Vita nel mondo tridimensionale dei mari
IL MARE è un vero e proprio deposito di vita. Non solo copre oltre i sette decimi della superficie terrestre, ma la sua immensa profondità, che supera in media i tre chilometri, ne fa un mondo tridimensionale di enorme capacità, a molti livelli in tutta la sua estensione.
Si trova la vita in qualsiasi parte del mare, a ogni profondità. Lungo le rive esso brulica di vita assai attiva. A un livello inferiore, sulla piattaforma continentale, la vita è pure molto attiva. Più lontano, in alto mare, la vita esiste per la maggior parte nei livelli superiori vicino alla superficie. Ma esiste la vita anche nelle profondità abissali delle più profonde fosse, dove svolge la sua parte nel sistema ecologico del mare.
La catena alimentare
Ovviamente gli innumerevoli miliardi di animali marini hanno bisogno di una prodigiosa quantità di cibo. Benché vi siano grandi quantità di alghe marine, come nel mare dei Sargassi, esse non sono affatto la principale fonte di cibo. Anzi, le alghe marine hanno una parte minima. In effetti, più del 90 per cento dell’essenziale materia organica da cui si forma e si alimenta tutta la vita del mare è sintetizzato dalle molte varietà di “fitoplancton” negli strati illuminati del mare aperto.
Il fitoplancton è composto di piante microscopiche che galleggiano vicino alla superficie dove possono utilizzare la luce del sole. Per fare il loro lavoro e vivere hanno bisogno di luce, come ne ha bisogno la maggioranza delle piante terrestri. Il fitoplancton fabbrica il cibo mediante fotosintesi, processo in cui viene utilizzata l’energia della luce solare per trasformare in cibo le sostanze minerali nutritive dell’oceano. Questo è essenziale per gli animali, poiché essi non sono in grado di sintetizzare da soli il cibo.
Come la vegetazione terrestre provvede il cibo essenziale a tutti gli animali terrestri, così le forme di vita vegetale costituiscono la base dell’alimentazione degli abitatori dei mari. — Gen. 1:29, 30.
Grandi strati di fitoplancton galleggiano sul mare, essendo di solito più densi dove le “correnti ascendenti” portano su dal fondo marino le sostanze minerali nutrienti, o dove le correnti trasportano tale cibo. Del fitoplancton si nutre soprattutto lo “zooplancton”, costituito di piccoli animali. Essi scendono di giorno al di sotto della superficie a profondità variabili da 300 a 1.200 metri, risalendo di notte per mangiare freneticamente. Altri piccoli pesci che si nutrono di fitoplancton e alcuni che si nutrono di zooplancton accompagnano questa schiera in migrazione, e tutti insieme formano uno spesso strato. Questo strato è così spesso che nei primi tempi in cui si impiegavano gli ecogoniometri questo strato veniva spesso scambiato per il fondo marino, ragion per cui le carte del fondo marino risultavano inesatte. Durante la guerra i sottomarini si rifugiavano sotto questo strato, sicuri di non essere scoperti dagli ecogoniometri dei cacciatorpediniere.
Lo zooplancton costituisce l’alimento del “necton” (che significa “nuotare”). Questi predatori includono migliaia di varietà di pesci. Nella “piramide” alimentare, con approssimativamente 500 chili di vegetazione marina (in fondo alla piramide) si sfameranno 50 chili circa di animali che si nutrono di piante (il successivo strato della piramide). Questo, a sua volta, produrrà circa cinque chili di animali marini carnivori. Infine, da cinque chili di pesce si forma circa mezzo chilo di carne umana. Per rifornire il mercato di cinque chili di pesce l’oceano deve dunque provvedere circa 500 chili di microscopico “foraggio” planctonico.
