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  • Divorzio: l’occasione di rifarmi una vita?

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  • Divorzio: l’occasione di rifarmi una vita?
  • Svegliatevi! 1978
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  • I motivi della mia decisione
  • Cambiamenti
  • Interesse per il benessere dei figli
  • L’aiuto che ricevetti
  • “Se solo l’avessi saputo allora”
  • La vita acquista un senso
  • Quattro cose che dovreste sapere sul divorzio
    Svegliatevi! 2010
  • Lottai per essere il migliore: Ne valeva la pena?
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1977
  • I figli, le vittime innocenti del divorzio
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    Svegliatevi! 1989
Altro
Svegliatevi! 1978
g78 8/5 pp. 9-13

Divorzio: l’occasione di rifarmi una vita?

SEDUTA accanto al mio avvocato nell’ufficio del giudice, pensavo alla libertà che stavo per riacquistare. Nel giro di qualche ora, sarei stata libera di uscire con chi volevo, di andare dove volevo, di prendere le mie decisioni, libera di fare come mi pareva!

A quel punto — era il dicembre del 1974 — non desideravo molto di più dalla vita a parte la mia libertà. Avevo 29 anni ed ero madre di due figli. Avevo una bella casa in un tranquillo sobborgo dell’Ohio settentrionale (U.S.A.), e un impiego sicuro nell’agenzia di assicurazioni dove lavoravo sin da quando mi ero diplomata dalla scuola superiore. Pensavo d’avere la maggior parte delle cose che ogni donna desidera: dei figli, una casa e un buon impiego. Lo sbaglio più grande che avevo fatto nella vita, il mio matrimonio, stava per essere cancellato dal giudice con un colpo di penna.

Il fascino della nostra società promiscua accresceva il mio desiderio di libertà. Le norme morali erano radicalmente cambiate dall’epoca del mio matrimonio avvenuto nel 1966. Ora potevo provare tutte le cose di cui le ragazze parlavano in ufficio, fare come mi pareva, senza dover rendere conto a nessuno. Avrei cercato veramente di sfruttare questa occasione di rifarmi una vita. C’erano tanti posti dove volevo andare e tante cose che volevo fare.

Ero sicura di poter risolvere qualsiasi problema. Avevo letto molti libri sul divorzio. E con le informazioni raccolte nei libri, insieme alla vasta “cultura” che mi ero fatta con gli sceneggiati televisivi e i pettegolezzi dell’ufficio, ero pronta per andare a godermi la vita.

I motivi della mia decisione

I miei otto anni di matrimonio non mi avevano lasciato altro che infelici ricordi. La nostra casa era stata come un albergo, un posto solo per mangiare e dormire. Mio marito e io lavoravamo entrambi, col presunto scopo di dare ai nostri figli una vita agiata. Quando non eravamo a lavorare, passavamo il tempo a litigare. Era molto raro che trascorressimo tempo coi ragazzi perché eravamo così occupati, e mio marito cercava di fare molti soldi.

Tuttavia non fu facile giungere alla decisione di divorziare. Non c’era mai stato un divorzio nella nostra famiglia in più di cinque generazioni. Ma dopo un’altra delle nostre violente dispute, decisi infine che non potevo continuare a vivere in simili condizioni.

Presa l’iniziale decisione di divorziare, non lo dissi a nessuno tranne che a un’intima amica e ai miei genitori. Ragionavo che mi ero messa da sola in questo pasticcio, e dovevo uscirne da sola. Ma non ci volle molto perché la notizia si spargesse. Molti nostri intimi amici mi diedero l’appoggio morale. E i consigli gratis? Be’, furono senz’altro numerosi. Tuttavia, appresi in seguito che per la maggior parte erano inesatti. Ma le loro intenzioni apparivano sincere, e avevo bisogno di qualcuno con cui parlare nei periodi di depressione.

