto; e il luogo dove regnò Erode. E qui Cristo pianse sulla città: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono mandati, quanto spesso ho voluto radunare i tuoi figli, come la gallina raduna i suoi pulcini sotto le ali! Ma voi non avete voluto. Ecco, la vostra casa vi è abbandonata”. — Matt. 23:37, 38.
E Gerusalemme fu davvero distrutta. Dopo ciò, molti Ebrei si rifugiarono a Safad, una città costruita dopo la distruzione. Oggi le strade che portano a questa città sono caratteristiche a causa delle cicogne, uccelli alti un metro e venti centimetri e una magnifica apertura d’ali, che regolarmente emigrano attraverso la Palestina dai loro luoghi invernali d’Africa.
Qui in Israele l’erudito può seguire il sentiero percorso da Gesù, esaminare gli aspetti orientali degli abitanti dello Stato moderno, vedere gli abiti tradizionali che gli Ebrei indossarono per secoli e sentir parlare greco, arabo ed ebraico mentre rivivono gli avvenimenti del passato. Alla Parola scritta si aggiungono moto, vita e colore. In un’epoca di cinismo e dubbio si prova riverenza; si rafforza il bisogno di adorare.
Invero le parole di Goethe si applicano specialmente allo stato storico d’Israele: “Se volete capire il poeta, visitatene il paese”. Per questo venimmo.
Arrivo a Lod
Per più di un’ora il nostro aereo sorvolò in cerchio la pista d’atterraggio. L’aeroporto era pieno d’attività e non potevamo atterrare. Quindi ci fu la via libera, e il sollievo! Scendevamo a terra. L’aereo a reazione della Sabena era circondato da camion dell’esercito.
Le truppe israeliane, travestite da meccanici dell’aeroporto, avevano assunto il controllo del velivolo. Nell’assalto i due Arabi maschi erano stati uccisi, una delle dirottatrici era stata ferita e una seconda era stata catturata. I passeggeri balzarono in piedi, si arrampicarono e scivolarono giù dall’aereo. Le autorità israeliane che non avevano ceduto per timore che tale azione incoraggiasse ulteriori tentativi di estorsione di guerriglieri avevano vinto. Le due ragazze ora affrontavano la prigionia a vita.
Mentre aspettavamo sul marciapiede il nostro tassì, passarono rombando le autoambulanze. Sembrò che metà della popolazione d’Israele fosse stata all’aeroporto per vedere il dramma. Fra loro era Moshe Dayan.
Tensione, sollievo: i nostri sentimenti erano confusi mentre ci dirigevamo verso Haifa. L’avvenimento era passato, ma l’opportunità di visitare i luoghi dove vissero i patriarchi e i fondatori del cristianesimo, la vera avventura, stava per cominciare. — Da un nostro collaboratore.