Possiamo farci un’idea del colossale lavoro svolto dal mare nella produzione di cibo se consideriamo che le lontre che si riproducono nelle isole Pribilof nel mar di Bering — solo queste lontre — consumano circa tre miliardi di tonnellate di pesce all’anno. Quale abbondante fonte di cibo è il mare, opera del Creatore! Come scrisse il salmista:
“Quanto numerose sono le tue opere, o Geova!
Le hai fatte tutte in sapienza.
La terra è piena delle tue produzioni.
In quanto a questo mare così grande e ampio,
Lì ci sono cose che si muovono senza numero,
Creature viventi, sia piccole che grandi. . . .
Essi tutti, continuano ad aspettar te
Perché tu dia loro il loro cibo a suo tempo.
Ciò che dài loro essi raccolgono.
Apri la tua mano, si saziano di cose buone”.
Il fenomeno dell’arrossamento
Ogni tanto un certo tipo di microscopica vita marina detta “dinoflagellati” va soggetta a un “boom demografico”, subendo una concentrazione astronomica. Si moltiplicano talmente che vaste estensioni d’acqua diventano rosse, marroni o ambra a causa dei loro pigmenti, dando luogo al cosiddetto fenomeno dell’arrossamento. La concentrazione può diventare troppo grande perché sopravvivano, ed essi producono nell’acqua una sostanza molto tossica che uccide i pesci e gli uccelli marini della zona. I veleni che dall’acqua passano all’atmosfera quando si frangono le onde irritano l’apparato respiratorio dell’uomo, causando talora la temporanea chiusura degli stabilimenti balneari della costa. L’elevata quantità di idrogeno solforato che può venire a formarsi farà annerire le case verniciate con biacca di piombo in una vicina città costiera.
Come la vita marina si protegge per sopravvivere
Ci si chiede come una qualsiasi particolare forma di vita marina possa evitare l’estinzione in vista di tutti i predatori da cui deve difendersi. Ma le varie specie di vita marina hanno molti diversi modi per sopravvivere come specie. Un modo è l’eccezionale prolificità. La minuscola diatomea, la più numerosa delle piante microscopiche, può avere un miliardo di discendenti in un mese. Il merluzzo depone fino a nove milioni di uova per volta. L’ostrica depone fino a 500 milioni di uova all’anno. Si calcola che un miliardo di sgombri al largo della costa meridionale di Cape Cod produce sessantaquattro trilioni di uova nella stagione dell’accoppiamento. Le uova e i piccoli pesci e altri animali marini sono rapidamente inghiottiti da una vasta schiera di predatori d’ogni specie. Nel caso dello sgombro, si è calcolato che su ogni milione di uova, solo da uno a dieci pesci sopravvivono fino a maturità. La mortalità va dal 99,98 al 99,99 per cento; eppure, sgombri, merluzzi e ostriche abbondano. Lo stesso vale per molti altri animali, come calamari, gamberi, e così via. Solo l’uomo tende a portare lo squilibrio e questo minaccia di distruggere intere specie.
Altri pesci, invece di fare del tutto assegnamento sul gran numero, proteggono le uova o i piccoli. Nel caso di alcuni squali, essi covano le uova e i pesci appena nati vivono per qualche tempo sulle parti posteriori della madre. Alcuni pesci fissano le uova a rocce, piante e così via; altri le riparano con schiume e membrane. In altre specie il maschio porta le uova in bocca o in una tasca (come il cavalluccio marino) finché non si aprono. Spesso, però, i piccoli sono lasciati a sé non appena escono dall’uovo. Ma il delfino, un mammifero, continua a proteggere i suoi piccoli dai nemici.
Dato che quasi tutti gli animali marini hanno dei predatori che danno loro la caccia, spesso ricorrono al mimetismo. Il pesce farfalla, per esempio, ha una macchia sul corpo che somiglia a un occhio e serve a distogliere l’attenzione dell’aggressore dalla testa. Il dorso dei pesci che vivono nel mare aperto è verde o nero perché il mare, visto dall’alto, è di questo colore. Ma vista dal basso, la superficie del mare, appare argentea o biancastra. In modo corrispondente, la parte inferiore della maggioranza dei pesci è di questo colore.