I miei genitori presero la notizia del mio divorzio molto meglio di quanto pensassi. Ero sempre stata molto attaccata a loro, ma non fino al punto di parlare confidenzialmente della mia vita coniugale. Non si erano mai intromessi, anche se molte volte erano venuti a conoscenza delle percosse e dei maltrattamenti di cui ero stata vittima.

Mi ero sposata a 21 anni, dopo aver passato la maggior parte dell’infanzia in una fattoria dell’Ohio. Sebbene i miei genitori non dicessero mai apertamente a me e a mio fratello quanto ci amavano, dimostravano il loro amore con le azioni; non pensavamo che le parole fossero necessarie. Dopo avere iniziato le pratiche del divorzio, seppi che i miei genitori erano a conoscenza delle infedeltà di mio marito, ma non me l’avevano mai detto. Non volevano vedermi soffrire.

Cambiamenti

Poiché ci volle più di un anno per ottenere il divorzio, potei fare molti cambiamenti a poco a poco. Uno di essi riguardava il mio lavoro. Essendo cambiato il mio stato civile, dovevo portare a casa uno stipendio più alto. Ne parlai coi miei datori di lavoro, dopo esservi stata spinta da amiche impegnate nel movimento di liberazione della donna.

Dissi ai miei principali che pensavo di poter fare il lavoro di un uomo; quindi avevo diritto a una paga maggiore. Decisero di offrirmi l’opportunità di tentare. Mi misero a capo di tre ragazze a fianco delle quali avevo lavorato in precedenza.

Ma con uno stipendio maggiore crebbero anche le responsabilità, ed esse furono accompagnate da cambiamenti non sempre piacevoli. Non potevo più mettermi a sedere con le ragazze e fare lunghe conversazioni sulla loro eccitante vita notturna. Ora dovevo accertarmi che facessero il loro lavoro. L’intima relazione di un tempo sembrava svanita. Non mi consideravano più la loro confidente.

A casa la situazione non cambiò molto. Continuai lo stesso tran-tran: andavo a lavorare tutti i giorni, accompagnavo i ragazzi dalla bambinaia a ore e amministravo il bilancio domestico. L’unico cambiamento notevole fu che la sera uscivo per dedicarmi a qualcuno dei miei interessi. Ogni tanto portavo con me i ragazzi, specie se andavo a giocare a tennis, o frequentavo un nuovo corso artigianale. Ero impegnata quasi tutte le sere della settimana.

Gli amici mi aiutarono a organizzare i fine settimana. Mi fissavano appuntamenti, presentandomi ad altri amici divorziati. Appresi subito un fatto molto importante: non ero diversa dalla maggioranza delle altre divorziate. Una sera in una discoteca, sedetti a tavola insieme ad altri sedici divorziati. Per cinque ore li ascoltai raccontare com’erano stati schifosi i loro ex coniugi e come li avevano completamente sfruttati. Pareva di sentire un registratore, solo i nomi cambiavano. Erano così pieni di autocommiserazione, e di alcool, che non si curavano minimamente del futuro.

Una cosa che tutte le divorziate sembrano avere in comune è la solitudine. Ma si sarebbe risolto il problema in un bar bevendo e piangendo sulla birra? Molte finivano per portarsi a casa un uomo e passare una serata “interessante” . . . a letto. Dopo sei mesi di questa vita, mia madre mi fece notare molto opportunamente che la vita che conducevo non era molto diversa da quella del mio ex marito.

Infine mi resi conto che nella vita c’era qualcosa di più. Guardando i miei figli, mi chiesi: “Se fossi al loro posto, sarei fiera di mia madre? È questo il tipo di vita che voglio dar loro?” Quando io uscivo, se non erano dalla bambinaia, li lasciavo da un’amica.

Interesse per il benessere dei figli

Decisi di interessarmi maggiormente dei miei figli. Anche se avevano solo sette e cinque anni, capivano molto più di quanto non immaginassi. Una domenica, dissi ai ragazzi che li avrei accompagnati in chiesa; nessuno dei due c’era mai stato. Poiché mio marito ed io eravamo di due religioni diverse, non riuscivamo mai a decidere quale chiesa frequentare. Così non ci andavamo per nulla.

