“Per favore, passatemi le tortillas”
DAL CORRISPONDENTE DI SVEGLIATEVI! IN MESSICO
PENSATE a un’invenzione che serva da “involucro, cucchiaio, piatto e cibo contemporaneamente, e che stia bene praticamente con qualsiasi cibo”. Così il dietologo Héctor Bourges descrive un’invenzione che si tramanda di generazione in generazione da migliaia di anni. Molti la mangiano ancora tutti i giorni. È la tortilla, la schiacciata tonda di mais che è un elemento base della dieta messicana.a
Scritti antichi dimostrano l’importanza del mais per l’antica popolazione mesoamericana. Questo cereale, introdotto nell’uso domestico migliaia di anni fa in quello che oggi è il Messico, favorì lo sviluppo di grandi civiltà come l’olmeca, la maya, quella di Teotihuacán e la messica (azteca).
Dal mais alla tortilla
Per fare le tortillas bisogna innanzi tutto mischiare una parte di chicchi di mais maturo con due parti d’acqua in cui è stato sciolto circa l’1 per cento di calce. Il tutto viene riscaldato finché la pellicina dei chicchi si stacca fra le dita. Si aggiunge acqua fredda per arrestare il processo di riscaldamento e si lascia riposare tutta la notte.
L’indomani i chicchi ammorbiditi, che a questo punto prendono il nome di nixtamal, vengono tolti a mano dal recipiente e messi in un altro, dove il restante liquido viene scolato via. Il nixtamal viene macinato e vi si aggiunge sale e acqua fino a ottenere un impasto morbido detto masa. Tradizionalmente l’impasto viene diviso in palline che a mano vengono ridotte in schiacciatine tonde e sottili e quindi messe in una teglia di terracotta rovente. Si voltano una prima e poi una seconda volta. Quando il sottile strato superiore si alza, la tortilla è pronta!
La prima fase di questo procedimento, in cui si aggiunge la calce, si è rivelata utile nel prevenire certi problemi di salute. Come mai? La mancanza di niacina, una vitamina, causa la pellagra, una malattia caratterizzata da dermatiti, diarrea e demenza che può portare anche alla morte. Questa malattia è diffusa fra chi ha una dieta a base di mais e molto povera di proteine.
Il problema è che la niacina presente nel mais non può essere assimilata dall’organismo. La calce, invece, ne favorisce l’assimilazione. La tortilla perciò potrebbe essere una delle ragioni per cui la pellagra non è una malattia diffusa nelle zone povere del Messico, tranne che in alcune località dove c’è l’abitudine di sciacquare il nixtamal per renderlo più bianco, eliminando così la niacina.
Un altro importante beneficio dell’aggiunta di calce è che aumenta il contenuto di calcio, elemento indispensabile, fra l’altro, alle ossa e ai nervi. A proposito, poiché viene usato mais integrale, le tortillas sono anche ricche di fibre.
Tutto considerato, non direste anche voi che le tortillas sono una grande invenzione? A questo punto, come per qualsiasi altra invenzione, se vogliamo trarne il massimo piacere dobbiamo osservare come la usano gli esperti.
L’usanza
Nel XVI secolo il frate Bernardino de Sahagún descrisse come venivano servite le tortillas: ‘Le tortillas erano bianche, calde e ripiegate. Erano disposte in un cestino e coperte con un panno bianco’.
Dopo secoli le cose sono cambiate pochissimo. Tuttora le tortillas si servono calde, di solito in un cestino e coperte con un panno pulito. Inoltre, come nei vecchi tempi, ci sono molti tipi di tortillas: bianche, gialle, blu e rossicce. Sono anche di diverse grandezze. E, naturalmente, in genere i messicani mangiano tutti i giorni tortillas a mezzogiorno e molto probabilmente pure a colazione e a cena.
Sul tavolo c’è un cestino di tortillas per l’intera famiglia. A ogni commensale preme tenerle calde sino alla fine del pasto. Perciò chi scopre le tortillas ne prende una soltanto e ricopre le altre con il panno. Via via che il pasto procede e i commensali desiderano altre tortillas, qualunque sia l’argomento della conversazione, si sentirà ripetere più volte: “Per favore, passatemi le tortillas”.
A questo punto forse vi chiederete: ‘Le massaie messicane fanno ogni giorno le tortillas a mano?’ La maggioranza no. Dal 1884 esistono macchine in grado di automatizzare il procedimento. Molte massaie, specie nelle zone rurali, si servono ancora di presse manuali. Ma la maggioranza dei messicani compra le tortillas in negozi specializzati, dove una macchina ne può produrre da 3.000 a 10.000 all’ora.
Spesso i bambini hanno l’incarico di andare a comprare le tortillas subito prima dei pasti. Perciò il profumo, il suono e il calore della macchina che fa le tortillas è vivo nei ricordi d’infanzia della maggioranza dei messicani. Questo avviene anche nelle famiglie povere, poiché il prezzo delle tortillas è minimo. Le tortillas, come dice il già citato dott. Bourges, sono “un vero affare, che abbiamo ereditato dai nostri antenati”.
Quindi se assaggerete una tortilla, gusterete un po’ della storia di un popolo. E ricordate, tutte le volte che lo desiderate sentitevi liberi di ripetere: “Per favore, passatemi le tortillas”!
[Nota in calce]
a In alcune zone del Messico si fanno anche tortillas di farina di frumento, ma non sono così diffuse nella cultura messicana.
[Immagini a pagina 22]
“Tortillas” fatte a mano