Il cetriolo di mare ha forse il più strano modo di difendersi. Quando è in pericolo, espelle gli intestini. Evidentemente il predatore affamato preferisce pranzare con gli intestini, anziché con il sacco coriaceo e insaporo che rimane. Il “sacco vuoto” si riempie quindi di nuovi intestini. Gli animali più statici o immobili, come le fisalie, hanno cellule urticanti per tenere lontani i nemici. Altri fanno assegnamento su velocità, vigilanza, mole o forza. Alcuni calamari delle profondità marine sono dotati di un eccezionale mezzo difensivo. Producono una nube luminosa per coprirsi la fuga. Altri pesci emettono forti lampi di luce per far perdere di vista ai predatori il bersaglio o per ‘accecarli’ temporaneamente.
Nel mondo tridimensionale del mare, dove la visibilità arriva solo a una trentina di metri, e dove l’elemento circostante è molto più pesante dell’aria, il Creatore ha provveduto mezzi di cui gli animali terrestri non sono dotati. Uno di questi è un “sesto senso”, posseduto dalla maggioranza dei pesci che sono veloci nuotatori. Consiste di una rete longitudinale di canali che vanno dalla testa alla coda, detta “linea laterale”. Permette ai pesci di avvertire anche minimi cambiamenti nelle pressioni esterne. In tal modo migliaia di pesci di un “banco” possono stare insieme e muoversi in perfetto unisono, cambiando rapidamente direzione come un sol corpo. E, da considerevole distanza sono avvertiti dell’approssimarsi dei nemici. Con questo senso possono anche evitare di urtare in ostacoli, come la parete di vetro di un acquario.
Dotati per la caccia
Uno degli aspetti più sorprendenti del sistema ecologico del mare è l’interdipendenza della vita che vi si trova, e l’equilibrio mantenuto in tale vita. Mentre gli animali a cui i predatori danno la caccia hanno mezzi difensivi, i predatori stessi sono dotati dei mezzi più complicati per localizzare e afferrare la preda. E mentre un sufficiente numero di pesci è catturato dagli affamati predatori per nutrirsene, un sufficiente numero di individui sopravvive per tenere in vita ciascuna specie. Se non ci fossero predatori ai quali piace mangiare uova d’ostrica o giovani tartarughe, i mari sarebbero ben presto invasi dalle ostriche o dalle tartarughe. Ma se le ostriche e le tartarughe fossero completamente annientate dai loro predatori, anche i predatori finirebbero per sparire. Solo un onnisapiente Creatore avrebbe potuto provvedere le condizioni e ideare i mezzi di caccia e di difesa per conseguire un equilibrio così delicato come questo.
In quanto agli organi per la caccia, cominciando dal basso della “piramide” alimentare, secondo la descrizione fatta da un oceanografo in Scientific American (settembre 1969), troviamo “occhi in microscopici animali erbivori, filtri di forma squisita, meccanismi e comportamento per scoprire le concentrazioni locali, complessi organi di ricerca e, in fondo, altri mezzi per favorire il movimento dell’acqua nel lavoro di filtrazione”. Certe lumache marine si servono di grandi reti trasparenti, spesso appiccicose, alcune con un diametro di quasi due metri. In questo modo prendono i più minuti microrganismi di cui si alimentano. Le amebe unicellulari trovano il cibo con mezzi chimici.
Moltissimi organismi che vivono vicino alla superficie sono luminescenti. Ma nei livelli più profondi dell’oceano dove la luce del sole arriva difficilmente, se pure vi arriva, almeno due terzi degli animali marini producono luce. Il summenzionato ricercatore dice: “Alcuni pesci, calamari ed eufasiacei possiedono organi riflettori, muniti di cristallino e iride quasi così complessi come quelli dell’occhio”. Altri, dice, hanno una luminosità che somiglia a quella di un piccolo gruppo di organismi planctonici luminosi, mentre alcuni “pescano” con una luce che penzola davanti a loro. Il pesce incauto che s’avvicina all’“esca” è rapidamente inghiottito.