Un giorno ebbi un colpo quando il mio figlio minore mi chiese: ‘Dio ha un figlio?’ L’idea che i miei figli non sapevano nulla di Dio mi riempì di sgomento, eppure, ripensando ai miei otto anni di matrimonio, ne capivo il perché. Mio marito e io eravamo così occupati a dare loro una vita agiata, che non avevamo mai pensato alla religione. Le uniche volte in cui avevano sentito parlare di Dio o di Cristo era stato quando mio marito e io litigavamo, e allora volavano le bestemmie.

Una sera che la scuola era aperta ai visitatori, vi incontrai una vicina che non vedevo da tempo. Circa cinque anni prima avevamo studiato entrambe la Bibbia con una testimone di Geova, ma avevo smesso dopo due studi soltanto perché mio marito mi aveva minacciato di violenza se avessi continuato. Le chiesi come stava la Testimone, spiegando che ero preoccupata perché dovevo allevare due figli che non sapevano nulla né di Dio né della Bibbia. Essa dispose immediatamente che la Testimone venisse a trovarmi. Due giorni dopo mi fece visita.

L’aiuto che ricevetti

Per un’ora la settimana, discutevamo i miei problemi. La Testimone mi mostrava come seguire gli ottimi princìpi della Bibbia. Per esempio, ero piuttosto negligente nel disciplinare i ragazzi. Dopo tutto li avevo privati del padre, lasciandoli con un solo genitore, e non volevo passare tutto il tempo a urlare con loro. Anzi, non mostravo amore evitando di disciplinarli?

Appresi che secondo la Bibbia non è così. Mi fu mostrata la scrittura di Proverbi 13:24, che dice: “Chi trattiene la sua verga odia suo figlio, ma chi lo ama è colui che lo cerca in effetti con la disciplina”.

Ero profondamente felice della conoscenza che acquistavo. Non mi ero mai resa conto prima che la Bibbia ha un tema centrale, il regno di Dio, il Regno per cui preghiamo ogni volta che diciamo il Padre Nostro. (Matt. 6:9, 10; Luca 4:43) Questo regno governerà tutta la terra e i suoi sudditi non dovranno morire abbandonando i propri cari. Cominciai a trovare in queste cose la felicità che cercavo, felicità che potevo condividere con i miei figli.

Cominciai subito ad assistere alle adunanze nella locale Sala del Regno dei Testimoni di Geova, e questa fu un’esperienza davvero rincorante. Non c’erano bambini che correvano in giro, né gente che spingeva o urtava, o che usava un linguaggio scurrile, né gruppi di donne pettegole. Non avevo mai ricevuto un’accoglienza così calorosa e amorevole. Questa era gente che non avevo mai visto prima eppure si interessava sinceramente dei miei figli e di me. Sei mesi dopo fui battezzata per simboleggiare la mia dedicazione al servizio del vero Dio, Geova

“Se solo l’avessi saputo allora”

Non pensate che non mi sia mai chiesta se non avrei potuto salvare il mio matrimonio conoscendo allora quello che conosco ora. Ho imparato che ci vogliono tre “C” per fare un buon matrimonio: considerazione, cooperazione e comunicazione.

Mio marito ed io non le avevamo coltivate. Eravamo così presi dalla nostra vita individuale che non avevamo proprio avuto considerazione l’uno per l’altro come avremmo dovuto. Oh, eravamo occupati per dare alla nostra famiglia una vita agiata, ma non ci rendevamo conto dei sentimenti o dei veri bisogni della famiglia. Cominciammo ad allontanarci l’uno dall’altro, anziché cooperare. E questo danneggiò la comunicazione.

Nonostante quello che dicono alcuni, le coppie non possono risolvere tutti i loro problemi nella camera da letto. Possono avere una meravigliosa relazione sessuale, ma a che serve se non possono mettersi a sedere per discutere i loro problemi? Molti ritengono di sapere esattamente quello che pensa l’altro perché sono sposati da un certo tempo. Non è sempre così, come imparai a mie spese. Non si può aiutare qualcuno se non si sa qual è il problema, e il senno di poi non offre la soluzione, come non l’offre in genere il divorzio.

Tuttavia milioni di persone ricorrono al divorzio pensando che sia l’unica soluzione. Considerano il loro matrimonio alla stregua di un bene materiale: se la qualità non soddisfa le loro aspettative, lo scartano e cercano qualcosa di meglio. Pensano solo a sé, al proprio piacere e alla propria soddisfazione. La cosa a cui si dà più importanza è di appagare se stessi. ‘Hai diritto alla felicità’, dice la propaganda. ‘Si vive solo una volta, e meriti il meglio’.

Questo spirito egoistico mi aveva contagiata. Mi preoccupavo soprattutto della mia felicità, della libertà di fare quello che io volevo. Ho ripensato molte volte al passato e mi sono chiesta: ‘Cosa cercavo veramente?’ Solo di divertirmi? Comunque, mi resi conto ben presto che nella vita c’è qualcosa di più oltre a ballare e spassarsela per tutta la notte nelle discoteche. Speravo di conoscere qualcuno che divenisse il compagno della mia vita? In tal caso, speravo veramente di trovarlo in un bar?

C’era poi la difficile domanda: Cercavo solo un tipo d’amore non impegnativo? Ma ammettiamolo, quello non è vero amore; è solo appagamento. Non reca vera felicità. Sono lieta d’essermi svegliata e d’aver cominciato a pensare ad altri oltre che a me stessa: ai miei figli. E come sono grata che mi fosse indicato dove potevo ricevere l’aiuto di cui avevo bisogno!

La vita acquista un senso

Cominciavo a capire cos’è il vero amore. In I Corinti 13:4, 5 la Bibbia descrive come si manifesta: “L’amore è longanime e benigno. L’amore non è geloso, non si vanta, non si gonfia, non si comporta indecentemente, non cerca i propri interessi, non si irrita. Non tiene conto dell’ingiuria”.

Sì, l’amore è sincera sollecitudine per gli interessi degli altri! È vivo; agisce. E ho riscontrato che il segreto della vera felicità è di esercitare tale amore, come disse anche Gesù Cristo: “Vi è più felicità nel dare che nel ricevere”. — Atti 20:35.

Ogni giorno vedo praticare tale amore cristiano in mezzo a persone cristiane che frequento regolarmente. Fra loro non esistono linguaggio scurrile, ubriachezza, calunnia o barzellette oscene narrate per essere l’anima della festa. Piuttosto, regna un’atmosfera calorosa e amorevole che ha come perno la famiglia.

Non è facile allevare due figli da sola, ma con l’eccellente esempio e l’aiuto di altri cristiani e i consigli ispirati contenuti nella Parola di Dio, i risultati sono rallegranti. I ragazzi stanno coltivando una buona coscienza verso Dio e cominciano a pensare agli altri prima che a sé. Anche se non hanno il padre, sanno che c’è un Dio che si interessa di loro, Geova. La mia più grande gioia è di veder crescere in loro la conoscenza e l’apprezzamento per Colui che non abbandonerà mai i suoi servitori, ma darà loro la benedizione della vita eterna. (Sal. 133:3) — Da una collaboratrice.

[Testo in evidenza a pagina 10]

“Per cinque ore li ascoltai raccontare com’erano stati schifosi i loro ex coniugi”.

[Testo in evidenza a pagina 11]

“Le uniche volte in cui avevano sentito parlare di Dio o di Cristo era stato quando mio marito e io litigavamo, e allora volavano le bestemmie”.

[Testo in evidenza a pagina 12]

“Mi resi conto ben presto che nella vita c’è qualcosa di più oltre a ballare e spassarsela per tutta la notte nelle discoteche”.

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