Il polpo ha occhi simili a quelli dell’uomo di cui si serve per trovare da mangiare. I delfini e alcuni cetacei sono dotati di sonar che permette loro di individuare la preda da lontano. Emettono suoni e il loro sensibilissimo udito percepisce l’eco. Si pensa che il capodoglio sia in grado di localizzare la preda da molto lontano, forse da una distanza di chilometri. Gli squali hanno un acuto senso dell’odorato, e il sangue di un pesce ferito li attira da lontano.
Vita nelle profondità abissali del fondo oceanico
Sul fondo dell’oceano, a tre chilometri o più sotto il livello del mare, a una temperatura quasi da congelamento, le pressioni sono enormi e c’è buio pesto. Ma anche lì c’è la vita. Pare comunque sia presa con comodo, e la popolazione è assai più scarsa. Cetrioli di mare lunghi più di mezzo metro si muovono lentamente sul fondo fangoso, “mangiando” il fango, cioè inghiottendo la melma per nutrirsi dei piccoli organismi che essa contiene, o per cercare i “detriti”, materia organica di rifiuto che è scesa dall’alto. Alcune di queste creature sono grandi quanto un topo; la maggioranza è più piccola delle api. Reti dalle maglie più strette di un quarto di millimetro tirano su piccoli molluschi bivalvi, vermi e crostacei.
Alcuni pesci e altri animali delle oscurità abissali sono ciechi. Creature munite di peduncoli affusolati, pelosi all’estremità, si muovono in modo maestoso, restando sospese sopra il fango. Le “ofiure”, parenti della stella di mare, coprono a volte il fondo oceanico. Anche alla profondità di 1.100 metri o più, passa ogni tanto una razza, in cerca di cibo sul fondo. Il fondo marino è solcato da piste e impronte. Nelle fotografie fatte alla profondità di 10.700 metri nella fossa di Challenger a sud-ovest di Guam si vedono alcuni strani animali lunghi da due a cinque centimetri. Alcuni hanno l’aspetto di gamberetti. Nelle enormi pressioni esistenti a tali profondità l’uomo è ancora incapace di rispondere affermativamente alla domanda che Dio pose a Giobbe: “Hai camminato in cerca delle acque dell’abisso?” — Giob. 38:16.
Il futuro della vita marina
Ora, gli oceanografi sono molto preoccupati per il pericolo che corre la vita marina a causa dell’avidità delle flottiglie commerciali munite di perfezionati strumenti scientifici per la caccia, la pesca e l’uccisione su vasta scala. Ma ancora più temuto è l’inquinamento, pure e soprattutto conseguenza dell’avidità e dell’incuria, inquinamento che si è esteso in modo incredibile, tanto che le acque dove un tempo la pesca era assai produttiva sono praticamente prive di pesce.
Queste sono cose tristi. Ma chi crede nella Parola di Dio ha piena fiducia nella Sua capacità di ripopolare il mare di vita brulicante come si propose in origine quando comandò agli abitatori del mare: “Siate fecondi e moltiplicatevi ed empite le acque dei bacini dei mari”. (Gen. 1:22) Giacché vi è tale interdipendenza tra la vita marina (sia vegetale che animale) e quella terrestre, possiamo essere certi che Dio farà popolare sia il mare che la terra delle creature essenziali all’eterno benessere e alla felicità dell’uomo. Farà questo durante il regno millenario di suo Figlio, quando l’uomo sarà in pace con gli animali, quelli terrestri e quelli marini, esercitando su di essi il giusto, amorevole dominio. — Gen. 1:27, 28; Sal. 8:4-8.
[Immagine a pagina 20]
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
Vita marina carnivora
Animali erbivori
Vegetazione marina